VENITE E VEDETE

Testo: Giovanni 1, 35-39

« Il giorno seguente, Giovanni era nuovamente là con due dei suoi discepoli. Fissato lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio». E i due discepoli, avendolo sentito parlare, seguirono Gesù. Ma Gesù voltatosi e vedendo che lo seguivano, disse loro: «Che cercate?». Essi gli dissero: "Rabbi (che, tradotto, vuol dire maestro), dove abiti?". Egli disse loro: "VENITE E VEDETE". Essi dunque andarono e videro dove egli abitava, e stettero con lui quel giorno. Era circa l’ora decima »

Il brano inizia con l’indicazione cronologica « Il giorno seguente » che lo collega direttamente ai versetti precedenti nei quali viene descritto l’incontro di Gesù con il Battista.

Prima della conclusione della quarta parte del Prologo, il vangelo di Giovanni inserisce al v. 15 la testimonianza del Battista: « Questi è colui del quale dicevo: "Colui che viene dopo di me, mi ha preceduto, perché era prima di me" ». Come apprendiamo dal v. 28, Giovanni Battista svolgeva la sua attività nella località di Betania (o Betabara) al di là del Giordano. Molti giudei, attirati dalla sua predicazione, accorrevano a lui da tutta la Giudea per farsi battezzare. La sua opera ebbe in quel periodo una risonanza straordinaria. In quei giorni era molto sentita l’attesa di un Messia, un inviato speciale da parte di Dio, che avrebbe risollevato le sorti del popolo giudaico.

Si pensava al Profeta che era stato già predetto dallo stesso Mosè in Dt 18, 15: « L’Eterno, il tuo Dio, susciterà per te un profeta come me, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli; a lui darete ascolto » . Si pensava anche ad Elia che, secondo una profezia di Malachia (3, 1; 4, 5-6), doveva ritornare sulla terra per un’ultima esortazione prima del gran giorno del giudizio finale. L’aspettativa era grande in tutto il paese.

La fama di Giovanni Battista giunge alle orecchie dei capi religiosi ebraici che inviano una delegazione di sacerdoti e di leviti per sapere chi fosse in realtà quest’uomo che attirava a sé una grande moltitudine di gente. Giovanni risponde a questa delegazione di non essere né il Cristo, né l’atteso Elia, né il profeta, ma, citando una profezia di Isaia, dice di essere: « la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore » (Gv 1, 23; Is 40, 3).

Nel suo ruolo di precursore, egli non intende usurpare il titolo di Cristo, e alle insistenze dei giudei risponde indicando nella persona di Gesù l’Agnello che toglie il peccato del mondo. « Anche se viene dopo di me, Egli mi ha preceduto – afferma – perché era prima di me » (v. 15 e 30). « I o non sono degno di sciogliere il legaccio dei suoi sandali » (v 27). « Io ho visto Lo Spirito discendere dal cielo come una colomba e rimanere su di lui » (v. 32). « Io battezzo con acqua, ma egli battezza con lo Spirito Santo, perché è il Figlio di Dio» (vv. 31-34).

Questi sono gli avvenimenti che precedono il brano che stiamo esaminando. Il giorno seguente a questi avvenimenti, mentre Giovanni si trovava di nuovo là con due dei suoi discepoli, ecco passare Gesù. Giovanni allora approfitta di questa occasione per fissare lo sguardo su Gesù e per additarlo nuovamente come l’Agnello di Dio: « Ecco l’Agnello di Dio » (v. 36).

Perché Giovanni indica con tanta insistenza Gesù come l’Agnello di Dio? Cosa rievocava nella mente dei giudei questa figura dell’Agnello?

Con la figura dell’Agnello Giovanni vuole rievocare due immagini tradizionali nella storia del popolo ebraico. Da una parte l’immagine del Servo sofferente che troviamo in Is 53 e che ci viene descritto al v. 7 come un agnello condotto al macello che prende su di sé i peccati della moltitudine e che, benché innocente, si offre per espiare i peccati del popolo. Dall’altra abbiamo l’immagine dell’ agnello pasquale , simbolo della liberazione del popolo dalla schiavitù in Egitto, che ci viene descritta dal libro dell’Esodo 12, 1-28.

