INTRODUZIONE AI VANGELI
CAPITOLO IV°

DAL VANGELO PREDICATO AL VANGELO SCRITTO

La predicazione apostolica

Quando parliamo di predicazione apostolica ci riferiamo a quel primo periodo che possiamo fissare dal 30 al 40 d.C. circa durante il quale il Signore Gesù  morto e risorto viene presentato dagli apostoli e dal gruppo dei discepoli immediati a tutti coloro che lo richiedono. Si tratta dei primissimi momenti di vita della chiesa in cui le memorie e le testimonianze di coloro che erano vissuti con Gesù sono determinanti. A queste memorie ed a queste testimonianze viene dato un nome, come abbiamo visto all’inizio di questa introduzione. Gesù, rispetto al dialogo precedente di Dio con l’uomo, costituiva una novità. Questa novità viene espressa con un termine greco ben preciso e cioè con Vangelo. Alla Torah, alla Profezia e alla Sapienza dell’Antico Testamento si aggiunge pertanto un quarto argomento: Il Vangelo che viene trasmesso nella lingua greca comunemente parlata in quel tempo.

Cosa conosciamo noi oggi di questo primo messaggio degli apostoli e dei loro discepoli? Possiamo trovare una traccia di queste antichissime formule usate dagli apostoli in almeno due passi del Nuovo Testamento che troviamo in 1 Corinzi 15, 1-7 e in Romani 1, 1-4. Come si può notare dal loro contenuto, la morte e la resurrezione di Cristo rappresentano il primo nucleo della predicazione che già allora veniva chiamata Vangelo.

Molto probabilmente gli apostoli ed i discepoli raccontavano molto di più nella loro predicazione, ma ciò che loro premeva soprattutto era quello di rievocare e spiegare il senso della morte di Gesù. Di fronte al mondo la morte di Gesù poteva apparire come un fallimento della sua opera in questa terra. Presentarsi come discepoli di uno che era stato giustiziato equivaleva a screditare la loro predicazione in partenza. Ecco quindi la necessità di cercare luce nell’Antico Testamento, per spiegare e per dare un senso a questa morte. Per dire anzitutto che Gesù non era finito sulla croce per caso, ma egli stesso aveva scelto quella strada ed accettato quella sfida ed è per questo appunto che il Padre lo ha risuscitato. Possiamo allora dire che la prima memoria raggiunta e portata avanti per prima dagli apostoli è stata la passione, la morte e la resurrezione di Gesù. Questo è stato il primo nucleo della predicazione di quei primi 10 anni. Il capitolo più antico di questa predicazione prima a voce e poi per iscritto è stato il racconto e la spiegazione della passione, morte e resurrezione di Gesù. Alcuni studiosi per questo motivo affermano che il primo vangelo di Marco iniziasse proprio dal racconto della passione di Gesù e cioè dal capitolo 8 e si concludesse con la sua morte e resurrezione.

Oltre a alla spiegazione del senso della passione di Gesù, che rappresenta il nucleo centrale della predicazione apostolica, in quei primi anni ci sono almeno altri tre argomenti che vengono rievocati e che abbiamo già visto in precedenza:

a) Dio presentato da Gesù come Abbà (papà) non più lontano e irraggiungibile, ma vicino all’uomo.

b) Il volto di Dio, presente nella storia, provvidente e misericordioso verso l’uomo

c) la novità portata da Gesù che ogni uomo è ricuperabile.

Per chiarire ulteriormente questo quadro dobbiamo quindi concludere che la formazione dei vangeli si sviluppa in tre tappe fondamentali:

1) La prima tappa è rappresentata da Gesù stesso, la sua predicazione, la sua vita, la sua morte e la sua resurrezione. Gesù non ha scritto nulla, ma ha affidato il suo messaggio ai Dodici, uomini da lui scelti, istruiti, sperimentati, che hanno custodito le sue parole e, vivendo con lui, sono divenuti i testimoni diretti di quanto egli ha fatto ed ha detto. Gesù nell’esporre a voce il suo insegnamento ha usato le forme di pensiero e di espressione usate ai suoi tempi, adattandosi in tal modo alla mentalità dei suoi uditori facendo così in modo che il suo insegnamento si imprimesse bene nella loro mente e potesse essere ritenuto e ricordato dai suoi discepoli.

