Astronomia Nova AITIOLOGETOS seu Physica coelestis, tradita commentariis De Motibus Stellae Martis, Ex observationibus G. V. Tychonis Brahe
Quando,
all'inizio del 1600, Keplero
arrivò a Praga per incontrare Tycho, aveva appena compiuto
i 28 anni, era sposato da meno di tre e soprattutto in piena
crisi. Da poco gli era morta una figlia, e l'editto di
espulsione dei Protestanti dalla Stiria gli aveva fatto
perdere il lavoro. Aveva lasciato la famiglia a Graz, e il
suo futuro gli appariva quanto mai nero. Il "Mysterium
Cosmographicum", benche non fosse stato un gran
successo editoriale, lo aveva portato alla ribalta
nell'ambiente scientifico, ma non aveva certo risolto i suoi
problemi economici.
Con tutta probabilità la scintilla di
ammirazione/antipatia fra Tycho e Keplero scoppiò non
appena si videro. Tycho non l'avrebbe mai confessato, ma
dopo la sua fuga/cacciata da Hven, molti suoi assistenti non
si erano più fatti vedere, quindi aveva bisogno di un
esperto matematico, e Keplero faceva al caso suo. D'altra
parte quest'ultimo per dare piena conferma al suo "Mysterium"
aveva bisogno dei dati delle osservazioni di Tycho, inoltre
cercava un posto di lavoro.
Il miglior assistente di Tycho,
Severin
Christian, conosciuto come Longomontano (1562-1647), da anni
stava lavorando su Marte; sotto le direttive del maestro
aveva elaborato una teoria, naturalmente basata sul sistema
geo-eliocentrico di Tycho, che prevedeva due epicicli; i
calcoli teorici di questa teoria, concordavano in modo
abbastanza preciso con le posizioni osservate del pianeta
quando questo era in opposizione al sole, la differenza tra
le posizioni calcolate e quelle osservate era al massimo
poco più di due primi ( due sessantesimi di grado ), cioè
circa 1/15 del diametro medio apparente della luna; questo
almeno per la longitudine del pianeta. Purtroppo gli stessi
calcoli eseguiti per la latitudine e le altre posizioni al
di fuori del momento di opposizione, portavano a
macroscopiche differenze del tutto inaccettabili.
Vista la situazione Tycho , che aveva gia più
volte litigato con Keplero, forse con il segreto scopo di
metterlo in difficoltà, cambiò incarico a Longomontano
mettendolo allo studio dell'orbita della luna, e assegnò lo
studio di Marte a Keplero, ed è con l'assegnazione di
questo incarico che praticamente ebbe inizio la stesura
dell' "Astronomia Nova".
Molto avventatamente Keplero si lasciò
sfuggire che in otto giorni avrebbe risolto il problema!...
In proposito fece addirittura una scommessa con Longomontano,
ma ci impiegherà più di sei anni!...
Naturalmente Tycho, che nei venti anni
trascorsi a Hven aveva accumulato un numero enorme di
osservazioni la cui precisione era veramente impressionante,
mise subito in chiaro che i suoi dati osservativi potevano
essere usati solo per dimostrare la veridicità del suo
sistema e non per dimostrarne le incongruenze. Come
conseguenza Keplero eseguirà, nella maggior parte dei casi,
i conteggi quattro volte, una per ogni teoria del
sistema solare allora in voga; tolemaica, copernicana,
tyconica, e naturalmente secondo le sue idee contenute nel
"Mysterium". In realtà non prese molto sul serio
la teoria tolemaica, ma il conflitto fra le teorie di Tycho
e di Copernico con quelle già contenute nel suo Mysterium
lo impegnerà a lungo.
