I Piani urbanistici (a cura di Fabrizio Bottini)

 
 
 
 

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Estratto da: Lessico Universale Italiano di Lingua, Lettere, Arti, Scienze e Tecnica, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma. Voce: Piano Regolatore

La formazione del Piano regolatore è il principale oggetto della scienza urbanistica. L’organizzazione dei centri abitati e la guida del loro sviluppo sul territorio deve tener conto di numerosi fattori sia attuali sia potenziali; indispensabile è adeguare l’organismo urbanistico alle necessità attuali risolvendo i problemi inerenti a tale necessità, ma altrettanto importante è prevedere il dinamico evolversi dei bisogni della collettività in tutti i campi e il loro continuo compenetrarsi. Perché il Piano regolatore sia veramente efficace e non risulti un progetto irrealizzabile, è indispensabile che nella sua redazione sia tenuto conto di tutti i fattori umani, naturali, ambientali, economici, sia presenti sia prevedibili in futuro, che contribuiscono in varia misura a determinare il complesso organismo urbanistico. La redazione vera e propria del Piano regolatore è quindi preceduta da uno studio accurato di tali fattori: esso viene fatto di regola mediante indagini statistiche sui vari fenomeni che interessano i fattori stessi per accertarne l’entità, le variazioni che possono verificarsi nel tempo e nello spazio e le varie correlazioni esistenti o possibili tra di loro. I principali fenomeni che sono campo d’indagine preliminare per la redazione del Piano regolatore sono: i movimenti demografico e migratorio della popolazione; la consistenza e la qualità delle abitazioni; l’entità, la natura, le direzioni delle correnti di traffico; i costi dei servizi pubblici; i valori delle aree a seconda delle utilizzazioni e destinazioni; il clima; la natura geologica e topografica dei terreni; le tradizioni, i costumi, la religione della popolazione; la legislazione in vigore, soprattutto per quanto riguarda la tutela del paesaggio; le attività industriali, artigiane, professionali, di scambio della popolazione. Sulla scorta dei dati ricavati dalle indagini suddette viene impostato lo studio per il proporzionamento delle varie zone e delle necessarie attrezzature (impianti per l’assistenza, per l’istruzione, per la ricreazione, per il riposo, ecc.) anche in relazione ai tempi di attuazione; Il proporzionamento delle superfici occorrenti è fatto in prima approssimazione per confronto con dati forniti dall’esperienza per casi consimili ; seguono poi successive rielaborazioni sulla scorta degli elementi relativi al caso particolare in esame, in modo da arrivare per successive approssimazioni al proporzionamento definitivo. Il proporzionamento delle superfici deve procedere di pari passo col proporzionamento delle distanze tenendo conto delle interdipendenze delle varie zone tra di loro, dei percorsi obbligati e preferenziali (percorsi abitazione-posti di lavoro, abitazione-posto di ricreazione o di riposo, abitazione-scuola o asilo, ecc.), dei mezzi di trasporto pubblici e privati esistenti e prevedibili. I risultati ottenuti vengono concretamente riportati su elaborati grafici, quali planimetrie a scale diverse, secondo i diversi usi a cui sono destinate, progetti di opere pubbliche (strade, fognature, ecc.); sezioni e alzati schematici, e così via. Le norme tecniche sono formulate in regolamenti speciali annessi al Piano: tra questi importante il Regolamento Edilizio, il quale in linea di massima comprende le parti seguenti:
 

a) elencazione delle opere che sono soggette al rilascio dell’autorizzazione da parte del sindaco. norme relative al rilascio dell’autorizzazione medesima, e modalità per l’inizio, il termine e il controllo del lavoro durante l’esecuzione delle opere;
b) norme tecniche riguardanti i volumi degli edifici, la loro altezza in relazione alla larghezza delle strade, i distacchi minimi tra edifici di varia destinazione; l’ampiezza dei cortili, chiostrine e simili; le massime sporgenze sulle aree pubbliche e private; l’altezza minima dei piani; la cubatura minima dei vari ambienti e la loro illuminazione e aerazione, ecc.;
c) norme tecniche riguardanti la sicurezza nelle costruzioni, quali la stabilità delle varie strutture, le modalità di esecuzione in relazione ai vari sistemi costruttivi, la prevenzione degli infortuni degli operai e dei pericoli di incendio;
d) norme riguardanti la conduzione dei lavori, le recinzioni, l’illuminazione e la segnalazione dei cantieri, ecc. 


