Poesie di Marta

“Aprirsi alla Vita”

 Un timbro di autentica verità del cuore e dell’anima percorre questi nuovi versi di Marta Pagliaro, che si alimentano al bisogno di un costante confronto tra sé e la vita, specchiando una coscienza vigile e tesa, in bilico tra ragioni del profondo e risentimenti sociali, tra scatti dell’emozione e pacate riflessioni. E c’è un senso di sottaciuta malinconia, come di lontananza, di percezione coltivata e verificata nella quotidianità di una impossibile coniugazione dell’essere e del sentire. In realtà Marta  rivolge all’interno la sua lente esplorativa, anche quando documenta fatti e vicende dell’umana e contingente avventura. L’autrice compie il suo scavo emotivo e psicologico su di una linea invisibile di luci e di ombre, con delicatezza ma anche con energia, senza compiacimenti e senza indulgenze, con una capacità insolita di guardare e guardarsi, di specchiarsi e rispecchiarsi al vaglio dell’anima. Poesia dai tagli mobili, ora lenti ora accelerati, che si nutre sovente di sospensioni e di pause, che conferiscono  ritmo interiore alla pagina. Poesia attraversata, infine, da un sentimento vivo del tempo che ci accompagna: un tempo che si configura come spazio sonoro che si dilata ma anche come eternità  chi ci avvolge nel suo mantello di ombre luminose e silenti. E’ in questo contesto che  si sviluppa una poesia più intimista, più dualistica, un dialogo tra l’io e il tu: poesia dai risvolti non di rado dolcissimi. Ma è il dialogo con sé infine che sovrasta, che segna a fondo la pagina poetica, che la distingue. Un dialogo che ha il sapore del lungo racconto tramato di approdi e di partenze, sommesse e coraggiose:

Ripartii/da me, dalle mie brevi / primavere e lì,/intravista la strada/ della felicità,/  buttai le chiavi di vetro. ..

 Il Critico d’Arte

Prof. Giorgio Agnisola

 

 

ATTENZIONE!!

PROPRIETA' LETTERARIA RISERVATA

Per l'uso scolastico chiedere il permesso a Marta Pagliaro

POESIE

“ Aprirsi alla Vita”

di Marta Pagliaro

ARRIVA L’AUTUNNO

 Dal cielo plumbeo

una fitta pioggia

sfianca, sferza 

fronde e facciate

delle case.

 Tra i caseggiati un

vento forte ulula,

spazza le strade.  

 Una prima grandine

tambureggia sulla

spelta.

 È l’autunno

che vela di grigio,

di arancio la natura

ancora verdeggiante.

 Arrabbiato, s’impone

al ciclo del tempo.

  Rivendica all’estate

il proprio turno.

 Fa sentire a me  la

sua forza, oscurando

all’istante il mio Io

interiore.

 Defraudatomi la luce,

il calore di questa

stagione, di essa mi

rimane solo il ricordo.

 Il suo intento?

 Piegarmi

all’inquietudine,

alla malinconia.

Poichè autore

ne brama essere.

 

ADOLESCENZA IN BICI

Tempo

di spensieratezza,

di lunghe corse,

di rapide discese,

per sentieri e pendii.

 Momento

di ebbrezza,

di ore liete spese

al di là del paese tra

scampanellate e stridii.

 Meriggio

d’oro, sapido

di sollazzo,

di riso nello schivare

pastore e gregge.

 Sogno

di avventura, rapido

quanto lo svolazzo

del rondone dal ramoscello

alla gronda che lo protegge.

 Primavera

del cuore, gonfio, ricolmo

di calde amicizie,

di acerbi amori

in un mondo del tutto rosa.

 Altalena

d’umore, dal salice all’olmo,

di sosta al sapore di liquirizie, 

di ripresa verso la città, i rumori,

tra peschi e ciliegi tinti di rosa.

 

IL CIELO

 Seduta, intenta osservo

le sfumature del cielo infinito.

 Di uno azzurrino delicato,

reso quasi bianco

da sprazzi di nuvole candide,

vedo infondere nell’animo mio

pace e quiete.

 Vagare ora felice lo sento

in quella immensità,

fino a raggiungere,

anche per un solo istante,

uno stato di beatitudine perfetta.

 

IL MONDO

 L’uomo, il cielo,

le acque, la terra,

sono il mondo?

 Il fragore delle acque,

lo scorrere dei fiumi,

lo scroscio della pioggia,

il tremare delle montagne,

il sonno, il risveglio

della natura,

un battito d’ali,

il vagito di un bimbo,

l’amore, il rispetto,

l’affetto, l’amicizia,

è questo il mondo!