I difetti alla vista che affliggevano
Keplero, e la scarsità di risorse, avevano sempre limitato
le sue capacità di osservatore. A Graz, per osservare le
stelle, usava un metodo alquanto primitivo, che
probabilmente aveva appreso da Maestlin, due pesi o bastoni,
ancorati al soffitto con dello spago, e deviati in modo che
gli spaghi formassero una "X" che costituiva il
suo centro di mira per valutare gli angoli!... Quando vide
gli strumenti supertecnologici di Tycho, quasi gli venne un
infarto... Nella lettera inviata a Herwart il 12 luglio
1600, si esprimeva così:
"La mia dissertazione sull'armonia del mondo l'avrei gia condotta a buon fine, se l'astronomia ticonica non mi avesse preso a tal punto da farmi quasi uscire di senno... In realtà una delle ragioni principali della mia visita a Tycho fu [il desiderio] di ottenere da lui i valori [proporzionali] più esatti delle eccentricità, in base ai quali riesaminare il mio Mysterium e la detta armonia. Poiché le speculazioni a priori non devono essere in disaccordo con l'esperienza evidente, ma conciliarsi con essa. Tycho però non mi concesse l'insieme delle sue esperienze [osservazioni]. Al massimo a pranzo o a cena, accennava tra le altre cose ora all'apogeo di un [pianeta] ora ai nodi di un altro. Ma non appena si accorse che avevo una mente pronta ritenne opportuno farmi sistemare le sue osservazioni relative ad un solo pianeta, ossia Marte. Ad esse ho dedicato tutto il mio tempo, senza occuparmi delle osservazioni degli altri pianeti. Ogni giorno speravo di concludere con la teoria di Marte, pensando che in seguito avrei ricevuto anche le altre.
Il
punto di partenza di Keplero per definire l'orbita di Marte
fu la teoria di Tycho-Longomontano che presupponeva i
seguenti postulati:
I pianeti descrivono orbite perfettamente circolari attorno al sole
Il sole occupa il centro delle orbite dei pianeti
Il sole, trascinando il suo corteo di pianeti, descrive un'orbita eccentrica attorno alla terra
La retta di intersezione tra i piani delle orbite dei pianeti con il piano dell'orbita solare (...per Copernico: piano dell'eclittica...) passava nel centro dell'orbita solare ( per Copernico: nel centro dell'orbita terrestre)
Keplero
aveva però alcuni grossi vantaggi che si riveleranno
determinanti.
Già nel suo "Mysterium" aveva
abbandonato l'idea che i pianeti percorressero la loro
orbita sul deferente
con velocità periferica costante, perciò aveva
reintrodotto l'equante
tolemaico, un punto puramente geometrico dal quale la
velocità angolare dei pianeti stessi si poteva considerare
costante (l'antico principio dei moti celesti
"circolari e uniformi" era più vivo che mai!).
Inoltre era convinto che i piani delle
orbite dei pianeti si intersecassero passando nel centro del
sole e non per il centro dell'orbita terrestre, per di più
non gradiva per niente l'idea degli epicicli.
Sopratutto era convinto che la causa del
moto dei pianeti risiedesse nel sole, che, secondo Keplero,
agiva sugli stessi come una specie di mulinello, la cui
forza diminuiva in proporzione alla distanza del pianeta dal
sole, il quale trascinava i pianeti vicini più velocemente
di quelli lontani.
Sintetizzando, Keplero aveva come punto
di partenza la figura a lato, in cui gli angoli uguali di
45°, centrati sul punto E (equante) venivano percorsi dal
pianeta P in tempi uguali. In base a queste premesse, il
pianeta P impiegando lo stesso tempo a percorrere il tratto
di orbita fra 0° e 45° e quello fra 135° e 180°, in
quest'ultimo tratto, cioè mentre si trova più vicino al
sole, doveva muoversi con velocità periferica maggiore.
Considerando che la teoria
Tycho-Longomontano falliva miseramente nel prevedere le
latitudini (declinazione) di Marte, Keplero cercò per prima
cosa di determinare l'inclinazione del piano della orbita
del pianeta rispetto al piano dell'orbita della terra (piano
dell'eclittica; per Tycho: piano dell'orbita solare...).
Questa volta fece centro al primo colpo;
prima di tutto, in base alle osservazioni di Tycho,
rideterminò le vera posizione del nodo ascendente
dell'orbita di Marte; poi,
sempre utilizzando le precise osservazioni di Tycho, e
usando
tre diversi metodi di calcolo, tra cui uno ideato
personalmente, riuscì a stabilire non solo il corretto
valore dell'angolo fra i piani delle due orbite in 1° 50' ,
ma anche che la retta che la retta di intersezione tra le
stesse passava per il sole vero e non per il centro
dell'orbita terrestre.
Quando Keplero informò Tycho delle sue
idee, questi rispose che da molto tempo lui stesso ci aveva
pensato, ma essendo i relativi calcoli molto complessi
preferiva avere il parere di altri. Probabilmente si era
reso conto che l'analisi di Keplero stava minando il suo
sistema del quale era oltremodo orgoglioso, ma considerata
la logica del metodo doveva fare buon viso a cattivo
gioco...