Cenno storico
La necessità di un intervento cosciente ed efficace che potesse controllare lo sviluppo dei centri abitati sorse con l’avvento della civiltà industriale alla fine del secolo XVIII, quando le grandi trasformazioni tecniche e sociali crearono forti squilibri in molti campi dell’attività umana. La crescita fortissima della popolazione in seguito alla diminuzione della mortalità, il fenomeno dello spostamento della popolazione dalla campagna alla città, ove di preferenza venivano impiantate le industrie, impose la costruzione di nuovi enormi quartieri in un tempo relativamente breve, rispetto a quanto era avvenuto in precedenza. Mancando gli strumenti legislativi adatti ed essendo stata per il passato affidata all’attività privata la costruzione e manutenzione di quei pochi e rudimentali servizi, che fino allora erano stati in qualche modo sufficienti ai bisogni della ridotta popolazione cittadina, la costruzione dei nuovi edifici cadde in mano alla speculazione privata, senza un intervento regolatore dello stato che potesse imporre l’adeguamento dei servizi e delle infrastrutture pubbliche. Anche per quanto riguarda i servizi interni degli edifici, l’aerazione e illuminazione degli ambienti e il grado di affollamento dei vani abitabili, nessun intervento pubblico impose nei primi tempi soluzioni igienicamente accettabili. Si crearono così i presupposti per l’insorgere di gravi inconvenienti, specialmente nel campo sanitario (in Europa si ebbero numerose epidemie di colera nella prima metà dell’800). Alla metà del secolo si cominciò in varie parti di Europa, specialmente in Inghilterra prima e poi in Francia, a intervenire in campo sanitario con leggi apposite che riguardarono specialmente le fognature, i requisiti igienici delle abitazioni, la distribuzione dell’acqua, l’eliminazione dei rifiuti, ecc. Le leggi sanitarie, che si avvalsero anche dell’istituto giuridico dell’esproprio, del quale si era già cominciato a far largo uso per l’impianto delle ferrovie, costituirono un precedente importante per la futura legislazione urbanistica. Nella seconda metà dell’800 si hanno i grandi interventi sulle città europee: la sistemazione di Parigi con i grandi boulevards di C. E. Haussmann del 1855-70; la creazione del Ring di Vienna sul tracciato dei vecchi bastioni (1860); la sistemazione di Bruxelles ad opera di J. Anspach (1870); l’impianto del sistema di collettori lungo il Tamigi e l’inizio della costruzione della metropolitana a Londra (1863); l’ampliamento di Firenze (1865-75). In Italia la legge fondamentale sulle espropriazioni per cause di pubblica utilità (25 giugno 1865 n. 2359) disciplinava, sia pure in forma succinta, la sistemazione dei centri abitati, istituendo il Piano regolatore edilizio e il Piano di ampliamento. Il primo (previsto per comuni con almeno 10.000 abitanti) poteva essere redatto per causa di pubblico vantaggio determinata da attuale bisogno di provvedere alla salubrità ed alle necessarie comunicazioni; in esso sono tracciate le linee da osservarsi nella ricostruzione di quella parte dell’abitato in cui sia da rimediare alla viziosa disposizione degli edifici, per raggiungere l’intento. Il secondo poteva essere redatto da tutti i comuni pei quali sia dimostrata l’attuale necessità di estendere l’abitato; in esso sono tracciate le norme da osservarsi nella edificazione di nuovi edifici, a fine di provvedere alla salubrità dell’abitato ed alla più sicura, comoda e decorosa sua disposizione. Per molti anni la concezione del 1865 è risultata rispondente alle necessità; col tempo insorse però la difficoltà di una concreta delimitazione del territorio a cui riferire i Piani regolatori e i Piani di ampliamento, difficoltà dovuta alla grande dispersione della edificazione nelle zone periferiche delle città. Molti comuni adottarono allora i due piani contemporaneamente, creando il presupposto della unificazione dei piani stessi in un unico piano organico, che diventò poi il piano regolatore generale. Il Piano regolatore si andò gradatamente evolvendo, diventando un atto normativo di una certa complessità, prevedendo oltre al piano viario e alle norme di espropriazione anche la divisione in zone, la loro correlazione e il loro proporzionamento, i servizi pubblici, ecc. S’impose quindi la necessità di un organico intervento legislativo, che tenesse conto dei recenti insegnamenti della scienza urbanistica. La legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 provvide a questa esigenza: essa può considerarsi la conseguenza del Congresso nazionale di urbanistica tenuto a Roma nel 1937. Tale legge ha fatto del Piano regolatore generale lo strumento essenziale per la sistemazione dei centri abitati, tenendo soprattutto conto delle necessità future, rendendone obbligatoria l’adozione per i comuni più importanti ed estendendone la validità a tutto il territorio comunale con la opportuna zonizzazione. Essa, modificata e integrata dalle leggi 21 luglio 1965, n. 904, 6 agosto 1967, n. 765, e 19 novembre 1968, n. 1187 distingue i Piani regolatori in:

