Estratti da: Sergio Malcevschi, Luca
G. Bisogni, Armando Gariboldi, Reti ecologiche ed interventi di miglioramento
ambientale, Il Verde Editoriale, Milano 1996 (cap. 1, Introduzione
alle reti ecologiche, pp. 35-38; cap. 2, Strumenti per la costruzione
di una rete ecologica, pp. 63-69)
Corridoi ecologici di connessione
Negli ultimi anni vi è stato un
ampio dibattito sull’opportunità di connettere zone diverse attraverso
corridoi ecologici.
Un corridoio ecologico può essere
considerato come una striscia di territorio differente dalla matrice (di
solito agricola) in cui si colloca. I corridoi ecologici vengono ritenuti
positivi in quanto consentono alla fauna spostamenti da una zona relitta
a un’altra, rendono possibili aree di foraggiamento altrimenti irraggiungibili,
aumentano il valore estetico del paesaggio.
Diverse ricerche hanno mostrato che il
ruolo dei corridoi ecologici è determinante per la dispersione di
numerosi organismi.
Si possono distinguere differenti tipi
di corridoi, ciascuno con caratteristiche specifiche:
- sistemi di siepi e di fasce arboree ed
arbustive in territori agricoli (usate per le possibilità di legnatico,
come confini di proprietà ecc.); oltre a costituire un percorso
in senso stretto per animali che rifuggono gli spazi aperti, corridoi di
questo tipo funzionano anche come sistema di rifugio per organismi che
si spostano attraverso la matrice circostante (ad esempio i campi coltivati),
o attraverso le linee di margine; l’ampiezza di tali elementi ne determina
la natura ecosistemica: corridoi stretti sono frequentati soprattutto da
specie di spazi aperti ò di ecotono, mentre corridoi larghi possono
ospitare specie più legate agli ambienti ombrosi ed, in generale,
una biocenosi più ricca e complessa;
- sistemi ripari a vegetazione arborea
ed arbustiva; legati a corsi d’acqua, all’interno di matrici artificializzate
(ad esempio attraverso pratiche di agricoltura intensiva); è forse
questo il tipo più frequente di corridoi in aree antropizzate; diventa
a questo riguardo di grande importanza il concetto di fascia di pertinenza
fluviale, ovvero di zona potenzialmente interessata dall’evoluzione del
corso d’acqua, che deve essere lasciata esente da trasformazioni;
- fasce arboree ed arbustive legate a infrastrutture
lineari (strade, ferrovie, canali artificiali) che attraversano territori
antropizzati;
- corridoi lineari di vegetazione erbacea
entro matrici boscate (si pensi ad esempio alle fasce di passaggio di elettrodotti);
corridoi di questo tipo possono facilitare gli spostamenti di animali mobili
all’interno di territori naturali. Con l’aumento della dimensione della
fascia aumentano peraltro i rischi di introduzione e consolidamento di
specie alloctone più o meno desiderabili (ad esempio erbe infestanti).
È evidente che sono completamente
diverse non solo le opportunità di collegamento, ma anche la capacità
del corridoio stesso di costituire habitat per determinate specie. Ad esempio
i corridoi boscati terrestri a fascia più larga, sono capaci anche
di mantenere un microhabitat più umido ed ombroso in grado di ospitare
nicchie ecologiche specifiche, mentre quelli più stretti non ne
sono capaci.
In termini generali il loro ruolo e la
funzionalità varieranno a seconda delle zone e dipenderanno dalle
specie che si considerano.
Sarà possibile fare previsioni
attendibili sul valore dei corridoi ecologici nella riduzione dell’isolamento
di aree relitte solo tenendo conto del tipo di capacità di dispersione
delle diverse specie.
Una categoria di elementi concettualmente
legati ai corridoi è data dai cosiddetti stepping stones.
Si tratta di aree naturali di varia dimensione,
geograficamente poste in modo tale da costituire punti di appoggio per
trasferimenti di organismi tra grandi bacini di naturalità quando
non esistano corridoi naturali continui.
Stepping Stones
A: habitat frammentato, spostamenti difficili
Tali unità possono, opportunamente
allineate, vicariare entro certi limiti un corridoio continuo; in questo
caso una funzione importante svolta è anche quella di rifugio.
Qualora le dimensioni siano adeguate,
gli stepping stones possono anche essere in grado di ospitare in modo permanente
piccole o grandi popolazioni di organismi.
Vi sono evidentemente vincoli di funzionalità
ai sistemi di stepping stones.
Ad esempio sarà difficile pensare
a sistemi funzionanti costituiti da serie lunghe e distanziate di unità
troppo piccole, non in grado di ospitare popolazioni permanenti.
