Storia massonica italiana
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Il monumento a Gioprdano Bruno, che si trova in Campo dei Fiori a Roma realizzato da Ettore Ferrari

 

Massoneria e Stato unitario in Italia



Lo Stato unitario e il Grande Oriente Italiano Fino alla Seconda guerra d'Indipendenza molti massoni italiani, costretti alla clandestinità, espressero individualmente la loro carica ideale all'interno delle correnti di pensiero e d'azione che cooperarono attivamente al cosiddetto "Risorgimento" nazionale.

Nel 1859, a partire dalla Loggia "Ausonia" Torino, l'Ordine puntò a recuperare una propria identità istituzionale con la costituzione di un Grande Oriente Italiano. Gli artefici di questa iniziativa, in un momento storico in cui non era possibile non avere una posizione politica, erano per la maggior parte di orientamento cavouriano, differenziandosi anche da questo punto di vista dalla Massoneria di Rito Scozzese vivacemente attiva a Palermo, affollata da patrioti garibaldini. Solo nel 1874 si giunse a una costituzione massonica unitaria, promulgata a Roma, da tre anni diventata la capitale d'Italia.

In effetti l'uno e l'altro filone si erano trovati d'accordo nel giudizio sulla "questione romana" e continuavano a condividere un vivace anticlericalismo, anche in risposta ai ripetuti pronunciamenti papali antimassonici: dal 1821 al 1894 ve ne furono ben otto, di cui il più pesante, nel 1884, fu l'enciclica Humanarum genus di Leone XIII. Tale papa non intendeva rinunciare al potere temporale della Chiesa, nella convinzione che fosse necessario al pontefice per proteggere e conservare la libertà di quello spirituale. Tra il 1886 e il 1890 ci fu un tentativo di conciliazione con lo Stato italiano, ma le trattative condotte con Francesco Crispi, uno dei tanti uomini politici dell'epoca affiliati alla Massoneria, non approdarono ad alcun risultato. Probabilmente a compromettere i rapporti con il Quirinale giocò un ruolo importante l'inaugurazione del monumento a Giordano Bruno in Campo dei Fiori, nel 1889. In quell'occasione oltre tremila massoni, raggruppati sotto i labari delle logge di appartenenza, parteciparono alla cerimonia innaggiando al "rnartire del libero pensiero" (i monumento a Giordano Bruno era stato eseguito da Ettore Ferrari, che avrebbe poi ricoperto la carica di Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia).

In generale negli anni dell'assestamento dello Stato unitario la Massoneria diede un forte contributo alla creazione della nuova classe dirigente italiana, corrispondente con quella borghesia che si sentiva in qualche modo crede dei valori espressi dalle lotte risorgimentali e contemporaneamente mirava a dare all'Italia un respiro europeo.

Da un punto di vista ideologico le parole d'ordine erano più ispirate a principi astratti che calate in concreti programmi: progresso, fratellanza, solidarietà, esaltazione del lavoro, interclassismo... Il conflitto con il mondo cattolico e le profonde differenze nell'assetto economico e sociale delle varie regioni d'Italia non contribuivano certo a creare un fronte unito per la realizzazione dei suddetti principi.

Emblematico di questo periodo storico, come personaggio nazionale carismatico, come intellettuale e come radicalmassone, fu il poeta Giosue Carducci (1835-1907), che ascese ai massimi gradi dell'Ordine nel periodo della fortuna politica di Francesco Crispi.

Le "proiezioni profane" della Massoneria italiana

 Francesco Crispi, che guidò quasi ininterrottamente il governo italiano dal 1887 al 1896, aveva condiviso un passato garibaldino con Adriano Lemmi (1822-1906), Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia tra il 1885 e il 1895, con cui era in stretti rapporti di amicizia.

In effetti la Massoneria italiana di fine Ottocento godette di grande prestigio presso i vertici dello Stato come interlocutrice sui grandi temi politico-economici dell'epoca. Lemmi, che si era guadagnato l'appellativo di "banchiere del Risorgimento", fu coinvolto nello scandalo finanziario della Banca Romana (1892), con l'accusa di aver ricevuto finanziamenti illeciti. Benché assolto in giudizio, non volle che l'eco perdurante dello scandalo nuocesse alla Massoneria e si dimise pertanto dalla carica di Gran Maestro nel 1895.