 Il mondo è l’esistere,

il vivere,

il sentire nell’animo,

il vedere con gli occhi

del cuore.

 Il mondo è Dio!

Dio è in noi e,

noi parte di Lui.

 

TRILLO

 Di inizio lavoro,

che sa d’impegno,

costanza e arrabbiature;

 di pausa pranzo

al sapore di corse frenetiche,

di prelevamento di figli

dalla scuola invece

che di dolce o di salato.

 Trillo, ancora trillo.

 Di un forno pronto,

che sa di fumo, calore

odori e piatti da servire;

 di elettrodomestici

e vetture in moto.

 Trillo, poi ancora  trillo.

 Di ripresa del lavoro

al gusto cartellino da timbrare,

di polvere e scartoffie

da catalogare.

 Trillo, ancora una volta trillo.

 Di fine lavoro e

spossante corsa verso casa

a colpi di clacson.

 Trillo, per l’ennesima volta trillo.

 Cena da preparare,

in tempi record,

rassettare, sopportare

litigi e capricci vari.

 Trillo e sempre trillo.

 La mattina per il lavoro

da ricominciare.

 

PASQUA

A voi campane

che quest’oggi

suonate a festa,

snodate dall’odio

i cuori affranti!

 Che le suppliche dei

vinti elevate a Dio,

oltre gli squarci e i

nuvoloni neri diventino

colombe nell’alto dei cieli.

 Con i vostri rintocchi

compite miracoli!

 Estirpate zizzanie tra le

spighe di grano, perché

possano crescere e

biondeggiare alla calda luce

del sole occidentale.

 Lo zoppicante ancora si

aggira vacillante tra gli alti

cumuli di macerie di animi.

 Rendetegli fertile quella

minuscola zolla scovata,

dove il seme della pace

gettato possa germogliare

e fruttificare.

 Oggi  liete, che  annunciate

la Pasqua, risuscitate in loro

il Cristo sepolto da tempo,

perché la fiamma dell’amore

da Lui alimentata possa

illuminarli per sempre.

 

 

 

 

 

TU VITA

 Finestra spalancata

del mio mondo, lasci

che rapido passi il tempo

degli anni miei, come il

vento in una silenziosa

stanza.

 Che mi defraudi l’anima,

e, sparpagli ovunque i

pensieri e sentimenti miei

come dallo scrittoio i fogli.

 Che rovesci il mio

stato di cose, come

alla rosa il vaso.

 Che i petali strappatole

risucchi nel suo vortice,

come i miei anni migliori

nella voragine del nulla.

 Tu vita!

 Fai scorrere i mesi dell’anno

voltando in fretta le pagine

del diario della giovane

autrice assente.

 E, lo stesso fai con le mie

stagioni per poi fermarti

in quella autunnale vuota,

malinconica e nostalgica!

 

 E FU COSI'

Smarritami

nel labirinto

dell’ ”io ancora voglio”,

inappagata, ripercorrevo

le vie in cerca di un qualcosa.

 Invece, me dell’indomito volere

inseguita serpe tra le sterpe incontrai

svoltando.

 Confidavo

in un masso.

 Nell’appagabile pace,

di in un silenzio amichevole,

alla luce brillante del rosone riflessa,

ero l’altro.

 Nudo, affamato, malato e stanco

che fissava il Cristo.

 Tesi a lui  la mano,

della mia pienezza lo abbondai.

 Della sua umiltà mi vestì e

 il vuoto in me colmò di

 gioia e amore fraterno. Quel

 qualcosa

 che disperatamente da

 sempre cercavo altrove

 non trovavo.

 

MI PRESENTO

 Ho corti, neri,

crespi capelli.

 Occhi grandi

e spenti.

 Il colore della

pelle, le grinze

ho della

corteccia di

una sequoia.

 Per tutti un afro

qualunque.

 Per me io!

 Mi presento!

 Alba Nuda

(Limpida alba)

 Arbusto

di primule in un

terreno arido e

arso.

 Magro uccello

or canterino.

 Dell’assoluta

libertà, del clima

prigioniero.

 Sognatore

di nuovi orizzonti

e sensazioni

diverse.

Una donna

quale sono,

vorrei poter

essere.

 Di uguali diritti:

nutrirmi, vestirmi,

lavorare prima di

tutto.

 Saper scrivere,

far conoscere a tutti

lo stato d’animo mio,

della mia gente,

a me piacerebbe

tanto.

 Impossibilitata,

volgo altrove lo

sguardo se ripresa

nella mia Africa.

 Non amo intrusi,

né  che ci mostrino

al mondo come

animali in cattività.