Stepping Stones
B: spostamenti facilitati da unità minori
***
Reti ecologiche e pianificazione
Premessa
L’obiettivo ideale di governo del territorio
non può essere quello di un confinamento della risorsa “natura”
in un piccolo arcipelago di isole tra loro scollegate, pur coincidenti
con parchi e riserve oggetto di tutele specifiche. Tale situazione perpetuerebbe
gli aspetti negativi della frammentazione, accettando tra l’altro implicitamente
che la maggior parte del territorio (la matrice entro cui si collocano
le isole-parco) abbia livelli di qualità bassi o molto bassi.
Si tratterà invece di puntare ad
una rete il più possibile diffusa e interconnessa di unità
ecologicamente funzionali che consenta di raggiungere livelli adeguati
di funzionalità ecosistemica e di qualità di vita.
A tal fine diventa molto importante collegarsi
con l’evoluzione in corso in materia di scienze della pianificazione e
del territorio, in cui il ruolo dell’ambiente sta assumendo un’importanza
sempre maggiore.
Corso d'acqua che
richiede interventi di protezione delle sponde
Progetto per le
sponde ad impostazione solo idraulica
Progetto per le
sponde ad impostazione mista: idraulico-ecologica
Come dice Campos Venuti in un recente articolo
(1995), “l’urbanistica come disciplina moderna nasce per regolare l’organizzazione
fisica della città, ma progressivamente investe l’uso dei territori
extraurbani, poi ne assume la valenza paesistica e infine oggi si trova
di fronte alle nuove problematiche ecologiche, dovendo decidere se e come
accoglierne i valori”.
In particolare ciò che è
auspicabile, rispetto a buona parte delle pianificazioni che formalmente
si sono basate anche su analisi ambientali, è l’utilizzo di chiavi
“ecosistemiche” di lettura del territorio; insieme alla produzione di carte
tematiche è infatti importante prevedere inoltre un’analisi della
rete ecologica, che accanto all’interpretazione strutturale fornisca chiavi
di lettura funzionali.
È questo sicuramente un tema di
grande fecondità ed interesse nello sviluppo dei rapporti tra ecologia
e discipline del territorio.
Si pongono evidentemente i problemi della
fattibilità di tale scenario all’interno del quadro programmatico
di riferimento, ed il problema delle risorse attraverso cui realizzarlo:
dovendo in molti casi riconvertire aree attualmente produttive, occorrerà
disporre di un meccanismo economico e finanziario convincente, pena la
fattibilità dell’intera operazione.
Un aiuto sostanziale potrà essere
dato da un miglioramento della qualità dei progetti relativi ai
vari interventi di trasformazione che, a qualunque titolo, sono previsti
sul territorio.
Vari interventi laterali
a linee di Alta Velocità ferroviaria
Là ove è prevista una procedura
di valutazione di impatto ambientale l’organismo di controllo potrà
verificare, eventualmente attraverso specifiche prescrizioni, che quanto
il progetto propone in tema di inserimento ambientale e di compensazioni
rientri per quanto possibile in uno schema coordinato di rete ecologica
di prospettiva.
In realtà tale discorso dovrebbe
valere per qualunque progetto di trasformazione, pubblico o privato, indipendentemente
dal riferimento o meno a procedure di Valutazione di Impatto Ambientale.
Si tratta infatti di qualità progettuale generale: un corretto inserimento
nell’ambiente deve essere considerato un requisito tecnico standard di
un dato progetto, alla stregua degli altri.
È comunque evidente che il problema
maggiore si pone nel rapporto tra rete ecologica e pianificazione: si dovrà
prevedere un nuovo tipo di piano territoriale?
Un nuovo piano, auspicabile in teoria,
entrerebbe quasi inevitabilmente in competizione con le previsioni di sviluppo
territoriale già esistenti, senza avere la forza di sostituirle;
in realtà la sfida teorica e tecnica dovrebbe essere quella di internalizzare
le prospettive di reti ecologiche nelle pianificazioni esistenti, ponendole
per quanto possibile come precondizione e comunque come opportunità.
Probabilmente la soluzione più
efficace è quella di non ipotizzare un nuovo strumento pianificatorio,
ma di configurare uno strumento tecnico di semplice indirizzo, che preveda
un certo grado di flessibilità attuativa, utilizzabile fin dove
possibile dalle diverse pianificazioni in atto o in itinere.
Si esporranno successivamente alcune considerazioni
generali sulle possibili interferenze con alcuni tipi di pianificazioni
esistenti.
Per quanto riguarda gli aspetti attuativi,
il concetto di fondo è comunque quello che gli elementi di base
per una realizzazione progressiva della rete saranno forniti da neo-ecosistemi
polivalenti, in grado di combinare a seconda dei casi le valenze naturalistiche
con altre ricreative, produttive, infrastrutturali, mitigative degli impatti
prodotti dai singoli progetti.
