La nuova enciclica del Papa sull’eucaristia

(Considerazioni della Chiesa Avventista del Settimo Giorno)



E’ stata pubblicata oggi l’enciclica papale intitolata "Ecclesia de Eucharestia". Nella sua nuova fatica Giovanni Paolo II torna – tra le altre cose – a parlare dello spinoso problema dell’"ospitalità eucaristica" tra cristiani, ribadendo l’impossibilità dell’"intercomunione" tra cattolici e protestanti. L’Agenzia stampa NEV ha raccolto in proposito le prime reazioni di tre esponenti del protestantesimo italiano. Tutti esprimono preoccupazione per il processo ecumenico.
Seguono le riflessioni del prof. Ermanno Genre, decano della Facoltà valdese di teologia di Roma; del pastore battista Domenico Tomasetto, membro della Commissione per le relazioni ecumeniche delle chiese battiste, valdesi e metodiste, e già presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI); e della pastora valdese Maria Bonafede, vice-moderatora della Tavola Valdese.
Per il prof. Ermanno Genre: "Chiudiamo le porte che si stanno aprendo. Questo è il messaggio della nuova enciclica del Papa verso una prassi ecclesiale di ‘ospitalità eucaristica’ che si sta affermando in molte parti del mondo. Per il Papa la pratica dell'ospitalità eucaristica - concetto sospetto e che l'enciclica non usa ribadendo che occorre seguire l'esatta terminologia (27) - che protestanti e cattolici tedeschi avrebbero voluto ufficializzare fra poche settimane a Berlino in occasione del Kirchentag e Katholikentag per la prima volta insieme, è un'ombra contraria alla disciplina nella quale la Chiesa esprime la sua fede (10). La tensione escatologica presente nella celebrazione dell'eucaristia stimola il nostro senso di responsabilità verso la terra presente (20) sostiene il Papa, ma questa responsabilità così fermamente espressa anche nel conflitto in Iraq, non ha nessuna ricaduta nella ricerca di pace fra le confessioni cristiane: qui oggi come ieri ‘Roma doma’: la pacificazione fra le confessioni ha una condizione ben precisa, ribadita senza equivoci di sorta. L'enciclica non teme affatto di rifarsi al Concilio di Trento (9,15) per confermare la posizione tradizionale senza tenere in conto alcuno l'ampia ricerca in atto nella teologia sacramentaria cattolica contemporanea e nei dialoghi ecumenici - e senza il minimo accenno al consenso cattolico-luterano sulla giustificazione (Augusta 1999).
L'eucaristia è al centro della vita ecclesiale, si ribadisce, ma questa centralità è come ingessata nella centralità della Chiesa di Roma. Le chiese nate dalla Riforma non hanno dignità di chiese e dunque la Cena del Signore che esse celebrano non è valida perché i loro ministri non partecipano alla successione apostolica e di conseguenza i fedeli cattolici sono invitati ad astenersi dal partecipare alla comunione distribuita nelle loro celebrazioni (30) perché una tale azione finirebbe col ritardare il cammino verso la piena unità visibile (30,44). Soltanto i vescovi ed i sacerdoti che presiedono in persona Christi (52) sono autorizzati a celebrare: soltanto a questa condizione vi è piena comunione ecclesiale (39).
Lutero parlava di tre cattività babilonesi della Chiesa a proposito dell'eucaristia: restano sostanzialmente intatte. Qui si parla poco di fede (quante volte ricorre nel testo?) e si enfatizza la centralità del ministero ordinato; di conseguenza i cristiani delle chiese locali non sono dei soggetti, ma dei destinatari. Come cristiani protestanti continueremo a porre l'accento sulla fede, sullo Spirito Santo e sulle parole di Cristo che fondano la pratica dell'eucaristia (senza trascurare il ministero ordinato): i requisiti della piena comunione non devono confondersi con la pluralità di ecclesiologie. Il Signore è colui che invita alla sua mensa, senza divieti e impedimenti se non quello della fede".
" La prima impressione che ricaviamo dalla nuova enciclica papale è quella di una riproposizione stretta della relativa linea teologica" afferma Domenico Tomasetto. "Per noi protestanti rimane problematica la presenza del Signore nelle due specie mediante la transustanziazione. Se ci si fosse limitati a riassumere la mera presenza del Signore, sarebbe stato più facile trovare un punto di incontro con le altre tradizioni cristiane. Ma la riproposizione massiccia della ‘modalità’ di quella presenza esclude qualsiasi possibilità di incontro. Chi non crede in questo modo, non può avere comunione eucaristica. Al più, e in via del tutto straordinaria, un cattolico romano può avere comunione eucaristica nell’ambito della chiesa ortodossa, ma viene escluso che questo possa avvenire con le chiese protestanti". Tomasetto si mostra non poco preoccupato per il processo ecumenico: "Alla luce di questa nuova enciclica e delle precedenti ‘Redemptoris Mater’ e ‘Fides et ratio’, va riletta anche la ‘Ut unum sint’: non ci eravamo sbagliati nel darne una lettura intesa a ricomporre l’unità della Chiesa attorno a Roma. E’ un taglio definitivo all’intero processo ecumenico; così è ridotto ad un semplice scambio di opinioni fra teologi diversi e a scambi di amabilità umana fra credenti diversi. Ci rimane la possibilità della ‘celebrazione della Parola’ che per noi, chiese della Riforma, ha ancora un grande valore. Però dai mass media, cattolici prima e laici poi, ci aspettiamo un po’ più di prudenza nel considerare ‘ecumenico’ il magistero di questo pontefice. L’ecumenismo, non per niente nato in ambito protestante, è un’altra cosa" conclude Tomasetto.
"Preoccupazione, messe in guardia, divieti, puntellano un’enciclica che non fa che ribadire la dottrina eucaristica del Concilio di Trento, esplicitamente citato nell’introduzione". Lo dice Maria Bonafede, che nota nella nuova enciclica un "forte richiamo alla transustanziazione, alla presenza necessaria del ministro ordinato a presiedere l’eucaristia e un forte richiamo contro l’indulgere in prassi eucaristiche contrarie alla disciplina della chiesa in contesti ecumenici. Reiterato anche il divieto ai fedeli cattolici di partecipare alla Santa Cena celebrata nelle chiese nate dalla Riforma del XVI secolo, e vietate anche eventuali forme di concelebrazioni eucaristiche. Un pronunciamento pavido ed arrogante, una rispostaccia al popolo ecumenico cattolico che proprio sull’eucaristia, ‘vita della chiesa’, pone grande speranza in tante parti del mondo.
Perché un pronunciamento del genere ora, e soprattutto per chi, a chi si rivolge il Papa? I destinatari di questi avvertimenti non mi sembrano essere i cattolici impegnati nel dialogo ecumenico europeo, sebbene anche qui l’enciclica dà una preoccupante frenata. Credo che la preoccupazione sia riservata di più al Centro e al Sud America dove le chiese cristiane sono in maggiore movimento, dove sono nate e godono di piena salute chiese cristiane non cattoliche con milioni di aderenti, dove mancano i sacerdoti, dove le donne hanno ruoli importanti di conduzione delle comunità locali, in modo particolare cattoliche romane".
 


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