L'UOMO E LA FEDE


Le parole: Grande è la tua fede, non furono rivolte da Gesù a nessuno dei suoi discepoli, benché essi avessero abbandonato ogni cosa per amor suo. Le disse soltanto alla donna cananea (Mt. 15:21-28) ed al centurione pagano di Cafarnao. Che cosa hanno fatto questi due personaggi secondari perché Gesù lodasse tanto la loro fede? Null'altro che questo: hanno incontrato Gesù e hanno teso le loro mani verso di lui.

E' così che ha inizio ogni fede: bisogna avvicinarsi a Gesù, anche rischiando di sperimentare una delusione. Per compiere questo passo non è richiesta una personale propensione o disposizione, in quanto tale fede non consiste certo nel fatto di possedere un particolare talento nell'ingoiare dogmi e proposizioni cultuali cosiddette vincolanti e coercitive. Questa fede non consiste nemmeno nel fatto di avere una specifica attitudine religiosa o inclinazione metafisica o nel non essere sufficientemente acritici o intellettualmente ingenui per lasciarsi prendere da questo o da quello scrupolo, esitazione o dubbio o, in ultima analisi, dal non riuscire ad accettare tutti i dogmi e le troppe cose che nella Chiesa e nei cristiani non convincono e destano perplessità.

E' già fede, invece, l'avvertire in sé un anelito di Verità che induce la fame e la sete di questa figura elevata e soccorritrice che è Gesù ed ammetterlo. Gli affamati e gli assetati e coloro che soffrono di nostalgia non sono forse coloro che Gesù proclama beati? E non ha egli forse gridato il suo 'guai' a coloro che sazi e sicuri della loro ortodossa fede dogmatica, non erano più in grado di confessare la loro incapacità e la sua grandezza ed essenzialità?

Una cosa è certa: le persone che hanno un cuore affamato e uno spirito affranto sono le predilette da Dio. Non potremmo cercare Dio, se lui ci avesse già trovati. 
(S. Agostino)

Dio solo basta a se stesso, ma preferisce contare su di te.
(Preghiera dei campinas Brasiliani)

Fede è, dunque, mostrare al Signore le proprie mani vuote e desiderose di pace e di amore riponendo in lui la nostra fiducia, nella certezza che Lui, che dà ai suoi figli pane e non pietre e che fece grazia ad una povera donna cananea ed a un centurione romano, sebbene non fossero dei cristiani appartenente alla chiesa, non distoglierà il suo sguardo da coloro i quali non osano credere di essere dei chiamati e degli eletti, perché la fede è un modo di possedere già le cose che si sperano, di conoscere già le cose che non si vedono (Eb. 11:1).

Per alcuni al centro della propria vita sta un rapporto personale, intimo con Dio, un rapporto che potremmo definire d'amore e che ha molte analogie con quello che accade tra esseri umani. Non c'è un tentativo di ingraziarsi Dio, ma gli si parla, gli si dice il proprio amore, gli si racconta la propria vita, lo si sente vicinissimo, un Dio presente in ogni vicenda personale, anche la meno esaltante, anche la più contorta e problematica. [...] Nel caso opposto [...] un rigoroso rispetto delle pratiche, non solo alla partecipazione alla Messa domenicale, ma anche ad un osservanza scrupolosa dei comandamenti o di precetti, come il magro e digiuno nei periodi stabiliti dalla Chiesa o l'astensione da bevande o da cibi un'ora prima della Comunione, senza che questi gesti siano sorretti e motivati da una fede che li giustifichi.
Ma è possibile essere credenti e non praticanti o essere praticanti senza credere?
Come fanno ad esistere nella realtà situazioni così estreme?
(Anna Galliani, Evangelizzare, periodico cattolico)

Fede e religione

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