Come già detto, secondo la teoria
Tycho-Longomontano, la linea degli absidi di Marte (vedi
figura) non passava per il sole, ma passava per il centro
dell'orbita dello stesso attorno alla terra, (per Copernico:
il centro dell'orbita della terra...).
Sempre secondo la stessa teoria, anche
l'inclinazione del piano dell'orbita di Marte rispetto al
piano dell'eclittica era ritenuta variabile nel tempo.
Con il semplice spostamento della retta
di intersezione dei piani delle orbite, in modo che questa
passasse per il sole, Keplero dimostrò subito che l'angolo
fra il piano dell'eclittica e il piano dell'orbita di Marte
era costante. A questo punto pensò di essere vicino alla
soluzione e si mise di buona lena a rideterminare l'orbita
di Marte riferendola al sole vero.
Allo scopo scelse dalle osservazioni di
Tycho, come punto di partenza, le coordinate delle
opposizioni di Marte del 1587, 1591, 1593, 1595.
A suo tempo Tolomeo aveva posto il punto equante in
posizione simmetrica alla terra (secondo Copernico: al
sole...) rispetto al centro della sua orbita senza darne
alcuna giustificazione (come in figura, dove SC = CE ),
quindi per il calcolo dell'orbita sarebbero dovuti bastare
tre punti. Lo stesso discorso era valido per le teorie di
Copernico e Tycho, secondo i quali l'equante coincideva con
il punto "C".
Keplero rifiutò entrambi questi
presupposti, e, complicandosi notevolmente la vita, preferì
calcolare la posizione dell'equante in modo empirico, per
questo dovette usare quattro punti anziché tre per
determinare il cerchio dell'orbita e la relativa
eccentricità.
I dati di partenza che Keplero aveva a
disposizione sono più evidenti nella figura a lato, anche
se per comodità di disegno ho posto l'equante in posizione
simmetrica al sole e la linea degli absidi passa per i punti
"S" "C" ed "E", cosa che per
lo stesso Keplero era tutta da dimostrare.
In figura i punti "A" -
"B" - "D" - "F" sono le
posizioni di Marte scelte da Keplero come punto di partenza,
"S" è il sole, "C" il centro
dell'orbita di Marte e "E" il punto equante.
Mantenendo l'idea che le orbite dei
pianeti fossero dei cerchi perfetti e che ad un osservatore
posizionato nel punto "E" la velocità angolare
degli stessi apparisse uniforme, (Keplero, come tutti,
allora ne era convintissimo) determinare l'orbita corretta
per Marte, significava stabilire le proporzioni rispetto al
raggio dell'orbita, dell'eccentricità del Sole, della
posizione del punto equante e la giusta direzione della
linea degli absidi; quindi dimostrare che i punti
"E" "C" "S" erano allineati
sulla stessa retta.
Il primo obbiettivo necessario per confermare che i punti
"E" "C" "S" giacevano sulla
linea degli absidi, era stabilire la giusta direzione della
stessa in modo che gli angoli HSA e ESA risultassero uguali.
Come inizio Keplero accettò per la linea degli absidi e la
misura degli angoli di posizione dei punti A B D F, i dati
ricavati dalla teoria di Tycho; quindi assegnando al
segmento ES il valore di unità di misura, calcolò le
misure dei lati e degli angoli dei triangoli in figura con i
vertici in "E" "C" ed "S".
Naturalmente i primi calcoli, essendo la direzione della
linea degli absidi solo approssimata, sembravano indicare
che gli angoli HSA e ESA fossero leggermente diversi. Senza
perdersi d'animo, Keplero spostò leggermente la direzione
della linea degli absidi e rifece i conteggi. Questo non una
sola volta, ma a detta dello stesso Keplero, più di
settanta volte!... Alla fine riuscì nell'intento, con la
nuova direzione della linea degli absidi gli angoli HSA e
ESA erano perfettamente identici!
Certamente il modo di procedere usato da
Keplero non è fra i più corretti; partire da dati
approssimati e successivamente modificarli per raggiungere
un risultato voluto, non si può considerare propriamente
matematico, ma la verifica eseguita a posteriori, almeno in
un primo momento, gli diede ragione.