a) Piani territoriali di coordinamento;
b) Piani regolatori comunali, ulteriormente distinti in piani regolatori generali e piani regolatori particolareggiati.
c) debbono poi essere ricordati i piani regolatori generali intercomunali; i programmi di fabbricazione; e i piani di lottizzazione.


Piani territoriali di coordinamento.Hanno lo scopo di orientare e coordinare l’attività urbanistica da svolgere in determinate parti del territorio nazionale. In particolare devono indicare le eventuali zone da riservare a speciali destinazioni o da assoggettare a speciali vincoli o limitazioni; le località per nuovi insediamenti edilizi o impianti di particolare importanza; stabilire le direttive per le principali linee di comunicazione stradali, ferroviarie, navigabili, sia esistenti sia in programma. Sono elaborati dal ministero dei LL.PP. d’intesa con tutte le altre amministrazioni interessate, e sono approvati con decreto presidenziale, previo parere del consiglio superiore dei LL.PP. Il comune il cui territorio sia compreso, in tutto o in parte, in un Piano territoriale, deve uniformare a questo il proprio piano regolatore comunale. I Piani regolatori territoriali hanno vigore a tempo indeterminato e possono essere variati con.decreto presidenziale; vincolano direttamente solo i comuni e non i privati.

Piano regolatore generale comunale. Deve riguardare l’intero territorio comunale; la sua formazione, in linea generale facoltativa, è obbligatoria per tutti i comuni indicati in appositi elenchi e approvati con decreto del ministero dei LL.PP. Il piano regolatore generale, approvato dal comune, deve essere esposto al pubblico nella segreteria comunale per 30 giorni consecutivi in modo che chiunque possa prenderne visione. Entro i 30 giorni successivi alla scadenza del termine di deposito possono presentare osservazioni le associazioni sindacali egli altri enti pubblici e istituzioni interessate. Successivamente il consiglio comunale lo trasmette al Ministero dei LL.PP. con le osservazioni e le sue eventuali controdeduzioni. Dopo il parere del Consiglio superiore dei LL.PP, il progetto è approvato con decreto presidenziale. Con il decreto di approvazione possono essere apportate al Piano modifiche che non comportino sostanziali innovazioni o quelle che siano necessarie per assicurare il rispetto del piano territoriale di coordinamento, la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello stato, la tutela del paesaggio e dei monumenti, l’osservanza dei limiti di edificabilità. Il Piano regolatore generale deve indicare essenzialmente:

1) la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e, laddove occorra, navigabili, concepita per la sistemazione e lo sviluppo dell’abitato, in modo da soddisfare alle esigenze del traffico, dell’igiene e del pubblico decoro;
2) la divisione in zone del territorio, con precisazione di i quelle destinate all’espansione dell’aggregato urbano, ed i caratteri e vincoli di zona da osservare nell’edificazione;
3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciale servitù;
4) le aree da riservare a sede della casa comunale, alla costruzione di scuole e di chiese e a opere e impianti d’interesse pubblico in generale.
Il Piano regolatore generale diventa operativo con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e ha vigore a tempo indeterminato. Giuridicamente, lo si considera un atto amministrativo, soggetto alle impugnazioni previste per questi atti.

