Alchimia

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PORTA MAGICA
DI PIAZZA VITTORIO IN ROMA

 

Porta Magica di Piazza Vittorio

un Iniziato
L'alchimia, così spesso bistrattata dalla scienza ortodossa, al più considerata come primitivo aspetto della chimica nascente, riveste, per coloro che si interessano della Verità, dignità di scienza: scienza nascosta, ermetica, questo sì, ma pur sempre un vero e proprio sapere, con i suoi postulati e teorie, con le sue dimostrazioni di laboratorio.

Ma, proprio perché ermetica, nasconde nelle sueallegorie ed operazioni significati da scoprire, simboli oscuri al non iniziato. E ciò le ha valso l'accusa, ad essa spesso rivolta, di ciarlataneria. Questo nel mondo profano!

Le società di tipo iniziatico peraltro ne hanno sempre ammesso il valore intrinseco e, se pure a volte misconosciuta nella sua reale essenza, ne hanno saputo apprezzare simboli e formule.

Parrà strano che, in ambito esoterico, si parli di misconoscenza nei confronti dell'Alchimia. Ma, d'altronde, se si vuole approfondire il discorso della Verità assoluta, occorre aver salde le premesse delle poche certezze che si ha. Ed è certo che l'Alchimia, scienza che studia i fenomeni soprasensibili, che apre le porte di conoscenze misteriche e produce il risveglio totale dell'essere, è talmente ermetica che, a causa della propria divina natura, solo coloro che ne hanno conquistato le chiavi ne conoscono il mistero.

Infatti, solo con esse è possibile interpretarne i simboli, sapere il vero senso delle sue operazioni.

E chi, fra noi, è talmente stolto da asserire di esserne padrone? o così presuntuoso da ritenere rigenerata la propria natura umana?

È vero che tanti ritengono di conoscere il Secretum Secretorum (il Segreto dei Segreti), ma è proprio ad essi che dobbiamo la triste nomea che l'Alchimia ha raccolto nei secoli. Nessun Filosofo ha mai parlato chiaro in proposito e ogni suo scritto è stato una ri-velazione del mistero. Non sta forse scritto che non esistono segreti che non possano essere svelati da colui che è ricco agli occhi del Cielo? E di quali segreti si parla, se non di quelli che, per la loro intrinseca natura, non sono suscettibili di essere detti, proprio perché presuppongono la capacità dell'adepto di possederne le chiavi?

Ci troviamo quindi in un circolo vizioso. Le chiavi non possono essere rivelate e senza chiavi l'uomo non può procedere. Che fare allora? È dunque preclusa all'uomo tale via?

A tutta prima sembrerebbe di sì, e lo dimostrano i profani che hanno così spesso pontificato a sproposito. Ma i Filosofi dicono che si può. La Scienza Ermetica ne promette le chiavi a coloro che ne siano degni: e lo stesso avviene in tutte le società iniziatiche, perché, già, parrebbe che questo Secretum Magnum sia la medesima conoscenza nascosta che anima ogni Fratellanza che si rivolge al Vero, al sacro significato della nostra esistenza.

È sembrato doveroso fare questa premessa, perché per presentare un lavoro sull'Alchimia, occorre chiarire quanto ardua sia l'impresa e quanto poco si "possa" dire di questa sublime scienza. Ciononostante si dirà, nei limiti di quanto su espresso, quanto l’esperienza e la coscienza di iniziato spingono a dire. E per far questo ci si servirà di un monumento, ben conosciuto dai cultori dell'Arte, che è secondo per il suo ermetismo alla sola Tavola di Smeraldo di Ermete Trismegisto: la Porta Magica di Piazza Vittorio in Roma.

Questa porta era uno degli ingressi secondari delle mura di cinta della Villa Palombara, oggi scomparsa.

Il marchese Massimiliano Palombara, uomo dedito alle scienze esoteriche, la fece costruire nel 1655. Egli intrattenne per molti anni rapporti di studio con la regina Cristina di Svezia che, abbandonato il trono, si stabilì a Roma, attorniandosi di uomini colti, volti ad ogni esperienza. Altro personaggio chiave della Villa Palombara fu il medico Francesco Giuseppe Borri. E tutti costoro coltivarono l'arte dell'Alchimia.

Per tentare un'analisi, sia pur sintetica, di questo originale reperto, sarà il caso di iniziare dal medaglione circolare che poggia sullo stipite della porta.

