F l a p p e r s !

 

" 'Aprirsi un varco tra quella nebbia grigia e insulsa che scende sulla vita (...), non solo passare sopra a persone e situazioni, ma passare sopra alla desolazione dell'esistenza. E' come insistere sul valore della vita e l'importanza delle cose passeggere'. Già in queste parole di Ardita, la romantica protagonista de Il pirata del mare aperto, si esprime l'essenza della fluttuante intensità che attraversa ciascuno dei racconti. Ardita è il prototipo della giovane emancipata che rinnega spregiudicatamente ogni condizionamento familiare e ogni contributo al ruolo femminile della tradizione; si esprime con una disinvoltura che all'epoca doveva risultare vagamente scandalosa, si sceglie gli uomni seguendo il proprio capriccio e, nel complesso, assurge a simbolo dell'esuberante 

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orgoglio di un mondo giovane, in cerca del proprio modo di differenziarsi dai codici del passato. Con il suo atteggiamento, con le sue provocazioni verbali (e non solo verbali) Ardita mette sottosopra i costumi e i valori di un'epoca, ma senza proporre alcuna formula correttiva, senza erigere alcuna difesa, bensì limitandosi ad aderire al movimento di una realtà alleggerita tanto della propria inerzia quanto del proprio peso: resa lieve, quasi impalpabile, come la musica tra le palme di quella spiaggia solitaria e illuminata dalla luna in cui la giovane si scopre innamorata di Carlyle, il rampollo della buona società che si finge pirata per conquistarla" (Pietro Meneghelli, introduzione a Maschiette e filosofi)


Introduzione
La flapper secondo Elemire Zolla
La flapper secondo Fernanda Pivano
Galleria di flappers
Breve bibliografia (e grave avvertenza)

Cosa significa
flapper? Il verbo to flap denota irrequietezza: agitare, agitarsi, colpire, battere, dondolare; addirittura volare via, to flap away. In effetti tale figura nella prima produzione di Fitzgerald alterna indolenza e capricciose accelerazioni, sarcasmo e puntuta impertinenza: insomma la Louise Brooks di Love 'em and leave 'em. In seguito Fitzgerald approfondirà più dolorosamente le figure femminili come in Tenera è la notte: proprio questa evoluzione, dovuta ad uno spietato disinganno (le delusioni hollywoodiane, il crollo psichico della moglie Zelda), è alla base dell'interpretazione di Elemire Zolla per cui la flapper appare, dopo il rivelarsi del "crudo vero", quale mascheratura di una società mostruosa basata sul profitto, il richiamo delle sirene, l'alito profumato della pantera medioevale. Alla "soggettiva" di Zolla fa da complemento il resoconto della Pivano che inquadra storicamente la figura della "maschietta" in quanto tappa, forse vissuta inconsapevolmente dalle stesse protagoniste, del movimento di liberazione della donna.
Interessante notare come l'evoluzione dei personaggi femminili dello scrittore americano corrisponda al crescere del disinganno di Louise Brooks, nel ventennio 1935 - 1955; come sempre la finzione pare segretamente coinvolgere la realtà.
Segue una galleria di
flappers, a cominciare dalla Rosalind = Zelda di This side of paradise.
Infine una breve bibliografia.
 
