INTRODUZIONE AI VANGELI
CAPITOLO VII°

IL VANGELO SECONDO LUCA

Il primo storico di Gesù

In questi ultimi anni il vangelo di Luca è passato in primo piano nell’attenzione dei teologi in quanto rappresenta un periodo di transizione tra la comunità apostolica e la chiesa post-apostolica. Più che sull’indagine delle sue fonti gli studiosi si sono soffermati ad analizzare la redazione di questo vangelo per scoprirne le idee fondamentali.

L’impronta storica che Luca ha voluto dare al suo Vangelo emerge già nel cosiddetto prologo letterario o introduzione che troviamo nei primi versetti in Lc 1, 1-4:
« Poiché molti hanno intrapreso ad esporre ordinatamente la narrazione delle cose che si sono verificate in mezzo a noi, come ce le hanno trasmesse coloro che da principio ne furono testimoni oculari e ministri della parola, è parso bene anche a me, dopo aver indagato ogni cosa accuratamente fin dall’inizio, di scrivertene per ordine o eccellentissimo Teofilo, affinché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate »

La prima cosa che si nota subito da queste prime parole introduttive è la costruzione letteraria greca molto efficace e ben elaborata che, diversamente da Marco, ci fa capire che ci troviamo di fronte ad un autore di cultura elevata, con una conoscenza raffinata della lingua greca.

Egli ci informa anzitutto che molti hanno tentato di rievocare i detti ed i fatti di Gesù. Questo significa chiaramente che quando lui ha iniziato a scrivere il suo vangelo esistevano già altri scritti o altre fonti alle quali molto probabilmente egli ha attinto. Egli stesso non si considera un testimonio oculare degli avvenimenti che si accinge a narrare, lo lascia chiaramente capire, ma ha compiuto un’accurata ricerca presso coloro che furono i testimoni oculari e che sono poi divenuti ministri o servi della Parola.

Luca ci informa di essere ricorso a fonti scritte ed a testimoni oculari che fin dal principio assistettero personalmente agli avvenimenti che egli si accinge a narrare. Il termine greco "ap’arkès autòptai" vuol dire proprio coloro che fin dal principio personalmente videro, furono testimoni diretti dei fatti, conobbero personalmente Gesù, udirono le sue parole e videro i suoi gesti. Proprio coloro, egli aggiunge, che poi divennero "servi della parola". Qui egli usa un’espressione greca caratteristica "yperétai ghenòmenoi toû lògu" che letteralmente indicherebbe quei servi che nelle navi antiche erano adibiti ai remi. Possiamo quindi tradurre questa espressione in questo modo: "coloro che erano divenuti i servi della parola".

Dunque Luca ammette chiaramente di aver fatto uso di fonti scritte ed orali ricorrendo direttamente ai testimoni diretti che hanno conosciuto personalmente Gesù, ma aggiunge anche di averlo fatto con una diligente ricerca, quindi onestamente garantisce un accurato lavoro di storico.

A questo punto però viene da chiedersi: Se esistevano già degli scritti, delle testimonianze circa i detti ed i fatti di Gesù, come mai Luca si è preso la briga di fare anche lui tutto questo lavoro di ricerca per scrivere un resoconto di questi avvenimenti che erano già stati narrati anche da altri? Nella risposta a questa domanda troviamo lo scopo del vangelo di Luca. Luca ha come destinatario un non meglio identificato "Teofilo" che egli interpella come "illustre o eccellentissimo Teofilo". Probabilmente si tratta per alcuni di un personaggio ragguardevole a cui Luca indirizza il suo Vangelo. Ma non dobbiamo dimenticare che Teofilo in greco significa anche amico di Dio. Quindi potrebbe trattarsi di un nome simbolico per indicare genericamente uno che è già un cristiano, che è impegnato spiritualmente, a cui sono stati già insegnati i primi elementi della dottrina cristiana. Il destinatario dunque potrebbe essere un ipotetico credente al quale Luca offre un documento sulla solidità degli insegnamenti che ha già ricevuto. Si tratta di un credente a cui sono stati insegnati i primi elementi della fede cristiana, ma ora egli deve, per mezzo del vangelo di Luca, verificare la solidità della formazione che ha ricevuto. Mentre i destinatari di Marco devono scoprire la figura di Cristo attraverso le immagini che egli offre nel suo Vangelo, con Luca i lettori possono penetrare in uno strato più profondo della conoscenza di Cristo.

Luca

Il terzo vangelo e gli Atti degli apostoli formano un’unica opera come risulta dal fatto che entrambi sono sempre indirizzati allo stesso "Teofilo"; entrambi presentano uno stile identico ed il successivo libro degli Atti ricorda il vangelo come "primo libro" della serie. A differenza dei vangeli di Marco e Matteo le evidenze interne del libro degli Atti sembrano identificare l’autore di questi due libri con la persona di Luca, di cui possiamo conoscere alcuni particolari della vita dalle famose sezioni "noi" del libro degli Atti. Da questo pronome infatti possiamo capire che l’autore del libro era presente agli episodi che vengono da lui narrati.
Apprendiamo così che durante il secondo viaggio paolino, egli passò con l’apostolo da Troade a Filippi, dove rimase e vi venne ritrovato da Paolo nel suo viaggio di ritorno verso Gerusalemme (At 20, 5 ss). Luca, con Paolo prigioniero, passò prima a Cesarea e poi a Roma dove rimase fino alla fine del processo.

La tradizione ha sempre identificato questo scrittore con il medico Luca, più volte ricordato dall’apostolo Paolo nelle sue lettere: « Luca, mio compagno d’opera» (Fil 24); «Luca, il medico diletto, si saluta » (Cl 4, 14). «Luca è il solo rimasto con me» Scriveva Paolo al tempo della sua ultima prigionia (2 Tim 4, 14).

A parte questi riferimenti del Nuovo Testamento, di lui già parla il frammento muratoriano con queste parole:

« Terzo libro: Il Vangelo secondo Luca. Luca, medico, dopo l’ascensione di Cristo, preso da Paolo come compagno, scrisse in suo proprio nome tutto quello che aveva sentito dire. Siccome egli non vide Gesù nella carne, ne raccontò la vita, così come la poté conoscere, dalla natività di Giovanni. Anche gli Atti di tutti gli apostoli furono scritti in un volume da Luca per l’ eccellentissimo Teofilo, e in tal modo ha fissato nello scritto quanto si era svolto sotto i propri occhi: per questo si spiega sia l’omissione del martirio di Pietro, sia la partenza di Paolo da Roma per recarsi in Spagna».

Questa tradizione è pure confermata da Ireneo e da Girolamo, i quali asseriscono che Luca, « seguace di Paolo», fu « il più erudito di tutti gli evangelisti, in quanto era medico ».

Anche se di recente uno studioso di nome P. Winter, dagli inni ebraizzanti conservati nei primi due capitoli del vangelo e dal nome che secondo lui sarebbe derivato dall’aramaico Luqa, ha avanzato l’ipotesi di un’origine giudeo-cristiana di Luca, si propende di più nel riconoscere questo evangelista come un gentile convertito. Questo sembrerebbe confermato dal fatto che nella lettera di Paolo ai Colossesi, Luca sembra venir distinto dai fratelli provenienti dalla circoncisione, come Aristarco, Marco e Gesù il Giusto, che sono i soli « della circoncisione» a lavorare con lui (Cl 4, 11; cf 4, 14). Quindi si può dedurre che essendo presente anche Luca in quell’occasione e non essendo menzionato fra quella « della circoncisione», era di origine gentile.