Dentro il primo cerchio esterno troviamo l'epigrafe "tria sunt mirabilia deus et homo mater et virgo trinus et unus" (Tre sono le cose meravigliose: Dio ed uomo, madre e vergine, trino ed uno).

Qui, riconducendosi alla legge del ternario, vengono rappresentati i tre elementi essenziali dell'opera alchemica: il padre, la madre, il figlio.

Per citare la Tavola di Smeraldo: "...il Sole è suo padre, la Luna sua madre, il vento lo porta nel suo ventre, qui è il Telesma...".

Alcuni vi hanno ravvisato lo spirito, l'anima, il corpo. Per proseguire la comparazione, la religione cristiana e quella vedica affermano analoghe trinità. Alcuni studiosi si rifanno ad una triade ermetica: lo zolfo, il mercurio ed il sale, che corrisponderebbero allo spirito, all'anima ed al corpo; altri dicono: anima, spirito e corpo.

E qui già vediamo la disparità dei pareri e, se consideriamo che l'Alchimia è un'arte operativa, che suggerisce quindi le azioni da intraprendere per mutare gli elementi, ci rendiamo subito conto della difficoltà dell'opera, quando non solo le operazioni di calcinazione, sublimazione, coagulazione etc. sembrano oscure, ma perfino gli elementi su cui operare sembrano incerti o meglio si prestano ad un'infinita varietà di interpretazioni.

In verità sembrerebbe di essere in pieno caos. Infatti, nel mentre l'uso delle comparazioni e delle analogie è auspicabile per la ricerca delle chiavi, proprio queste stesse comparazioni ed analogie possono tanto fuorviare i ricercatori da fornire ad essi rotte incerte, se non completamente errate.

Ed è per questo che, nelle "Nozze Chimiche" di Christian Rosenkreutz si parla di un magnete, una bussola, necessaria a non perdere la via. Nella "Divina Commedia" Dante è guidato da Virgilio; in Alchimia molti filosofi prospettano un intervento extraumano (un angelo con la tromba, una divinità ammantata di stelle, ecc.), talché raccomandano all'adepto di rivolgersi al Supremo Artefice prima di mettersi al lavoro nel laboratorio ermetico.

Comunque, per tornare a noi, non sarei propenso a considerare valide le interpretazioni di spirito-anima-corpo, o anima-spirito-corpo, o zolfo-mercurio.sale. Ma, rifacendomi al tre volte grande Ermete, opterei per Sole-Luna-Oro, che, nella cosmogonia egizia, sono Osiride-Iside-Oro, contestualmente a quanto espresso dal Pernety. Nel corso dell'analisi, i motivi di questa scelta appariranno indubbiamente più chiari. Ma cosa rappresentino questi simboli è poi un altro rebus che i Filosofi non hanno mai risolto per noi e per la cui chiarificazione non resta che munirci delle chiavi di cui ogni adepto dovrebbe entrare in possesso.

E, continuando, dentro la cornice del medaglione vi sono due triangoli equilateri sovrapposti e incrociati, che formano una stella a sei punte, il notissimo Sigillo di Salomone, sublime rappresentazione dell'unione dei contrari. Nel linguaggio alchemico, il triangolo con il vertice verso l'alto rappresenta il fuoco, il principio maschile secondo alcuni (in tal caso è simboleggiato dal gallo, dal pollo, dal dragone con le ali), il principio femminile secondo altri (e quindi rappresentato dall'aquila). Anche qui estrema divergenza di opinioni. Ed è utile vedere come nascono le divergenze, per comprenderne il senso e munirci della necessaria bussola per non smarrirci.

Alcune scuole hanno voluto interpretare i simboli a prescindere dal loro significato nascosto. Così fuoco è maschio, acqua è femmina, fuoco è Sole, acqua è Luna, fuoco è oro, acqua è argento e, di conseguenza, opera solare è iniziazione virile, razionale, e opera lunare è iniziazione femminea, istintiva. Indubbiamente un gran lavoro di analisi e comparazioni. Ma, abbiamo detto, senza chiavi ogni interpretazione è nulla.

Secondo quanto riferisce il Pernety, Basilio Valentino dice che "l'opera... è facile da fare... Tu non hai bisogno di altre istruzioni per sapere governare il tuo fuoco e costruire il tuo fornello...". Il Cosmopolita ci dice pure che quando i Filosofi accertano che l'Opera è facile, essi avrebbero dovuto aggiungere: per coloro che la conoscono. Quindi, tutto facile. "Un gioco da ragazzi", si dice in Alchimia, salvo a sapere il senso dei simboli, le operazioni vengono da sé.