 
Elemire Zolla
dall'introduzione a L'età del jazz, Garzanti 1976
 
Il bellissimo Ruggiero è ammaliato dalla maga Alcina finché non gli giunge da Bradamante il dono dell'anello che disincanta
(...)
Una storia di disincanto è quella di Francis Scott Fitzgerald
(...)
Francis ragazzo non ha nulla che lo protegga dai lacci di Alcina (cioè l'industria culturale)
(...)
Un ingenuo paladino, che s'invischierà nella seduzione: gli squallidi balli, i fruscii delle vesti femminili, i bicchieri di liquori d'un party, i volti stereotipi e sorridenti sono per lui splendore di gioia; le luci della città brillano per lui più fulgide delle stelle, New York è un castello incantato, la pubblicità concerto d'angeli, Hollywood non già il forno crematorio delle idee e delle immagini ma la rocca più alta del maniero, la ricchezza d'un investitura, una consacrazione che fa più radiosi, più sciolti e beati; il girovagare di albergo in albergo è l'avventura del Guarino alla ricerca del padre e della madre, Sole e Luna; le canzonette commerciali, canti di bardi filosofi
(...)
Quale l'anello di Bradamante? In parte è il crollo di Zelda, la moglie amata con fervore esclusivo, quasi per impuntatura, quasi con desiderio di umiliazione
(...)
Zelda si rivelerà malata, disorientata, schizofrenica. Tanto ciò che a lei si accompagna, tutto ciò che partecipa della sua essenza crolla con lei. Ma soprattutto crolla la fantasmagoria della merce, il fascino dell'industria culturale, perché pochi come Francis hanno creduto nell'idolo, pochi come lui l'hanno visuto con la pienezza di cuore d'un puritano credente. Il paladino prigioniero d'Alcina rientra nella società. Francis, uscito dal castello incantato, non rientra in nulla, si trova nel deserto. Si, può diventare scrittore e basta, ma è una condizione tragica, un supplizio in solitudine, senza aria di speranza che ristori. Le malattie, l'alcol sono in realtà armi per un suicidio. Infatti la società intera è il castello della maga, ormai i suoi valori sono abbagli
(...)
Del resto era troppo smaliziato ormai, Fitzgerald, per farsi pigliare in un'altra sarabanda, per votarsi a qualche religiosità d'accatto, o al marxismo come sistema di giaculatorie; lo dice in questo volume. Del marxismo aveva assimilato quanto gli bastava per ragionare e spiegarsi ciò che gli era capitato, per intendere che quelle ninfe pericolose, le
flappers
o maschiette, delle quali aveva adorato la più tipica e squallidamente festosa, erano null'altro che la doratura, il superficiale ornamento di un sistema economico mostruoso, giganteggiante sull'uomo
(...)
[Fitzgerald] ha scoperto la reale faccia dell'idolo, la schizofrenia e ce ne parla. Non solo la figura femminile di Tenera è la notte è una schizofrenica, ma anche la tecnica narrativa di questi appunti e di queste confessioni ha l'andamento di un discorso da schizoide. Ora proprio nel giro di anni in cui Fitzgerald scrive le sue prose così nervosamente dimesse, così iridescenti e ignare del peso della tradizione augusta della lingua inglese, una narratrice americana, il cui valore soltanto T. S. Eliot fu in grado di apprezzare nella giusta misura, Djuna Barnes, aveva cantato in forma barocca la "bella schizofrenica", che è la odierna dea bianca di Graves, la Vergine della dinamo. Dietro la folleggiante e brillante maschera della flapper, la "maschietta degli anni venti", c'è la vera faccia: atona, stupefatta, estrema reincarnazione ed estenuazione della bella evanescente angelica e spettrale dei romantici, la figlia demente delle donne macabre e ciondolanti di Poe (...) ciò che ci affascina nei prodotti della società, sia la disinvoltura e vitalità della flapper, come la prodigalità del ricco e fantasioso Gatsby è in realtà schizofrenia o ossessione
(...)
Aveva visto la ninfa trasformarsi e aveva tentato di trasmettere alle generazioni future qualcosa dei colori incantati, dei suoni angelici colti (o creduti) accanto a lei. Aveva tentato di creare il mito della jazz age. Ma le pagine più agghiaccianti sono quelle dove descrive la sua rovina, il prezzo pagato per aver voluto seguire l'apparizione fino al ripostiglio delle maschere e dei costumi teatrali, anzi al laboratorio dei trucchi cinematografici.
 
 
 
