La Genealogia della morale
è uno dei testi più drammatici di Nietzsche, che definisce l'opera come "quanto
di più inquietante sia stato scritto fino ad oggi" (F. Nietzsche, ecce
homo, trad. it. di F. Masini, Milano, Adelphi 1970, p. 362). Opera della maturità, viene spesso collegata a Umano, troppo umano, Aurora e alla Gaia scienza, dei quali rappresenta, secondo alcuni critici, un approfondimento. In realtà più che di un approfondimento, sembra più appropriato parlare di una radicalizzazione per la capacità dell'autore di dire l'inconfessabile, per il modo di smontare, al di là delle categorie del sapere, i fondamenti del pensiero. Sotto questo profilo la Genealogia è un'opera tragica, sia a livello di scrittura che a livello di contenuti: manca il divino riso di Zarathustra, manca il sarcasmo di Aurora e la scienza non è più gaia. Prima Nietzsche ammetteva il mito che nutre l'anima, ammetteva l'errore che tonifica istinti e pulsioni... ora si tratta solo di smascherare la menzogna con una logica implacabile che porta a distruggere tutte le certezze. |
In quest'opera troviamo riflessioni di straordinario rilievo:
il nichilismo, che qui esibisce le sue credenziali teoriche,
l'analisi prefreudiana degli istinti e della loro repressione,
la scoperta di Dostoevskij,
la riabilitazione della crudeltà che anticipa molti contenuti letterali e filosofici futuri,
l'ignoranza dell'io profondo,
l'importanza di possedere e praticare l'"arte dell'interpretare".
La genealogia contiene una serie di temi e di tesi che turbano
profondamente anche le coscienze più aperte. Certe affermazioni sono di primo acchito
urtanti, talora ripugnanti e richiedono un'ermeneutica consapevole dei simboli e
dei paradossi di cui Nietzsche spesso si compiaceva. Pensiamo a certi giudizi
sulla figura della "bestia bionda", alle battute sugli ebrei,
apparentemente forti, ma che vanno interpretate (contraddette da tanti luoghi
nietzscheani), a certi sbeffeggiamenti sui deboli.
Ma non è questa la presente traccia di lettura dell'opera, che per altro ha
già avuto in questo senso moltissime interpretazioni: non si è fatto altro che
fare discorsi sulle intenzioni dette e non dette dell'autore, sui fini palesi e
occulti dell'opera, sui termini usati e sul significato politico.
Colpisce piuttosto l'eccessiva genericità o incompletezza delle interpretazioni
d'insieme: si ha la sensazione che siano state trascurate le tematiche effettive
del testo e il tema di fondo qui contenuto, che è l'indagine critica intorno
all'uomo.
Già il programma di lavoro enunciato nelle prime pagine della Genealogia, ha scandalizzato molti lettori. Si tratta infatti di un programma sconcertante e provocatorio e per capirlo bisogna tener conto del proposito di Nietzsche di riesaminare criticamente alcune strutture millenarie del pensiero occidentale e le dottrine morali dell'ottocento:
l'utilitarismo e la sua deprimente mediocrità,
il neokantismo e la sua retorica del dover-essere,
l'idealismo e la sua astrattezza dei principi e dei valori,
il positivismo e la sua conformistica dottrina dell'adattamento,
l'evoluzionismo e il suo rozzo privilegiamento del più forte
Nel suo primo passo Nietzsche scopre che tutte queste teorie morali crescono sui concetti di bene-male, merito-colpa, ricompensa-punizione.
La seconda scoperta è che nessuno ha mai esaminato la
legittimità di questi giudizi di valore e la loro origine.
E' convinzione di Nietzsche che tutti i sistemi morali si fondano su interessi
profondi. In un certo senso la morale esiste in quanto esistono due classi
sociali, quella degli schiavi e quella dei signori con le loro relative morali.
da un lato la morale è espressione del risentimento e della strategia di
autodifesa dei deboli, dall'altro è il prodotto dell'interesse e della volontà
di dominio dei più forti.