Ma, per tornare al nostro fuoco che sarebbe rappresentato dal triangolo verso l'alto e all'acqua dal triangolo verso il basso, vorrei dire che tale simbolica rappresenta la natura di uno stesso elemento che muta all'interno del vaso filosofico. Gli alchimisti l'hanno indicato ora verso l'alto, ora verso il basso per indicare le circolazioni dell'elemento, il suo Solve et Coagula, in parole povere il "volatile", ora detto gallo, ora aquila, da cui erronee interpretazioni di maschilità o femminilità. Vorrei inoltre far notare che Ermete non parla d'acqua, ma di fuoco. L'I.N.R.I. degli alchimisti afferma: Igne Natura Renovatur Integra (La natura è rigenerata integra per mezzo del fuoco). E, nella stessa Porta Magica si afferma: "Colui che sa bruciare con l'acqua e lavare col fuoco...". Insomma, in Alchimia, acqua e fuoco sembrano proprio essere la stessa cosa.

Ma che significato dare allora i due triangoli incrociati? Sempre Ermete risponde: "...sale dalla terra e discende dal cielo e riceve forza dalle cose superiori e dalle cose inferiori", che è poi lo stesso di quanto espresso nella Porta Magica: "...facit de terra coelum et de coelo terram pretiosam" ("fa della terra un cielo e del cielo una terra preziosa").

È quindi il Telesma di Ermete a volgersi verso l'alto e poi verso il basso. È quello di cui si dice, sempre nella Porta Magica, "se fai volare la terra sopra il tuo capo, con le sue penne muterai in pietra acque di torrenti".

Pertanto il Sigillo di Salomone non rappresenta altro che l'operazione espressa da Ermete nella Tavola di Smeraldo. Aver tradotto il simbolo dei due triangoli in maniera non corretta ha portato quindi alla falsa interpretazione di tutto il contesto alchemico. Affermando che l'acqua e il fuoco alchemici sono cose differenti, forniamo giustificazioni erronee a quanti ancora dicono "questo è femmineo", con malcelato disprezzo, o "questo è solare, virile", con ostentata soddisfazione. Quale bussola sarà in grado di riportarci sulla retta via, se siamo così discosti dal sentiero da non distinguere un errore così fuorviante?

D'altronde i Platonici stessi, a quanto mi viene riportato, interpretavano il Sigillo di Salomone come caduta dello spirito nella materia ed elevazione di quest'ultima dopo aver superato l'impatto. O, come si afferma in altri siti: discesa all'inferno, risalita al cielo; o, ancora, in Dante: discesa all'inferno e salita all'empireo; o, ancora, in Orfeo: discesa all'Ade e risalita verso la terra.

Continuando, sovrapposto all'esagramma, vi è un altro simbolo composto da un circolo sormontato da una croce. Esso, mi dicono, è il globo del mondo, emblema dell'imperio sia sul piano della materia che su quello dello spirito.

All'interno del circolo troviamo la scritta "centrum in trigono centri" ("il centro è nel triangolo del centro"). Come non riferirsi al noto "punto geometrico" del massone? Alcuni affermano che, quando il centro dell'essere umano corrisponde alla polarità cosmica, egli avrà raggiunto l'equilibrio che gli schiuderà gli stati superiori della coscienza.

Nel centro del globo del mondo vi è l'ultimo simbolo di quelli racchiusi nel medaglione, un piccolo circolo con un punto al centro. Si ritiene, da più parti, che il punto sia il principio generatore e la circonferenza la cosa generata: con altre parole, Dio e la sua irradiazione. Negli scritti ermetici questo simbolo è quello aureo.

Passiamo ora all'architrave della porta. Su di essa vi sono due epigrafi: la prima in caratteri ebraici, "Ruch Alohim", la seconda recita "horti magici ingressum hesperius custodit draco et sine Alcide colchicas delicias non gustasset jason" ("Il drago delle Esperidi - o, meglio, della notte - custodisce l'ingresso del giardino magico e, senza Alcide (Ercole)[vai a Ercole], Giasone non avrebbe gustato le delizie della Colchide").