Fernanda Pivano
dall'introduzione a Di qua dal paradiso, Mondadori, 1968
 
(...) Le flappers, le maschiette, indossavano le più lucide delle loro calze di rayon color carne, il più lucido dei loro vestiti di seta senza maniche, si fissavano la cintura sui fianchi snelli, si coprivano il viso di cosmetici vistosi, si aggiustavano i bobs, le zazzere corte (proprio quelle che abbiamo rivisto di recente), si mettevano in bocca un lungo bocchino e andavano a dare scandalo in qualche speakeasy. Pare incredibile, ma ciascuno di questi gesti era già di per sé uno scandalo. Le calze si erano sempre portate di cotone, non soltanto, ma di colori scuri; e i vestiti senza maniche erano previsti soltanto per la gran sera; e la cintura si portava all'altezza della vita, su un busto stretto; e sulla faccia, figurarsi, al più si metteva un po' di polvere di riso; e i capelli corti fino a pochi mesi prima erano portati solamente dalle "radicali"; e la sigaretta, quando si era mai vista una donna fumare. Così queste flappers sconvolgevano il costume, indifferenti a un'opinione pubblica, anzi un po' compiaciute dello scandalo; e creavano l'abitudine rivoluzionaria di fumare e bere, non solo, ma di fumare e bere in ritrovi pubblici insieme agli uomini. Anche la loro rivoluzione creò nuove industrie: quella dei cosmetici, quella del rayon e della seta, quella delle sigarette; e insieme ne distrusse altre, come quelle del cotone e dei busti e dei pettini (due anni dopo, con la scoperta delle vitamine e l'esigenza sempre più pressante di restare snelle per restare giovani, fece salire il mercato del latte e delle verdure e calare quello del frumento). In realtà furono le maschiette, questo strano sottoprodotto del suffragismo, a strappare la donna al gusto schiavistico dell'Ottocento assai più di quanto non vi fossero riuscite le fanatiche, virtuose donne lavoratrici che del suffragismo furono le apostole. La base del programma era la stessa: essere compagne dell'uomo anziché sue domestiche a tutto fare e insieme economiche e comode concubine, il tutto in nome della santità della famiglia; e con l'uomo dividere i diritti insieme ai doveri. Ma si sa, la virtù riesce sempre straordinariamente noiosa; e invece queste ragazzette che per essere più piacevoli compagne dell'uomo si toglievano di dosso i tradizionali simboli della femminilità quali le trecce e il busto, e assumevano un fisico da ragazzino stringendosi i seni e liberandosi i fianchi, riuscivano piacevoli nella loro novità. La loro ostentazione di comportarsi come i compagni, di bere, di fumare, parlare apertamente di vicende sessuali vissute altrettanto apertamente, usare il linguaggio insegnato dalla precarietà della guerra, nascondeva una scoperta importante: che la leggendaria "libertà" maschile non aveva in realtà molto più valore né fondamenti molto diversi della nuova libertà femminile. Così mentre le donne lavoratrici si battevano in silenzio per i diritti della donna di fronte alla società, le maschiette, forse incosciamente, si battevano con ogni genere di chiasso per i diritti della donna di fronte all'uomo; non meno schernite le une delle altre, ma tutte invase da un fanatismo accomunato se non da una pari consapevolezza almeno da un'identica energia. Quando la battaglia, inconscia o no, fu vinta, per loro e per le donne di tutto il mondo, non fu più necessario essere fanatiche; le donne - almeno quelle che vollero - poterono guadagnarsi più o meno in pace la vita, poterono più o meno scegliersi l'uomo che preferivano.
 
 
 
F l a p p e r s !
 
Risalino
da Di qua dal paradiso
E ora entra Rosalind. Rosalind è estremamente ... Rosalind. E' una di quelle ragazze che non devono mai fare il minimo sforzo per fare innamorare gli uomini. Sono due i tipi di uomini che si innamorano di rado di lei: gli stupidi, che di solito hanno paura della sua intelligenza, e gli intellettuali, che di solito hanno paura della sua bellezza. Tutti gli altri le appartengono per diritto naturale.
Se Rosalind potesse lasciarsi viziare a quest'ora la cosa sarebbe avvenuta, ed effettivamente il suo carattere non è proprio l'ideale; vuole quello che vuole quando lo vuole e tende a rendere chiunque lo circondi molto infelice quando non lo ottiene: ma nel vero e proprio senso della parola non è viziata. Il suo fresco entusiasmo, il suo desiderio di crescere e imparare, la sua fede sconfinata nell'inesauribiltà delle avventure d'amore, il suo coraggio e l'onestà fondamentale: queste cose non sono viziate.
Vi sono lunghi periodi nei quali detesta cordialmente tutta la famiglia. E' assolutamente priva di principi; la sua filosofia è "carpe diem" per sé e "laissez - faire" per gli altri. Le piacciono le storie imbarazzanti: ha quella sfumatura di rozzezza che di solito accompagna temperamenti  insieme forti e raffinati. Vuole riuscire simpatica alla gente, ma se questo non avviene non se ne preoccupa e non si trasforma.
Non è sotto nessun aspetto un personaggio modello.
L'educazione di tutte le donne belle è l'esperienza degli uomini. Rosalind era stata delusa dagli uomini come individui, ma aveva una grande fiducia nell'uomo come sesso. Le donne le detestava. Rappresentavano qualità che ella sentiva e sprezzava in sé stessa: meschinità incipiente, presunzione, vigliaccheria e disonestà da poco. Una volta aveva detto in un salotto pieno di amiche che la sola scusa delle donne era la necessità di un elemento conturbante per gli uomini. Ballava in modo eccezionale, disegnava con intelligenza ma senza cura e aveva una facilità stupefacente di parola, che usava soltanto nelle lettere d'amore.
Ma qualsiasi ciritica su Rosalind finisce, quando si parla della sua bellezza. C'era quella sfumatura di splendido giallo, nei capelli, che sostiene l'industria delle tinture per il desiderio di imitarla. C'era quella bocca da baciar eternamente piccola, lievemente sensuale ed estremamente conturbante. C'erano occhi grigi e una pelle impeccabile con due macchie di colore impalpabile. Era snella e atletica, senza magrezza, ed era un piacere vederla muovere nella stanza, passeggiare nella strada, oscillare una mazza da golf, o fare una piroetta.
Un'ultima precisazione: la sua personalità viva, immediata, era scevra di quella caratteristica consapevole, teatrale che Amory aveva osservato in Isabelle. Monsignor Darcy si sarebbe trovato in grande imbarazzo a dover scegliere se definirla una personalità o un personaggio. Forse ne era il miscuglio delizioso, inesprimibile, reperibile una volta in un secolo.
Nella sera del suo debutto, nonostante tutta la sua strana saggezza, sembra una ragazzina felice. La cameriera della madre le ha appena acconciato i capelli ma ella ha deciso con impazienza di poter fare molto meglio da sé. In questo momento è troppo nervosa per fermarsi in un posto. A questo dobbiamo la sua presenza nella quieta stanza piena di confusione. Sta per parlare. I toni di Isabelle erano stati come quelli di un violino, ma se poteste udire Rosalind direste che la sua voce è musicale come una cascata ....
 
