Estratto da: Lessico Universale
Italiano di Lingua, Lettere, Arti, Scienze e Tecnica, Istituto della
Enciclopedia Italiana, Roma. Voce: Piano Regolatore
La formazione del Piano regolatore è
il principale oggetto della scienza urbanistica. L’organizzazione dei centri
abitati e la guida del loro sviluppo sul territorio deve tener conto di
numerosi fattori sia attuali sia potenziali; indispensabile è adeguare
l’organismo urbanistico alle necessità attuali risolvendo i problemi
inerenti a tale necessità, ma altrettanto importante è prevedere
il dinamico evolversi dei bisogni della collettività in tutti i
campi e il loro continuo compenetrarsi. Perché il Piano regolatore
sia veramente efficace e non risulti un progetto irrealizzabile, è
indispensabile che nella sua redazione sia tenuto conto di tutti i fattori
umani, naturali, ambientali, economici, sia presenti sia prevedibili in
futuro, che contribuiscono in varia misura a determinare il complesso organismo
urbanistico. La redazione vera e propria del Piano regolatore è
quindi preceduta da uno studio accurato di tali fattori: esso viene fatto
di regola mediante indagini statistiche sui vari fenomeni che interessano
i fattori stessi per accertarne l’entità, le variazioni che possono
verificarsi nel tempo e nello spazio e le varie correlazioni esistenti
o possibili tra di loro. I principali fenomeni che sono campo d’indagine
preliminare per la redazione del Piano regolatore sono: i movimenti demografico
e migratorio della popolazione; la consistenza e la qualità delle
abitazioni; l’entità, la natura, le direzioni delle correnti di
traffico; i costi dei servizi pubblici; i valori delle aree a seconda delle
utilizzazioni e destinazioni; il clima; la natura geologica e topografica
dei terreni; le tradizioni, i costumi, la religione della popolazione;
la legislazione in vigore, soprattutto per quanto riguarda la tutela del
paesaggio; le attività industriali, artigiane, professionali, di
scambio della popolazione. Sulla scorta dei dati ricavati dalle indagini
suddette viene impostato lo studio per il proporzionamento delle varie
zone e delle necessarie attrezzature (impianti per l’assistenza, per l’istruzione,
per la ricreazione, per il riposo, ecc.) anche in relazione ai tempi di
attuazione; Il proporzionamento delle superfici occorrenti è fatto
in prima approssimazione per confronto con dati forniti dall’esperienza
per casi consimili ; seguono poi successive rielaborazioni sulla scorta
degli elementi relativi al caso particolare in esame, in modo da arrivare
per successive approssimazioni al proporzionamento definitivo. Il proporzionamento
delle superfici deve procedere di pari passo col proporzionamento delle
distanze tenendo conto delle interdipendenze delle varie zone tra di loro,
dei percorsi obbligati e preferenziali (percorsi abitazione-posti di lavoro,
abitazione-posto di ricreazione o di riposo, abitazione-scuola o asilo,
ecc.), dei mezzi di trasporto pubblici e privati esistenti e prevedibili.
I risultati ottenuti vengono concretamente riportati su elaborati grafici,
quali planimetrie a scale diverse, secondo i diversi usi a cui sono destinate,
progetti di opere pubbliche (strade, fognature, ecc.); sezioni e alzati
schematici, e così via. Le norme tecniche sono formulate in regolamenti
speciali annessi al Piano: tra questi importante il Regolamento Edilizio,
il quale in linea di massima comprende le parti seguenti:
a) elencazione delle
opere che sono soggette al rilascio dell’autorizzazione da parte del sindaco.
norme relative al rilascio dell’autorizzazione medesima, e modalità
per l’inizio, il termine e il controllo del lavoro durante l’esecuzione
delle opere;
b) norme tecniche riguardanti
i volumi degli edifici, la loro altezza in relazione alla larghezza delle
strade, i distacchi minimi tra edifici di varia destinazione; l’ampiezza
dei cortili, chiostrine e simili; le massime sporgenze sulle aree pubbliche
e private; l’altezza minima dei piani; la cubatura minima dei vari ambienti
e la loro illuminazione e aerazione, ecc.;
c) norme tecniche riguardanti
la sicurezza nelle costruzioni, quali la stabilità delle varie strutture,
le modalità di esecuzione in relazione ai vari sistemi costruttivi,
la prevenzione degli infortuni degli operai e dei pericoli di incendio;
d) norme riguardanti la
conduzione dei lavori, le recinzioni, l’illuminazione e la segnalazione
dei cantieri, ecc.