Al termine della vita pubblica di Gesù, quando è ormai prossima la sua morte sulla croce, viene nuovamente rievocata questa immagine dell’Agnello di Dio. In Gv 19, 14-16 ci viene detto che la decisione della morte di Gesù viene presa durante la Preparazione della Pasqua a mezzogiorno, proprio nel momento in cui venivano immolati gli agnelli nel tempio in vista della cena pasquale. Questa coincidenza ha per l’evangelista Giovanni un valore simbolico molto importante. Infatti nello stesso capitolo dal v. 31 a v. 36, egli ci ricorda, che a differenza degli altri due condannati, a Gesù non vengono spezzate le ossa delle gambe perché era già morto. Tale fatto avviene perché si adempisse un passo della Scrittura nel quale era detto che all’agnello pasquale non doveva essere spezzato alcun osso (Es 12, 46). Il soldato romano constatando l’avvenuta morte di Gesù, si limita a trafiggerne il costato.

Questo fatto offre l’occasione a Giovanni per richiamare anche un altro passo messianico della Scrittura che troviamo in Zc 12, 10, dove si dice appunto che a Gerusalemme volgeranno lo sguardo verso colui che hanno trafitto, riferendosi chiaramente al servo sofferente che doveva essere trafitto a causa delle trasgressioni del popolo (Is 53, 5).

Ponendo l’immagine dell’agnello e del servo sofferente all’inizio e alla fine della vita pubblica, l’evangelista vuole sottolineare l’importanza della missione di Gesù che non è venuto in questa terra per proporci una nuova filosofia di vita o per insegnarci soltanto a condurre una vita morale buona, ma per espiare con la sua morte in croce i peccati dell’umanità.

Come il sangue dell’agnello senza difetto né macchia, posto sugli architravi delle porte delle case, doveva servire a preservare il popolo ebraico dalla distruzione dell’angelo vendicatore, così il sangue di Cristo ci preserva dalle conseguenze della nostra disubbidienza a Dio. Mentre per il popolo ebraico il sangue dell’agnello fu un segno di salvezza, per gli Egiziani esso rappresentò un segno di morte. Anche Cristo rappresenta per gli uomini un segno di salvezza, ma al tempo stesso anche un segno di condanna per coloro che non credono nel suo sacrificio espiatorio e non volgono lo sguardo verso il Gesù trafitto.

Quando Gesù, ancora bambino, fu portato al tempio dai suoi genitori, Simeone, un uomo giusto e pio che attendeva la consolazione di Israele, guidato dallo Spirito Santo disse: «Ecco, costui è posto per la caduta e per l’innalzamento di molti in Israele e per essere segno di contraddizione » (Lc 2, 34).

Pietro nella sua prima lettera riprende questo tema con un’altra immagine, quella della pietra angolare. La pietra angolare era di fondamentale importanza nella costruzione di un edificio; su di essa veniva eretta l’intera costruzione. Pietro, paragonando Cristo alla pietra angolare, ci dà l’idea dell’importanza che egli ha nella costruzione dell’edificio della chiesa: senza di lui e senza il suo sacrificio espiatorio la chiesa non avrebbe mai avuto origine (1 Pt 2, 4-8).

Se la pietra angolare è così importante nella costruzione di un edificio, essa al tempo stesso può diventare una pietra di intoppo e di inciampo per coloro che non sanno riconoscerla e che quindi non edificano su di essa. Giovanni nell’indicare in Gesù, l’agnello di Dio, vuole comunicare ai suoi due discepoli che in quest’uomo c’è la chiave della salvezza e, al tempo stesso, della condanna dell’umanità.

I due discepoli, nati e vissuti nell’ambiente giudaico, comprendono molto bene la portata di questa segnalazione e si mettono a seguire Gesù. Le parole di Giovanni, semplici e lapidarie, ma al tempo stesso profonde e significative, hanno innescato nel loro cuore un processo inarrestabile. Fino a quel momento essi avevano seguito Giovanni pensando di aver trovato in lui la risposta ai loro problemi spirituali, ma Giovanni stesso li avverte: No! Non sono io la soluzione, ma è Gesù l’agnello che dovete seguire, perché è lui e soltanto lui che darà la sua vita per i vostri peccati.

Gesù stesso più tardi dirà esplicitamente: « Io sono la via, la verità e la vita, nessuno viene al Padre se non per mezzo di me » (Gv 14, 6). Pietro, davanti al sinedrio, nel quale era stato convocato assieme a Giovanni per rispondere della sua predicazione davanti ai sacerdoti ed ai capi giudei, dice parlando di Gesù: « Questi è la pietra che è stata da voi edificatori rigettata e che è divenuta la testata d’angolo. E in nessun altro vi è la salvezza, poiché non c’è alcun altro nome sotto il cielo che sia dato agli uomini, per mezzo del quale dobbiamo essere salvati » (At 4, 11-12).