2) La seconda tappa è quella che abbiamo visto in cui gli apostoli ed i discepoli predicano, il Vangelo di Cristo con una più completa intelligenza dei fatti grazie alla luce dello Spirito Santo, scegliendo il materiale maggiormente rispondente alla situazione, sistemandolo non cronologicamente ma tematicamente, esplicitando quanto poteva essere stato detto solo implicitamente, adattandolo ed attualizzandolo secondo le varie esigenze ed i differenti contesti degli uditori (culto, catechesi, missione, polemica), sempre comunque attenti a trasmettere il messaggio con piena fedeltà. A proposito della preoccupazione alla fedeltà al messaggio ciò appare in maniera evidente dall’uso di alcuni termini ben precisi come "tradizione" e "trasmettere" presi a prestito dall’ambiente rabbinico in cui si educava ad una trasmissione degli insegnamenti rigorosamente fedele. Anche i termini "apostolo", "testimone" e "servo della Parola" evidenziano il carattere testimoniale di tutta la predicazione primitiva. I primi 10 anni di questa seconda tappa (dal 30 al 40) sono caratterizzati da una predicazione esclusivamente orale in cui si formano i primi nuclei essenziali del messaggio di Gesù, come abbiamo visto, e di cui si conservano traccia in almeno due passi del Nuovo Testamento. Dal 40 al 60 circa cominciano le prime raccolte scritte del materiale evangelico, in particolare la cosiddetta fonte dei detti o lòghia di Gesù che dal tedesco (Quelle = fonte) è stata chiamata la fonte Q.

3) La terza tappa che va dal 65 al 100 d.C. è quella in cui i singoli evangelisti (Matteo, Marco, Luca e Giovanni), usando il materiale orale ed anche quello già messo per iscritto, in epoche differenti, quando ormai stanno venendo meno i testimoni oculari, danno origine ai vangeli che noi possediamo.

Queste, grosso modo, sono le tappe che da Cristo, da ciò che egli ha fatto ed ha detto, hanno portato alla formazione dei vangeli così come noi oggi li conosciamo. Tra la predicazione di Gesù e la formazione dei Vangeli c’è però stata una fase prima orale e poi scritta che merita di essere approfondita nella quale i vangeli hanno preso consistenza attraverso una elaborazione  stratificata dei detti e dei fatti relativi a Gesù.

Possiamo quindi dire dal 40 al 60 d.C., le varie raccolte scritte di detti e fatti di Gesù hanno dato vita a quelli che gli studiosi hanno ritenuto di poter definire i vangeli presinottici dai quali sono poi nati i vangeli sinottici veri e propri.

Alla base di questa ipotesi c’è la questione sinottica che non è stata ancora del tutto chiarita nonostante l’impegno degli studiosi biblici.

Quando prendiamo in mano i vangeli sinottici, la prima cosa che colpisce il lettore è la loro coerenza. Tutti espongono più o meno la stessa traccia, gli stessi passaggi anche cronologici tanto da potersi mettere in colonne affiancate e notare che ci sono delle affinità sorprendenti dell’uno nei confronti dell’altro. Da questa semplice constatazione risulta evidente che tutti e tre gli evangelisti (Matteo, Marco e Luca) nel redigere i singoli vangeli sono ricorsi a fonti scritte esistenti precedentemente. L’esistenza di queste fonti scritte prima dei tre sinottici non è soltanto un’intuizione o una semplice ipotesi, ma è un fatto ormai assodato ed accettato da tutti. Il primo ad accorgersi di questo è stato Agostino il quale, interessandosi della questione sinottica, ha scritto il «De Consensu Evangelistarum». Che ci siano delle fonti scritte precedenti ai vangeli è non solo evidente ed ormai accettato da tutti, ma risulta persino documentato dal vangelo di Luca nel suo prologo iniziale (Lc 1, 1-4).

