Durante le ultime
settimane di maggio il grosso della marina giapponese cominciò a
lasciare le proprie basi. Prima a partire fu la squadra per la
manovra diversiva delle Aleutine, che doveva attaccare Dutch
Harbor il 3 giugno e attirare la flotta americana in quella
direzione. Non ci si attendeva
alcuna seria resistenza. Yamamoto, con la sua flotta di navi da
battaglia, sarebbe rimasto bene indietro verso occidente, fuori
del raggio della ricognizione aerea, pronto ad attaccare quando
si fosse sviluppato latteso contrattacco americano. Fu
quello per Pearl Harbor un altro momento decisivo. Lammiraglio
Fletcher rimase al comando tattico della squadra combinata. A
Midway laeroporto fu stivato di bombardieri e le forze di
terra destinate a difendere lisola furono messe sul piede
di allarme imminente. Le prime informazioni circa lavvicinamento
del nemico non lasciarono dubbi; cosi', unininterrotta
ricognizione aerea ebbe inizio il 30 maggio. Sommergibili
americani si misero in agguato a occidente e a oriente di Midway.
Passarono quattro giorni di spasmodica attesa. Le segnalazioni cominciarono subito ad arrivare a
ritmo serratissimo. Furono segnalati molti apparecchi che si
dirigevano su Midway e avvistate corazzate che appoggiavano le
portaerei. Alle 6,30 lattacco giapponese si scatenò
violento e imponente; ma urtò in unenergica resistenza,
sicché probabilmente un terzo degli aerei attaccanti non fece più
ritorno alle basi.
Lattacco inflisse molti danni e la perdita di parecchie
vite umane, ma laeroporto poté continuare la sua attività.
Cera stato intanto il tempo per lanciare un contrattacco
contro la flotta di Nagumo; la sua schiacciante superiorità in
fatto di caccia fu però causa di gravissime perdite e i
risultati di questo generoso tentativo, sul quale si appuntavano
tante speranze, causo grosse delusioni. Tuttavia, la confusione
provocata da tale attacco pare abbia fatto velo al giudizio del
comandante giapponese, che sindusse a un secondo tentativo
contro Midway, cedendo anche ai suggerimenti che in proposito gli
vennero dai suoi aviatori.
Le truppe da sbarco dovevano quindi impadronirsi delle isole di
Attu, Kiska e Adak, assai più a oriente. Nagumo con la squadra
delle quattro portaerei avrebbe dovuto attaccare Midway il giorno
successivo, mentre il 5 giugno sarebbero arrivate le forze
destinate alla conquista dellisola.
Le portaerei Enterprise e Hornet arrivarono da sud il 26 maggio;
la Yorktown giunse il giorno dopo, con danni che si calcolò
richiedessero tre mesi di riparazione, ma che, con una decisione
degna del momento drammatico, fu messa in ordine e in grado di
combattere nel giro di quarantottore e fu dotata di un
nuovo stormo di apparecchi. Essa riprese il mare il giorno 30 per
unirsi alla squadra dellammiraglio Spruance, partita due
giorni prima con le altre due portaerei.
Alle ore 9 del 3 giugno, un idrovolante del tipo Catalina in volo
di pattuglia a 700 miglia a ovest di Midway avvistò un gruppo di
undici navi nemiche. Gli attacchi con bombe e con siluri che
seguirono rimasero senza successo, salvo un colpo di siluro messo
a segno contro una petroliera; la battaglia aveva avuto comunque
inizio e ogni incertezza circa le intenzioni nemiche era
dissipata. L'ammiraglio Fletcher, in base alle notizie del suo
servizio dinformazione, ebbe buone ragioni di credere che
le portaerei nemiche si sarebbero avvicinate a Midway da nord-ovest
e non si lasciò sviare dai rapporti ricevuti sui primi
avvistamenti, che egli giustamente ritenne si riferissero a un
gruppo di navi da trasporto. Con le sue portaerei mosse per
raggiungere una posizione prestabilita, a circa 200 miglia a nord
di Midway, entro lalba del giorno 4, pronto ad attaccare il
fianco della squadra di Nagumo se e quando questa fosse apparsa.
Il giorno 4 giugno spuntò chiaro e luminoso; e alle ore 5,34 una
pattuglia trasmise finalmente per radio da Midway latteso
segnale annunciante lavvicinamento delle portaerei
giapponesi.
In ogni caso era
necessario sgombrare i ponti di volo delle navi per far posto
agli apparecchi reduci dal primo attacco. Tale decisione risultò
fatale e quando Nagumo venne successivamente informato che una
squadra americana, comprendente una portaerei, si trovava a
oriente, era ormai troppo tardi. Egli era condannato a subire
tutto il peso dellattacco americano con i ponti di volo
ingombri dinutili bombardieri, che si stavano rifornendo di
combustibile e di proiettili.