Dai suoi scritti sembra che Luca sia stato in rapporto con la chiesa di Antiochia, perché ha per tale comunità uno speciale interesse: nota infatti che qui i credenti furono per la prima volta chiamati cristiani (At 11, 26); tra i diaconi ricorda Nicola, per il quale soltanto aggiunge la specificazione "proselite di Antiochia" (At 6, 5). Come gentile ha interesse per la diffusione del vangelo tra i pagani, e mostra che il cristianesimo è anche per loro. Naturalmente questo interesse della diffusione del vangelo tra i pagani non è determinante per stabilire la sua provenienza, perché anche i giudeo-ellenisti avevano questo stesso interesse e persino Matteo che era un giudeo di Palestina e che si indirizza in modo particolare ai giudei, ma ne mette in evidenza il rifiuto a causa del quale il vangelo viene predicato anche ai gentili.

La sua lingua, ad eccezione dei racconti riguardanti l’infanzia di Cristo, è molto elegante, così da far dire al Renan che «il suo vangelo è il più bel libro che mai sia stato scritto ». Usa parole composte, accorgimenti grammaticali e sintattici ignoti agli altri scrittori neotestamentari. I termini usati da Luca sono più precisi degli altri sinottici: il "re Erode" diviene il "tetrarca Erode" (Lc 9, 7); il "mare" di Galilea ne diventa il "lago" (Lc 5, 1).

Il critico inglese Hobart nel 1880 tentò di rintracciare nel vocabolario del terzo evangelista una conferma della sua qualità di medico. Benché tali conoscenze mediche si possano rinvenire anche in altri scrittori eruditi, non medici, come Filone, Giuseppe Flavio, Luciano e Plutarco, è un fatto che alcuni particolari si spiegano meglio con la sua qualifica di medico.

A differenza degli altri vangeli, egli solo parla di una "grande febbre" (puretô megàlô) che aveva colpito la suocera di Pietro (Lc 4, 38); di "idropisia" (ydropicòs, Lc 14, 2); di "vertigine" (kraipàle, Lc 21, 34); ricorda (se almeno il testo è genuino, perché se ne discute) il sudore di sangue di Gesù al Getsemani (Lc 22, 44). Egli sminuisce l’impressione cattiva circa i medici che non avevano potuto curare l’emoroissa, in quanto elimina il particolare marciano che essi "l’avevano fatta peggiorare" (Lc 18, 43 con Mt 9, 18ss e Mc 5, 25).

Null’altro sappiamo di Luca. Quando il romanziere G. Slaughter volle tentare una ricostruzione biografica di Luca, creò un romanzo ricco di fantasia e di leggende apocrife, ma ben scarso di seria documentazione storicamente attendibile.

Una tradizione lo dice pittore, anzi un suo quadro raffigurante Maria, sarebbe stato inviato all’imperatrice Eudossia a Pulcheria di Costantinopoli. Ma forse si trattò solo di un abbellimento leggendario dovuto al fatto che Luca ama tratteggiare in modo stupendo le figure femminili, specialmente quella di Maria.

Secondo una leggenda il corpo di Luca sarebbe conservato nella basilica di S. Giustina di Padova, racchiuso in una magnifica preziosa arca.

Fonti di Luca

Dall’analisi del vangelo possiamo individuare le seguenti fonti utilizzate da Luca nel comporre il suo scritto:

1. Fonte particolare a Luca. E’ la fonte da cui provengono i racconti che non si rinvengono negli altri vangeli. Si tratta di una fonte popolare, probabilmente non scritta, sorta in Palestina, che presenta interesse per i poveri e le donne, che è tutta permeata di gioia, di serenità e di pace (nascita, ministero in Galilea, discepoli di Emmaus). Forse andava dalla nascita alla resurrezione di Gesù.

2. Gli apostoli. Come abbiamo già visto nel prologo letterario, gli apostoli sono indicati come "testimoni oculari e servi della parola". Fra costoro vi è certamente anche Paolo del quale condivide alcuni aspetti teologici.

3. Documenti scritti:

a) I Loghia che Luca divide con Matteo, ma dei quali rispetta  di più l’ordine, contro i raggruppamenti attuati da Matteo. Luca deve avere avuto sott’occhio una versione greca risalente alla chiesa ellenistica e composta verso il 50-60 d.C.. Essa conteneva brevi sentenze, qualche parabola e qualche rara scena con racconti di miracoli. Gesù è il giudice che viene ("Figlio dell’Uomo" e Kyrios).

b) Il Vangelo di Marco: questo fu certamente conosciuto da Luca (cf Lc 5, 18s con Mc 2, 2ss). Si può dire grosso modo che Luca segue la trafila di Marco nella quale incorpora il materiale proveniente da altre fonti.

Data di composizione

Siccome gli Atti si arrestano al biennio di prigionia di Paolo a Roma, alcuni pensano che il vangelo sia stato scritto da Luca nel periodo tranquillo della sua permanenza a Roma (60-62 d.C.). Tuttavia oggi non si insiste più sul fatto che il libro degli Atti debba essere stato scritto prima del termine della prigionia paolina, in quanto non ne descrive l’esito (At 28, 30s), perché si suppone che tale mancanza non sia dovuta a deficienza di ulteriori notizie, bensì al fatto che essa non rientrava nel fine propostosi dall’autore, quello cioè di mostrare la diffusione del vangelo sino al lontano centro romano. Una descrizione di eventi paolini con la sua morte e con il suo ritorno nelle regioni già evangelizzate, non rientrava nell’intento lucano. Tale finale degli Atti sembrerebbe tuttavia escludere l’andata dell’apostolo in Spagna, ritenuta l’estremo confine del mondo allora noto, in quanto essa sarebbe rientrata nell’intento lucano di mostrare la diffusione della buona novella da Gerusalemme sino agli estremi confini della terra.

Si può quindi concludere che il terzo vangelo fu composto dopo la morte di Paolo verso il 70-80 d.C., sia per la presentazione del discorso escatologico di Gesù che descrive in modo chiaro la distruzione di Gerusalemme ad opera delle legioni romane, sia per la testimonianza di Ireneo e del prologo antimarcionita. Si vede dalle due citazioni seguenti la diversa descrizione della rovina di Gerusalemme:
Matteo 24, 15: « Quando vedrete l’abominio della desolazione, predetta dal profeta Daniele, stare nel luogo santo, chi legga pongavi mente » (Mc 13, 14)
Lc 21, 20.23-24: « Quando vedrete Gerusalemme circondata da un esercito, sappiate allora che s’avvicina la sua desolazione . . . e cadranno a filo di spada e saranno condotti schiavi fra tutte le genti, e Gerusalemme sarà calpestata dai gentili »

Non ne consegue tuttavia che Matteo abbia scritto prima di Luca e prima della distruzione della città santa. Le differenze espressive fra i due evangelisti si spiegano con il fatto che Matteo, scrivendo per gli Ebrei, usa una terminologia a loro nota tratta dal libro di Daniele e perciò ben comprensibile ai giudeo-cristiani, mentre Luca, rivolgendosi ai gentili, spiega tale episodio concretamente, identificando l’abominio della desolazione con l’assedio degli eserciti romani.

Destinatari del Vangelo

Pur essendo dedicato a Teofilo – da alcuni ritenuto un nome simbolico, da altri un reale mecenate dello scrittore – i veri destinatari del terzo vangelo sono i cristiani di origine gentile che devono verificare la solidità della loro fede in Cristo. Per loro Luca spiega le usanze giudaiche che avrebbero potuto rattristarli, come la proibizione da parte di Gesù di andare ai gentili (Mt 10, 5) o l’episodio della Cananea (Mc 7, 24-30).

All’opposto egli esalta più degli altri la fede del Centurione (Lc 7, 2-10), la gratitudine del lebbroso samaritano (un semipagano) che, unico tra gli altri nove ebrei, sentì il dovere di ringraziare Gesù per la guarigione ottenuta (Lc 17, 11-19) e infine ricorda il sentimento favorevole del maestro verso i Samaritani detestati invece dai Giudei (Lc 9, 51-56).

