In piena crisi finanziaria e industriale
mondiale, anche il comune di Fabbrico vive una crisi dura da gestire con le
vecchie regole del riformismo liberale. E' in questa dimensione nuova che
occorre trovare un nuovo assetto socio economico che dichiari fallito il
capitalismo e aprire una nuova strada verso l'egualitarismo.
LOTTA DI CLASSE
Editoriale
di Vito Feninno
Il capitalismo è fallito. Fallito
ideologicamente. Ma anche il suo velleitario pragmatismo non se la
passa molto bene. La
crisi finanziaria iniziata in americana (unico mercato occidentale che
comprava le merci europee e giapponesi) nel 2007 ha trascinato in una crisi
industriale tutto il mondo “avanzato”: quello che sfrutta la forza-lavoro e
le risorse energetiche mantenendo nella povertà 3 miliardi di persone
che vivono con 2 dollari al giorno. Questa crisi non è ciclica ma di sistema
perché non esiste al mondo un’impresa che lavora senza ricorrere al credito
bancario, cioè un sistema industriale senza capitali che prospera
sull’indebitamento e il risparmio delle famiglie che ricorrono alle banche
per comprare la casa o i beni di consumo o per difendere i propri risparmi
dall’inflazione.
Gli industriali pertanto operano con i soldi o i debiti dei lavoratori
attraverso le banche che finanziano le loro imprese.
Questo sistema è andato in crisi perché i lavoratori non hanno più niente da
risparmiare o da comprare per le politiche di moderazione salariale e per la
delocalizzazione delle aziende in aree dove la manodopera costa un decimo
rispetto ad un lavoratore OCSE. Per tentare di mantenere in piedi questo
sistema di sfruttamento i governi da 20 anni (dopo la caduta del muro di
Berlino) continuano ad abborracciarlo tagliando le pensioni o lo stato
sociale e riformando il mercato del lavoro con la flessibilità e la
precarietà del posto di lavoro. Negli ultimi due anni la crisi sistemica ha
costretto tutti i governi che nei periodi di vacche grasse chiedevano meno
Stato e più privato immettendo nell’economia un fiume di denaro pubblico
(soldi dei contribuenti) indebitando lo Stato e facendo aumentare il deficit
pubblico, buttando la croce addosso alle future generazioni.
I mercati sono pieni di merce, i
salari compressi, il potere d’acquisto delle famiglie falcidiato, ma si
continua a drogare la realtà al fine di salverà la “bestia”
ansimante. Perché la vera sfida è ancora tutta giocare: riuscirà il mercato
a riprendere il suo cammino una volta che i finanziamenti pubblici saranno
ultimati?
Questa è la vera sfida cui il
capitalismo non ha gli strumenti per affrontarla, perché la sua logica è
fare profitto e non produrre in base ai bisogni: e questo produrrà sempre
più disoccupazione, precarietà e bassi salari a livello planetario.
La crisi economica e industriale
non risparmia nessuno: non ci sono aree felice in un mondo globalizzato;
anche Fabbrico per la sua realtà industriale fortemente
caratterizzata dalla meccanica ha avvertito il morso della crisi. Tutto il
nostro sistema industriale è in sofferenza, questo a dimostrazione che il
capitalismo vive sull’interdipendenza tra Stati e che le politiche
protezionistiche hanno finito il loro tempo e che un’impresa, oggi, sta in
piedi solo se ha un mercato e non più una Stato che la protegge.
Ebbene, anche Fabbrico si trova a vivere la intrinseca contraddizione del
capitalismo:
se il mercato internazionale è in crisi, e non per colpa dei lavoratori,
i trattori restano nei piazzali o nel terminal o cala la loro produzione.
Questo crea perdita di posto di lavoro e perdita di salario per i lavoratori
di Fabbrico, che da mesi sono in cassa integrazione e in sofferenza
economica nel provvedere a pagare gli affitti i mutui o le bollette dei
servizi.
La ricchezza prodotta a Fabbrico nel
corso degli anni è stata via via prodotta sempre più dai migranti,
lavoratori doppiamente tartassati, ma che ha permesso al paese di
crescere in merito al suo assetto urbanistico e demografico. Siamo passati
da 5000 abitanti del 1995 a più di 6000 abitanti nel 2009.
Per tutti i lavoratori di Fabbrico che
hanno creato con il loro lavoro la ricchezza, noi chiediamo che si
introducano strumenti amministrativi per recuperare il salario perso,
l’accesso ai servizi scolastici gratuiti, perché non devono essere i
lavoratori a pagare la crisi. Lavoratori che hanno sempre accettato
qualsiasi riforma che li penalizzasse per difendere un posto di lavoro mal
pagato.
E’ per questo motivo che
nessun posto di lavoro deve essere perso a Fabbrico,
e auspichiamo l’istituzione di un Assessorato alla Protezione Sociale
capace di intervenire a monte dei fenomeni e non valle rattoppando alla
peggio le condizioni orami compromesse.
La lotta dei lavoratori va difesa
perché è sacrosanta. E il conflitto sociale in atto testimonia che la
lotta tra capitale e lavoro ha bisogno della partecipazione e della
coscienza di classe per tenere testa ad un capitalismo selvaggio che
distrugge le vere forze produttive del progresso.
(Per rifondazione comunista, il
coord. Vito Feninno)
Fabbrico 15 settembre 2009
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