Grazie allesattezza del giudizio iniziale, gli ammiragli
Fletcher e Spruance si trovarono in buona posizione per
intervenire in quel momento cruciale. Essi avevano intercettato
le notizie trasmesse durante le prime ore del mattino: cosi alle
ore 7, la Enterprise e la Hornet iniziarono lattacco con
tutti gli aerei disponibili, salvo quelli necessari per la loro
difesa. La Yorktown, i cui apparecchi avevano eseguito la
ricognizione nella mattinata, aspettò sino a quando tutti gli
aerei ebbero fatto ritorno; la sua squadriglia di bombardieri era
comunque già in volo poco dopo le 9, ora in cui le prime ondate
di aerei levatisi dalle altre due portaerei stavano già
avvicinandosi alla preda. Il tempo nella zona in cui si trovava
il nemico era nuvoloso e a tutta prima i bombardieri da picchiata
non riuscirono a individuare lobiettivo. Lo stormo della
Hornet, non sapendo che il nemico sera allontanato, non
riusci più a trovarlo e non partecipò alla battaglia.
A causa di questo infortunio i primi attacchi furono condotti
soltanto dagli aerosiluranti delle tre portaerei e, sebbene
portati a fondo con grandissimo coraggio, rimasero infruttuosi di
fronte alle forze schiaccianti dei difensori; su 41 aerosiluranti
che presero parte allattacco, solo sei ritornarono. Il loro
sacrificio ebbe però la meritata ricompensa: mentre tutti gli
occhi dei giapponesi e tutti i caccia disponibili erano rivolti
su di loro, i trentasette bombardieri da picchiata dellEnterprise
e della Yorktown entrarono in scena.
Quasi senza opposizione, le
loro bombe centrarono la nave ammiraglia di Nagumo, la Akagi, e
la sua gemella, la Kaga, mentre quasi contemporaneamente unaltra
ondata di diciassette bombardieri della Yorktown attaccava la
Saryu. Nel giro di alcuni minuti i ponti di tutte e tre le navi
furono sconquassati e coperti duno strato di apparecchi
incendiati ed esplodenti.
Terribili incendi divamparono sotto coperta e presto risultò
evidente che tutte e tre le navi erano condannate. Lammiraglio
Nagumo poté fare appena in tempo a trasferire la sua bandiera su
un incrociatore e ad assistere alla fine dei tre quarti della sua
magnifica squadra. Era ormai passato mezzogiorno allorché gli
americani recuperarono i loro apparecchi; ne avevano perduti
oltre 60, ma la preda ne valeva la pena. Delle portaerei nemiche
rimaneva soltanto la Hiryu la quale subito decise di attaccare
per salvar lonore della bandiera del Sol Levante. Mentre i
piloti americani tornati a bordo della Yorktown stavano ancora
riferendo sulla loro impresa, giunse la notizia che un attacco
era imminente.
Il nemico, che doveva disporre duna
quarantina di apparecchi, si lanciò contro lobiettivo con
estrema energia; la Yorktown, oltre a essere ridotta a mal
partito dai caccia e dal fuoco dei cannoni, venne colpita da tre
bombe. Gravemente
danneggiata, ma con incendi in via di spegnimento, continuò a
navigare sino a che, due ore più tardi, la Hiryu non attaccò
nuovamente, questa volta col siluro. Questi colpi risultarono
alla fine fatali: la nave, rimasta a galla ancora per due giorni,
veniva poi affondata da un sommergibile nipponico. La Yorktown fu
però vendicata, quando ancora galleggiava. La Hiryu fu avvistata
alle 2,45 del pomeriggio; meno di unora più tardi 25
bombardieri da picchiata, levatisi dalla Enterprise, volavano
alla volta della nave nemica. Alle 5 essi attaccarono e nel giro
di alcuni minuti anche la Hiryu fu ridotta a un relitto
fiammeggiante, che colò a picco solo il mattino successivo. Lultima
delle quattro portaerei di Nagumo era stata distrutta e con esse
erano andati perduti tutti gli equipaggi, magnificamente
addestrati, dei loro apparecchi, che non poterono mai più essere
sostituiti. Cosi terminò la battaglia del 4 giugno, giustamente
considerata come la svolta della guerra nel Pacifico.
Questa memorabile vittoria americana ebbe conseguenze eccezionali
non solo per gli Stati Uniti, ma per lintera causa alleata.L'effetto
morale fu straordinario e immediato: con un sol colpo era stata
rovesciata la situazione di predominio del Giappone nel Pacifico.
Il crescendo di successi abbaglianti del nemico, che avevano
frustrato gli sforzi congiunti degli alleati in tutto lEstremo
Oriente durante sei mesi, era finito per sempre. Da quel momento
tutti i loro pensieri si concentrarono, con moderato ottimismo,
sullidea delloffensiva.
Non si preoccuparono più del
punto in cui il Giappone avrebbe potuto colpire la prossima
volta, ma pensavano solo a dove avrebbero a lora volta colpito lavversario
per costringerlo a ripiegare, abbandonando i vasti territori
occupati nel suo slancio impetuoso. La strada sarebbe stata lunga
e difficile e preparativi grandiosi sarebbero ancora stati
necessari per conquistare la vittoria in Oriente, ma lesito
non era più dubbio; né le esigenze del Pacifico avrebbero
pesato troppo gravemente sui poderoso sforzo che gli Stati Uniti
si preparavano a compiere in Europa.