Scrivendo per i gentili, alcune  parole semitiche vengono rese con il corrispondente greco: "epistàtes" al posto di Rabbi (Lc 9, 33 con Mc 9, 5); "Padre" al posto di Abba (Lc 22, 42 con Mc 14, 36); "Signore" invece di Rabbunì (Lc 18, 41 con Mc 10, 52). Solo quando ricalca il frasario semitico o conserva un documento semita tenuto in onore dalla comunità, usa costruzioni popolari o poco corrette.

L’ambiente del Vangelo di Luca

Visto che i destinatari del vangelo di Luca non sono giudeo cristiani, ma sono cristiani di origine gentile, qual è in modo particolare l’ambiente culturale e sociale in cui essi vivono?

1. Ambiente culturale. Poiché il vangelo di Luca è direttamente connesso con il libro degli Atti, il quale ci descrive per lo più la diffusione del vangelo in ambiente greco ellenistico, possiamo dedurre che anche il vangelo sia stato scritto in quell’ambiente e cioè un ambiente culturale prevalentemente ellenista. Del resto, come abbiamo visto più sopra, questo fatto è anche evidente da molte espressioni accurate dal punto di vista linguistico. Linguaggio, espressioni e testi greci molto curati dal punto di vista letterario ci dicono che questo vangelo è stato scritto a gente che conosce molto bene il greco e ci dimostrano che anche lo stesso autore lo conosceva bene.

2. Ambiente spirituale. Non si tratta solo di ambiente culturale. Non si tratta solo di gente di cultura, ma anche e soprattutto di credenti ai quali Luca richiama spesso l’Antico Testamento. Non tanto come Matteo, ma vengono ricordati spesso pagine e personaggi dell’Antico Testamento. Gesù stesso interpreta spesso l’Antico Testamento e connette la sua opera con queste pagine della Bibbia, Le pagine dell’Antico Testamento sono quindi sullo sfondo del vangelo di Luca. Evidentemente questo si spiega con il fatto che Luca leggeva l’Antico Testamento e lo spiegava alla luce degli eventi e degli insegnamenti di Gesù. Molto probabilmente accadeva che nelle assemblee per l’annunzio, la predicazione e la catechesi si leggeva una pagina profetica o una pagina della Torah dal Pentateuco particolarmente significativa e si mostrava come Gesù avesse risposto o corrisposto o attuato quella pagina. Così nascevano dei testi elaborati ed approfonditi sull’Antico Testamento illuminati dalla persona di Gesù. Una cosa che ha colpito molto è che nel vangelo di Luca sono presenti molto spesso tre personaggi. Si tratta di Abramo, Mosè e Davide: Abramo è presente almeno 15 volte nel vangelo di Luca, Mosè 10 volte nel vangelo e 19 volte nel libro degli Atti, Davide 13 volte più 11 negli Atti. Quindi possiamo dire che questi personaggi rappresentavano dei riferimenti di cui Gesù diventava l’attuazione. Si tratta quindi di un ambiente culturale greco ellenistico ed un ambiente spirituale illuminato da riferimenti all’Antico Testamento.

3. Ambiente sociale. Dal punto di vista sociale le caratteristiche che emergono in Luca sono quelle di un ambiente di gente molto povera. Qui, a differenza di Matteo, non si parla di talenti, ma soltanto di mine che è una misura di valore molto inferiore al talento. Spesso Luca fa riferimento a questi poveri chiamandoli beati in maniera molto più efficace che non in Matteo, dove si parla di solo di poveri in ispirito e di affamati e assetati di giustizia (Mt 5, 3.6), mentre in Luca i poveri sono poveri e basta e gli affamati sono veramente coloro che hanno fame (Lv 6, 20-21). Ci sono dei poveri, ma ci sono anche dei ricchi a cui Luca fa dei richiami severi. Basti pensare alla parabola del ricco epulone che è solo di Luca (Lc 16, 19-31), del ricco stolto (Lc 12, 13-21), dell’amministratore infedele (Lc 16, 1-13), e di molte altre. Nello stesso episodio del giovane ricco, che viene riferito anche da Matteo e Marco, Luca ha espressioni meno tenere che non gli altri due evangelisti; sembra quasi che abbia in mente un personaggio ben preciso a cui vuole inviare un messaggio per scuoterlo (Mt 19, 16-30; Mc 10, 17-31; Lc 18, 18-30; cf in modo particolare Mt 19, 21; Mc 10, 21; Lc 18, 22). Nel vangelo di Luca si parla spesso anche dei rapporti fra padroni e servi. Pensiamo all’amministratore infedele, già citato, al servo che attende il padrone quando torna a casa (Lc 17, 7-10). C’è in Luca questa figura dell’amministratore che amministra i beni del padrone, controlla gli schiavi e dà loro da mangiare. Se questo amministratore tratta bene gli schiavi suoi dipendenti, sarà premiato dal padrone, se invece sbaglia, sarà bastonato e se sbaglierà molto riceverà molte bastonature (Lc 12, 42-48). Quindi concludendo l’ambiente sociale che si riflette in quello ellenistico, non ebraico, non giudeo cristiano, è un ambiente in cui emerge molta povertà, ma vi sono anche dei ricchi; è un ambiente di rapporti sociali fra categorie diverse: fra padroni, amministratori e schiavi.

4. Area geografica. Da tutti questi particolari e da indagini ancora più scrupolose del testo si è arrivati ad individuare con una certa approssimazione anche l’area geografica in cui questo vangelo sarebbe nato. Si tratta di quell’area che sta tra la Grecia e la Turchia attuale, vale a dire nelle isole dell’Egeo.

Lo scopo del vangelo di Luca

All’inizio abbiamo accennato al motivo che aveva indotto Luca a comporre sia il vangelo che gli Atti degli apostoli. Si trattava, come dice Luca stesso (Lc 1, 4), di riconoscere, attraverso il suo scritto, la solidità e la fondatezza degli insegnamenti finora ricevuti. A tale scopo:

1. Luca compone un’opera storica, come egli stesso afferma (Lc 1, 1 diéghesis = narrazione). Mentre per Marco la distanza fra Cristo ed i lettori viene superata nella predicazione, che analizza e rende contemporaneo Gesù (il crocifisso vive nell’ annunzio di Marco), Luca, da storico non predica, ma narra; per lui la distanza tra il lettore e Gesù si ottiene risalendo a lui attraverso una serie di anelli che ci permettono di incontrare il Cristo. Nonostante che gli eventi di Gesù abbiano un valore unico ed evochino una situazione che non si verificherà più, essi tuttavia hanno una ripercussione per tutta la storia umana, per cui assumono valore di segno per la vita della chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

2. La storia umana risulta, come abbiamo visto, di due volumi che vanno dalla nascita di Gesù all’arrivo di Paolo a Roma (cf «i fatti che si sono compiuti in mezzo a noi!»). Luca intende presentare la storia dei fatti a partire dalla predicazione del vangelo di Gesù dalla Galilea a Roma, il centro del mondo antico, per mezzo di Paolo.

3. La storia lucana è una storia salvifica. Si può dire che la storia umana sia divisa in tre epoche: quella anteriore a Gesù, quella di Gesù e degli apostoli, che è il centro della storia, e l’opera post-apostolica. Il culmine dell’epoca centrale, il "die Mitte der Zeit" ("il centro del tempo") è dato dalla croce e dalla resurrezione del Cristo. La predicazione galilaica tende ad esso, il ministero apostolico ne deriva. Tuttavia Luca non "miticizza" questa storia, ma la innesta nella storia di Israele e dell’impero romano. Dio opera in Cristo entro la stessa storia umana (Lc 1, 5; 2, 1-3; 3, 1; At 12, 1; 20, 24s; ecc.).

