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Dalle
pagine de 'il manifesto', Vauro fa sapere ai suoi estimatori
di voler intraprendere un percorso, umano e professionale,
diverso da quello finora seguito. Io personalmente, mi
sentirò un pò orfano, per dover a
malincuore rinunciare ad una salutare dose quotidiana...di buon
umore. Tersite.
LA GUERRA DI VAURO
Vauro dopo ventenni lascia la satira e sceglie di
aiutare Emergency.
di Vauro
Da 'il manifesto' del 1 Febbraio 2006:
"Sono venti anni che ogni giorno sul
manifesto esce la mia vignetta. Venti anni sono tanti, non
abbastanza per fare bilanci, però mi sento di dire che per
me sono stati venti anni di libertà. Anche della libertà di
non restare sempre chiuso nei margini del quadratino della
vignetta, ma di poter andare ogni tanto oltre, in Palestina,
in Afghanistan, in Iraq per vivere e tentare di raccontare
la guerra disegnando e scrivendo. E' stato ed è in queste
esperienze, che l'orrore della guerra mi si è appiccicato
addosso. Le immagini tremende dei corpi dei bambini
dilaniati dalle mine o dalla cluster bomb, i suoni delle
grida di dolore o dei silenzi di annichilimento, la polvere
asfissiante delle macerie mi si sono, una sull'altra,
sedimentate nell'anima, rendendomi insopportabile una
«normalità» che perpetra, accetta, o anche solo tollera che
questo orrore non si fermi anzi si espanda, si allarghi sino
ad occupare, tra silenzi, censure, ipocrisie e complicità,
gran parte del panorama delle esistenze dei milioni di
esseri umani che lo subiscono e, in modo velenoso, anche
quello di chi si crede «lontano» dai luoghi della guerra ma
la fa propria tramite l'indifferenza. Nei luoghi della
guerra ho conosciuto Emergency, Gino Strada, Marco Garatti,
e tante altre persone «lontane» dalla indifferenza. Il loro
lavoro ostinato e intelligente dalla parte delle vittime non
rappresenta solo una speranza per queste ultime, ma anche
per chi, come me, rischiava o rischia di farsi una immagine
inumana dell'umanità condannandosi ad un pessimismo sterile.
Con Emergency è nato e si è consolidato in questi anni, in
tante esprienze drammatiche ma anche belle un rapporto
profondo di amicizia e di condivisione dei valori del
diritto umano a partire da quello alla vita che la guerra
nega brutalmente. Mi sono fermamente convinto che la lotta
per la messa al bando della guerra è oggi la priorità
assoluta. Dovrebbe essere la questione imprescindibile e
discriminante sia nel mondo della politica che in quello
della cultura, ma purtroppo non lo è. Se comincia a esserlo
nella società civile, nel sentire delle persone, è anche
grazie al lavoro di pratica dei diritti e di testionianza
diretta che organizzazioni come Emergency svolgono
quotidianamente. Quando Emergency mi ha chiesto di lavorare
non più come «embedded» ma dentro l'organizzazione per
occuparmi della informazione e della comunicazione ho
accettato con timore ed entusiasmo. Timore di non essere,
per capacità, per pigrizia, all'altezza del ruolo. Non sono
un chirurgo e nemmeno un infermiere, ho invidiato tante
volte chi con le mani incide, cambia realmente il destino di
una delle tante «vittime collaterali» della guerra riuscendo
a restituirgli a volte vita e dignità. Entusiasmo perché la
motivazione che sento per accettare questo lavoro è forte,
di più, è urgente. L'urgenza di fare qualcosa, anche poco,
ma qualcosa per fermare la mostruosità della guerra, fosse
anche solo dare una rinfrescata ai disegni che feci sulle
pareti dei padiglioni per i bambini dell'ospedale di
Emergency a Kabul. Sono passati ormai sei anni da quando li
dipinsi, era la Kabul dei talebani, della guerra contro i
mujaheddin di Massoud, eppoi l'11 settembre e su quella
guerra un'altra guerra, stavolta contro il terrorismo, per
la democrazia, ma quei padiglioni sono sempre pieni di
bambini feriti e mutilati.Vorrei che i lettori sapessero che
è per l'impegno in questo mio nuovo lavoro con Emergency se
domani e per un po' di tempo non troveranno la vignetta sul
giornale, e, per chi mai se ne dispiacesse, che la vignetta
tornerà a esserci anche se non tutti i giorni perché
collaborerò ancora con il manifesto e continuerò a fare
vignette anche per chi spera il contrario. Agli amici e
compagni del manifesto, a Valentino, a Gabriele, Mariuccia,
Loris, Agostino e tanti altri chiedo solo di capire che è
quella stessa libertà che ci ha tenuto assieme per tanti
anni che mi consente ora di prendere serenamente un'altra
strada, non tanto lontana né troppo diversa da quella
percorsa insieme fino a oggi, perciò sono sicuro che ci
ri-incontreremo spesso."
(Vauro Senesi)
Fonte, il
Manifesto, del 01/02/2006
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