Le pagine dedicate all'analisi del ressentiment sono giustamente celebri
e sul debole e la sua morale ci sarebbe da dilungarsi moltissimo: trattasi
infatti di pagine che hanno trovato agganci spesso tendenziosi, a volte diretti
a sostegno dell'idea dell'inferiorità culturale degli oppressi, quando in
realtà vanno intese nel senso più ampio del loro significato. Ossia sono state
le classi dominanti a giudicare sé stesse e le proprie azioni come
"buone", trovando così un nuovo strumento di potere.
La morale è dunque un meccanismo con cui si è cercato di facilitare il dominio
dell'uomo sull'uomo nelle due varianti dell'annichilimento del debole da parte
del forte e dell'indebolimento del forte da parte del debole.
La precondizione a questo è che ci possa essere ubbidienza e l'ubbidienza
si fonda sulla "memoria", ossia sulla possibilità di precludere ogni
possibilità di oblio intervenendo appunto sulla memoria: occorre obbligare
l'uomo a ricordare in modo meccanico: "alleva un animale che possa far
promesse" ecco il compito primario della morale... l'individuo infatti
fin dalla nascita è manipolato nei suoi più intimi recessi psichici, nei quali
la morale diventa incisione a fuoco nella memoria. In questo modo, con
l'educazione religiosa perpetrata sull'individuo fin dalla nascita ad esempio,
l'uomo è reso uniforme, uguale tra gli uguali, conforme alla regola e quindi
prevedibile. Si è perfino attribuito all'uomo un illusorio e mistificante
libero volere allo scopo di farlo credere responsabile del proprio agire e
quindi di poterlo legittimamente perseguire e condannare per determinati atti.
Tre dunque gli elementi cardinali del sistema morale: colpa,
punizione, pena.
Il concetto di colpa deriva dal concetto di debito in quanto nasce a quel
livello di rapporti umani al quale l'individuo è solo il polo di una
transazione economica, egli esiste solo in quanto rispetta una situazione
giuridicamente tutelata.
La pena appare solo la rivalsa nei confronti di un danno patito. La punizione
esprime pulsione vendicativa, aggressività e violenza, non c'entrano niente
tutte le spiegazioni morali, ma semplicemente vale il principio che ogni danno
deve essere risarcito con una proporzionale misura di sofferenza.
Insomma la morale tende a perpetuare e a legittimare la disuguaglianza, la gerarchia e la violenza che regnano tra i rapporti umani. Tende ad installare nella coscienza degli uomini un complesso meccanismo di divieti e di reati, di giudizi, di condanne, di ammende e di pene. Tutto ciò serve a rafforzare il dominio, a fornire al potere i mezzi per meglio dominare gli uomini.
La morale tradisce l'uomo perché lo spinge verso obiettivi inappaganti e mistificanti, perchè reprime pulsioni naturali e legittime e tradisce l'uomo tre volte:
primo tradimento: l'uomo viene avviato verso un traguardo celeste di ideali e di valori inesistenti
secondo tradimento: l'uomo viene persuaso che i suoi istinti sono brutti e che se ne deve vergognare
terzo tradimento: gli istinti si ribellano e impediti nel loro cammino appaiono come una mandria selvaggia che si insedia dentro l'uomo fino a distruggerlo sotto il profilo psicologico.
Qui Nietzsche ha anticipato Freud, affermando che gli istinti
repressi possono esercitare un'azione ancora più distruttiva e negativa di
quella della morale.
Nessuno ha più lucidamente di Nietzsche descritto questa condizione, basta
vedere quanto la letteratura sia piena di lacrimevoli retoriche su coscienza,
pentimento e affini. Non esiste il sublime riscatto che mette in pace la
coscienza e il dolore è un'arma sterile insensata.
In questa ottica anche l'ascesi è un'arma sociale impiegata da un gruppo umano
per mantenere il dominio.
Tutto questo mette a nudo l'immagine dell'uomo moderno: u uomo
fragile e nevrotico, preda di sentimenti mediocri e di risentimenti abnormi, un
uomo senza identità, senza volto, pronto ad obbedire a qualsiasi padrone, a
credere qualsiasi cosa che gli dia sicurezza.
Questo è l'uomo, del quale Nietzsche non può che preannunciarne uno squallido
tramonto.