 Abbiamo dignità,

che va rispettata

e non violata!

 

MIA MADRE

Mi è dinanzi, mi parla, la guardo ma non l’ascolto.

 E’ come se la vedessi per la prima volta.

 Sul suo volto, scorgo i segni di una vita trascorsa.

 La rivedo donna, fedele al suo compagno; sua sostenitrice, nei momenti difficili; madre, coraggiosa nel portare con gioia in grembo i suoi figli, senza negare ad alcuno di loro, il diritto alla vita.

 Affettuosa, perchè il frutto del suo amore come un dono del cielo lo ha accettato.

 Penso: i Sacrifici, le  rinuncie fatte nel crescerli, nell’educarli senza mai chiedere nulla; alla sofferenza, alla malinconia, dovuta alla scomparsa di lui; alla tristezza, che ancora oggi leggo nei suoi occhi; alle tante lacrime versate per lui quel giorno, perchè all'improvviso mancatole accanto.

Giù per le gote ancora oggi una lacrima scivola.

Conosco questo dolore!

Piango ancora queste lacrime!

E le tue, mai mi sono sembrate tali.

Sono grosse gemme di diamanti che scintillando alla luce, giù le vedo cadere e la tua ricchezza svanire.

 

IL VECCHIETTO

Un vecchietto canuto

allegro, in una  stanza

d’ospedale incoraggia

l’amata con battute

spiritose.

 La sua allegria mi

intenerisce il cuore.

 L’osservo, a distanza,

di me non si accorge.

 Mi ricorda mio padre.

 I bei momenti vissuti.

 Grazie a lui, oggi l’ho

rivisto e sentito ancora

una volta vicino.

 

UN TEMPO IL CUORE DI CRISTALLO

Dell’essere

mostrava emozioni.

 Splendere

per purezza osava

quanto le costellazioni.

 Similmente

si sarebbe spento

e con la fine dei tempi.

 Se miseramente

non fosse finito nella

cupidigia degli empi.

 Oscuratosi

or ne nasconde le reliquie.

 I falsi ossequi

del padrone rifiuta

mortificatosi.

 A consacrarlo

ancora oggi è la sola

musa.

A coronarlo d’alloro,

da  sempre il sommo

poeta.

 

L'ESTRO

 L’estro esplodente,

guida l’operosa

avveduta mano mia.

 Come lava, giù cola

dal  mio io.

 Con l’inchiostro

fluisce sui bianchi

fogli.

 Nell’odierna ostile

realtà si avventura.

 Tutto coglie!

 Frenarlo

per poi espungere,

compendiare è

un’ardua impresa.

 

 TERRA DI NESSUNO

Lasciato

ogni ordine di cose

al suo padrone,

a ciascuno la propria terra

in volo con la mente sei

verso l’infinito.

 La fantasia ti fa volare,

la fantasia ti fa sognare.

 Senza limiti temporali,

spaziali vaghi inebriandoti.

 Stupito, rapito da tanta bellezza

questa terra

ti piacerebbe possedere.

 Ma non puoi !

 La mente umana

contenere non può

l’Immensità.

 Immalinconito ritorni.

 Nell’ordine di cose rientrato

comprendi che l’infinito

è terra di nessuno.

LA PRIMAVERA IN RITARDO

Laggiù in giardino,

un pesco dai rami stecchi

aspetta bagnato fradicio

un raggio di sole.

 Perché, possa così

rifiorire, gemmare

tra sottili  teneri  fili d’erba.

 Coi rami chini

scruta la bruna terra.

 Trovare in essa qualche violetta

che a lui annunci l’arrivo

della tanta attesa primavera.

 Nulla ancora spunta!

 Con gli alti rami

oltre le case, spera veder

tornare le rondini ai loro

nidi vuoti.

 Nulla appare!

 L’acqua penetrando

dalle tegole sotto la gronda,

lentamente sfascia

i piccoli nidi fradici

e abbandonati.

  Le rondini migrate,

con i loro rondinini

che l’abitavano 

non ancora ritornano.

 Nostalgico,

ripensa alla scorsa primavera:

alle felici grida dei bambini;

ai prati coperti da manti

di pratoline.

Ritto

nel bel mezzo del giardino

speranzoso ancora aspetta,

la tarda primavera arrivare.

 

DONNA

 Libera, padrona di sé,

intelligentemente

brillante e creativa,

sei ritenuta

dall’uomo odierno.

 Giudicata più bella

e affascinante oggi

che in passato. 

 Nella società

rivesti un ruolo

importante.

 Con lo stesso uomo

collabori a migliorare

la qualità di vita

del paese.