Il problema quindi che divide oggi gli studiosi non è tanto quello di affermare che alla base dei vangeli si siano state delle fonti scritte ed orali, quanto piuttosto quello di definire quante e quali siano state questi fonti. La domanda a cui gli studiosi ancora oggi cercano di dare una risposta è questa: Quanti e quali erano queste fonti? Gli studiosi tedeschi, sempre all’avanguardia in questo campo, hanno ritenuto di poter identificare due fonti principali: La fonte dei detti o Lòghia di Gesù detta fonte Q (da Quelle = fonte in tedesco) e la fonte dei racconti su Gesù detta Marco antico o proto Marco.

Altri studiosi invece, mettendo in sinossi i tre evangeli e confrontadoli fra loro, si sono accorti che ci sono brani in comune a tutti e tre e brani che invece sono comuni a due evangelisti soltanto. In seguito a questa semplice constatazione, essi hanno ritenuto di poter identificare almeno quattro fonti scritte di cui si sarebbero serviti gli evangelisti per compilare i loro vangeli:

Triplice fonte:  una fonte usata da Matteo, Marco, Luca, chiamata la triplice fonte. Questa fonte, che si trova simile nei versetti sia in Matteo, che in Marco e Luca, ha almeno 330 versetti.

Duplice fonte: C’è una duplice fonte presente soltanto in Matteo e Luca. Questa seconda fonte ha 230 versetti. Marco non l’ha usata.

Duplice fonte: Presente soltanto in Matteo e Marco. I versetti presenti in questa fonte sono 175.

Duplice fonte: Presente soltanto in Marco e Luca. Questa fonte ha 40 versetti.

Da queste fonti, che sono in comune in tutto o in parte ad ogni evangelista, ogni evangelista ha redatto il suo vangelo aggiungendovi però una parte esclusivamente sua. Ogni evangelista ha usato in media tre delle quattro fonti. Tutti quanti hanno usato una fonte e poi due altre. Ogni evangelista poi ha aggiunto qualcosa dal suo repertorio di ricerche. Luca e Marco non hanno conosciuto Gesù direttamente, mentre Matteo e Giovanni si in quanto facevano parte dei Dodici. Marco ha aggiunto 53 versetti, Matteo ne ha aggiunto 330 e Luca ne ha aggiunto addirittura 500. Questa ipotesi delle quattro fonti ha il merito di mettere in evidenza il crescere progressivo delle memorie di Gesù nella primitiva comunità cristiana. Non si tratta di memorie inventate dalla comunità primitiva in quanto abbiamo la garanzia della testimonianza degli apostoli e della guida dello Spirito Santo. La risposta quindi più ovvia è che il vangelo non è nato come un documento storico d’archivio scritto a tavolino come un qualsiasi lavoro di storia, ma è nato, come abbiamo visto all’inizio, dal pulpito, dalla predicazione dei primi discepoli i quali ricordavano di Gesù nelle loro prediche ciò che poteva essere utile in quel momento, nelle circostanze in cui si venivano a trovare, in base alle esigenze ed alle richieste dei loro uditori. Così ad esempio per dimostrare che il vangelo era destinato non solo agli Ebrei, ma anche a popolazioni di origine non ebraica, ecco che i predicatori ricordavano l’episodio della siro fenicia o quella del centurione romano. Poi ogni singolo evangelista di tutto questo materiale scritto ed orale, ha preso ciò che poteva essergli utile per esprime la sua teologia e per adattarlo alle esigenze dell’ambiente in cui scriveva. Marco, per esempio, trovandosi in ambiente romano evita di scendere troppo nei particolari di certe usanze giudaiche e quando lo fa le traduce addirittura in termini latini. Matteo, trovandosi invece in ambiente prevalentemente giudaico cita spesso l’Antico Testamento e mette in risalto la regalità davidica di Gesù. Luca più sofisticato e più colto evita certe espressioni troppo crude e, trovandosi in un ambiente non di ricchi, mette in risalto l’amore di Gesù verso i poveri.

Per comprendere comunque la crescita progressiva delle memorie di Gesù è importante esaminare le singole fonti una per una in maniera dettagliata. Da questo esame possiamo ricavare alcune caratteristiche e particolarità delle singole fonti che ci fanno comprendere come sono nati e cresciuti un po’ alla volta queste memorie di Gesù fino a diventare gli attuali vangeli.

La triplice fonte (Matteo, Marco, Luca) o prima edizione scritta del Vangelo di Gesù di Nazaret.