Nel secondo libro dell'Astronomia Nova,
dopo aver dettagliatamente illustrato i calcoli dei quali ho
dato solo un vago accenno, Keplero invoca la comprensione
del lettore spiegando che se questi calcoli risultano aridi
e complessi per chiunque, tanto più è da considerare la
sua fatica nell'eseguirli in dettaglio almeno settanta
volte, e, a giudicare dai novecento fogli di calcoli che ci
ha lasciato, c'è da credergli sulla parola!... anche se,
senza accorgersene, all'inizio aveva commesso banalissimi
errori di aritmetica e nella copiatura dei dati di Tycho.
Il risultato di questo immane lavoro
aveva stabilito i valori delle distanze EC e CS pari a
0,07232 e 0,11332 del raggio dell'orbita CA = CB = CD = CF.
Tycho in oltre venti anni passati a Hven,
aveva registrato ben dodici opposizioni di Marte, e Keplero
ricalcolò tutte queste opposizioni. Il risultato del
confronto fu quanto mai lusinghiero; la differenza fra le
posizioni calcolate e quelle misurate da Tycho, nei casi
peggiori superava di pochissimo i 2', e nella maggior parte
delle verifiche non raggiungeva nemmeno quel limite.
Tale differenza poteva benissimo essere attribuita ad errori
di osservazione, essendo Marte molto luminoso
all'opposizione, apparentemente sembra più grande, quindi
un tale errore era giustificabile anche per Tycho. Purtroppo
quando si mise a verificare le latitudini dovette constatare
che la discrepanza con le osservazioni era ancora elevata.
Decise allora di ripetere i suoi calcoli usando due nuove
coordinate dell'opposizione di Marte prese nei momenti in
cui il pianeta oltre ad essere in prossimità alla massima
latitudine positiva e negativa era anche in prossimità
dell'afelio e del perielio. Questa volta ottenne come valori
dell'eccentricità del sole di 0,09943 considerando il
"sole medio, e 0,0800 considerando il sole vero,
notevolmente diversi da 0,11332 ricavato precedentemente.
A questo punto riconobbe che Tolomeo aveva
ragione a considerare l'eccentricità "bisecata",
cioè, riferendoci all'ultima figura: EC = CS . Dopo aver
posto tale valore pari a 0,09282 (...cioè (0,07232 +
0,11332)/2... ) rifece nuovamente i suoi conti. Finalmente
le verifiche quadrano!... Keplero, che in seguito definirà
questa sua teoria come "hypothesis vicaria", si
dilunga a spiegare la concordanza dei calcoli con le
osservazioni di Tycho fino alla fine del secondo libro, che
termina con queste affermazioni:
"Abbiamo rovesciato l'edificio costruito sulle fondamenta delle osservazioni di Tycho... Fu questa la punizione per aver seguito gli assiomi plausibili, ma sbagliati, dei grandi uomini del passato."
... ma il terzo libro si apre con un colpo di scena; così si esprime lo stesso Keplero:
"Chi l'avrebbe creduto? Questa ipotesi che si accorda tanto bene con le opposizioni osservate, è comunque falsa..."
I
nuovi calcoli davano non solo la posizione esatta di Marte
all'opposizione, ma erano precisi anche a +90° e a -90°;
quando tuttavia verificò la posizione del pianeta a 135° e
a 45° dovette constatare che tra il calcolo e
l'osservazione c'era una differenza che raggiungeva gli 8'!
Otto primi (otto sessantesimi di grado)
sono meno di un terzo del diametro apparente della luna, e
ottanta anni prima, Copernico aveva dichiarato che disporre
di osservazioni con un grado di precisione entro 10' sarebbe
stato un sogno, Tolomeo si sarebbe accontentato anche di
peggio, ma Keplero no! Come ci dice lui stesso:
"... Poiché la divina provvidenza ci ha dato con Tycho Brshe un osservatore estremamente preciso, al punto che le sue osservazioni ci rivelano l'esistenza nei calcoli di Tolomeo di un errore di 8', è giusto che noi accettiamo con gratitudine questo beneficio di Dio e ne traiamo profitto. Ossia, dobbiamo fare in modo di scoprire finalmente la vera struttura dei moti celesti....
Probabilmente
qualunque astronomo del suo tempo, e anche dei cinquanta
anni successivi, sarebbe stato più che orgoglioso di
proporre una teoria che concordasse con le osservazioni
entro il limite di 8'; ma se c'era una paura che Keplero
proprio non aveva, era quella di complicarsi la vita.