Reti ecologiche e pianificazioni territoriali
Per quanto riguarda le pianificazioni
territoriali il discorso può essere molto differente a seconda della
scala considerata.
In termini generali si può affermare
che a livello di area vasta il riferimento principale è probabilmente
costituito dalle Province, a cui la L. 142/90 assegna un ruolo chiave nella
pianificazione.
A livello locale il riferimento è
inevitabilmente dato dalla pianificazione urbanistica comunale. Sarebbe
importante un esplicito riferimento ai temi in oggetto nella revisione
della legge urbanistica nazionale, in corso di discussione.
Occorre comunque, preliminarmente, rispondere
alla seguente questione: esiste una scala territoriale minima al di sotto
della quale non ha senso parlare di reti ecologiche?
Se consideriamo l’ambiente come sistema
di ecosistemi a differenti ordini di grandezza, si potrà parlare
di reti ecologiche con caratteristiche specifiche a qualsiasi scala considerata.
Anche ad una scala quale quella comunale
ci si potrà porre l’obiettivo di un sistema di unità naturali
interconnesso; da raccordare con la rete dimensionalmente successiva a
livello di area vasta.
Anche a livelli spaziali di ulteriore
dettaglio quale ad esempio quello di un piano particolareggiato o di singolo
progetto, è importante che il progetto consideri il corretto inserimento
ambientale dei nuovi interventi previsti, sia come unità di habitat
che come unità ecosistemica funzionale all’interno dell’ecomosaico
di riferimento.
Il concetto di base è che ogni
scala ha le sue opportunità ed il suo ruolo specifico. A livello
di sito (ad esempio nella valutazione di impatto ambientale di un intervento
puntuale) si privilegeranno funzioni attribuibili a nuclei isolati (stepping
stones, stazioni specializzate per specie di interesse naturalistico, oltre
evidentemente agli aspetti specificamente mitigativi).
Aree naturali intercluse
da progetti di infrastrutture
A livello di piano particolareggiato si
potranno anche prevedere ruoli di corridoio minore, oltre che puntare ad
una qualità naturalistica diffusa. Una conseguenza importantissima
sarebbe anche il miglioramento della sensibilità naturalistica media
da parte delle popolazioni locali, premessa per il raggiungimento di risultati
positivi di area vasta. Anche nella redazione di un piano regolatore comunale
si possono avere importanti occasioni per impostare tessuti naturali in
grado di svolgere un ruolo autonomo (ad esempio costituire interessanti
occasioni di biodiversità), nonché una funzione nei confronti
della rete esterna, costituendo punti di addensamento del reticolo di interconnessione.
È sicuramente ipotizzabile che anche una zona di queste caratteristiche
possa giuocare un ruolo da stepping stone.
Altri ruoli importanti sono legati alle
funzioni autodepurative (e più in generale di tamponamento degli
impatti) che situazioni di questo tipo possono svolgere.
È importante prevedere, quando
possibile, l’uso di uno strumento cartografico che renda conto in modo
integrato dei condizionamenti posti dall’ambiente alle nuove trasformazioni
(sia di tipo urbanistico, sia quelle legate a singoli interventi) e delle
opportunità di ordine ecologico.
Il livello probabilmente di maggior interesse
dal punto di vista progettuale è quello della pianificazione a livello
sub-regionale (di provincia, di bacino idrografico). Sarebbe di grande
importanza che la pianificazione territoriale di coordinamento a livello
sub-regionale prevedesse esplicitamente un capitolo relativo alla natura
ecosistemica del territorio. Il discorso può valere in particolare,
per la realtà italiana, per i previsti piani territoriali provinciali.
La non considerazione del tessuto ecosistemico a questo livello rischia
di tradursi in nuove e significative artificializzazioni del territorio
non valutate non solo nelle loro implicazioni ambientali, ma anche nelle
opportunità: di miglioramento ambientale qualora impostate in un
certo modo.
Barriere infrastrutturali
alla continuità naturale
Alla scala regionale sarebbe importante
la predisposizione di uno strumento complessivo di indirizzo (non necessariamente
cogente e non necessariamente preliminare a scelte tecniche di livello
sub-regionale) che fissi obiettivi in termini di gamma-diversità
ed indichi ai progetti di rete ecologica di livello inferiore eventuali
priorità di interesse regionale.
È da giudicare più importante
la flessibilità di un sistema complessivo di impostazione, in grado
di partire contemporaneamente a diversi livelli e di tener conto delle
evoluzioni in atto, che non la rigidezza di uno strumento teoricamente
perfetto; quest’ultimo sarà inevitabilmente proiettato lontano nel
tempo per quanto riguarda l’effettivo inizio delle operazioni, ed incapace
di adattarsi alle specificità strutturali ed alle dinamiche del
territorio effettivo.
D’altronde, gli obiettivi delle diverse
scale sono complementari e non gerarchici.