Cenno storico
La necessità di un intervento cosciente
ed efficace che potesse controllare lo sviluppo dei centri abitati sorse
con l’avvento della civiltà industriale alla fine del secolo XVIII,
quando le grandi trasformazioni tecniche e sociali crearono forti squilibri
in molti campi dell’attività umana. La crescita fortissima della
popolazione in seguito alla diminuzione della mortalità, il fenomeno
dello spostamento della popolazione dalla campagna alla città, ove
di preferenza venivano impiantate le industrie, impose la costruzione di
nuovi enormi quartieri in un tempo relativamente breve, rispetto a quanto
era avvenuto in precedenza. Mancando gli strumenti legislativi adatti ed
essendo stata per il passato affidata all’attività privata la costruzione
e manutenzione di quei pochi e rudimentali servizi, che fino allora erano
stati in qualche modo sufficienti ai bisogni della ridotta popolazione
cittadina, la costruzione dei nuovi edifici cadde in mano alla speculazione
privata, senza un intervento regolatore dello stato che potesse imporre
l’adeguamento dei servizi e delle infrastrutture pubbliche. Anche per quanto
riguarda i servizi interni degli edifici, l’aerazione e illuminazione degli
ambienti e il grado di affollamento dei vani abitabili, nessun intervento
pubblico impose nei primi tempi soluzioni igienicamente accettabili. Si
crearono così i presupposti per l’insorgere di gravi inconvenienti,
specialmente nel campo sanitario (in Europa si ebbero numerose epidemie
di colera nella prima metà dell’800). Alla metà del secolo
si cominciò in varie parti di Europa, specialmente in Inghilterra
prima e poi in Francia, a intervenire in campo sanitario con leggi apposite
che riguardarono specialmente le fognature, i requisiti igienici delle
abitazioni, la distribuzione dell’acqua, l’eliminazione dei rifiuti, ecc.
Le leggi sanitarie, che si avvalsero anche dell’istituto giuridico dell’esproprio,
del quale si era già cominciato a far largo uso per l’impianto delle
ferrovie, costituirono un precedente importante per la futura legislazione
urbanistica. Nella seconda metà dell’800 si hanno i grandi interventi
sulle città europee: la sistemazione di Parigi con i grandi boulevards
di C. E. Haussmann del 1855-70; la creazione del Ring di Vienna sul tracciato
dei vecchi bastioni (1860); la sistemazione di Bruxelles ad opera di J.
Anspach (1870); l’impianto del sistema di collettori lungo il Tamigi e
l’inizio della costruzione della metropolitana a Londra (1863); l’ampliamento
di Firenze (1865-75). In Italia la legge fondamentale sulle espropriazioni
per cause di pubblica utilità (25 giugno 1865 n. 2359) disciplinava,
sia pure in forma succinta, la sistemazione dei centri abitati, istituendo
il Piano regolatore edilizio e il Piano di ampliamento.
Il primo (previsto per comuni con almeno 10.000 abitanti) poteva essere
redatto per causa di pubblico vantaggio determinata da attuale bisogno
di provvedere alla salubrità ed alle necessarie comunicazioni; in
esso sono tracciate le linee da osservarsi nella ricostruzione di quella
parte dell’abitato in cui sia da rimediare alla viziosa disposizione degli
edifici, per raggiungere l’intento. Il secondo poteva essere redatto da
tutti i comuni pei quali sia dimostrata l’attuale necessità di estendere
l’abitato; in esso sono tracciate le norme da osservarsi nella edificazione
di nuovi edifici, a fine di provvedere alla salubrità dell’abitato
ed alla più sicura, comoda e decorosa sua disposizione. Per molti
anni la concezione del 1865 è risultata rispondente alle necessità;
col tempo insorse però la difficoltà di una concreta delimitazione
del territorio a cui riferire i Piani regolatori e i Piani di ampliamento,
difficoltà dovuta alla grande dispersione della edificazione nelle
zone periferiche delle città. Molti comuni adottarono allora i due
piani contemporaneamente, creando il presupposto della unificazione dei
piani stessi in un unico piano organico, che diventò poi il piano
regolatore generale. Il Piano regolatore si andò gradatamente
evolvendo, diventando un atto normativo di una certa complessità,
prevedendo oltre al piano viario e alle norme di espropriazione anche la
divisione in zone, la loro correlazione e il loro proporzionamento, i servizi
pubblici, ecc. S’impose quindi la necessità di un organico intervento
legislativo, che tenesse conto dei recenti insegnamenti della scienza urbanistica.
La legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 provvide a questa esigenza:
essa può considerarsi la conseguenza del Congresso nazionale di
urbanistica tenuto a Roma nel 1937. Tale legge ha fatto del Piano
regolatore generale lo strumento essenziale per la sistemazione
dei centri abitati, tenendo soprattutto conto delle necessità future,
rendendone obbligatoria l’adozione per i comuni più importanti ed
estendendone la validità a tutto il territorio comunale con la opportuna
zonizzazione. Essa, modificata e integrata dalle leggi 21 luglio 1965,
n. 904, 6 agosto 1967, n. 765, e 19 novembre 1968, n. 1187 distingue i
Piani regolatori in:
a) Piani territoriali
di coordinamento;
b) Piani regolatori comunali,
ulteriormente distinti in piani regolatori generali e piani regolatori
particolareggiati.
c) debbono poi essere ricordati
i piani regolatori generali intercomunali; i programmi di fabbricazione;
e i piani di lottizzazione.
Piani territoriali di coordinamento.Hanno
lo scopo di orientare e coordinare l’attività urbanistica da svolgere
in determinate parti del territorio nazionale. In particolare devono indicare
le eventuali zone da riservare a speciali destinazioni o da assoggettare
a speciali vincoli o limitazioni; le località per nuovi insediamenti
edilizi o impianti di particolare importanza; stabilire le direttive per
le principali linee di comunicazione stradali, ferroviarie, navigabili,
sia esistenti sia in programma. Sono elaborati dal ministero dei LL.PP.
d’intesa con tutte le altre amministrazioni interessate, e sono approvati
con decreto presidenziale, previo parere del consiglio superiore dei LL.PP.
Il comune il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, in un Piano
territoriale, deve uniformare a questo il proprio piano regolatore comunale.
I Piani regolatori territoriali hanno vigore a tempo indeterminato e possono
essere variati con.decreto presidenziale; vincolano direttamente solo i
comuni e non i privati.
Piano regolatore generale comunale.
Deve riguardare l’intero territorio comunale; la sua formazione, in linea
generale facoltativa, è obbligatoria per tutti i comuni indicati
in appositi elenchi e approvati con decreto del ministero dei LL.PP. Il
piano regolatore generale, approvato dal comune, deve essere esposto al
pubblico nella segreteria comunale per 30 giorni consecutivi in modo che
chiunque possa prenderne visione. Entro i 30 giorni successivi alla scadenza
del termine di deposito possono presentare osservazioni le associazioni
sindacali egli altri enti pubblici e istituzioni interessate. Successivamente
il consiglio comunale lo trasmette al Ministero dei LL.PP. con le osservazioni
e le sue eventuali controdeduzioni. Dopo il parere del Consiglio superiore
dei LL.PP, il progetto è approvato con decreto presidenziale. Con
il decreto di approvazione possono essere apportate al Piano modifiche
che non comportino sostanziali innovazioni o quelle che siano necessarie
per assicurare il rispetto del piano territoriale di coordinamento, la
razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse
dello stato, la tutela del paesaggio e dei monumenti, l’osservanza dei
limiti di edificabilità. Il Piano regolatore generale deve indicare
essenzialmente:
1) la rete delle principali
vie di comunicazione stradali, ferroviarie e, laddove occorra, navigabili,
concepita per la sistemazione e lo sviluppo dell’abitato, in modo da soddisfare
alle esigenze del traffico, dell’igiene e del pubblico decoro;
2) la divisione in zone del territorio,
con precisazione di i quelle destinate all’espansione dell’aggregato urbano,
ed i caratteri e vincoli di zona da osservare nell’edificazione;
3) le aree destinate a formare
spazi di uso pubblico o sottoposte a speciale servitù;
4) le aree da riservare a sede
della casa comunale, alla costruzione di scuole e di chiese e a opere e
impianti d’interesse pubblico in generale.
Il Piano regolatore generale diventa operativo
con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e ha vigore a tempo indeterminato.
Giuridicamente, lo si considera un atto amministrativo, soggetto alle impugnazioni
previste per questi atti.
Piano regolatore generale intercomunale.