 Dello stesso

in alcuni paesi

invece sei schiava.

 Non godi di tali

diritti.

 In altri sei condannata

per sempre a rimanere

allo stato primitivo.

 Eppure sei donna,

una uguale alle altre.

Con eguali bisogni,

diritti e doveri.

 Perché dover subire

e non poter reagire?

 

VERSO IL MAR ROSSO

 Per un fellone gigione

i pesci annaspano,

boccheggiano nel giàcchio,

incantati al suono di ghironda

e di giga.

 Invano su di essi il giannizzero

svuota la ghirba.

 Il ghibli li soffoca,

li sfianca.

 Perché esoso, schivato da tutti

imperioso abbatte tutti e subito.

 Volontari spediti, venuti a galla

per sfamare la moltitudine.

 Traditi dagli ideali degli uni,

degli altri, periscono or soli

coscienti della

pienezza dell’amore

per i propri cari e dell’inutile sacrificio fatto.

PRIMAVERA

Un castello su di un colle,  ai suoi piedi un fiume,  come un nastro d’argento sotto il ponte tranquillo scorre.

 Allegra la contadinella stornella,                      i freschi fiori colti, nel suo cesto dispone.

 Felice, lungo il pendio fischietta il pastorello, mentre sazie più non belano le pecorelle.

 Festosi e liberi, stormi di uccelli                                    per il cielo sereno fanno mille giri.

 Di rosa ora è il pesco,         di bianco invece il pero,     di verde è il bel prato.

 Dietro ai monti il sole splende,                              tutto brilla, tutto è bello.

 Nell’aria dolce e profumata si desta la natura;   Sbadiglia una finestra;  Squillano le trombe: la principessa delle stagioni!

 Con leggiadra morbidezza ed eleganza                          per i prati in fiore, giù viene  dal colle.

 Esile la sua figura,            dal tessuto fine e leggero di organze traspare,                  si ferma.

 Al galoppo il principe Inverno incontro le va,

le si ferma davanti,           con maestosa eleganza, chino la mano le bacia: benvenuta primavera!

 Al suo sorriso con dolce malinconia                         tutti gli altri lo vedono andare via.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CON CHIAVI DI VETRO

 Aprivo

nel corso della vita

le porte del mondo,

conscia

di trovarvi la felicità.

 La cercavo

nella gente, nelle cose

nuove,

antiche, a me care ma

non la trovavo.

  Credendola

in viaggio verso di me,

ne percorrevo 

tranquilla le vie per

andarle incontro.

 Di lei, neppure

l’ombra.

 Mi fermai, aspettai.

 Ripetei

a me stessa: arriverà,

lo sento.

Trovarmi

sarà facile, possibile!

Ma sbagliavo.

 Molte chiavi

si ruppero nelle toppe.

 Tanti sassolini

entrarono

nelle scarpe.

 Lunghi, gelidi

onnipresenti periodi “no”

mi assediarono

Mi alzai,

mi difesi

e capii: conveniva

una museruola.

Il freddo dell’ipocrisia,

la processione

dei rimpianti

mi ricondussero a me.

Peggiore, fu quel vivere

aspettando.

Ripartii

da me, dalle mie brevi

primavere e lì,

intravista la strada

della felicità,

buttai le chiavi di vetro

rimastemi.

 

A MIO FRATELLO DICO

 Siamo umani!

Perché tale condizione

ci accomuna.

 Spegniamo l’acceso odio

fra noi  e in noi  alimentiamo

la fievole fiamma dell’amore.

 Vivere pacificamente

è un bene per tutti.

 Non lasciamoci affascinare

dalla società dell’opulenza,

del consumo.

 Non crediamo che solo i beni

materiali a noi possono dare

la sperata libertà e felicità.  

 Non rivolgiamo ad essa

gran parte dei nostri pensieri

e delle nostre energie.

 Anche se delusi dagli ideali,

dagli schemi politici e convenzionali

non perdiamo  fiducia nella vita,

perché dal nostro simile

ci si è sentiti traditi.

 Benché imperfetti, possiamo

pur sempre  migliorare.

 Nell’arrecare danno non vi è gioia.

La sofferenza altrui sarà la nostra.

 Non vi è gioia più grande che

protendere la mano verso il

proprio fratello, di comunicare,

di comprendere.

Sosteniamoci l’un l’altro!

Le fatiche e i dolori  della vita

graveranno di meno.

 Insieme possiamo far  tanto,

migliorare la nostra qualità di vita 

e del pianeta.

 

MEZZOGIORNO

 Gli uccelli svolazzano

come impazziti.

 L’aria è afosa, nega il

respiro persino agli alberi.