Si tratta di 330 versetti che rappresentano la prima edizione del Vangelo e quindi la più antica fonte scritta alla quale i tre sinottici sono ricorsi per redigere i rispettivi vangeli. Come si può notare, escluso il periodo di Nazaret, si trovano tutti i tempi dell’esistenza terrena di Gesù: Il deserto, la Galilea, l’esilio e Gerusalemme.

Se tralasciamo il tempo del deserto che è appena accennato, la primitiva chiesa apostolica aveva come temi principali l’annuncio del regno in Galilea, la formazione dei discepoli, quindi il progetto chiesa e la passione di Gesù.

Gli episodi di questa fonte capitano tutti in Palestina e viene usato, nonostante il greco, un linguaggio semitizzante. Se si leggono bene queste pericopi ci si accorge che la costruzione del periodo, le immagini, le metafore hanno un’impronta semitica.

Si nota inoltre che già questo primo vangelo comincia a prendere le distanze dal mondo ebraico dei farisei. Pur essendo quindi un vangelo scritto entro i confini religiosi e culturale della Palestina, esce dai confini culturali di quel mondo religioso e comincia ad assumere una propria identità.

Come ultima nota possiamo dire che già in questa prima edizione del vangelo sono presenti i lontani ed i piccoli che erano la passione di Gesù e che saranno l’identità della chiesa fino a quando resterà fedele a Gesù. Si parla infatti degli indemoniati di Gerasa, della guarigione del lebbroso, ma soprattutto si parla della vocazione di Matteo. Gesù include nel gruppo dei Dodici uno che era disprezzato da tutta la società ebraica per il suo mestiere di pubblicano e cioè di funzionario al servizio dell’odiato potere romano.

Duplice fonte (Matteo e Marco) o seconda edizione del vangelo di Gesù di Nazaret.

Si tratta di 175 versetti comuni a Matteo e Marco in cui sono presenti quasi tutti i tempi dell’esistenza terrena di Gesù, escluso quello di Nazaret.
Questa edizione del Vangelo si amplia un po’ nel periodo del deserto, ma si tratta di poca cosa, soltanto due versetti.

C’è un’aggiunta più consistente invece nel periodo di Galilea: Gesù predica la penitenza. L’aggiunta più consistente si ha però nell’uccisione del Battista descritta in 10 versetti.

Il contributo più ampio di questa seconda edizione dei vangeli viene però dato al periodo dell’esilio. In questo periodo Gesù si preoccupa della formazione dei discepoli. Troviamo anche l’episodio di Gesù che cammina nelle acque che non troviamo né in Luca né in Giovanni. C’è il ritorno dalla Perea, le guarigioni, le tradizioni. C’è anche un importante brano sulla donna cananea e sulla guarigione del sordomuto che avviene a Betsaida. Sia le donna cananea che il sordomuto di Betsaida avvengono fuori della Palestina. Viene poi riportata una seconda moltiplicazione dei pani dove si raccolgono sette canestri e non dodici come nella prima. Probabilmente non è una seconda moltiplicazione dei pani, ma un secondo racconto dello stesso episodio. Il numero sette corrisponde stranamente ai sette popoli della terra intorno alla Palestina. Questo è forse un modo per dire che c’è del pane per tutti e non solo per le dodici tribù d’Israele. Questo secondo racconto della moltiplicazione dei pani e l’episodio della donna cananea è una lezione per i discepoli affinché si rendano conto che la storia della salvezza non è limitata solo al popolo ebraico, ma viene estesa anche a tutti gli altri popoli.

Ci sono inoltre due pagine durissime sul fermento dei farisei e sulle tradizioni che ci fanno comprendere come Gesù abbia cominciato a prendere le distanze dalle chiusure del suo ambiente.

Viene riportata inoltre la cena di Betania che nella prima edizione non c’era e cosa più importante ancora I falsi testimoni davanti al Sinedrio e le bestemmie dei passanti davanti a Gesù. Uno dei capi d’accusa principali quando Gesù è stato condannato era quello di aver detto che avrebbe distrutto il santuario del tempio nel quale c’era la presenza di Dio. L’aver riportato questo episodio come capo d’accusa e poi come insulto sotto la croce: « tu che distruggi il tempio scendi dalla croce e ti crederemo », equivale a dire che Dio ormai non si trova solo a Gerusalemme, ma l’incontro con Dio avviene dovunque sia presente il Signore.