 
 
Ardita
da Il pirata del mare aperto in Maschiette e filosofi
.... Aveva circa diciannove anni, era snella e flessuosa, con una bocca viziata e seducente e degli svelti occhi grigi pieni di gioiosa curiosità. I piedi, senza calze, e ornati più che calzati da pantofoline di satin blu che penzolavano con noncuranza dagli alluci, erano poggiati sul bracciolo di una poltroncina accanto a quella in cui era seduta. E mentre leggeva, di tanto in tanto si concedeva il piacere di accostare alla lingua un mezzo limone che teneva in mano. L'altra metà, già tutta succhiata, giaceva sul ponte ai suoi piedi, e rotolava molto gentilmente avanti e indietro, al movimento quasi impercettibile della marea ....
 
Sally
da Il palazzo di ghiaccio in Maschiette e filosofi
.... Sally Carrol emise un grosso sospiro e si sollevò con un'inerzia profonda dal pavimento, dove aveva passato il tempo un po' distruggendo parte di una mela acerba, un po' dipingendo bambole di carta per la sorella minore. Si accostò a uno specchio, contemplò la sua espressione con un compiaciuto e piacevole languore, si fece due segni rossi sulle labbra, si posò sul naso un granello di cipria e mise sui capelli alla maschietta, color granturco, un cappellino cosparso di rose. Poi dette inavvertitamente un calcio all'acqua per dipingere, disse: "Oh, maledizione!" ma lasciò tutto com'era, e uscì dalla stanza
....
"E' sera Sally Carrol"
"Ah davvero!" disse lei con finto stupore. "Pensavo di no"
"Che stai facendo?"
"Mangio una pesca acerba. Potrei morire da un momento all'altro"
...."L'acqua è calda come quella d'un bollitore, Sally Carrol. Vuoi che andiamo a fare una nuotata?"
"Non mi va di muovermi", sospirò Sally Carrol pigramente, "ma credo verrò"
 
Marcia
da La testa e le spalle in Maschiette e filosofi
.... Marcia aveva diciannove anni. Non aveva le ali, ma il pubblico, in genere, riteneva che non ne avesse bisogno. Era bionda per pigmentazione naturale, e a mezzogiorno usciva in strada senza trucco. Per il resto, non era migliore della maggior parte delle altre donne ....
 
Lois
da La benedizione in Maschiette e filosofi
.... Aveva diciannove anni, fatti di capelli biondi e occhi che la gente aveva sufficiente tatto per non chiamere verdi. Quando gli uomini di talento la vedevano sul tram, spesso tiravano fuori furtivamente un mozzicone di matita, e cercavano di catturare sul retro di una busta quel profilo, o l'espressione che le sue sopracciglia conferivano agli occhi. Più tardi guardavano il risultato, e in genere strappavano tutto con un sospiro di sconcerto ....
 
 
Breve bibliografia
 
This side of paradise, Scribners, 1920
Flappers and philosophers, Scribners, 1920
Di qua dal paradiso, Mondadori 1952, 1968. Traduzione di Fernanda Pivano
Al di qua del paradiso, Newton & Compton, 1996. Traduzione di P. F. Paolini
Maschiette e filosofi, Newton & Compton, 1996. Traduzione di Pietro Meneghelli
Tenera è la notte, Einaudi, 1949; Mondadori, 1958. Traduzione di Fernanda Pivano
L'età del jazz, Il Saggiatore, 1960; Garzanti, 1976
Spero che nella vostra vita non siate mai costretti a leggere Fitzgerald. Per la vostra sanità mentale sarebbe meglio non leggere affatto autori americani. Leggete Eschilo, Eraclito, Properzio, Folgore da San Gimignano, John Donne. Se capite cosa intendo. Se non capite, se siete costretti al peggio, leggete almeno Melville, Poe, Hawthorne che sono schegge inglesi. Leggeteli nell'ordine anzidetto. Va bene anche Lovecraft. Se non amerete Moby Dick, Bartleby o La discesa nel Maëlstrom siete esseri esecrabili, pronti per Stephen King. Brucerete all'inferno per questo.

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