Lo scandalo della Banca Romana aveva indotto alle dimissioni anche Giovanni Giolitti, che si trovava alla presidenza del Consiglio in una parentesi dell'attivìtà governativa di Crispi (1892-1893), eletto senatore nel 19 10. La cosiddetta "età giolittiand'ebbe inizio in effetti solo nel 1903, per concludersi nel 1913. Nel corso di questo decennio, denominatore comune delle svariate ideologie politiche fu il nazionalismo, che era sottoscritto tanto dalle forze conservatrici quanto da quelle democratiche Le une e le altre annoveravano personggi legati al mondo massonico, come del resto ebbe a dire Ernesto Nathan, alla guida dell'Ordine dal 1896 al 1904: «Il colore politico [della Massoneria] è il bianco,la sintesi di tutti gli altri colori a eccezione del nero, negazione della luce». Tuttavia, vuoi perché nel biennio reazionario di fine Ottocento (governo Pelloux), quando vennero chiuse le sezioni dei partiti e soppressa la stampa d'opposizione, molti democratici militanti avevano trovato rifugio nelle logge, vuoi per i perduranti contrasti con la Chiesa di Roma, i nazionalisti conservatori e liberali identificavano nei cenacoli massonici gli organismi di alleanza dei blocchi radical-socialisti. Fu sulla base di questa convinzione, per esempio, che il filosofo liberale Benedetto Croce (1866-1952) attaccò «l'idiota religione massonica», un'eredità che a suo parere era derivata dalla Rivoluzione francese. D'altra parte la polemica ideologica era inevitabile in un periodo storico in cui, come ha Scritto lo storico massone A.A. Nola, la Massoneria italiana non ebbe la saggezza o la volontà di astenersi da «proiezioni profane».

La più discutibile di queste «proiezioni" fu forse l'assunzione di una posizione apertamente interventista in occasione dello scoppio della Prima guerra mondiale. Schierandosi con i conservatori, i liberali, i democratici, i mazziniani,gli anarco-sindacalisti e gli anarchici e dichiarandosi a favore dell'ingresso dell'ltalia nel conflitto, il Grande Oriente rischiò, per quanto queste forze fossero tutte in qualche misura rappresentate nelle logge nazionali, di perdere il consenso della base, che annoverava anche neutralisti legati al blocco giolittiano o al Partito Socialista che erano assolutamente "non interventisti". Questa concessione all'imperante nazionalismo, invece che allontanare la tradizionale díffidenza dell'opinione pubblica nei confronti della Massoneria, ne peggiorò l'immagine quando, nel 1917, durante un convegno parigino di dignitari scozzesisti di vari Paesi, alleatì e neutrali, la rappresentanza italiana diede la propria approvazione al principio che postulava l'opportunità di riconoscere alle popolazioni delle aree plurietniche interessate al conflitto il diritto di decidere mediante referendum, a guerra conclusa, i propri confini. Accusato di tradimento, il Grande Oriente contraddisse la posizione assunta dalla propria rappresentanza a Parigi appoggiando invece ufficialmente le rivendicazioni del fronte nazionalista nelle aree della sponda adriatica del Mediterraneo orientale, oltre che in ambito coloniale.

 

Riproduzione del sigillo del Rito Simbolico Italiano, definitivamente costituitosi a Milano nel 1876. Tuttora attivo è fra tutti i Corpi nazionali quello che in passato si è mostrato più sensibile al problema della formazione morale della classe dirigente italiana.



Giosue Carducci (qui durante una lezione universitaria) fu il massone forse più famoso dell'Italia unitaria per il ruolo da lui svolto sia come "vate ufficiale" sia come insegnante e studioso.

 

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Dizionario Esoterico
a cura di Riccardo Chissotti

Tratto da http://www.esonet.org

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