Dalla Relazione del Piano paesistico
regionale
4.5 Fascia della bassa pianura.
La bassa pianura si fa iniziare dalla
linea delle risorgive che da Magenta-Corbetta, passando per Milano, Lanzate,
Melzo, Caravaggio, Chiari, Montichiari, Goito attraversa longitudinalmente
l’intera Lombardia. Il paesaggio lungo tale linea dall’alta alla bassa
pianura non è percepibile a prima vista: la presenza delle risorgive,
con cui inizia naturalmente la pianura umida, che l’uomo ha attrezzato
con un esteso sistema irriguo, introduce però una maggior presenza
di verde, oltre agli elementi che si legano a un’agricoltura più
ricca e diversamente organizzata. Oggi l’irrigazione supera verso l’alta
pianura i confini naturali che vigevano in passato ed anche questo attenua
la discriminazione percepibile tra le due parti.
Gli elementi che tradizionalmente stavano
ad indicare la specificità del paesaggio basso-lombardo erano diversi
un tempo: in primo luogo va posta l’organizzazione agricola basata sulla
grande cascina, la minor densità umana, il senso pieno della campagna,
la presenza delle piantate che animano gli scenari, il carattere geometrico
del disegno dei campi, la rettilineità delle strade, dei filari,
dei canali irrigatori, ecc., la regolare distribuzione dei centri abitati,
che si annunciano nel paesaggio con le cuspidi dei campanili. Oggi vi si
sono aggiunti i serbatoi idrici sopraelevati e, in qualche senso, i silos
e gli edifici multipiani intorno ai centri maggiori.
Le riconversioni del paesaggio basso-lombardo
degli ultimi decenni riguardano la diversa organizzazione agricola. Diversamente
che nell’alta pianura non è molto diffuso qui il fenomeno dell’agricoltura
part-time, che si lega per solito alla presenza dell’industria. Qui è
ancora agricoltura piana, è attività produttiva specializzata,
spesso avanzatissima nelle sue tecniche, nelle sue forme di meccanizzazione.
Può sorprendere tuttavia come questa trasformazione dei modi di
produzione, legata alla riduzione estrema della manodopera, abbia ancora
le sue basi nelle vecchie cascine di un tempo, le grandi corti che in passato
accoglievano decine e decine di famiglie impegnate in aziende di diverse
centinaia di ettari. Oggi quelle infrastrutture, spesso di notevole impegno
architettonico, che associavano casa padronale, chiesa, case dei lavoratori,
sono state in parte riconvertite, utilizzate come magazzini, come depositi
per le macchine o in parte abbandonate. Ma i perni dei territori rurali
sono ancora oggi questi grossi insediamenti agricoli acquattati nel verde,
resi malinconici oggi rispetto ad un tempo dalla perdita delle presenze
umane, delle loro voci, sostituite dal rumore insistente dei trattori,
e quindi divenuti strettamente centri di produzione, come indicano le nuove
infrastrutture di cui spesso si sono attrezzate (stalle, porcilaie, silos,
magazzini, ecc.).
Il paesaggio intorno alle cascine, non
di rado raggiungibile attraverso viali alberati (elementi ricorrenti nel
paesaggio basso-lombardo), si dispiega con una presenza di alberi che varia
da zona a zona e, si può dire, da azienda ad azienda. Ciò
anche perché oggi si tende ad ampliare, in funzione della meccanizzazione,
le superfici coltivate, e quindi ad eliminare le piantate che nei secoli
passati cingevano fittamente ogni parcella coltivata, ponendosi ai bordi
delle cavedagne o lungo i canali di irrigazione, associando alberi diversi,
dal pioppo, al salice, al frassino, alla farnia, ecc. Oggi l’albero dominante
quasi ovunque è il pioppo d’impianto, talora disposto in macchie
geometriche, il cui legno è destinato all’industria dei compensati.
Il pioppo (Populus nigra) spesso persiste isolato in mezzo ai campi e la
sua presenza sopperisce oggi, in modi non di rado maestosi, alla carenza
d’alberi nelle campagne, ormai sempre più diffusamente destinate
alla maiscoltura per l’allevamento. Tranne che nelle aree a risaia, il
mais è la coltura più importante e ciò costituisce
una perdita per il paesaggio, che ha perduto le variegature multicolori
che un tempo introduceva la policoltura. Complessivamente molto minori
sono comunque le superfici destinate a nuove colture come il girasole o
la soia.
La cellula aziendale, aggregati di corti
(spesso semplicemente allineati su strada) oggi dotati di servizi; in alcune
aree la gravitazione si ha nei confronti di centri di antica origine e
oggi di solide basi borghesi (come Vigevano, Mortara, Melegnano, Codogno,
Crema, Soncino, Asola, Casalmaggiore, ecc.), nobilitati spesso da strutture
fortificate medioevali, o da palazzi signorili o chiese monumentali di
epoche diverse (romantiche o barocche). Ad un livello gerarchico superiore
stanno i capoluoghi provinciali, come Pavia, Cremona, Mantova (ora anche
Lodi), con le loro eredità storiche, le loro funzioni di centri
religiosi, culturali, finanziari, amministrativi che attraverso i secoli
sono riusciti a plasmarsi un proprio Umland. Il caso di Mantova è
poi del tutto unico: la città, per secoli capoluogo del ducato dei
Gonzaga, ha costituito un’entità territoriale a sé, e non
ha mutato che in forme superficiali e marginali l’influsso lombardo.