- Riguarda due o più comuni e la sua compilazione è i disposta
dal ministro dei LL.PP. su richiesta di una delle amministrazioni interessate
o di sua i iniziativa quando, per le caratteristiche di sviluppo degli
aggregati edilizi di due o più comuni limitrofi, sia riconosciuta
l’opportunità di coordinare le direttive e gli interventi riguardanti
l’assetto urbanistico dei comuni stessi. Il ministro dei LL.PP. determina
l’estensione che deve avere il Piano regolatore generale intercomunale,
quale dei comuni interessati debba provvedere alla redazione e come debba
essere ripartita la spesa relativa.
Piani particolareggiati di esecuzione.
– L’attuazione del Piano regolatore generale è fatta con la formazione
dei Piani particolareggiati, che sono compilati a cura del comune e debbono
essere adottati dal consiglio comunale con apposita e deliberazione. Come
per il Piano generale, i Piani particolareggiati debbono essere esposti
nella segreteria comunale per 30 giorni consecutivi. Le eventuali osservazioni
degli interessati debbono essere presentate nei 30 giorni successivi. I
Piani particolareggiati sono approvati con decreto del provveditore regionale
delle opere pubbliche, sentita la sezione urbanistica regionale, entro
180 giorni dalla presentazione da parte del Comune. Con il decreto di approvazione
sono decise anche le opposizioni presentate dagli interessati e sono introdotte
le modifiche ritenute necessarie in conseguenza di tali opposizioni; vengono
inoltre stabiliti i tempi di attuazione e i termini per le espropriazioni.
L’approvazione dei Piani particolareggiati equivale a dichiarazione di
pubblica utilità delle opere da essi previste. Il decreto di approvazione
deve essere depositato nella segreteria comunale e notificato entro un
mese a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal piano stesso.
Il Piano particolareggiato deve indicare le e reti stradali e i principali
dati altimetrici, nonché deve determinare le masse e le altezze
delle costruzioni lungo le principali strade e piazze; gli spazi riservati
ad opere o impianti di interesse pubblico; gli edifici destinati a demolizione
o ricostruzione ovvero soggetti a restaurò o a bonifica edilizia;
le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia
indicata nel Piano; gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare
o da vincolare; la profondità delle zone laterali a opere pubbliche,
la cui occupazione serva a integrare le finalità delle opere stesse
e a soddisfare prevedibili esigenze future. I Piani particolareggiati devono
essere corredati da una previsione di spesa. I Piani particolareggiati
sono atti amministrativi obbligatori per i privati, che devono osservare
le prescrizioni sulle costruzioni e sulle riedificazioni o modificazioni
delle costruzioni esistenti.
Programma di fabbricazione. – Piano
col quale i comuni meno importanti, che fossero obbligati alla formazione
del Piano regolatore e non intendano effettivamente redigerlo, debbono
regolare e indirizzare l’edificazione nelle varie zone del proprio territorio.
Deve indicare i limiti di ciascuna zona e deve precisare i tipi edilizi
propri delle zone medesime; può altresì indicare anche eventuali
direttrici di espansione.
La sua attuazione non viene effettuata
a mezzo di Piani particolareggiati, ma attraverso il normale iter espropriativo
delle aree oppure a mezzo dei Piani di lottizzazione.
Altre specie di piani regolatori.
- Il Piano regolatore generale è, a volte, distinto in piano di
ampliamento e piano di sistemazione; il primo fissa le norme per lo sviluppo
dei nuovi quartieri periferici, mentre il secondo è destinato per
lo più a risolvere problemi di traffico nelle zone centrali della
città e a migliorarne le condizioni di abitabilità. Allorché
poi quest’ultimo aspetto assume importanza preponderante, il Piano prende
il nome di Piano di risanamento. Qualora si tratti di riedificare interi
quartieri danneggiati o distrutti da catastrofi naturali, come terremoti,
alluvioni o simili, e da avvenimenti eccezionali, come guerre e incendi,
si parla di Piano di ricostruzione. Per località aventi particolare
interesse pubblico per la loro bellezza naturale o artistica esiste il
Piano regolatore territoriale paesistico; esso ha lo scopo soprattutto
di salvaguardare gli aspetti naturali e artistici del paesaggio, favorendone
il pubblico godimento e consentendo nello stesso tempo l’utilizzazione
della località a fini economici. Tale Piano comprende quindi il
piano delle opere pubbliche (vie di comunicazione, impianti di pubblico
interesse, ecc.) e la regolamentazione delle attività edilizie private,
attraverso norme di zonizzazione, consistenti in limitazioni all’altezza
delle costruzioni e all’indice di fabbricabilità.