L'Enciclica del papa e i protestanti italiani

Giovanni Paolo II ha escluso ogni possibilità che protestanti e cattolici, stante le attuali differenze dottrinali, possano accedere alla stessa mensa del Signore. Il futuro del dialogo.
(da 'Riforma' del 9 maggio 2003)


E' stata pubblicata lo scorso 17 aprile, giovedì santo, l'enciclica papale intitolata «Ecclesia de Eucharestia».
Nella sua nuova, fatica Giovanni Paolo II torna, tra le altre cose, a parlare dello spinoso problema dell'«ospitalità eucaristica» tra cristiani, ribadendo l'impossibilità dell'«intercomunione» tra cattolici e protestanti. L'agenzia stampa Nev ha raccolto in proposito alcune reazioni, improntate alla preoccupazione per il processo ecumenico, di alcuni esponenti del protestantesimo italiano.

Le parole di Cristo

Per il prof. Ermanno Genre, decano della Facoltà valdese di teologia di Roma: «Chiudiamo le porte che si stanno aprendo. Questo è il messaggio della nuova enciclica del papa verso una prassi ecclesiale di "ospitalità eucaristica" che si sta affermando in molte parti del mondo. Per il papa la pratica dell'ospitalità eucaristica, concetto sospetto e che l'enciclica non usa ribadendo che occorre seguire l'esatta terminologia (27), che protestanti e cattolici tedeschi avrebbero voluto ufficializzare fra poche settimane a Berlino in occasione del Kirchentag e Katholikentag per la prima volta insieme, è un'ombra contraria alla disciplina nella quale la Chiesa esprime la sua fede (10). La tensione escatologica presente nella celebrazione dell'eucaristia stimola il nostro senso di responsabilità verso la terra presente (20), sostiene il papa, ma questa responsabilità così fermamente espressa anche nel conflitto in Iraq, non ha nessuna ricaduta nella ricerca di pace fra le confessioni cristiane: qui oggi come ieri "Roma doma": la pacificazione fra le confessioni ha una condizione ben precisa, ribadita senza equivoci di sorta. L'enciclica non teme affatto di rifarsi al Concilio di Trento (9,15) per confermare la posizione tradizionale, senza tenere in conto alcuno l'ampia ricerca in atto nella teologia sacramentaria cattolica contemporanea e nei dialoghi ecumenici, e senza il minimo accenno al consenso cattolico-luterano sulla giustificazione (Augusta 1999)».
«L'eucaristia — continua Genre — è al centro della vita ecclesiale, sì ribadisce, ma questa centralità è come ingessata nella centralità, della chiesa di Roma. Le chiese nate dalla Riforma, non hanno dignità di chiese e dunque la Cena del Signore che esse celebrano non è valida perché i loro ministri non partecipano alla successione apostolica, e di conseguenza i fedeli cattolici sono invitati a ci astenersi dal partecipare alla comunione distribuita nelle loro celebrazioni (30) perché una tale azione fìnirebbe col ritardare il cammino verso la piena unità visìbile (30,44). Soltanto i vescovi e i sacerdoti che presiedono in persona Christi (52) sono autorizzati a celebrare: soltanto a questa condizione vi è piena, comunione ecclesiale (39). Lutero parlava di tre cattività babilonesi della Chiesa a proposito dell'eucaristia; restano sostanzialmente intatte. Qui si parla poco di fede (quante volte ricorre nel testo?) e si enfatizza la centralità del ministero ordinato; di conseguenza, i cristiani delle chiese locali non sono dei soggetti, ma dei destinatari. Come cristiani protestanti continueremo a porre l'accento sulla fede, sullo Spirito Santo e sulle parole di
Cristo che fondano la pratica dell'eucaristia (senza trascurare il ministero ordinato): i requisiti della piena comunione non devono confondersi con la pluralità di ecclesiologie. Il Signore è colui che invita alla sua mensa, senza divieti e impedimenti se non quello della fede».

Una rispostaccia al popolo ecumenico

«Preoccupazione, messe in guardia, divieti, puntellano un'enciclica che non fa che ribadire la dottrina eucaristica del Concilio di Trento, esplicitamente citato nell'introduzione». Lo dice la pastora valdese Maria Bonafede, vice moderatore della Tavola valdese, che nota nella nuova enciclica un «forte richiamo alla transustanziazione, alla presenza necessaria del ministro ordinato a presiedere l'eucaristia e un forte richiamo contro l'indulgere in prassi eucaristiche contrarie alla disciplina della chiesa in contesti ecumenici. Reiterato anche il divieto ai fedeli cattolici di partecipare alla santa cena celebrata nelle chiese nate dalla Riforma del XVI secolo, e vietate anche eventuali forme di concelebrazioni eucaristiche. Un pronunciamento pavido e arrogante, una rispostaccia al popolo ecumenico cattolico che proprio sull'eucaristia, "vita della chiesa", pone grande speranza in tante parti del mondo».
«Perché un pronunciamento del genere ora - conclude Bonafede - e soprattutto per chi, a chi si rivolge il papa? I destinatari di questi avvertimenti non mi sembrano essere i cattolici impegnati nel dialogo ecumenico europeo, sebbene anche qui l'enciclica da una preoccupante frenata. Credo che la preoccupazione sia riservata di più al Centro e al Sud America dove le chiese cristiane sono in maggiore movimento, dove sono nate e godono di piena salute chiese cristiane non cattoliche con milioni di aderenti, dove mancano i sacerdoti, dove le donne hanno ruoli importanti di conduzione delle comunità locali, in modo particolare cattoliche romane».

Una doccia gelata

In una nota redatta il 22 aprile, il dipartimento di teologia dell'Unione cristiana evangelica battista d'Italia (Ucebi), di cui è coordinatore il pastore Massimo Aprile, ha commentato l'enciclica di Giovanni Paolo II in questo modo: «A due anni giusti dalla promulgazione della "Carta ecumenica", siglata a Strasburgo dalla Conferenza delle chiese europee (Kek) e dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), che sanciva solennemente l'impegno a operare nella forza dello Spirito Santo, per l'unità visibile della chiesa di Gesù Cristo nell'unica fede, che trova la sua espressione nel reciproco riconoscimento del battesimo e nella condivisione eucaristica, nonché nella testimonianza e nel servizio comune, l'enciclica di Giovanni Paolo II arriva come una doccia gelata».
Il documento rileva che «la cosa più preoccupante per chi ha a cuore il cammino ecumenico delle chiese è l'affermazione che, senza questa teologia che collega l'eucarestia al sacramento, al sacrifi
cio e al ministero sacerdotale ordinato, non ci potrà mai essere comunione del pane e del vino con gli altri cristiani. La conclusione logica è che dunque questo potrà accadere solo quando saremo divenuti tutti cattolici romani».
La nota del Dipartimento di teologia dell'Ucebi invita tutto il popolo ecumenico a non scoraggiarsi e a continuare il cammino del dialogo, del servizio comune dell'Evangelo e della preghiera per l'unità dei cristiani.

Il futuro del movimento ecumenico

II cammino del dialogo non sarà interrotto dall'enciclica: ne è convinto Jürgen Astfalk, decano della Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi): «II dialogo ecumenico sta affrontando un tema molto difficile soprattutto per la Chiesa cattolica: la funzione del clero». E ricorda Astfalk: «Noi luterani abbiamo invitato i cattolici a partecipare alla santa cena, anche se non vogliamo creare problemi nei rapporti fraterni. Tuttavia in Germania lo scambio è continuo, e anche in Italia». (nev)


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