4. La salvezza preparata per mezzo di Cristo non riguarda solo un gruppo di persone, ma concerne tutta l’umanità, perciò lo scritto lucano assume una tinta universalistica: nella genealogia risale fino ad Adamo, capostipite dell’ umanità, anziché arrestarsi ad Abramo «padre degli Ebrei» (Lc 3, 38); Gesù per Luca è il vero figlio di Dio, ossia il nuovo Adamo, la cui missione si estende a tutta l’umanità. Egli solo ricorda l’invio dei 70 (o 72) discepoli da parte di Cristo, che sembra simboleggiare la conversione di tutte le nazioni, mentre gli altri evangeli riportano la missione dei dodici apostoli (Lc 10, 1).

5. La storia di Luca è un’opera letteraria destinata a lettori di cultura. Il suo greco è uno dei migliori di tutto il Nuovo Testamento; la sua opera è dedicata a Teofilo (Lc 1, 1), persona di una certa cultura. Egli affronta il problema Gesù dal lato storico: bisogna che il lettore scopra che «gli insegnamenti ricevuti sono solidi » (Lc 1, 4). Luca offre per la prima volta una visione coerente del passato e una chiara prospettiva della storia salvifica.

Metodo di composizione

Luca afferma di aver voluto comporre un vangelo "con ordine" (kathexês v. 3). L’ordine di successione Galilea-Giudea era già una caratteristica della predicazione orale prelucana. Luca lo utilizza e lo sviluppa ancor più: con la sua lunga sezione mediana (Lc 9, 51 - 19, 27), nella quale incorpora il materiale che gli è proprio; sembra voler dare l’impressione che la vita di Gesù fu un lungo spostamento dal nord fino a Gerusalemme, dove deve avverarsi il suo "esodo" (Lc 9, 31).

Il vangelo di Luca gravita attorno a Gerusalemme, città santa, che è il luogo della salvezza, il centro dove tutto si dirige, dal quale tutto parte. Gesù ha il suo volto rivolto a Gerusalemme, dove devono morire i profeti (Lc 13, 33). L’opera continuatrice dei discepoli parte invece da Gerusalemme e si diffonde nel mondo intero fino a pervenire a Roma, il centro dell’impero.

Questo concetto teologico assai profondo è presentato mediante la geografia, che si trasforma di conseguenza in teologia.

Il vangelo ha il suo inizio nel tempio dove si attua l’annuncio angelico riguardante l’intervento salvifico messianico che sta per mettersi in moto.

Dopo la preparazione in Galilea, con il grande viaggio di Gesù verso Gerusalemme, lo sguardo si accentra sulla città santa. Da quel momento ogni altro nome geografico (ad eccezione di Betania) è scartato perché tutto si accentra a Gerusalemme. «Poi, come si avvicinava il tempo della sua assunzione, Gesù si mise risolutamente in viaggio per andare a Gerusalemme» (Lc 9, 51). Tutti i racconti, le parabole, gli insegnamenti di Gesù sono racchiusi entro la cornice di questo grande viaggio.

Dopo la resurrezione tutto si muta: la lieta notizia deve essere portata al mondo partendo da Gerusalemme (Lc 24, 47). Per questo la predicazione si spande a Gerusalemme per passare in Samaria (At 8), poi al litorale fenicio e infine ad Antiochia. Di là si diffonde in Asia Minore, nella Grecia e da ultimo a Roma, il centro del mondo pagano. Tutto quanto non rientra in questo quadro geografico viene tralasciato o è forzatamente introdotto in esso. Così le apparizioni di Gesù in Galilea – supposte da Marco, narrate da Matteo e da Giovanni – sono tralasciate in quanto turbavano tale quadro geografico, facendo portare il messaggio in Galilea prima ancora che in Gerusalemme e in Samaria.

Per Luca sembra che vi siano state apparizioni di Gesù solo a Gerusalemme; si tratta tuttavia di una pura impressione creata ad arte per inculcare un profondo concetto teologico: a Gerusalemme si attua la salvezza dell’umanità ed ebbe inizio il nuovo popolo dei credenti.

Il libro degli Atti vuole pure mostrare con i numeri in continuo crescendo che la chiesa era in espansione:

At 1, 15 = centoventi;
At 2, 41 = circa tremila persone;
At 4,   4 = circa cinquemila uomini (3000+2000)
At 5, 14 = un gran numero.

La chiesa non è un "piccolo" resto, ma il grande popolo di Dio derivato da questo resto, che Gesù ha riunito attorno a sé ("piccolo gregge" Lc 12, 32).

Luca cerca pure di introdurre Gesù nella storia del mondo: nasce sotto il regno di Cesare Augusto, durante un censimento imperiale, al tempo di Quirinius, governatore della Siria (Lc 2, 1-2). Inizia la sua missione pubblica al tempo del Battista, in un’epoca ben precisata della quale indica vari sincronismi (Lc 3, 1-2). Egli non inventa la buona nuova che predica, ma i suoi fatti possono essere verificati: «Non è in un angolo che ciò si è verificato» (At 26, 26).

Divisione del Vangelo

Il vangelo di Luca si può dividere secondo il seguente schema:

Premessa: 1, 1-4
Prologo storico: 1, 5 - 4, 13
– Nazaret: 1, 5 - 2, 52
– Deserto: 3, 1 - 4, 13
L’annuncio del regno di Dio in Galilea: 4, 14 - 9, 50
Viaggio verso Gerusalemme: 9, 51 - 19, 27
Gerusalemme: 19, 28 - 24, 53.

Andando maggiormente nel dettaglio possiamo riconoscere nel Vangelo di Luca almeno quattro parti ben distinte:

1 a Parte: Manifestazione del piano divino e infanzia di Gesù (cc. 1-2)

Vi dominano due persone: Giovanni e Gesù. Le profezie circa il primo ne limitano l’attività in quanto deve: «camminare dinanzi al Signore », per preparare Israele a « vedere la salvezza di Dio». Le profezie riguardanti Gesù annunciano il regno universale del Figlio di Dio, valido anche per i pagani (Lc 2, 32). In lui sta per iniziare la nuova era. Un nuovo mondo sorge attraverso le sue sofferenze (Lc 2, 34).

L’incontro di Maria con Elisabetta è un capolavoro lucano; le due donne sono i tipi delle due alleanze. Karl Barth scrive a questo riguardo:

« Maria ed Elisabetta sono inseparabilmente legate, non solo perché parenti, non solo per la somiglianza dei loro destini esteriori, ma in virtù dell’unità della promessa ricevuta, in virtù della grazia che entrambe trovano in Dio» (Advent, Labor, Ginevra 1948, p. 9).

Questi due primi capitoli sono i più aramaizzanti del vangelo, il che può spiegarsi con il fatto che Luca usò dei documenti aramaici, o perché egli volle ricostruire artisticamente un colorito più semitico intessuto di reminiscenze veterotestamentarie. Questo ci fa capire che i due capitoli stanno a sé e non vanno uniti – come pretende U. Ruegg – con il terzo. Ciò è confermato dal fatto che all’inizio del c. 3 introduce una cronologia, quasi per mostrare l’inizio di una nuova era. Anche Marco (seguito da Luca), inizia il suo vangelo con il battesimo di Gesù. Anche At 1, 22 fa scegliere il sostituto di Giuda tra coloro che avevano seguito Gesù sin dal battesimo di Giovanni, quando ebbe inizio la sua vita pubblica.

2 a Parte: Manifestazione di Gesù Cristo e sua missione in Galilea (Lc 3,1 - 9, 50)

La Galilea, regione tipicamente giudea nella geografia lucana, è il luogo della prima missione di Gesù. Gesù predica nelle sinagoghe, si sceglie una città: Cafarnao, per poi passare « di città in città, di borgata in borgata » (Lc 8, 1).

