Genealogia della morale

Composta da Nietzsche nell'estate del 1887 e pubblicata agli inizi dell'inverno di quello stesso anno, la "Genealogia della morale" nacque come scritto polemico , presentandosi all'insegna di una consapevole provocazione. 

Alcune delle più controverse teorie sociali di Nietzsche, come per esempio la contrapposizione fra morale dei signori e morale del gregge, vengono ampiamente esposte e argomentate in questo libro. Ma ogni riferimento sociale rimarrebbe opaco se non lo si connettesse al suo presupposto "metafisico": l'indagine sull' "origine dei nostri pregiudizi morali" presuppone l'interrogativo sull' "origine del male", a cui Nietzsche dichiara di essersi dedicato sin dal suo "primo gioco d'infanzia letterario": "a quel tempo, ebbene, com'é logico, resi l'onore a Dio e feci di lui il padre del male". Nietzsche sapeva benissimo che questo suo scritto sarebbe suonato "urtante all'orecchio". Ma sapeva anche che, nella sua epoca come nella nostra, questo é inevitabile per ogni ricerca che metta radicalmente in questione la bontà dei buoni sentimenti e si offra quale amaro antidoto alle perorazioni di coloro che "a quel che pretendono non danno il nome di rivalsa, bensì di 'trionfo della giustizia'". 

In quanto tale, con tutte le sue contraddizioni e dolorose tensioni, la "Genealogia della morale" rimane un saggio prezioso. La "Genealogia della morale", come accennato, fu concepita e presentata da Nietzsche come un'integrazione e un chiarimento rispetto alle tesi enunciate in "Al di là del bene e del male", pubblicato l'anno precedente. E' lo scritto con il quale Nietzsche conclude il periodo della sua battaglia contro la morale occidentale e cristiana, iniziata con "Umano, troppo umano". 

Rispetto ai primi scritti di questo periodo, costruiti come raccolte di aforismi, la Genealogia della morale presenta una maggiore sistematicità e un andamento più argomentativo. Essa risulta infatti articolata in tre dissertazioni, ciascuna con un proprio titolo, e, precisamente: 

buono e malvagio, buono e cattivo; 

colpa, cattiva coscienza e simili; 

che significano gli ideali ascetici? 

Il primo effetto prodotto dalla cattiva coscienza consiste nell'interpretare in chiave morale i propri istinti animali e, quindi, come cattivi, ossia costituenti di per sè una colpa, in quanto sarebbero contrastanti con la volontà di Dio. Il positivo viene così interamente spostato fuori di sè e della propria natura e riconosciuto solo i Dio, mentre tutto ciò che é umano, compresi se stessi e la propria natura, diventa il negativo. Tra questi due poli si instaura una distanza incolmabile, sulla quale si fondano le nozioni di inferno e di pena eterna. Alla radice di queste operazioni Nietzsche vede una volontà inconsapevole di crudeltà, che raggiunge il suo apice proprio quando é rivolta contro se stessi: qui si radica la "volontà di pensarsi castigato" eternamente, senza mai poter scontare interamente e definitivamente da sè la colpa, con la conseguenza che l'esistenza e l'uomo stesso vengono spogliati di ogni valore, per identificare il valore stesso con Dio. 