Il processo inarrestabile che nasce nell’intimo profondo dell’animo dei due discepoli, alle parole di Giovanni, è conosciuto nella Scrittura come la chiamata. Dio chiama gli uomini al ravvedimento in molti modi. Nella storia della salvezza che ci viene descritta nelle pagine della Bibbia, abbiamo molti esempi di persone chiamate da Dio che risposero positivamente al suo appello. Primo fra tutti Abramo che, all’invito di Dio, abbandonò la sua famiglia, i suoi parenti, il suo paese per avviarsi verso la terra che Dio concederà ai suoi discendenti. Molti altri hanno seguito, durante questa lunga storia, il suo esempio.

Possiamo ricordare fra i molti casi di chiamata, quello di Matteo, un pubblicano impegnato a riscuotere le tasse per conto degli odiati Romani: alla chiamata di Gesù, egli abbandona ogni cosa e lo segue. Pietro e suo fratello Andrea avevano una fiorente attività di pescatori che esercitavano assieme al padre, ma Gesù li chiama ed essi abbandonano ogni cosa per seguirlo. Paolo era un accanito difensore del giudaismo e per questo ideale combatteva con tutte le sue forze, ma sulla via di Damasco Gesù lo ferma e lo costringe a seguirlo. Possiamo ricordare Lidia, una commerciante di Tiatiri, che recatisi in un luogo di preghiera lungo il fiume, incontra Paolo e Dio le apre il cuore alla sua predicazione.

Anche i due discepoli sono chiamati da Dio per mezzo delle parole di Giovanni e vogliono conoscere meglio Gesù. Si mettono a seguirlo, ma Gesù si volta e dice loro:Che cosa cercate? Questa domanda di Gesù può sembrare a prima vista una domanda normale, ma nel vangelo di Giovanni e nella bocca di Gesù queste parole acquistano un valore teologico profondo.

Molto spesso infatti Gesù mette in guardia coloro che volevano seguirlo. Le folle seguivano Gesù quando egli compiva miracoli, guariva gli ammalati, sfamava la gente, ma quando sale il calvario e si appresta a subire il sacrificio supremo della sua vita, le folle e persino i suoi più stretti discepoli lo abbandonano. La gente viene attratta dalla potenza di un Gesù che fa il suo ingresso trionfale a Gerusalemme, ma non sa più riconoscerlo nell’umiliazione della croce.

Gesù, profondo conoscitore dell’animo umano, si rende conto che spesso gli uomini sono attratti più dalle cose materiali che da quelle spirituali. Così egli rivolto alla folla dice: « In verità, in verità vi dico che voi mi cercate non perché avete visto segni, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati. Adoperativi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna » (Gv 6, 26-27).

I due discepoli erano però animati da un sincero spirito di ricerca e chiesero a Gesù: dove abiti? Se ci pensiamo bene, è veramente strana questa domanda. Perché questi discepoli volevano sapere dove Gesù abitava? Quale interesse vi era dietro questa domanda? La risposta forse la possiamo trovare nel capitolo 1 di Giovanni al v. 14: « E la Parola si è fatta carne ed ha abitato fra noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, come gloria dell’unigenito proceduto dal Padre, piena di grazia e di verità ». Il discorso continua ai versetti 17-18: « Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè, ma la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo: nessuno ha mai visto Dio, l’unigenito figlio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto conoscere » .

La richiesta dei due discepoli andava oltre la semplice conoscenza del luogo materiale in cui Gesù risiedeva; essi volevano « contemplare la gloria dell’unigenito proceduto dal Padre » perché si erano resi conto che soltanto attraverso lui essi potevano arrivare al Padre. Alle folle, desiderose di essere saziate dal pane materiale, Gesù dice: « adoperatevi non per il cibo che perisce (non per le cose materiali che svaniscono), ma per il cibo che dura in vita eterna, che il Figlio dell’uomo vi darà, perché su di lui il Padre, cioè Dio, ha posto il suo sigillo. Gli chiesero allora: "Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?" Gesù rispose e disse loro: "Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato" ».

Gesù soddisfa la legittima richiesta dei discepoli che volevano approfondire la loro conoscenza di Gesù. Essi, spinti dalle parole di Giovanni, avevano riconosciuto nella persona di Gesù, l’inviato del Padre e volevano rendersi conto personalmente che veramente quest’uomo era la risposta di Dio alla loro richiesta di salvezza.

Gesù risponde semplicemente: VENITE E VEDETE. Ancora oggi Gesù ci rivolge le stesse parole: VENITE E VEDETE !

A tutti coloro che lo cercano, egli apre le sue braccia amorose ed è pronto a riceverli, perché come egli stesso disse: « Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto, Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa » (Mt 7, 7-8).