Dio stesso proclama Gesù suo figlio durante il battesimo, che non ha però una missione esclusivamente giudaica, come appare dalla genealogia appostavi che risale fino ad Adamo (c. 3). La tentazione di Gesù mostra il combattimento che egli soffre in sé stesso per mettersi al servizio del Padre. Il discorso programmatico di Nazaret indica il contenuto della missione di Gesù ed evoca le difficoltà che vi si oppongono.

Gesù poi compie numerose guarigioni, culminanti nella resurrezione del figlio della vedova di Nain (Lc 7, 11ss) e stabilisce il gruppo degli apostoli. In seguito tutto si centra sulla domanda: Chi è Gesù? alla quale risponde la confessione di Pietro seguita dalla trasfigurazione: Luca riassume brevemente il sermone della montagna (Lc 6, 20-49), una piccola inserzione con del materiale in gran parte parallelo a quello di Matteo (Lc 6, 20 - 8, 3).

Elemento proprio di Luca, oltre all’episodio della vedova di Nain (Lc 7, 11s), è l’episodio del perdono della peccatrice che unge i piedi di Gesù (Lc 7, 36ss) e l’elenco delle donne che seguivano il Maestro (Lc 8, 1ss).

3 a Parte: Viaggio di Gesù a Gerusalemme (Lc 9, 51 - 19, 27)

E’ la sezione più ricca nella quale Luca ha introdotto gran parte dei propri racconti non riferiti né da Marco né da Matteo. E’ la famosa grande inserzione (Lc 9, 51 - 18, 14) nella quale appaiono le magnifiche parabole, proprie di Luca, del buon samaritano (c. 10), del figliuol prodigo (c. 15), di Lazzaro e del ricco crapulone (c. 16), del Fariseo e dell’esattore romano (c. 18).

Questa è la sezione più caratteristica del vangelo di Luca che potremmo anche chiamare il viaggio scuola di formazione dei discepoli. È suddiviso in quattro tappe ognuna delle quali ha come contenuto un tema particolare:

I. La prima tappa del viaggio 9, 51 - 10. 37: la missione e il messaggio
– Il rifiuto dei samaritani 9, 51-56
– La sequela di Gesù 9, 57-62
– La missione dei 72 discepoli 10, 1-20
– Il grido di giubilo di Gesù e la proclamazione che i discepoli sono beati 10, 21-24
– La domanda circa il comandamento più importante e il comportamento esemplare del buon samaritano 10, 25-37.

II. La seconda tappa del viaggio 10, 38 - 13, 21: Centralità del riferimento a Cristo
L’unica cosa necessaria: ascoltare la parola di Gesù 10, 38-42
– Gesù insegna ai suoi discepoli a pregare 11, 1-13
– Gesù in lotta con i suoi avversari 11, 14-54
1. Rifiuto dell’accusa mossa a Gesù di scacciare i demoni in nome di Beelzebul 11, 14-26
2. La proclamazione che sono beati coloro che ascoltano la parola 11, 27-28
3. Il segno di Giona 11, 29-32
4. Sentenze sulla luce 11, 33-36
5. il discorso di Gesù contro i farisei e gli scribi 11, 37-54
– Avvertimenti ai discepoli 12, 1-59
1. Ammonizione a stare in guardia dall’ipocrisia dei farisei ed esortazione a riconoscere Gesù senza paura 12, 1-12
2. Gesù mette in guardia dalla cupidigia attraverso la parabola del ricco stolto 12, 13-21
3. Le preoccupazioni e l’accumulo dei tesori 12, 22-34
4. Esortazioni alla vigilanza e alla fedeltà 12, 35-48
5. il tempo della decisione 12, 49-53
6. I segni del tempo 12, 54-59
– Appello alla conversione 13, 1-9
– Gli Ebrei si scandalizzano per la guarigione compiuta di Sabato 13, 10-17
– Il mistero del regno di Dio rappresentato nelle parabole del granello di senape e del lievito 13, 18-21.

III.  La terza tappa del viaggio 13, 22 - 17, 10: Esigenze radicali della sequela di Gesù
– Il discorso del severo signore del banchetto 13, 22-30
– Gerusalemme, la città della morte di Gesù 13, 31-35
– Discorsi intorno al convitto 14, 1-24
1. La guarigione dell’idropico 14, 1-6
2. La regola degli ospiti: i primi e gli ultimi posti 14, 7-11
3. La regola dell’ospite: invitare senza tenere conto della considerazione di cui gode una persona 14, 12-14
4. La parabola della grande cena 14, 25-35
– La preoccupazione di Dio per ciò che è perduto 15, 1-32
1. La parabola della pecora smarrita e della dramma perduta 15, 1-10
2. La parabola dell’amore del padre 15, 11-32
– Atteggiamento giusto e ingiusto nei confronti dei beni di questo mondo in contraddizione con la giustizia della legge e con la fede 16, 1 - 17, 10
1. La parabola dell’amministratore disonesto 16, 1-9
2. Sentenze sui beni terreni 16, 10-13
3. Parole contro la concezione farisaica della legge 16, 14-18
4. La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro 16, 19-31
5. Invito a guardarsi dalla seduzione 17, 1-3a
6. Sul perdono 17, 3b-4
7. sulla fede 17, 5-6
8. Servi buoni a nulla 17, 7-10.

IV.  La quarta tappa del viaggio 17, 11 - 19, 27: Fede e piena disponibilità a Dio e a Cristo Gesù
– Guarigione dei dieci lebbrosi e il samaritano riconoscente 17, 11-19
– La presenza del regno di Dio e la venuta del Figlio dell’uomo 17, 20-37
– La parabola del giudice e della vedova 18, 1-8
– La parabola del fariseo e del pubblicano 18, 9-14
– Credere come un bambino 18, 15-17
– Fede e libertà dai beni e dai legami terreni 18, 18-30
– Il terzo annuncio della passione 18, 31-34
– La guarigione di un cieco 18, 35-43
– La sosta di Gesù presso il capo dei pubblicani Zaccheo 19, 1-10
– La parabola delle mine affidate 19, 11-27.

4 a Parte: Passione di Cristo (Lc 19, 28 - 24, 53)

I racconti seguono Marco (o Matteo); l’unico brano speciale, salvo piccoli altri particolari ch’egli aggiunge, come il sudore di sangue (criticamente discusso, Lc 22, 44), è il racconto dell’apparizione di Cristo ai due discepoli di Emmaus (Lc 24, 31ss).

Caratteristiche lucane

Anzitutto Luca segue le sue fonti che inserisce senza mischiarle tra di loro (Marco, inserzioni proprie, passi paralleli con Matteo). In generale, come appare dal confronto con Marco, Luca segue fedelmente questa fonte, sia pure riscrivendola con stile personale. Egli, ad esempio, elimina dal vangelo di Marco tutti gli aspetti che possono sottolineare l’emozione di Gesù (Mc 1, 41 con Lc 5, 13); Mc 1, 43 con Lc 5, 14), la sua ira (Mc 3, 5 con Lc 6, 8), la sua tenerezza (Mc 9, 36 con Lc 9, 47), la sua indignazione (Mc 10, 14 con Lc 18, 16).

Lo spavento e l’angoscia di Gesù al Getsemani sono alquanto attenuati (Mc 14, 33ss con Lc 22, 40); Gesù infatti non cade a terra, ma si inginocchia (Mc 14, 35 con Lc 22, 41). Se fosse genuino avremmo tuttavia un aumento di questo turbamento interiore con le gocce di sangue che quivi caddero dal corpo di Gesù (Lc 22, 42).