E strettamente connesso a queste argomentazioni é l'ascetismo, che si basa sul presupposto di concepire l'uomo come un essere imperfetto e incompleto, mancante di qualcosa. Ciò significa che l'uomo non ha in se stesso la giustificazione della propria esistenza, ma deve cercarla altrove, fuori di sè e soltanto fuori di sè: nella negazione di se stesso può trovare un significato per la propria vita. L'ascetismo agli occhi di Nietzsche presenta solo un aspetto positivo: l'aver dato un senso alla sofferenza, che é un dato ineliminabile, ma che appare assurdo e privo di senso a colui che soffre. Come intuibile, con la "Genealogia della morale" Nietzsche si impegna con una nuova profondità a rovesciare tutti gli apprezzamenti di valore già dati nella tradizione europea. In particolare, la morale platonico-cristiana, con i suoi valori di compassione, umiltà, rassegnazione e uguaglianza appiattita sul livello dei più deboli e rinunciatari, viene stigmatizzata come "morale degli schiavi" , che dicono un "no" secco alla vita, e del risentimento contro le virtù praticate positivamente dagli aristocratici (magnanimità, coraggio, capacità di eccedere e di donare). In quest' opera c'è poi un riavvicinamento a Schopenauer. Infatti nella prefazione egli dice: "...il mio grande maestro Schopenhauer". La parentela del nuovo principio filosofico della "volontà di potenza" con il principio schopenhaueriano della "volontà di vivere" è evidente e indiscutibile (e lo dice Nietzsche stesso). La prima si presenta anzi come una variante della seconda. In entrambi i casi si tratta di una sostanza irrazionale, che è in noi. La differenza rispetto a questa sostanza si riduce al fatto che Schopenhauer la rifiuta e vuole negarla, Nietzsche invece l'accetta e vuole affermarla. In quest'opera cominciano a delinearsi gli argomenti e le tesi contro la scienza. 

Mentre ogni morale aristocratica nasce da una trionfale affermazione di sé, la morale degli schiavi oppone sin dal principio un no a ciò che non fa parte di essa, a ciò che è differente da sé ed è il suo non-io; e tale è il suo atto creatore. Questo capovolgimento del colpo d'occhio valutativo, questo punto di vista che si ispira necessariamente all'esterno invece di fondarsi su se stesso, appartiene in proprio al risentimento. 

Della "Genealogia della morale" ce ne parla Nietzsche stesso in "Ecce homo", la sua autobiografia: "Le tre dissertazioni di cui é composta questa genealogia sono forse, per quel che riguarda l'espressione, le intenzioni e l'arte della sorpresa, ciò che di più inquietante é stato scritto finora. Dioniso é, si sa, anche il dio dell'oscurità. Tutte le volte, un principio che si deve indurre in errore, freddo, scientifico, perfino ironico, messo in rilievo con intenzione, tirato in lungo con intenzione. A poco a poco l'agitazione cresce: guizzano singoli lampi; da lontano, delle verità molto spiacevoli si fanno sentire con un cupo brontolìo; finché da ultimo si arriva ad un tempo feroce in cui ogni cosa incalza con una formidabile tensione. In chiusura, tutte le volte, fra denotazioni spaventose appare tra dense nubi una nuova verità. 

La verità della prima dissertazione é la psicologia del cristianesimo: l'origine del cristianesimo dallo spirito del risentimento e non, come si crede generalmente, dallo spirito; per sua natura, un movimento di reazione, la grande sollevazione contro il dominio di valori nobili. 

La seconda dissertazione dà la psicologia della coscienza: la quale non é, come generalmente si crede, la voce di dio nell'uomo, ma é l'istinto della crudeltà che, poiché non gli é più possibile di sfogarsi all'esterno, si rivolta indentro. La crudeltà é mostrata qui per la prima volta come uno dei più antichi e più necessari fondamenti della civiltà. 

La terza dissertazione risolve il problema donde venga l'immensa potenza dell'ideale ascetico, dell'ideale del prete, sebbene esso sia l'ideale dannoso per eccellenza, un'aspirazione alla fine, un ideale di decadenza. Risposta: non purché, come generalmente si crede, dio agisca dietro il sacerdote, ma 'faute e mieux', perché finora fu l'unico ideale, perché non ha avuto concorrenti. Poiché l'uomo preferisce di volere il Nulla piuttosto che non volere nulla... Soprattutto, mancava un controideale, fino a Zarathustra. Sono stato compreso? Tre importanti studi preparatori d'uno psicologo, per un'inversione di tutti i valori. Questo libro contiene la prima psicologia del prete". Nella "Genealogia della morale" Nietzsche ne approfitta per trattare un tema che riprenderà poi nell'Anticristo: il tema del senso di colpa, del doversi ad ogni costo sentire colpevoli di fronte ad un Dio creatore della morale:

