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MEDICINA E LETTERATURA
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Il morbo acheo
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La malattia di Filottete
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Anatomia nell'Iliade di Omero
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La morte di Eracle
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Il morbo di Tucidide
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Dermatopatologia - Dr. C. Urso

Il morbo acheo

Nel I libro dell’Iliade, Apollo, supplicato dall’oltraggiato sacerdote Crise, scende dall’Olimpo e diffonde nel campo acheo una micidiale malattia (nousos, v. 10), scagliando da lontano le sue mortali frecce (vv. 33-49) per 9 giorni (v. 54). La malattia colpisce prima muli e cani, poi gli uomini; i roghi funebri sono fitti e incessanti (vv.50-52). Benchè nessun sintomo sia menzionato, dal testo si ricavano sei caratteristiche della malattia: 1) alta mortalità; 2) rapida diffusione; 3) durata breve; 4) insorgenza negli animali con successivo contagio degli uomini; 5) esordio negli equini; 6) coinvolgimento dei cani. Il morbo si configura quindi come zoonosi epidemica ad andamento acuto ed esito rapidamnete fatale in un’ alta percentuale dei casi. Nel vecchio trattato di patologia di Anderson, JM Kissane dicendo che l’antrace è descritta nel primo libro dell’Iliade, identifica questa malattia con il morbo acheo. L’antrace, causata dal B. anthracis microorganismo aerobio, non mobile sporigeno, Gram positivo, colpisce gli erbivori e altri animali. Si contrae per ingestione o inalazione di spore ed esita in setticemia; nella forma apoplettica la morte dell’animale avviene dopo 1-2 ore dalla comparsa dei sintomi. L’uomo si infetta tramite contatto diretto o indiretto con gli animali contaminati o i loro prodotti. L’ipotesi antrace si accorda con 3 caratteristiche del morbo acheo (alta mortalità, rapida diffusione, insorgenza negli animali), ma incontra due difficoltà: 1) le spore del B. anthracis sono molto resistenti e animali e cose rimangono contanimati per anni, mentre il morbo acheo durò poco; 2) l’antrace colpisce particolarmente buoi e pecore, mentre il testo menziona solo muli e cani. Una ipotesi che si accorda con tutti gli elementi del testo è una epidemia di morva. La morva, causata da Pseudomonas mallei, piccolo bacillo Gram negativo, pleomorfo, non mobile, asporigeno, colpisce gli equini, ma anche l’uomo, che si infetta al contatto con questi animali attraverso lesioni di continuo della cute e delle mucose. Nella forma acuta, dopo un’incubazione di poche ore o pochi giorni, si manifestano segni generali (febbre, malessere, dolori, vomito). La forma setticemica è quasi sempre fatale nel giro di 7-10 giorni. La morva si accorda col morbo acheo in tutti i punti. La forma acuta è una malattia ad alta mortalità, rapida diffusione, esordisce negli animali e colpisce primitivamente gli equini. La bassa resistenza di P. mallei nell’ambiente spiega la breve durata dell’epidemia. I cani sono recettivi e si ammalarono. I bovini non si ammalarono e non sono menzionati nel testo, perché in condizioni naturali non contraggono la malattia. I cavalli, suscettibili, non si ammalarono, perché molto considerati per il loro ruolo in battaglia (alcuni erano anche divini), erano tenuti presso le tende dei padroni. Nessun eroe morì perche non si occupava dei muli. Molti soldati morirono perché badavano ai muli e avevano sicuramente lesioni traumatiche che rappresentarono la porta d’ingresso dell’infezione.

(da C. Urso, Ipotesi sul morbo acheo, Pathologica 86, 441-443, 1993;
C. Urso, The different originality of Homer and Thucydides, Am J Dermatopathol 23, 274-275, 2001)

Ipotesi sul morbo acheo (Pathologica 1993)[190KB])

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