 Che, stanchi appaiono là,

fermi sotto il peso del

fogliame.

 Secchi, arsi dal sole cocente,

sembrano attendere un

piccolo soffio di vento.

 Che, neppure il continuo

svolazzo degli uccelli

pare provocare fra le fronde

ancora verdi.

SON PICCOLI AQUILONI

 Tanti, piccoli, colorati e belli

giacciono or soli, fermi, sulla

                              nuda terra.

Disseminati, l’agghindano tutta,

quanto i fiori, gli alberelli la viva

                                       serra.

Al soffio del vento si levano appena,

al suolo ricaduti delusi piangono

                                       pena.

Con le rondini sognano partire

nel limpido cielo nuovi orizzonti

                                comparire.

Raggiungerli da soli è faticoso

con il filo teso da una nobile mano

                            meraviglioso.

 

CRISTO

Cristo: Amore, Perdono,

Sacrificio e Vita

sei stato per l’uomo.

 L’uomo che in te non credette

e poi redento,

perché testimone, di te, uomo e figlio di Dio

scrisse nel Libro Sacro.

 Lo stesso uomo, negarti intende alle nuove generazioni,

per cui cancellare già da adesso vuole dalla mente dei più piccoli

la tua viva immagine e la tua presenza in loro.

 Spegnere brama quella piccola fiamma

che col tuo umano sacrificio

accendesti nei nostri avi, 

benché fievole già l’aveva resa nel corso dei secoli

con una amara esistenza.

 L’atroce delitto da lui commesso al principio,

non è nulla in confronto a quello che oggi pretende di fare.

 Abolire il Crocifisso

è strappare da un corpo l’anima;

quell’anima che alle nostre misere vite tu donasti,

e simili a te ci rendesti;

il tramite della diretta comunicazione con Dio Nostro Signore.

 Che noi lottassimo già

contro una vita vuota,

priva di valori, di principi sani, a lui non basta,

perché vederci morire dentro

è per lui sconfiggere Te: il Bene, da sempre e per sempre.

 Or dunque a noi genitori

il compito di tramandare ai posteri,

di generazioni in generazioni,

la nostra viva, costante e fervida Fede.

MARTA PAGLIARO
 Da molti anni si dedica a tempo pieno alla scrittura, da lei stessa definito “il secondo amore”,  scrivendo poesie e racconti brevi.
E’ stata vincitrice:
- del 2° Concorso Letterario “Tradizioni della Mia Terra” indetto dall’Associazione di Promozione Sociale FAMIGLIA VENETA;- della 1^ Edizione del Concorso Letterario “Natura in Bici” organizzata dalla “Associazione Sportiva Dilettantistica e Culturale “La Base” di Terni;

- della 1^ Edizione del Concorso Letterario “San Giuseppe Lavoratore” indetta dal Santuario di San Giuseppe sito in Procida;

- del Concorso di Poesia “Un Volto in Mille Parole” indetto dalla “Associazione Ritmiafricani Onlus” di Torino.

Ha pubblicato il volume di poesie “Lo Spirito mio Libero”, Edizioni Centro d’Arte “Il Castello” di Maddaloni, a cura dell’Amministrazione Comunale e della Pro-Loco del Comune di Maddaloni

Molte sue opere sono pubblicate nelle rispettive Antologie e volumi pubblicati dalle case editrici.

Ha partecipato: al Concorso Nazionale di Poesia “L’Anima in Versi”, le cui opere sono state pubblicate nell’antologia “Immagini e Parole” – Agar Edizioni; al Concorso Nazionale “Stella Maris” con una poesia pubblicata nell’antologia “Come il Grano per la Volpe”; alla VII^ edizione del premio di Poesia “Beato Gaetano Errico”, opere pubblicate nel volume “E’ domenica”; al XVIII^ Concorso Letterario nazionale Vocazionale di Bologna con una poesia pubblicata nell’Antologia “Senza domenica non possiamo vivere …..”; al Premio Letterario “Voci di casa”, indetto con il patrocinio di Vari Ministeri ed Assessorati della Regione Lazio, con un’opera pubblicata nella omonima Antologia, a cui ha aderito il Presidente della Repubblica Italiana; al 1° Premio Nazionale di Poesia “Cuorediafano”, la cui poesia è stata pubblicata nell’Antologia.       Ha partecipato poi a molti altri  concorsi letterari nazionali quali: “Una Poesia per Telethon” – “Morterotica” – “Concorso Morto” – “Xanadu” – “Una Storia per Halloween” – “Cento Parole per un Incubo” – etc. con opere  pubblicate sui  siti letterari dei concorsi.

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