"Si sarà già intuito che i criteri di valutazione dei sacerdoti possono facilmente separarsi da quelli cavalleresco - aristocratici, fino a diventare il loro opposto. I giudizi di valore cavalleresco - aristocratici presuppongono una prestanza fisica, una salute florida, ricca, debordante e insieme tutto ciò che ne condiziona il mantenimento, guerra, avventura, caccia, danza, tornei, insomma tutto quello che comporta una vita attiva, forte, libera, serena. I criteri di valutazione sacerdotali hanno altri presupposti. ..C'è qualcosa di malsano in queste aristocrazie sacerdotali e nelle abitudini che le dominano, aliene all'azione, parte sentimentalmente esplosive e parte malinconicamente assopite, qualcosa la cui conseguenza pare essere quella nevrastenia e quella cagionevolezza intestinale che sembra inevitabilmente endemica tra i sacerdoti di ogni tempo... I sacerdoti sono, come è noto, i nemici più crudeli. E per quale ragione poi? Perché sono i più impotenti. L'impotenza genera in loro un odio che arriva a diventare mostruoso e sinistro, spiritualissimo e tossico al massimo grado. Nella storia universale coloro che più degli altri sono stati capaci di odio, e di genialità nell'odio, sono sempre stati i preti - a paragone della genialità della vendetta sacerdotale, ogni altra dote intellettuale può appena essere presa in considerazione. ..gli Ebrei, quel popolo sacerdotale che non ritenne di aver ricevuto la dovuta soddisfazione dai propri nemici e sopraffattori, se non dopo averne radicalmente ribaltato i valori, cioè solo grazie ad un atto della più spirituale vendetta. Sono stati gli Ebrei che hanno osato ribaltare e mantenere, stringendo i denti dell'odio più abissale (l'odio dell'impotenza), l'equazione aristocratica di valore buono = aristocratico in "i miserabili solo sono i buoni, i poveri, gli impotenti, i sofferenti, gli indigenti, i malati, i brutti sono gli unici ad essere pii, beati in Dio, solo a loro è concessa la beatitudine - là dove voi, al contrario - voi, nobili e potenti, voi sarete per l'eternità i malvagi, i crudeli, i corrotti, gli insaziabili, gli empi, e sarete anche per l'eternità infelici, dannati e maledetti" (Genealogia della morale, 8). 