Per il rispetto che nutre verso Gesù, evita di dire se Giuda lo abbia effettivamente baciato (Mc 14, 45 con Lc 22, 47s); tralascia il fatto che i soldati lo schiaffeggiarono e gli sputarono addosso (Mc 14, 65 con Lc 22, 65).
Luca ama sfumare i numeri, per cui quando non è sicuro di essi, vi aggiunge un « circa»: il « dopo sei giorni» di Mc 9, 2, diviene « dopo circa otto giorni » (Lc 9, 28); l’espressione «all’ora sesta » (Mc 15, 33) diviene: « circa l’ora sesta» (Lc 23, 44). Maria rimane da Elisabetta «circa tre mesi » (Lc 1, 56); Gesù aveva « circa trent’anni» (Lc 3, 23); i saziati furono «circa cinquemila » (Lc 9, 14; Mc 6, 44, cinquemila).

Il messaggio di Luca

Luca considera la vita di Gesù non come un puro storico, bensì come un credente, e quindi alla luce della sua resurrezione; per questo egli, anche nella sua vita terrena, chiama Gesù con l’epiteto di "Signore" (Kyrios), nome che la comunità cristiana applicò al Cristo solo dopo la sua glorificazione. Con tale titolo i cristiani volevano dire che Gesù non era solo una realtà del passato (venuto) o del futuro (deve tornare), ma un essere vivente capace di intercedere per i credenti. La più antica professione di fede suonava: Kyrios Jesùs = Gesù è il Signore. Anche gli altri vangeli usano il termine "Signore" ma in un senso più sforzato, come un deferente saluto verso una persona stimata, superiore e "padrone", mentre Luca lo usa nel senso tecnico che la chiesa primitiva attribuì al Cristo risorto.

Nonostante che Gesù sia il Signore, Luca ne tratteggia la figura in modo più commovente, più vivo e autenticamente più umano che presso gli altri evangelisti. Gesù ce lo fa sentire più vicino alla nostra umanità ferita e peccatrice, pronto a redimere l’uomo ravveduto.

Luca, oltre a Gesù, mette pure a fuoco lo Spirito Santo. Per lui il regno di Dio è una realtà futura che apparirà (Lc 9, 27), la realtà presente è quella dello Spirito Santo. Il vangelo di Luca fu quindi detto il vangelo dello Spirito Santo; Giovanni Battista e i suoi genitori sono ripieni dello Spirito Santo (Lc 1, 15.41. 67); lo è pure il vecchio Simeone che si recava al tempio in attesa del salvatore (Lc  2, 25ss).
Gesù inizia la sua missione dopo la discesa dello Spirito Santo (Lc 3, 22s); è condotto nel suo lavoro dallo Spirito Santo (Lc 4, 1), agisce con la potenza dello Spirito (Lc 4, 14); a Nazaret apre il libro là dove sta scritto: « Lo Spirito del Signore è con me» (Lc 4, 18).

I discepoli non devono preoccuparsi di quel che dovranno dire al tempo della persecuzione, poiché lo Spirito Santo in persona suggerirà loro le parole più opportune (Lc 12, 12). Nella preghiera occorre chiedere lo Spirito Santo al posto delle «cose buone » presentate da Matteo: «Se voi che siete malvagi sapete dare ottimi doni ai vostri figli, quanto più il Padre celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiederanno » (Lc 11, 13; cf Mt 7, 11).

Secondo una variante di alcuni codici lucani, anche nella preghiera domenicale, al posto di « Venga il tuo regno», si legge: « Che il tuo Spirito venga su di noi e ci purifichi » (Lc 11, 2).

Paolo è messo a parte per divenire un divulgatore del nome di Gesù a tutte le nazioni (At 9, 15); Paolo e Barnaba sono inviati dallo Spirito Santo a Cipro (At 13, 2); Paolo ne è impedito dal continuare il suo lavoro in Asia purché si rivolga all’Europa (At 16, 69).

Lo Spirito crea l’unione delle varie comunità (At 8, 15), abolisce le frontiere tra giudei e greci (At 18, 44s), suscita i ministeri (At 6, 3), fortifica i martiri (At 7, 55).

Gli amori di Luca

Gli evangelisti – come del resto gli altri scrittori sacri – lasciano nel proprio scritto l’impronta della loro individualità.

Luca è l’autore più umano di tutto il Nuovo Testamento. Delicato fino all’eccesso, evita che alcuno possa apparire sotto un aspetto sfavorevole nel suo scritto. La sua umanità si rivela nel suo amore per i peccatori, per i poveri, per le donne, per la preghiera e per il lavoro missionario. Dante lo chiamava: «scriba mansuetudinis Christi » (lo scriba della mansuetudine di Cristo) per questa caratteristica del suo vangelo.

1. Amore per i peccatori. Più degli altri evangelisti Luca mette in risalto l’amore con cui Cristo andò alla ricerca dei peccatori per perdonare le loro colpe; il suo scritto quindi è il vangelo della misericordia. Solo Luca parla della dramma perduta (Lc 15, 8-10), della pecorella smarrita (Lc 15, 1-7), del figlio prodigo (Lc 15, 11-32), della peccatrice perdonata (Lc 7, 36-50): « Molto le viene perdonato, perché molto ha amato »

I Samaritani non sono più la gente odiata dagli Ebrei, ma appaiono sotto una luce d’amore. Gesù si oppone ai figli di Zebedeo che vorrebbero far scendere fuoco dal cielo per distruggere il villaggio inospitale (Lc 9, 51-54). Samaritano è colui che si prende cura del viandante percosso e lasciato semi morto dai ladroni (Lc 10, 31s); samaritano è l’unico lebbroso che ringrazia Gesù per la propria guarigione (Lc 17, 15-19).

Sulla croce Luca ricorda la preghiera di Gesù verso i suoi crocifissori: « Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno » (Lc 23, 34). Anche sulla croce il « buon ladrone» si converte e chiede aiuto al Salvatore che gli assicura: «Oggi sarai con me in paradiso» (Lc 23, 40ss). Il vangelo Lucano è quindi un messaggio di speranza per i peccatori.

2. Amore per i poveri. Luca doveva aver notato come i "poveri"  sono i più pronti ad accogliere Dio e ad attendere il regno, per cui egli mette in risalto il beneficio di farsi poveri per il Signore. Nelle beatitudini, oltre a proclamare « beati gli apostoli che sono poveri» (voi poveri), aggiunge un’invettiva contro i ricchi (Lc 6, 20.24).
Luca mostra in una parabola, a lui propria, la stoltezza del ricco, destinato a morire, che si affida alle proprie ricchezze (Lc 12, 13-21).

Esalta la prontezza degli apostoli nel rinunciare ad ogni cosa pur di seguire Gesù (così fanno Giacomo e Giovanni, Lc 5, 11, e levi, Lc 5, 28) e invita tutti a lasciare ogni cosa per Gesù (Lc 12, 33s). E’ necessario rinunciare a tutto quanto si possiede per diventare discepoli di Cristo (Lc 14, 33). Forse così agì lo stesso Luca, il quale anziché dedicarsi al redditizio lavoro di medico, non di rado preferì seguire Paolo nella sua missione apostolica.

Luca riferisce pure l’obbligo di dare a chi chiede (Lc 6, 30), senza speranza di riavere quel che si è dato (Lc 6, 34s). Bisogna dare persino quel che si ha nel proprio piatto, vale a dire «togliersi il boccone di bocca» per aiutare chi è nel bisogno (Lc 11, 41) e vendere se è necessario i propri beni per darli ai poveri e seguire Gesù (Lc 12, 33). Nel libro degli Atti Luca narra con evidente simpatia la comunione dei beni che vi si effettuava, per cui nessuna cosa era ritenuta propria, ma considerata un bene della comunità (At 2, 44s; 4, 32; 5, 1-10). Chi non dà sarà punito come il ricco crapulone (Lc 16, 19-31).

