Metafisica ed esistenza nella concezione della musica

La ricostruzione del pensiero di Nietzsche sulla musica, sebbene trovi tracce e spunti in tutte le sue opere, può realizzarsi compiutamente solo nella Nascita della tragedia. L'arte ha il compito di produrre la conoscenza delle cose, ossi di presentare il mondo nella trasparenza delle idee platoniche che lo determinano. La musica supera questo livello: in quanto riflesso dell'essenza delle cose, essa precede ogni forma di oggettivazione. Anche se non oltrepassa il diaframma dell'apparenza, la musica definisce con il suo simbolismo una forma di universalità.
La parentela con tutte le forme di volontà, intese come rappresentazioni che lasciano trasparire la propria essenza, è ciò che garantisce alla musica estrema comprensibilità. I sentimenti non sono il soggetto della musica, ma costituiscono l'esemplificazione con la quale la musica prende forma nella nostra intuizione.
Lo schema metafisico mutuato da Schopenhauer definisce il dominio della musica su tutti gli elementi che compongono la nostra rappresentazione del mondo. Non ponendo alcun oggetto reale tra noi e la musica, non comporta necessariamente un abbandono delle immagini. La musica viene definita da Nietzsche come stimolo della capacità immaginativa e in quanto tale fa sì che il mondo dell'apparenza torni a noi per altre vie:

Chi si abbandona completamente all'impressione di una sinfonia, è come se si vedesse passare davanti tutti i possibili fatti della vita e del mondo e tuttavia quando ci riflette, egli non sa indicare nessuna somiglianza fra questi suoni e le cose che gli sono passate per la mente. (Il mondo come volontà e rappresentazione, trad. di P. Savj-Lopez e G. De Lorenzo, Bari, Laterza, 1979, Vol II, § 52, p. 352)

Questo rappresenta un elemento fondamentale per la comprensione dell'arte. La musica si esprime come forza generativa appunto perché si carica di immagini della stessa natura di quelle oniriche, ma che non toccano l'essenza della musica stessa.
Il potere dionisiaco esercitato alla musica sull'ascoltatore implica l'oblio di ogni esperienza ordinaria, ossia come il dispiegarsi del mito. Mito e musica hanno in comune la sospensione del tempo fenomenico e questo dà all'individuo eternità e grandezza. E' su tale base che acquistano senso tutte le definizioni negli scritti di Nietzsche che consegnano la musica ad una dimensione eterna.

La musica, la quale va oltre le idee, anche dal mondo fenomenico è del tutto indipendente, e lo ignora, e potrebbe in certo modo sussistere quand'anche il mondo non fosse:il che non può dirsi delle altre arti (Il mondo come volontà e rappresentazione, trad. di P. Savj-Lopez e G. De Lorenzo, Bari, Laterza, 1979, Vol II, § 52, p. 346)

Questa definizione non è altro che la dichiarazione de valore assoluto della musica.
Abbandonando il terreno della metafisica, si possono seguire le proiezioni della musica nell'ambito della società e della storia. Il contesto in cui Nietzsche colloca storicamente il nucleo originario della musica è il coro. Il coro (con i suoi componenti, i satiri) costituisce la dimensione autentica della musica, introduce la prospettiva di una specie di religione naturale, di una giustificazione del mondo derivante dalla contemplazione della natura.
Ciò che qui emerge è che il coro non svolge la funzione tipica dell'apollineo, di velare illusoriamente il substrato crudele, di illusione e di morte della società ma, configurandosi come veicolo del dionisiaco, sembra portare a compimento quel "talento filosofico" che rivela la reale visione del mondo. Le articolazioni costitutive del coro riescono infatti a cogliere gli istinti naturali nel momento del loro dispiegarsi, secondo processi specifici, nelle forme peculiari del prodotto artistico: è all'interno della struttura del coro che si crea quel vortice metafisico nel quale la natura diventa arte.
La caratterizzazione specifica del coro e della tragedia greca è una esperienza che consiste nella fusione di singoli individui, finalizzata alla costituzione di una entità sovrapersonale, di un unico immane individuo che rende possibile una visione epidemica, collettiva della  musica. Il superamento dell'elemento transitorio, personale ed individuale costituisce anche il carattere essenziale del mito.

Soltanto dal punto di vista del coro si spiega la scena e la sua azione. Solo in quanto il coro non è che la rappresentazione della massa dionisiaca esaltata, solo in quanto ogni spettatore si identifica nel coro, esiste nel teatro greco un mondo di spettatori. L'espressione di Schlegel a proposito dello "spettatore ideale" deve ora dischiudersi a noi in un senso più profondo. Il coro è lo spettatore idealizzato, in quanto esso è l'unico osservatore, l'osservatore del mondo di visioni della scena. (Frammento 9 [9], in Frammenti postumi 1869-1874, Opere di Friedrich Nietzsche, Milano, Adelphi, 1973, parteI, p.279)

Qui vi è il tentativo di riabilitare lo spettatore, liberandolo dal ruolo di osservatore, è lo spettatore restituito alla totalità del coro. Ascoltare, comprendere, significa in tale ambito porsi nel flusso della musica, svolgere noi stessi la funzione di meccanismi semantici, essere nello stesso tempo rappresentanti e rappresentati, contenuto e forma.
Il luogo comune di collocare la musica nella dimensione della comprensibilità immediata, qui perde senso e si dissolve. Comprendere la musica significa penetrare in un simile circolo e parlare di musica significa concepirla in un senso assoluto.
L'idea della musica assoluta capovolge la concezione, ereditata dalla tradizione operistica, che intende la musica strumentale come forma deficitaria e incompleta. In tale ottica la musica vocale si pone sullo stesso livello di fruizione della musica strumentale.