Il Dio originario degli Ebrei è la naturale espressione della potenza del popolo ebraico ed è pertanto concepito antropomorficamente come padre e come re, potente e vendicativo. Ma nel tempo questa potenza viene meno e a man mano che Dio appare sempre meno reale, anche il concetto di Dio subisce un processo di moralizzazione e di purificazione: viene introdotta l'idea di peccato, colpa, aldilà che trasforma la sua decadenza, la sua morte sulla croce, in un nuovo dio, il Dio dei cristiani. In questo modo la sconfitta storica di Gesù, la sua morte sulla croce, è spacciata per una vittoria e il progetto storico del cristianesimo è una gigantesca mistificazione per cui i più nichilisti, i più impotenti diventano i padroni del mondo in nome di una entità inesistente che loro stessi gestiscono e amministrano. Ciò avviene inculcando agli uomini un perverso sistema di divieti, di giudizi e di scale di valori assolutamente arbitrari con lo scopo di spegnere i essi tutte le reattività, indebolirlo, renderlo simile a loro reprimendo le pulsioni naturali. L'uomo, spinto a soffocare i propri impulsi e a vergognarsene, trova il suo sfogo nel mondo interiore dove trovano spazio angoscia e inquietudine. L'uomo, che crede di essere arrivato sul gradino più alto dell'evoluzione, è destinato a diventare sempre più malato, come sempre più malata è la sua produzione artistica e letteraria, piena com'è di lacrimevoli retoriche su pentimenti, rimorsi, problemi di coscienza e problemi esistenziali. La morale ha riempito l'uomo di mostri interiori e lo ha trasformato in una povera bestia acculturata. Chiunque pensi che il disprezzo di Nietzsche per la morale, per il cristianesimo, per la cultura, sia un elogio alla violenza, dimostra di non avere capito nulla. Nietzsche non è il filosofo del potere, ma il filosofo del divenire, ed è per questo che accanto al cristianesimo combatte il socialismo, l'anarchismo, il femminismo e il concetto stesso di ideologia. Ogni ideologia nasce da uno stato di malessere e di "risentimento", al pari del cristianesimo. L'idea ebraica e cristiana del libro che cambia la vita è ereditata dal socialismo in cui gli intellettuali prendono il posto dei preti ed è ereditata dal femminismo in cui le donne prendono il posto dei preti e degli intellettuali e così via. Le ideologie sono teorie sempre confutabili che hanno in comune il fatto di proporre libri programmatici, precetti, ideali nella cui genericità e universalità nessuno si riconosce. Queste considerazioni permettono a Nietzsche di interpretare il processo storico e filosofico dell'età moderna in modo profondamente originale. Il movimento che da Lutero e dalla Riforma protestante porta a Leibniz, a Kant, alla filosofia tedesca, assume qui un significato regressivo: la rivolta del mondo tedesco contro Roma è la rivincita della teologia e della morale nei confronti di quel sano scetticismo veramente progressivo e creativo del Rinascimenti italiano. L'importanza fondamentale dell' Italia e della sua cultura consiste nel fatto che in questo paese si è tentato di uccidere Dio prima che in qualsiasi altro luogo, proprio nel Rinascimento, quando si è riconosciuto il carattere temporale e politico dei condizionamenti metafisici.

Presso i sacerdoti tutto diventa appunto più pericoloso, non soltanto mezzi di cura e arti mediche, ma anche superbia, vendetta, sagacia, dissolutezza, amore, sete di dominio, virtù, malattia - non senza una certa equità si potrebbe veramente anche aggiungere che soltanto sul terreno di questa umana forma d'esistenza, essenzialmente pericolosa, quella cioè dei preti, l'uomo è divenuto in generale un animale interessante, e che soltanto qui l'anima umana ha acquistato profondità in un superiore significato ed è divenuta malvagia - e sono anzi queste le due forme fondamentali della superiorità che ha avuto sino a oggi l'uomo sugli altri animali! ...................................

I massimi odiatori nella storia del mondo sono sempre stati i preti, e sono stati pure gli odiatori più geniali - in confronto alla genialità della vendetta sacerdotale, ogni altra genialità può a stento essere presa in considerazione. ..................................

Non poter prendere a lungo sul serio i propri nemici, le proprie sciagure, persino i propri misfatti - è il contrassegno di nature vigorose, complete , in cui esiste una sovrabbondanza di forza plastica, imitatrice, risanatrice e anche suscitatrice d'oblio. Un tale uomo con un solo strattone si scuote di dosso appunto molti vermi che in altri invece fanno il loro covo; qui soltanto è altresì possibile, posto che sia in generale possibile sulla terra, - il vero "amore per i propri nemici". Certo, quanto rispetto per i suoi nemici ha un uomo nobile! - e un tale rispetto è già un ponte verso l'amore ... Lo vuole anzi per sè il suo nemico, come un segno suo proprio di distinzione, non sopporta alcun altro nemico se non quello in cui non ci sia nulla da disprezzare e moltissimo invece da onorare! Immaginiamoci viceversa "il nemico", come lo concepisce l'uomo del 'ressentiment' - e precisamente a questo punto troveremo la sua azione, la sua creazione: costui concepisce "il nemico malvagio", "il malvagio" proprio come idea di base, a partire dalla quale si fabbrica nell'immaginazione come sua contraffazione e sua antitesi altresì un "buono" - se stesso! ........................................