Tutte queste cose messe assieme ci fanno presumere  che questa seconda edizione sia stata scritta molto probabilmente fuori dalla Palestina e quasi certamente in Siria. E’ molto significativo infatti voler ricordare l’apertura universalistica che Gesù aveva anche durante la sua vita terrena e voler ricordare anche che Gesù è il nuovo tempio della presenza di Dio. Questo significa in altre parole voler annunciare fuori della Palestina che l’invito di Gesù non era riservato esclusivamente ai palestinesi, ma riguardava tutti i popoli. L’adesione al vangelo di Cristo di questi popoli non era richiesto tanto per la bontà del messaggio che i discepoli predicavano, ma piuttosto perché Gesù stesso aveva annunciato questo incontro mentre era ancora in questa vita.

Duplice fonte Marco e Luca o terza edizione del vangelo di Gesù di Nazaret.

Questa terza edizione del vangelo riguardante la parte in comune fra Marco e Luca è di soli 40 versetti. Matteo e Giovanni non riportano questi brani. Si vede subito che non c’è nulla del deserto, poco dell’esilio e di Gerusalemme. La maggior parte riguarda soprattutto il periodo in Galilea che è caratterizzato non da miracoli e guarigioni, ma dagli esorcismi. Quello che emerge qui è questa lotta con Satana. Questa lotta con Satana c’era anche nelle precedenti edizioni, ma qui sembra la caratteristica principale. Questo ci ricorda un po’ le vicende di Paolo ad Efeso. Paolo non risulta che abbia fatto veri e propri esorcismi , ma in più di qualche occasione si è trovato di fronte a questa realtà umana fragile e debilitata in cui si manifestavano forme di stregoneria. Per questo motivo alcuni studiosi ipotizzano che questa terza edizione sia nata proprio nella zona di Efeso; anche perché, in maniera veramente singolare, gli stessi termini usati in questi 40 versetti li ritroviamo anche nelle lettere di Paolo ai Corinzi, ai Filippesi, ai Romani e agli Efesini.

Duplice fonte (Matteo e Luca) o quarta edizione del vangelo di Gesù di Nazaret.

Ultimo itinerario presinottico è quella della duplice fonte comune a Matteo e Luca che con i suoi 230 versetti è la più consistente dopo la triplice fonte e corrisponderebbe a quella che viene comunemente chiamata la fonte Quelle (Q) dei detti e dei Lòghia di Gesù. Una gran parte di questa fonte, essendo per lo più costituita dai detti e dai discorsi di Gesù, riguarda logicamente il periodo in Galilea in cui Gesù si dedica maggiormente alla predicazione del regno.

C’è in questa edizione un intero capitolo dedicato al centurione romano di Cafarnao che un singolare uomo di fede. C’è un altro centurione negli Atti degli Apostoli, anch’egli uomo di fede, molto religioso e dedito alle elemosini. Si tratta  del centurione Cornelio di Cesarea Marittima che manda a chiamare Pietro e la sua conversione apre la porta del vangelo ai gentili. C’è una singolare coincidenza fra questi due personaggi e qualcuno pensa che questa edizione del vangelo sia nata proprio a Cesare Marittima.

Un’altra particolarità di questa edizione è il grande discorso programmatico di Gesù che egli espone dalla montagna.

Matteo e Luca ci ricordano le persecuzioni dei discepoli con abbondanti testi, ci riportano le esigenze della vita comunitaria, ed insistono molto sulla necessità di seguire Gesù.

Cosa ricaviamo da questa ricerca di Gesù sviluppatasi in situazione concrete? La prima edizione è nata in Palestina, la seconda in Siria, la terza ad Efeso e quest’ultima a Cesarea Marittima. Sembra una continua ricerca per chiedere al vangelo di Gesù come vivere le differenti situazioni della vita umana. Non si traggono ancora dal Vangelo delle deduzioni, ma si lascia parlare Gesù di Nazaret affinché sia lui stesso ad indicare la strada da seguire.