Circa l'iscrizione ebraica, il significato è detto da alcuni "Spirito Santo", "respiro di Dio", "soffio vitale", rispettivamente nella tradizione cristiana e in quella ebraica. Nella tradizione cabalistica, Ruch corrisponde nell'uomo all'intelletto e colloca la sua sede nel cuore e successivamente nella gola, essendo Ruch assimilabile a Doath che è il Sephirah invisibile, che è sede della coscienza e congiunge Chokmah a Binah. Ruche significa ciò che si muove a ruota, il soffio, il respiro. Si potrebbe rapportare, in Alchimia, al mercurio, duplice nella sostanza, figlio del Sole e della Luna, che gli ermetisti chiamano androgino, rebis. Questo mercurio dei filosofi, primo mestruo dell'oro e dell'argento dei filosofi, opera il dissolvimento dei metalli con la sua forza attiva e penetrante.

Ma vediamo ancora che a poco serve saper questo, se non si conosce il Sole e la Luna, se non si sa come dissolverli ed unire le due secrezioni per formare il mestruo mercuriale.

Dante, figlio dell'Alchimia, membro dei Fedeli d'Amore e, a quanto pare, di filiazione Templare, fa dire al custode della sacra porta del purgatorio che occorrono due chiavi per aprirla, una d'oro e l'altra d'argento. Aggiunge ancora che quella d'oro è più preziosa, ma quella d'argento è proprio quello che determina l'apertura della porta "perché vuole troppo d'acume e d'ingegno...". Oro e argento, Sole e Luna, sono sempre più ricorrenti nelle metafore alchemiche: a noi tocca sfrondarne i significati nascosti, affinché, come viene detto alla base della Porta Magica, "ne scaturisca la salvezza per il popolo".

Per la seconda iscrizione latina occorre fare un'osservazione. Il dragone delle Esperidi, come viene tradotto da alcuni "Hesperius draco", in realtà si rifà ad un mito differente, quello dei pomi d'oro delle Esperidi, raccolti da Ercole dopo l'uccisione del drago. E quindi, accettando tale versione, si avrebbe un miscuglio di due miti, quello delle Esperidi appunto e quello della Colchide cui l'iscrizione fa riferimento. Mentre, da un punto di vista concettuale i due miti significano esattamente la medesima cosa, uccisione del drago e conquista della pietra filosofale, non si vede perché l'autore abbia voluto questo miscuglio di fonti, a meno che non avesse voluto fornire un ulteriore suggerimento all'adepto. Infatti hesperius vuol dire anche occidentale, "della notte" e, visto che sarebbe strano tradurlo con "delle Esperidi", forse il senso giusto è proprio quello "della notte". Ma, a parte questa considerazione, che al più serve a mostrare un modo di ragionare che spesso i Filosofi usano nelle loro allegorie, un'altra sorge spontanea: chi è Ercole e chi è Giasone?

Sappiamo da altri fonti iniziatiche, non ultima la Massoneria, come l'iniziato è rappresentato da Giasone (l'uomo dal sandalo solo). Ma allora Ercole chi é?

Alcune interpretazioni ci forniscono indizi come se egli fosse l'iniziato e, in tal caso, Giasone chi è? Altro rebus, quindi, altri dubbi! Ma, armati di bussola, rivolto il pensiero al Grande Architetto, non ci sarà difficile risolverlo. "È un gioco da ragazzi!".

Quel poco che si può fare è, come sempre, tenersi al certo. E certo è che Giasone è l'iniziato: dobbiamo dar credito, almeno secondo la tradizione, alla massoneria. Ed è certo che Ercole è il figlio di un Dio; che egli, appena nato, ancora nella culla, uccise due serpenti che lo minacciavano; che in Alchimia si parla del bambino filosofico e che, confortati dal parere esperto del Pernety, Dei e Dee degli antichi miti rappresentano metalli, operazioni e stati della materia (vedi "Le favole egizie e greche disvelate"). Spetta a noi procedere oltre nella comprensione e trarre le conseguenti deduzioni.

Sullo stipite sinistro della Porta Magica, in alto, troviamo il simbolo di Saturno (Saturno è il piombo, il colore nero, primo regime dell'opera) e la scritta "quando in tua domo nigri corvi parturient albas columbas, tunc vocaberis sapiens" ("Quando nella tua casa neri corvi partoriranno bianche colombe, allora sarai chiamato sapiente"). Ormai, dal punto di vista alchemico, l'epigrafe sembra quasi chiara. Infatti l'autore fa riferimento alla successione dei colori nell'opera, il nero seguito dal bianco. E che il nero sia il cadavere putrefatto del dragone, credo che anche qui nessuno possa dubitare. Resta, al solito, da scoprire cosa sia il dragone e perché poi debba morire.