Nel complesso le polarità urbane
della bassa pianura sono meno popolose di quelle che governano l’alta pianura,
e quindi il fenomeno urbano è più discreto e meno pervasivo.
La megalopoli estranea ai loro interessi, benchè ne subiscano da
vicino il peso. L’industrializzazione è stata flebile in tutta la
bassa pianura e consiste nella miniproliferazione intorno ai centri principali
di piccole industrie manifatturiere o di industrie legate all’agricoltura.
Anche la crescita edilizia degli ultimi decenni è stata relativamente
contenuta intorno ai centri maggiori e le sue dimensioni esprimono direttamente
la vitalità o meno del polo urbano. Anche qui sono gli assi stradali
(soprattutto quelli diretti verso Milano) che fungono da direttrici di
attrazione industriale e residenziale. Essi corrono in senso longitudinale
o trasversalmente lungo le aree interfluviali, cosicchè le fasce
attraversate dai fiumi hanno potuto conservare una loro dimensione naturale
che ne fa, anche qui, delle presenze fondamentali del paesaggio. Formazioni
boschive o pioppeti d’impianto rivestono gli spazi golenali sin dove iniziano
le arginature, ormai quasi tutte artificiali. Ciò vale anche per
il corso del Po, che fa da confine meridionale della Lombardia, svolgendo
il suo corso tra alti argini che gli conferiscono un certo grado di pensilità,
caratteristica anche degli affluenti lombardi nel tratto terminale del
loro corso. L’argine, importante elemento funzionale, diventa così
un tipico elemento-iconema nel paesaggio basso-lombardo.
Il regime dei fiumi lombardi è
regolato naturalmente dalla presenza dei laghi prealpini; ma oggi su di
esso incidono gli usi delle acque per l’irrigazione, gli sbarramenti, le
derivazioni, ecc. Il sistema irrigatorio ha come principali fonti di emulazione
il Ticino, l’Adda, l’Oglio e anche il Mincio. I grandi canali di derivazione
sono allacciati con i canali di scarico e di drenaggio, e alimentano tutta
una minore rete irrigatoria che capillarmente bagna una superficie di 700
mila ettari; ad essa danno contributo notevole anche le risorgive. Complessivamente
la rete irrigatoria si estende su 40 mila chilometri e contribuisce oggi
in misura notevole a mantenere alta la produzione, che riguarda per lo
più il mais, il quale notoriamente ha un non lungo ciclo vegetativo
ma ha bisogno di molta acqua, importante nelle estati siccitose.
Se si considera il paesaggio della bassa
pianura si deve tener conto del sistema irrigatorio non solo come fattore
di vitalità e di ricchezza, oltre che di quell’opulenza propria
del paesaggio, ma anche come riferimento storico, in senso cattaneo ricordando
le ricerche dello studio ottocentesco sulla tenacia e l’impegno che sono
costati per realizzarlo. In altre parole il paesaggio della bassa pianura
ha la duplice valenza: quella di rivelarsi esteticamente godibile con le
sue prospettive geometriche che talvolta ricalcano la centuriazione romana,
e di raccontare la storia di una conquista umana mirabile. Esso acquista
perciò un valore, oltre a quello che rimanda agli usi territoriali,
di immagine imprescindibile della Lombardia, e che come tale va salvaguardato
da usi diversi da quelli agricoli.
La bassa pianura lombarda non è
un insieme territoriale uniforme. Lo rivelano i suoi paesaggi appena si
attraversa da sud a nord come da est a ovest la pianura. Varia la densità
di alberi, il tipo di piantata, la forma delle cascine, la loro densità,
la misura dei campi, il rapporto tra cascine isolate e centri comunali,
il richiamo dei campanili, dei castelli, ecc.
Le due aree più diverse sono quelle
che si pongono agli estremi: la Lomellina e il Mantovano, entrambe con
un’agricoltura che comprende la coltivazione del riso, ma con un’organizzazione
agricola diversa, basata su aziende medio-grandi e appoggiate a centri
con un’impronta originale, specie nel Mantovano, la cui storia ha alimentato
nei secoli una cultura che si specchia non solo nei monumenti di cittadine
come Sabbioneta, Rivarolo, Pomponesco, Suzzara, ecc. ma anche nello “stile”
del paesaggio agrario, nelle architetture rurali che lo presiedono.