..."E buono è chiunque non usa violenza, non reca danno a nessuno, non aggredisce, non fa rappresaglia, rimette a Dio la vendetta, si tiene, come noi, nascosto, fugge ogni malvagità e al pari di noi, gente paziente, umile e giusta, pretende poche cose dalla vita", tutto ciò, se lo si ascolta freddamente e senza prevenzioni, in verità non vuol dire altro che:" Noi deboli siamo decisamente deboli: è bene se non facciamo alcuna cosa per la quale non si è forti abbastanza"; ma questo crudo stato di fatto, questa prudenza d'infimo rango, che posseggono persino gli insetti (i quali, in caso di grande pericolo, si fingono morti per non far nulla "di troppo"), grazie a quell'arte da falsari e a quella mendacità dinanzi a se stessi che è propria dell'impotenza, si dà il pomposo travestimento della virtù rinunciataria, silenziosa, aspettante, come se la debolezza stessa del debole - vale a dire la sua essenza, la sua produttività, la sua intera, unica, inevitabile, irredimibile realtà fosse un effetto arbitrario, qualcosa di voluto, di scelto, un'azione, un merito. Per un istinto di autoconservazione, di autoaffermazione in cui ogni menzogna suole purificarsi, questa specie di uomini ha bisogno della credenza nell'indifferente libertà di scelta del "soggetto". Forse per questo il soggetto (o, per parlare in maniera più popolare, l'anima) è stato fino a ora sulla terra il migliore articolo di fede, perchè ha reso possibile alla maggioranza dei mortali, ai deboli e agli oppressi di ogni sorta quel sublime inganno di sè che sta nell'interpretare la debolezza stessa come libertà, il suo essere-così-e-così come merito. ..............................

Ah la ragione, la gravità, il dominio sugli affetti, tutta questa tetra faccenda che ha il nome di riflessione, tutti questi privilegi e pezzi da parata dell'uomo: come si sono fatti pagar cari! quanto sangue e orrore è nel fondo di tutte le "buone cose"! ...............

Veder soffrire fa bene, cagionare la sofferenza ancor meglio - è questa una dura sentenza, eppure un'antica, possente, umana - troppo umana sentenza fondamentale, che del resto forse anche le scimmie sottoscriverebbero: si racconta, infatti, che nell'escogitare bizzarre crudeltà esse già preannunziano largamente l'uomo e ne sono, per così dire, un "preludio". Senza crudeltà non v'è festa: così insegna la più antica, la più lunga storia dell'uomo. .........................................

La grandezza di un "progresso" si misura persino alla stregua di tutto ciò che ha dovuto essergli sacrificato; l'umanità, in quanto massa sacrificata al rigoglio di una singola più forte specie umana - questo sarebbe progresso ........................................

Ma vi siete mai chiesti abbastanza voi, a quanto caro prezzo si è fatto pagare l'innalzamento di ogni ideale sulla terra? Quanta realtà dovette sempre essere, a tale scopo, calunniata e disconosciuta, quanta menzogna santificata, quante coscienze sconvolte, quanta 'divinità' sacrificata ogni volta? Affinchè un santuario possa essere eretto, un santuario deve essere ridotto in frantumi: è questa la legge - mi si indichi il caso in cui non è adempiuta! ..........................................

Uno spirito che è sicuro di sè parla basso; cerca la riservatezza, si fa aspettare. Si riconosce un filosofo dal suo rifuggire tre cose abbaglianti e chiassose: la gloria, i principi e le donne: e con ciò non è detto che non siano queste a venire a lui. Teme ogni luce troppo intensa: perciò teme il suo tempo e il suo 'giorno'. Assomiglia in questo a un'ombra: quanto più cala il sole, tanto più grande diventa. .......................