Piano regolatore generale intercomunale. - Riguarda due o più comuni e la sua compilazione è i disposta dal ministro dei LL.PP. su richiesta di una delle amministrazioni interessate o di sua i iniziativa quando, per le caratteristiche di sviluppo degli aggregati edilizi di due o più comuni limitrofi, sia riconosciuta l’opportunità di coordinare le direttive e gli interventi riguardanti l’assetto urbanistico dei comuni stessi. Il ministro dei LL.PP. determina l’estensione che deve avere il Piano regolatore generale intercomunale, quale dei comuni interessati debba provvedere alla redazione e come debba essere ripartita la spesa relativa.

Piani particolareggiati di esecuzione. – L’attuazione del Piano regolatore generale è fatta con la formazione dei Piani particolareggiati, che sono compilati a cura del comune e debbono essere adottati dal consiglio comunale con apposita e deliberazione. Come per il Piano generale, i Piani particolareggiati debbono essere esposti nella segreteria comunale per 30 giorni consecutivi. Le eventuali osservazioni degli interessati debbono essere presentate nei 30 giorni successivi. I Piani particolareggiati sono approvati con decreto del provveditore regionale delle opere pubbliche, sentita la sezione urbanistica regionale, entro 180 giorni dalla presentazione da parte del Comune. Con il decreto di approvazione sono decise anche le opposizioni presentate dagli interessati e sono introdotte le modifiche ritenute necessarie in conseguenza di tali opposizioni; vengono inoltre stabiliti i tempi di attuazione e i termini per le espropriazioni. L’approvazione dei Piani particolareggiati equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere da essi previste. Il decreto di approvazione deve essere depositato nella segreteria comunale e notificato entro un mese a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal piano stesso. Il Piano particolareggiato deve indicare le e reti stradali e i principali dati altimetrici, nonché deve determinare le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze; gli spazi riservati ad opere o impianti di interesse pubblico; gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a restaurò o a bonifica edilizia; le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel Piano; gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare; la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva a integrare le finalità delle opere stesse e a soddisfare prevedibili esigenze future. I Piani particolareggiati devono essere corredati da una previsione di spesa. I Piani particolareggiati sono atti amministrativi obbligatori per i privati, che devono osservare le prescrizioni sulle costruzioni e sulle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti.

Programma di fabbricazione. – Piano col quale i comuni meno importanti, che fossero obbligati alla formazione del Piano regolatore e non intendano effettivamente redigerlo, debbono regolare e indirizzare l’edificazione nelle varie zone del proprio territorio. Deve indicare i limiti di ciascuna zona e deve precisare i tipi edilizi propri delle zone medesime; può altresì indicare anche eventuali direttrici di espansione.
La sua attuazione non viene effettuata a mezzo di Piani particolareggiati, ma attraverso il normale iter espropriativo delle aree oppure a mezzo dei Piani di lottizzazione.

Altre specie di piani regolatori. - Il Piano regolatore generale è, a volte, distinto in piano di ampliamento e piano di sistemazione; il primo fissa le norme per lo sviluppo dei nuovi quartieri periferici, mentre il secondo è destinato per lo più a risolvere problemi di traffico nelle zone centrali della città e a migliorarne le condizioni di abitabilità. Allorché poi quest’ultimo aspetto assume importanza preponderante, il Piano prende il nome di Piano di risanamento. Qualora si tratti di riedificare interi quartieri danneggiati o distrutti da catastrofi naturali, come terremoti, alluvioni o simili, e da avvenimenti eccezionali, come guerre e incendi, si parla di Piano di ricostruzione. Per località aventi particolare interesse pubblico per la loro bellezza naturale o artistica esiste il Piano regolatore territoriale paesistico; esso ha lo scopo soprattutto di salvaguardare gli aspetti naturali e artistici del paesaggio, favorendone il pubblico godimento e consentendo nello stesso tempo l’utilizzazione della località a fini economici. Tale Piano comprende quindi il piano delle opere pubbliche (vie di comunicazione, impianti di pubblico interesse, ecc.) e la regolamentazione delle attività edilizie private, attraverso norme di zonizzazione, consistenti in limitazioni all’altezza delle costruzioni e all’indice di fabbricabilità.