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Comuni dell’area studio: tutela paesistica
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· BUSSERO. FASCIA: Bassa Pianura
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· CAMBIAGO. FASCIA: Bassa Pianura
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· CAPONAGO. FASCIA: Bassa Pianura
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· CARUGATE. FASCIA: Bassa Pianura
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· CASSINA DE’ PECCHI. FASCIA:
Bassa Pianura.Parzialmente compreso nel Parco Sud Milano
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· GESSATE. FASCIA: Bassa Pianura
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· GORGONZOLA. FASCIA: Bassa
Pianura. Parzialmente compreso nel Parco Sud Milano
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· MELZO. FASCIA: Bassa Pianura.
ART. 17: “ambiti di contiguità ai parchi Sud Milano, Oglio Nord
e Oglio Sud”, assoggettati alla disciplina dell’art. 17, comma 17. Parzialmente
compreso nel Parco Sud Milano.
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· PESSANO CON BORNAGO. FASCIA:
Bassa Pianura.
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· VIGNATE. FASCIA: Bassa Pianura.
ART. 17: “ambiti di contiguità ai parchi Sud Milano, Oglio Nord
e Oglio Sud”, assoggettati alla disciplina dell’art. 17, comma 17. Parzialmente
compreso nel Parco Sud Milano
Norme del Piano Paesistico Regionale,
articolo 17. Tutela ambientale degli ambiti di particolare interesse
paesistico
2. Negli ambiti di elevata naturalità,
di cui al precedente comma, vengono assunti i seguenti obiettivi generali:
a) tutelare la qualità ambientale
e paesistica complessiva degli ambiti;
b) non impedire né ostacolare tutte
le azioni che attengono alla manutenzione del territorio, alla sicurezza
e alle condizioni della vita quotidiana di coloro che vi risiedono e vi
lavorano, alla produttività delle tradizionali attività agrosilvopastorali,
alla fruizione rispettosa dell’ambiente.
3. Non subiscono alcuna specifica
limitazione per effetto del P.T.P.R. le seguenti attività:
a) manutenzione ordinaria e straordinaria,
restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia ed eventuale
ampliamento dei manufatti esistenti, nonchè opere di conservazione
e riqualificazione dei centri e dei nuclei abitati esistenti, come definiti
dal successivo comma 6;
b) utilizzazione agrosilvopastorale del
suolo, ivi compresa la realizzazione di strutture aziendali connesse all’attività
agricola anche relative alle esigenze abitative dell’imprenditore agricolo;
c) opere relative alla bonifica montana,
alla difesa idraulica, nonchè tutti gli interventi di difesa della
pubblica incolumità e conseguenti a calamità naturali;
d) piccole derivazioni d’acqua;
e) le opere di difesa dall’inquinamento
idrico, del suolo, atmosferico ed acustico, previo studio di corretto inserimento
paesistico delle stesse.
4. Gli interventi a carattere innovativo,
quali nuove strade di comunicazione, nuove attrezzature relative allo sviluppo
ricettivo, sportivo, turistico, nonchè le attività estrattive
di cava e l’apertura di nuove discariche, possono essere realizzati solo
se previsti in atti di programmazione o pianificazione territoriale di
livello regionale o provinciale in coerenza con gli indirizzi e le determinazioni
forniti nel Piano del Paesaggio Lombardo.
5. I Comuni promuovono la revisione
degli strumenti urbanistici vigenti onde adeguarli alle disposizioni; sino
alla predetta revisione non possono essere realizzati interventi edilizi
ed urbanistici, anche ammessi degli strumenti urbanistici vigenti, che
comportino nuovi insediamenti o complessi edilizi.
7. Eventuali nuove strade, necessarie
per consentire l’accesso ad attività già insediate, possono
essere realizzate nel rispetto della conformazione naturale dei luoghi
e della vegetazione, con larghezza massima della carreggiata di 3 m, e
piazzuole di scambio.
8. Non è consentita la circolazione
fuori strada, a scopo diportistico, di mezzi motorizzati; le autorità
competenti possono limitare a specifiche categorie di utenti l’accesso
alla viabilità locale anche attraverso la realizzazione di specifiche
barriere.
9. Il passaggio di linee per il
trasporto di energia e fluidi che non siano meri allacciamenti di strutture
esistenti è consentito, con eventuali prescrizioni, previa verifica
dell’impraticabilità di soluzioni alternative a minore impatto da
argomentare con apposita relazione in sede progettuale.
10. I Comuni possono disporre il
trasferimento all’esterno degli ambiti di elevata naturalità di
campeggi e di altre attività o attrezzature non compatibili con
gli obiettivi di tutela; a tal fine individuano aree idonee negli strumenti
urbanistici.
11. I committenti e i progettisti
degli interventi ammessi, nella consapevolezza della grande delicatezza
dei luoghi, si impegnano affinché le opere siano il più possibile
rispettose del contesto paesistico e dell’ambiente. A tal fine fanno riferimento
a:
- Indirizzi di tutela, contenuti
nel presente P.T.P.R.;
- “Manuale di ingegneria naturalistica”;
- “Quaderno delle opere tipo”,
allegato al Piano per la difesa del suolo;
- Piani di sistema;
- Criteri in materia di tutela dei
beni ambientali.