A questa specie di uomini non piace essere turbati da inimicizie e neppure da amicizie: essi dimenticano e disprezzano facilmente. E' per loro di cattivo gusto fare i martiri; "soffrire per la verità" - è una cosa che lasciano agli ambiziosi e agli eroi teatrali dello spirito e a quanti altri hanno tempo a sufficienza per questo ( - quanto a loro stessi, i filosofi, hanno qualcosa da 'fare' per la verità). .....................................

I malati sono il pericolo massimo per i sani; non dai più forti viene il danno per i forti, bensì dai più deboli. .............................

Gli infermicci sono il grande pericolo dell'uomo: non i malvagi, non "gli animali da preda". Gli sventurati fin dall'origine, i reietti, i fatti a pezzi - costoro, che sono i più deboli, sono quelli che più di chiunque altro minano la vita tra gli uomini, quelli che intossicano e mettono in questione nel modo più pericoloso la nostra fiducia nella vita, nell'uomo, in noi stessi. Dove ci si potrebbe mai sottrarre a quello sguardo vòlto a ritroso dello sgorbio di natura, sguardo nel quale si tradisce il dialogo di un tale uomo con se stesso - quello sguardo che è un sospiro! "Potessi essere un altro qualsiasi!" così sospirano questi occhi: " Ma non c'è speranza. Sono quello che sono ." ...................................

Un uomo forte e ben riuscito digerisce le sue esperienze (incluse azioni e malefatte), come digerisce i suoi pasti, anche se deve ingollare amari bocconi. .........................

Solo la sofferenza in se stessa, lo scontento del sofferente viene da lui combattuto, non la loro causa - questo deve costituire la nostra massima obbiezione di fondo contro il metodo curativo sacerdotale. .................................

Il nulla, in tutte le religioni pessimistiche, è chiamato Dio. ............................

Per necessità di natura i forti tendono tanto a dissociarsi, quanto i deboli ad associarsi; se i primi si collegano, questo accade unicamente in vista di una comune azione agressiva e di un comune appagamento della loro volontà di potenza, non senza molta resistenza della coscienza individuale; i secondi invece si congregano tra loro, compiacendosi proprio di questa colleganza. ..............................

Non sopporto gli stanchi e i 'finiti', che si rinvoltano nella saggezza e guardano 'obbiettivamente'; non sopporto gli agitatori azzimati da eroi, che portano il mantello di invisibilità dell'ideale intorno a quello strofinaccio di paglia che è il loro capo; non posso sopportare gli artisti avidi di onori, che vorrebbero simboleggiare l'asceta e il prete e in fondo sono soltanto tragici pagliacci; non sopporto neppure questi novissimi speculatori in idealismo, gli antisemiti, che strabuzzano oggi i loro occhi alla maniera del cristiano-ariano galantomismo e mercè l'abuso, giunto al limite della pazienza, di un mezzo d'agitazione assai a buon mercato, l'atteggiarsi moralistico, cercano di eccitare tutti gli elementi-da-bestiame-cornuto del popolo (- il fatto che ogni specie di furfanteria di pensiero non resti senza successo nella Germania di oggi, dipende con lo squallore con l'andar del tempo incontestabile e già palmare dello spirito tedesco, di cui cerco la causa in una eccessivamente esclusiva nutrizione di giornali, di politica, di birra e musica wagneriana, con in aggiunta ciò che costituisce il presupposto di questa dieta: in primo luogo, la chiusura nazionale e la vanità nazionale, il robusto, ma angusto principio "Deutschland, Deutschland uber alles" e in seguito poi, la 'paralysis agitans' delle idee moderne. ...................................

L'uomo preferisce ancora volere il nulla, piuttosto che non volere.