Renato Rozzi - Corso di Urbanistica

 

 
 
 
 

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Nelle 22 città prese in esame, nel periodo considerato la popolazione aumenta di circa tre volte: perché la tendenza nazionale è quella ad un aumento della popolazione industriale, e perché l’industria tende a concentrarsi nelle città. Nello stesso periodo, la superficie urbana degli stessi centri aumenta di circa sei volte, e questo nonostante l’incremento di abitanti diminuisce la Densità Demografica da 144 a 78 abitanti per ettaro di superficie, ovvero quasi dimezzandola.
Anche in questo caso naturalmente vale la regola secondo cui la “media” calcolata sui grandi numeri ci offre l’immagine di una tendenza generale, che però non fotografa necessariamente i casi particolari, i quali mostrano a volte tendenze del tutto diverse. Come si vede dal grafico seguente, che raffigura l’andamento di questa variazioni a Mantova e Vicenza. Il capoluogo vicentino aumenta costantemente e rapidamente l’area urbanizzata, diminuendo quindi vistosamente la densità, ridotta al 40% di quella di partenza. Mantova d’altro canto non vede crescere la sua superficie urbanizzata mentre aumenta la popolazione, almeno fino alla metà degli anni Trenta, data dopo la quale si ha effettivamente un certo sviluppo. Queste differenze si devono ovviamente a fattori particolari di sviluppo locale: Mantova è dotata di vaste aree militari che, rese obsolete dalla trasformazione delle tecniche belliche, si rendono disponibili per altri usi urbani, compreso l’accogliere parte dell’incremento demografico; nel caso di Vicenza, c’è invece la tendenza a un tipo di insediamento molto sparso, che da un lato consuma molto suolo allargando spontaneamente l’area urbanizzata, e dall’altro può ospitare meno persone per unità di superficie.

Grafico: confronto fra incrementi di Popolazione e Superficie urbanizzata nella media delle 22 città, e nei casi di Mantova e Vicenza, 1890-1980

Ancora, nelle 22 città si verifica una variazione di valori assoluti e percentuali delle densità, che è pure specchio di un certo tipo di evoluzione urbanistica e sociale. Ad esempio la Densità Demografica Residenziale, misurata in abitanti per ettaro, è di qualche punto superiore a 200 alla fine del XIX secolo, scende sotto i 150 verso la metà degli anni Trenta, e dopo il 1950 scende rapidamente verso il valore 100 ab/ha. La Densità Edilizia Residenziale, calcolata in stanze per ettaro, decresce abbastanza rapidamente tra il finire del XIX e il primo decennio del XX secolo, poi decresce più lentamente fino al 1950, data nella quale inizia a risalire. Ancora diverso il caso dell’Affollamento Residenziale, che decresce prima piuttosto lentamente fino agli anni Trenta, quando tocca la soglia “fatidica” di 1 abitante per ogni stanza (100 abitanti su 100 stanze, nel valori usati dal grafico), per poi risalire probabilmente a causa delle distruzioni della guerra, e ridiscendere rapidamente dopo il 1950.

Grafico: Densità Demografica Residenziale, Densità Edilizia Residenziale, Affollamento Residenziale, 1890-1980

Lo stesso processo si può leggere meglio con un grafico che rappresenta gli stessi valori a partire da un numero indice pari a 10 nel 1892

Grafico: Densità Demografica Residenziale, Densità Edilizia Residenziale, Affollamento Residenziale, 1890-1980 (numero indice 10 al 1892)

Nello stesso arco di tempo si evolvono e si diffondono anche alcuni servizi disponibili nelle abitazioni, come quelli igienici e altri. Se a partire dal censimento del 1951 l’indice di affollamento scende da 1,35 abitanti per stanza, al valore di 0,95 al 1971, nello stesso arco di tempo si riduce drasticamente ad esempio il numero delle abitazioni prive di presa d’acqua interna all’appartamento, ovvero con acqua disponibile da rubinetto esterno (sul pianerottolo, in cortile ecc.) o da pozzo: dal 63% del 1951 al solo 14% nel 1971. Sempre nel 1951 ben il 57% delle case è privo di “latrina interna”, ovvero di gabinetto, come verrà chiamato nei censimenti successivi, e servito solo da impianti comuni esterni, o da nessuno. Nel 1971 questa percentuale si ridimensiona al 17%, e tenderà a decrescere negli anni successivi. Lo stesso vale per la diffusione dell’energia elettrica, che al 1951 manca nel 15% delle case, ma al 1971 è presente ovunque, con l’eccezione del solo 1%. Infine il bagno, assente nel 89% delle abitazioni (la quasi totalità, quindi) al 1951, triplica o quasi la sua diffusione nel 1971, mancando solo dal 35% delle abitazioni. È un balzo qualitativo gigantesco, nell’insieme, che vede elevarsi moltissimo la qualità residenziale media italiana (basti pensare che la presenza o meno del riscaldamento, una caratteristica banale oggi, non è neppure rilevata dai censimenti, fino al 1961).
Ma come già osservato, dietro le medie delle grandi dimensioni si nascondono dati più articolati, che rappresentano meglio la realtà. Ad esempio la qualità residenziale italiana è mediamente peggiore al Sud che al Nord, o nelle campagne rispetto alle città. Anche il dato dell’Affollamento al 1951, che abbiamo indicato con 1,35 abitanti/stanza a livello nazionale, rappresenta solo una media fra livelli anche molto differenziati: 14,5 milioni di italiani, ad esempio, vivono ancora affollamenti impressionanti, occupando un totale di 4,4 milioni di stanze, letteralmente ammucchiati con 3,3 persone per stanza. Altri 18,7 milioni, vivono un po’ meglio in 12 milioni di stanze, ma con un affollamento sempre superiore all’unità, di 1,55 ab/stanza. I più fortunati, che nel calcolo generale alzano la media, sono i rimanenti 12,7 milioni di italiani che hanno a disposizione 17,8 milioni di stanze: molto più di una a testa. Differenze enormi, dunque.