Come esempio di aiuto per chi è nel bisogno è commovente la bella parabola del buon Samaritano, la cui meditazione faceva sgorgare dalla penna di Peguy le seguenti parole:

« Non occorre rifugiarsi in un convento per salvare la propria anima. Non bisogna salvare l’anima propria quasi fosse un tesoro da conservare. Occorre salvarla come si perde un tesoro: distribuendolo! Occorre presentarsi a Dio assieme. Non possiamo trovare il buon Dio gli uni senza gli altri . . . Che cosa ci direbbe se arrivassimo gli uni senza gli altri? ».

3. L’amore per il sesso gentile. Luca, come medico, doveva vedere come questo sesso fosse spesso calpestato dal maschio, perciò ne esalta con tratti commossi la gentilezza d’animo. Le donne non appaiono più come le disprezzate, le incapaci di istruzione, poste in balia dell’uomo, bensì come le collaboratrici di Gesù nel suo lavoro missionario, che meritano comprensione, rispetto e simpatia. E’ lui che tratteggia la gioia della madre di Nain nel riottenere il figlio risorto (Lc 7, 11s), che parla delle donne che seguono Gesù (Lc 8, 1s), della peccatrice perdonata (Lc 7, 36ss), di Marta e Maria sempre ospitali con Gesù, delle donne in Gerusalemme che consolano il Salvatore sofferente sulla via dolorosa (Lc 23, 27ss), delle prime messaggere della resurrezione (Lc 24, 1-2): Maria di Magdala, Giovanna (Salomè in Marco) e Maria madre di Giacomo. Secondo alcuni critici anche la perla che finì, non si sa come, nel vangelo di Giovanni, quella dell’adultera perdonata, risalirebbe alla penna di Luca. È Luca che con finezza tratteggia la fede di Maria, madre di Gesù, la quale non oppose obiezione alla richiesta dell’angelo, ma con prontezza rispose: «Ecco io sono la schiava del Signore» (Lc 1, 38).

4. L’amore verso la preghiera. Spesso Luca sottolinea il bisogno che Gesù sente di entrare in contatto con il Padre tramite la preghiera. Non basta lo sforzo umano se non è corroborato dalla potenza divina che si attinge nell’unione spirituale con Dio. Ben otto volte Luca sottolinea che Gesù pregò specialmente nei momenti più culminanti della sua vita:

– Gesù pregò durante il battesimo (Lc 3, 21);
– nel deserto (Lc 5, 16);
– prima di eleggere gli apostoli (Lc 6, 12);
– prima della confessione di Pietro (Lc 9, 18);
– prima della Trasfigurazione (Lc 9, 29);
– quando insegnò il Padre Nostro (Lc 11, 1);
– egli pregò per la debolezza di Pietro (Lc 22, 33);
– pregò durante la prova del Getsemani (Lc 22, 41s);
– e infine sulla croce dicendo: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 24).

Gesù insegnò pure ai suoi discepoli di pregare con insistenza (Lc 18, 1-8), in ogni momento della vita (Lc 21, 36), di pregare con umiltà, come il pubblicano (Lc 18, 9-14) e con perseveranza (Lc 11, 1-13). Egli insegnò pure a pregare con la potenza dello Spirito Santo, chiesto con insistenza (ivi v. 13).

In tal modo Luca si riallaccia all’insegnamento di Paolo (Ef 6, 17) e alla vita dei primi cristiani che erano perseveranti nella preghiera (At 1, 14).

Il vangelo di Luca, con la sua esaltazione dell’amore di Gesù verso i peccatori e del mutuo amore cristiano alla luce del potente Spirito Santo, è destinato a creare gioia nel credente. Esso è quindi il vangelo della gioia che traspare nei vari canti tuttora in uso nelle chiese (Magnificat, Lc 1, 46-55; Benedictus, Lc 1, 68-79; Gloria in excelsis Deo, Lc 2, 14; Nume Dimittis, Lc 2, 29-32); tale gioia, che inizia con il messaggio angelico, si chiude con un fremito di gioia (Lc 24, 52).

Quanto farebbe bene agli esistenzialisti leggere questo vangelo, il quale inse-gna che per il credente la vita non è angoscia e ansietà, bensì gioia fiduciosa in Dio.

5. Amore per il lavoro missionario. Questo è, si può dire, il tema centrale di tutto il vangelo. Il tema missionario è costantemente presente nel vangelo di Luca, dal quale appaiono le seguenti caratteristiche missionarie:

a) Gesù è il missionario per eccellenza . Egli sin dall’infanzia è salutato da Simeone come « la luce che deve illuminare le nazioni» (Lc 2, 29-32). Il suo programma missionario appare nel discorso tenuto a Nazaret (Lc 4, 16-21), dove si presenta come colui che risponde a tutte le attese dei sofferenti. Il suo dovere è quello di « recare la buona notizia» (evangelizzare), e spesso nel terzo vangelo appare l’espressione « bisogna che io evangelizzi» (Lc 4, 43; cf 13, 14-16; 13, 33; 19, 5; 24, 26.44). Gesù evangelizza la Galilea, per cui sembra non più necessaria in quel luogo la sua evangelizzazione ad opera dei discepoli, avendovi già lavorato personalmente il Cristo; forse per questo manca il nome di "Galilea" nel compito missionario dato ai discepoli (At 1, 8).

b) La chiesa missionaria è in cammino. Il lettore di Luca è colpito dai viaggi di Gesù e dei suoi discepoli nella chiesa: tutte le persone vi sono presentate come dei viaggiatori: Gesù, Pietro, Filippo, Paolo, lo stesso medico Luca e le donne. Gesù è costantemente per strada. In questo sviluppo missionario le città giocano un ruolo fondamentale: le città sono il luogo dell’autorità, del potere dei Cesare (cf Lc 2, 1-5, la città dove tutti andarono a farsi registrare), ma sono anche un complesso sociale dove si trovano le più disparate categorie di persone: giudici, prostitute, posseduti . . . Luca può anche parlare di una « peccatrice della città», vale a dire dinanzi a tutti e nota a tutti. In Luca (Lc 10, 1-12) appare una specie di teologia della città: in questo brano la parola polis si trova cinque volte. L’opera di Luca è costruita sulle linee di una geografia che per lui si trasforma in teologia: verso Gerusalemme, verso Roma. La Galilea è circoscritta da tre città (Nazaret, Cafarnao, Betsaida), il cammino verso Gerusalemme e verso Roma si attua di città in città. La città è il luogo per eccellenza dell’annunzio cristiano (Lc 4, 43; 8, 1.4.34.39; 13, 22; 14, 21; ecc.). Matteo riflette una civilizzazione rurale, per Marco, non la città, ma l’annunzio storicizza il Cristo. Per Luca il messaggio di Cristo passa di città in città.

Il vangelo della decisione e della fiducia

Nonostante il suo carattere umano, il vangelo di Luca non ha nulla di conciliante, nulla che mostri un rilassamento. Fu detto che il suo vangelo è quello della rinuncia assoluta, perché esige il rifiuto totale di tutto quanto può allontanare il discepolo da Cristo (cf Lc 14, 25-35: odiare il padre). Luca è esigente quando parla di povertà e ricchezza, per cui alle beatitudini rivolte ai discepoli, aggiunge: « guai a voi!» per i ricchi, per i gaudenti, per i concilianti che cercano di cattivarsi le lodi di tutti (Lc 6, 20-25). Luca è il vangelo che meglio degli altri ci fa sentire lo spirito evangelico, nonostante che si rivolga ad un pubblico che chiameremmo "borghese".

Il vangelo di Luca è però un vangelo ottimista, in quanto ci assicura che non siamo soli nel nostro lavoro. Lo Spirito Santo (come già abbiamo visto) è al lavoro con i suoi. L’ottimismo si rivela quando 5000 uomini hanno fame nel deserto (Lc 9, 10-17), anche quando le porte si chiudono davanti alla predicazione paolina (At 16, 6-10). Ogni volta esse si riaprono: Pietro esce dalla prigione (At 12, 6-10), Paolo e Sila incarcerati ne escono con gloria (At 16, 25-34); Gesù, minacciato a Nazaret, passa immune tra i suoi nemici (Lc 4, 28ss). Anche il brigante in croce apre il suo cuore alla speranza (Lc 23, 43).