Impresa ardua, riservata a pochi! Di aiuto si trova poco nelle fonti, se non per coloro che già conoscono il drago. Christian Rosenkreutz, nelle sue "Nozze Chimiche", lo chiama Re nero, che deve essere decapitato, quindi cotto con gli altri metalli in un'amalgama all'interno dell'uovo filosofico, da cui nascerà l'uccello miracoloso. Ci ricorda indubbiamente l'araba fenice che risorge dalle sue ceneri, il Cristo risorto, se vogliamo, l'universo emergente dal Caos o, per restare alle colombe ed ai corvi, quei misteriosi messaggeri di Noè, inviati a cercare la terra (prima venne spedito un corvo, che non tornò, quindi una colomba, che rientrò all'arca quando apparve il segno che le acque si stavano ritraendo e che l'Ararat, montagna sacra dell'approdo, mostrava di nuovo la sua terra, a significare l'inizio del regime secco dell'Opera).

Passando allo stipite destro, in alto, c'è il simbolo di Giove, color grigio. Esso non rappresenta un vero e proprio regime, ma il graduale passaggio, da più Filosofi sottolineato, dal nero al bianco, e, al di sotto, l'epigrafe "diameter spherae thau circuli crux orbis non orbis prosunt" ("Il diametro della sfera, il tau del circolo, la croce del mondo non giovano ai ciechi"). E torniamo al discorso del Cosmopolita: la comprensione dei simboli alchemici è riservata a coloro che hanno sviluppato in sé la capacità di vedere.

Scendendo allo stipite sinistro, nel mezzo, osserviamo il simbolo di Marte. In Alchimia ci si riferisce al ferro, al colore rossastro. Quindi, al di sotto, l'epigrafe recita: "qui scit comburere aqua et lavare igne facit de terra coelum et de coelo terram pretiosam" ("Chi sa bruciare con l'acqua e lavare col fuoco fa della terra un cielo e del cielo una terra preziosa"). Già abbiamo parlato di questa scritta poco fa. Sottolineiamo ancora come il fuoco, Ermete insegna, è l'elemento essenziale dell'opera. Come disse il Pontano nella sua "Lettera sul fuoco filosofico", senza capirne il senso a nulla varrebbe conoscere gli elementi. L'I.N.R.I. (Igne Natura Renovatur Integra) è l'epigramma principe dell'Alchimia. Comprendiamone il significato e certamente troveremo il resto.

Sullo stipite destro, nel mezzo, compare il simbolo di Venere. Gli alchimisti associano ad esso il rame, il colore verde. Più sotto, l'iscrizione: "si feceris volare terram super caput tuum eius pennis aquas torrentum convertes in petram" ("Se facessi volare la terra al di sopra della tua testa, con le sue penne tramuteresti in pietra acque di torrenti"). Anche di questo abbiamo parlato precedentemente, a proposito del Telesma di Ermete. Tutta l'operazione tende al ritiro delle acque del diluvio che lasceranno spazio alla terra preziosa, alla pietra alchemica su cui si fa una operazione misteriosa, che viene detta più volte, simbolicamente, anche nella Porta Magica.

Sullo stipite sinistro, in basso, troviamo il simbolo di Mercurio, argento vivo, e l'epigrafe "azot et ignis dealbando latonam veniet sine veste diana" ("Tramite la purificazione di Latona da parte dell'Azoto e del Fuoco, appare Diana senza veste"). È questa un'altra descrizione dell'opera, in cui la purificazione della materia filosofale produce la comparsa dell'argento. È la purificazione del purgatorio dantesco che prelude alla venuta di Beatrice (colei che dà beatitudine), è la purificazione prescritta in tutte le fratellanze misteriche. E, affinché non desti meraviglia il misterioso realizzarsi della pietra al bianco, la mistica Iside svelata, a seguito della catarsi della materia prima, diremo, come Beatrice nel Paradiso, che sarebbe strano che, nettati dagli errori che ci tengono a terra, restassimo ad essa vincolati, senza poter accedere all'empireo: volo superbo, già descritto da Platone con i suoi cavalli, uno bianco e l'altro nero, uno volto al cielo e l'altro alla terra. Ma, attenzione! non si fa metafisica cosmica qui, bensì microcosmica. Dei, cieli, terra e astri sono in dimensione microcosmica, per suggerire gli elementi e le operazioni dell'Arte.