La Densità Demografica, la Densità Edilizia e l’Affollamento, come già detto, sono valori legati dalle relazioni:

DD = DExAf

DE = DD/Af

Af = DD/DE

La Densità Edilizia si calcola abitualmente in metri cubi su metro quadro mc/mq per spazi relativamente piccoli, o in metri cubi per ettaro mc/ha nel caso di previsioni o elaborazioni a scala urbana, come quelle necessarie per redigere un Piano regolatore. Se calcolata sull’intera superficie urbana (compresi quindi tutti gli spazi), questa Densità si valuta in termini di alcune migliaia di metri cubi per ogni ettaro di superficie. Quando la si considera invece su parti specifiche di città, quartieri, zone fittamente edificate, la Densità può moltiplicarsi a parecchie decine di migliaia di metri cubi per ettaro. Ad esempio di come la Densità possa qualificare da sola le caratteristiche di un’area, vale la pena di citare una legge degli anni Sessanta, che stabilisce come sia zona rurale (e quindi soggetta a tutti i regolamenti ed eventuali vantaggi di tali zone) solo quella dove non si superano i 350 mc/ha.

Nelle 22 città campione prese in esame, si verifica anche un cambiamento nella “specializzazione” delle varie aree, che si trasforma da un uso all’altro e soprattutto si focalizza su un determinato uso, escludendo in massima parte gli altri.

Tabella: aree a destinazione Militare, Industriale, Servizi, Trasporti, Edilizia, nel 1892 e nel 1971 – valori assoluti

Anno
Servizi
Industria
Militari
Trasporti
Edilizia
           
1892
445
205
1.161
117
3.965
1971
2.064
6.396
1348
948
26.199

Grafico: aree a destinazione Militare, Industriale, Servizi, Trasporti, Edilizia, nel 1892 e nel 1971 – quote percentuali

Il cambiamento più vistoso è la diminuzione percentuale delle aree a destinazione militare sul totale, determinato dalla già citata trasformazione delle tecniche belliche, che vedono l’attenzione spostarsi dalle città (una trasformazione simile a quelle già avvenute in passato, ad esempio con il cambiamento nella forma delle mura dopo l’avvento dell’artiglieria). In altre parole, da un lato le zone militari in parte si rendono disponibili per altri usi, dall’altro anche nel caso in cui la destinazione delle aree continua ad essere militare, la superficie a questo uso non aumenta, mentre cresce il resto dell’area urbanizzata. Con l’industrializzazione, aumenta invece la quantità delle aree destinate a questi impianti, e sempre più specializzata solo per essi. Aumenta anche la quantità di zone destinate a Servizi per la popolazione, servizi il cui bisogno aumenta con l’aumentare del tempo che non si trascorre più esclusivamente nell’abitazione o al lavoro: servizi la cui dimensione giudicata insufficiente sarà, ad esempio, base per alcune rivendicazioni sociali negli anni della seconda metà del Novecento. Un’altra destinazione specializzata, quella dei Trasporti, non aumenta di molto anche se aumenta la quantità delle merci trattate per unità di superficie: ovvero si incrementa l’efficienza degli impianti ferroviari, portuali ecc., che senza aumentare proporzionalmente di dimensione riescono a svolgere il proprio compito anche per una quantità molto più grande di scambi.

Grafico: Stadi di crescita della Superficie Urbanizzata delle città considerate. E=Edilizia; S=Servizi; I=Industria; F.P.=Ferrovie e Porti; A.M.=Aree Militari

Grafico: Crescita della Superficie Urbanizzata delle città considerate per settori, numero indice = 1 al 1890

Si tratta in generale di un processo allo stesso tempo di crescita, articolazione, specializzazione, e insieme “perdita di forma”. Ovvero la crescita quantitativa e la differenziazione qualitativa sono fattori anche visibili e rilevabili nella “forma” dell’insediamento, leggibile ad esempio nella pianta delle città. Assumono forma visibile e riconoscibile le nuove espansioni di tipo residenziale, e all’interno di questa sola funzione si riconoscono certi tipi di quartiere da altri. C’è la zona industriale, coi suoi lotti più vasti, o la zona e linea ferroviaria, con gli scali e i quartieri che essi separano dal resto della città. Un ruolo particolare viene assunto negli anni dal “centro storico”, ovvero dalla parte urbana che fino all’industrializzazione di fine ‘800 era semplicemente “la città”, e conteneva tutte le funzioni all’interno del medesimo tessuto. Via via che industria, servizi, residenza, si spostano in zone specializzate, anche il centro storico in qualche modo si riconverte e si specializza: attività economiche ad alto valore aggiunto, come i negozi di un certo livello o la finanza; attività culturali e servizi sofisticati, impossibili da trovare in periferia.
 

Evoluzioni della forma urbana:
Rimini


Evoluzioni della forma urbana:
Venezia-Mestre

Evoluzioni della forma urbana:
Brescia
Evoluzioni della forma urbana:
Padova

 
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