L’ottimismo deve regnare nonostante le ostilità contro Gesù a Nazaret (Lc 4, 22-30), o presso i Samaritani (Lc 9, 51-56), contro gli apostoli da parte del Sinedrio (At 4). Tali minacce non possono intimidire la chiesa: se il cammino della chiesa è quello di Gesù, non deve sembrare strano che pure essa si trovi «nella fornace della prova » (1 Pt 4, 12). La sua missione è quella di Gesù, è quindi in favore degli uomini, non contro di loro: non può essere che l’amore di Cristo rimanga senza risposta e incontri solo opposizione. Luca sottolinea quasi a corollario che i primi cristiani a Gerusalemme godevano la stima di tutto il popolo (At 2, 47).

Indicazioni tematiche

Qual è il messaggio di Luca? Quali sono le chiavi di lettura del vangelo secondo Luca? O meglio quali sono i volti di Dio e di Cristo che Luca mette in evidenza nel suo Vangelo?

1) Un nuovo tempo. Il primo dato più evidente messo in luce da un celebre esegeta tedesco, Conzelmann è che Gesù comincia un nuovo tempo. La parola che ricorre di più in Luca è "arché" che vuol dire "principio". Si potrebbe quasi dire che tutto ricomincia con Gesù di Nazaret.

a) Per esempio, già in Lc 1, 2, ma poi anche in At 1, 1 ed anche altrove, si dice: « Ciò che Gesù cominciò a fare e ad insegnare ». C’è spesso questo érksthai = cominciare o arché = inizio che segna l’avvio di Gesù. C’è quindi l’avvertimento all’inizio sia del Vangelo che degli Atti che si ricomincia tutto di nuovo, quasi come una nuova creazione.

b) Luca è meno preoccupato dell’esattezza storica che di quella teologica. Infatti la cosa più sorprendente che notiamo nel vangelo di Luca è che il Battista è considerato un uomo del Antico Testamento. Per Giovanni, il Battista è il testimone del verbo, mentre per Luca è l’ultimo profeta dell’Antico Testamento. In Lc 16, 16 troviamo infatti scritto: « La legge ed i profeti arrivano fino a Giovanni; da allora in poi il regno di Dio è annunziato ed ognuno si sforza di entrarvi ». Come si può vedere dunque Giovanni Battista è inserito nella parte dell’Antico Testamento.
Questo non avviene negli altri vangeli. Luca non lo fa naturalmente per trattare male il Battista perché ci sono pagine splendide su di lui nel suo vangelo: la sua attività, il Benedictus, ecc., ma per attirare l’attenzione sul fatto che Gesù è novità e con lui inizia una nuova era. Il vangelo non è una dottrina che si aggiunge a quelle dell'Antico Testamento, ma con Gesù tutto inizia di nuovo. Se non si coglie questa novità, non si capisce il Vangelo di Gesù.

c) Luca addirittura arriva ad un artificio teologico per evidenziare che tutto comincia con Gesù. Luca 3, 1-20 parla del Battista quando arriva nel deserto, che predica, che battezza e poi dice che Erode arresta il Battista e lo getta in prigione, ma non parla del Battesimo di Gesù. Luca se la cava dicendo che quando il Battista finì in prigione, venne Gesù e dopo che fu battezzato (non è detto da chi), lo Spirito Santo scese su di lui. Quindi non dice neanche che Gesù è stato battezzato dal Battista. Non è che lui non lo sapesse, ma gli preme soprattutto dire che tutto comincia da quel battesimo di Gesù. Quando il Padre dice a Gesù: «Tu sei il mio figlio prediletto», da quel momento parte il tempo del Nuovo Testamento. Non è che Luca neghi che Gesù è stato battezzato dal Battista, infatti non dice che è stato battezzato da altri, ma quando comincia a parlare di Gesù non nomina più il Battista per evidenziare la novità di Gesù dal quale inizia ogni cosa.

2) Gesù è profeta. Luca usa il termine "profeta" ben sette volte riferendolo a Gesù. In Luca13, 32-33 c’è un episodio che riporta solo lui. Quando gli riferiscono che Erode vuole ucciderlo, Luca riporta le parole di Gesù il quale dice presso a poco così: Dite a quella volpe di Erode che non è possibile che un profeta possa morire fuori di Gerusalemme. Poco dopo in Lc 13, 34 aggiunge: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi . . ." riferendosi chiaramente alla sua prossima morte in quella città. Dunque Luca lo indica come un profeta, ma un profeta superiore ai profeti dell’Antico Testamento. Più volta infatti Luca ricorda degli episodi nei quali Gesù ripete i gesti di Elia o di Eliseo e li carica di nuovo senso. Per vedere ad esempio come egli sia più grande del profeta Eliseo, va ricordata la pagina della vedova di Nain in Lc 7, 11-17. Dopo il miracolo della resurrezione del figlio della vedova di Nain la folla esclana: « Un grande profeta è sorto fra noi» (v. 16). C’è un altro episodio nell’Antico Testamento in 2 Re in cui Eliseo risuscita il figlio della signora di Sunem, la sunamita. Ora Sunem e Nain in linea d’aria distano circa 1 km fra loro. Gesù quindi per far comprendere e scoprire se stesso agli apostoli ripercorreva i luoghi del profeta Elia o Eliseo e ricreava gli stessi episodi in modo che a poco a poco essi si accorgessero che avevano come guida un profeta più grande di Elia e di Eliseo. Ci sono altri episodi del genere. Quando Gesù si mette in cammino dice ad un discepolo: « Seguimi, ma quello rispose: Signore, io ti seguirò, ma permettimi prima di congedarmi da quelli di casa mia. Gesù gli rispose: Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio» ( Lc 9, 61-62). Lo stesso episodio ci viene narrato i 1 Re 19, 20 in cui Elia aveva invitato il discepolo Eliseo a seguirlo, ma costui prima di seguirlo aveva detto: aspetta che vado prima a salutare quelli di casa mia. A differenza di Gesù, Elia aveva risposto ad Eliseo: si va pure. Questo per dimostrare che la richiesta di Gesù è molto più radicale. Si tratta di un episodio parallelo, ma la novità di Gesù sta nel fatto che con lui bisogna essere più generosi e tagliare completamente i ponti con il proprio passato. Un altro episodio lo troviamo sempre in Lc 9, 51-56: I discepoli arrivano nella zona di Samaria e quando la città di Samaria sente dire che passa Gesù e che va a Gerusalemme, e chiudono le porte. Allora i discepoli, Giacomo e Giovanni,  vanno da Gesù e gli dicono: Vuoi che buttiamo il fuoco dal cielo? Gesù si arrabbia e li rimprovera duramente (Luca ha una frase molto particolare). Chi aveva invocato il fuoco dal cielo proprio in quel territorio? Era stato Elia, quando venivano per arrestarlo (2 Re 1, 10). Eravamo proprio nella zona di Izrael, nella Samaria, in quella zona lì ed Elia aveva invocato il fuoco dal cielo. Gesù dai suoi discepoli non vuole fuoco. Fuoco dal cielo vuol dire il giudizio di Dio.

3) Il salvatore. Luca usa spesso questa parola riferendola a Gesù. Gesù è il Salvatore degli uomini (Sotér). Questo termine ricorre 17 volte e in altre 10 troviamo il termine salvezza. La salvezza per Luca però non è solo spirituale. La salvezza portata da Gesù ha per riflesso la liberazione dei prigionieri, la guarigione e la libertà degli oppressi.