Sullo stipite destro, in basso, vi è il simbolo del Sole, oro, colore porporino e, al di sotto, l'epigrafe: "filius noster mortuus vivit rex ab igne redit et coniugio gaudet occulto" ("Nostro Figlio, morto, vive, torna re dal fuoco e gode del matrimonio occulto"). È questa un'ulteriore allegoria per descrivere sempre la stessa operazione, la cottura della materia. Come non ricordarci, ancora, della fenice misteriosa che risorge dalle sue ceneri, di Dante che attraversa le fiamme come ultima purificazione, della prova del fuoco presso molte fratellanze iniziatiche e, perché no? del Cristo risorto e sceso all'inferno per risalire alla destra del Padre. Inoltre, per comprendere chi sia questo Re, siamo aiutati dall'iscrizione: filius noster. E in Alchimia esso è il figlio del Sole e della Luna, è il Telesma di Ermete, forte di ogni forza, che sale dalla terra e discende dal cielo. E la terra è sua nutrice e suo ricettacolo. Continua Ermete "...separerai la terra dal fuoco, il sottile dallo spesso, lentamente, con grande cura". Come vediamo, le analogie non mancano e tutte ci conducono ad un'unica affermazione, forse sorprendente: che tutte le epigrafi della Porta alchemica, fin qui considerate, descrivono, in modi differenti, la stessa unica operazione espressa da Ermete nella Tavola di Smeraldo: è il solve et coagula degli alchimisti, lo sciogliere e il legare dei cristiani che, guarda caso, sono attribuiti come facoltà a Pietro apostolo, cui Cristo disse "Tu es petra" ("Tu sei Pietra"), è la morte e resurrezione del Cristo, è la morte del Re nero di Rosenkreutz e la sua trasmutazione in splendido volatile, è la nascita misteriosa della dea Kundalini, è la dissoluzione e rinascita del maestro muratore nella Luce dell'Oriente.

Un'altra osservazione mi sembra utile alla comprensione dell'epigrafe. Mi è stato chiesto una volta come interpretassi il "coniugio" della frase, in quanto il mio interlocutore e, con lui, diversi fratelli, erano in dubbio sul suo significato: se volesse dire accoppiamento estemporaneo o matrimonio permanente, E ciò chiedevano perché, da alcune fonti avevano arguito che si trattasse di un accoppiamento una tantum. Ad essi risposi che, a mio avviso, si trattava di matrimonio. A voi chiarisco che la pietra, nettata dal fuoco, ha stabilità infinita. La sua duplice natura (del rebis) è diventata una cosa diversa, ma unica, non più suscettibile di separazione ulteriore ("per le meraviglie della cosa unica" dice Ermete). È lo Yoga degli induisti, il cui senso è unificazione con l'assoluto, unione che, una volta raggiunta, non può ricreare lo status precedente. È la scritta del medaglione "trinus et unus", che fonde permanentemente padre madre e figlio, ovvero il Sole, la Luna e l'Oro.

Sulla soglia della porta appare il motto "si sedes non is" ("Se siedi non procedi"), che è una vera istruzione operativa, premessa a tutta l'opera alchemica. È la condizione senza la quale ogni speranza di aprire la porta del giardino magico diventa illusione. È l'equivalente di un passo del celebre "Se..." del Fratello Massone Rudyard Kipling 33\, laddove recita: "se tu sai forzare il tuo cuore i tuoi muscoli e nervi a servire, servire, servire al di là delle forze e così tener duro pur quando in te tutto è finito eccetto il volere che dice: resisti!" e, proseguendo: "se tu sai riempire il minuto implacabile con sessanta secondi di strada percorsa, tua allora è la terra, con ciò che la terra contiene, ma, ciò che più vale, sei uomo, mio figlio!".

Sul gradino compare l'ultima epigrafe della Porta, insieme ad un misteriosissimo simbolo, che non figura in nessun trattato alchemico e quindi poco suscettibile di corretta interpretazione. L'epigrafe recita: "est opus occultum veri sophi aperire terram ut germinet salutem pro populo" ("È opera occulta del vero saggio aprire la terra, affinché germogli la salvezza per il popolo"). L'espressione è talmente chiara che appare superfluo insistervi, salvo che per confermare che la terra è la stessa della Tavola di Smeraldo, quella che è nutrice e ricettacolo del Telesma, la stessa del V.I.T.R.I.O.L. (visita interiora terrae, rectificandoque invenies occultum lapidem: Visita le parti più profonde della terra e, apportando modifiche, troverai la pietra occulta).

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