Verso la fine del 1601 , due mesi dopo la
morte di Tycho, Keplero aveva scritto a Maestlin
informandolo sui suoi progressi nello studio dell'orbita di
Marte. Parlando di Tycho, in questa lettera dava un giudizio
obbiettivo ma severo del grande astronomo; ormai nominato
"Mathematicus Imperiale", Keplero si sentiva meno
vincolato al rispetto delle formalità e della tradizione...
"... Ciò che Tycho ha fatto, lo ha fatto prima del 1597. [...prima di abbandonare Hven... ] Da quel tempo la sua vita declinò, egli fu ossessionato da preoccupazioni terribili e cominciò a diventare puerile. Lo sconsiderato abbandono della sua patria lo tormentava. La vita di questa corte lo ha definitivamente perduto. Non era un uomo da poter vivere in società senza suscitare gravi contrasti, soprattutto con persone eminenti come consiglieri di re e principi, gente ben consapevole del proprio rango. L'opera più importante di Tycho sono le sue osservazioni, tanti grossi volumi per ogni anno di lavoro..."
Questa
lettera sembra indicare in modo chiaro che all'epoca Keplero
si era già reso indipendente dal suo maestro, e soprattutto
si sentiva libero di utilizzarne i dati come voleva.
Visto il fallimento dell' hypothesis
vicaria, se si può chiamare fallimento una teoria
astronomica che sicuramente era la migliore mai elaborata,
Keplero si decise a cambiare completamente approccio al
problema. Nella lettera a Maestlin, era ancora convinto che
i pianeti descrivessero attorno al sole orbite perfettamente
circolari; e per il momento continuerà su questa strada.
Il nuovo metodo di approccio al problema
partiva dalla considerazione che l'osservatore era
posizionato sulla terra, e che questa era in moto lungo la
sua orbita attorno al sole, quindi ogni osservazione doveva
tener conto di tale moto. Perciò per poter determinare
l'orbita corretta degli altri pianeti, Marte compreso, era
necessario prima di tutto determinare l'orbita della terra.
Sempre convinto del postulato dei moti
circolari, anche se ha ormai abbandonato l'idea che tali
moti siano percorsi a velocità costante, dichiara:
"Mi accingo a cercare [nei dati di Tycho] tre o più osservazioni di Marte, in cui il pianeta si trovi sempre nella stessa posizione della sua orbita: su quella base, per mezzo delle leggi dei triangoli [trigonometria] cercherò di determinare le distanze dal punto equante di un egual numero di punti dell'epiciclo o dell'orbita annua [della terra]. E poiché un cerchio si determina con tre punti, sulla base di ogni [insieme di] tre osservazioni determinerò la posizione del cerchio [della terra] e dei suoi absidi che in precedenza avevo considerato noti, e l'eccentricità [della stessa] rispetto al punto equante. E se vi sarà una quarta osservazione, potrà valere come mezzo di verifica.
Secondo Copernico le piccole irregolarità del moto della
terra erano spiegate supponendo che la sua orbita si
gonfiasse e restringesse ciclicamente, Tycho aveva adottato
la medesima spiegazione per la sua orbita del sole.
Già nel mysterium, Keplero aveva avanzato l'idea che anche
la terra si comportasse come gli altri pianeti, cioè fosse
realmente più veloce in prossimità del perielio e
realmente più lenta all'afelio, ma nemmeno lui aveva ancora
proposto un equante per la stessa. Perciò quando gli venne
l'idea di assegnare anche alla terra un equante lo
considerò un vero colpo di genio, (dictabat mihi genius).
Trovate fra le osservazioni di Tycho le tre che
soddisfacevano alle sue esigenze, (vedi figura) e
considerando la distanza sole-Marte pari a 1,00 ricalcolò
l'eccentricità del Sole rispetto al centro geometrico
dell'orbita della terra e la posizione dell'equante
ottenendo in entrambi i casi un valore di 0,018 del raggio
CT1= CT2= CT3 confermando
la sua ipotesi dell'eccentricità "bisecata",
inoltre il valore di eccentricità ottenuto giustificava
perfettamente la piccola differenza di diametro apparente
che il sole presenta fra perielio e afelio della terra.
Naturalmente non si accontentò di una
sola dimostrazione; attraverso altri due diversi metodi di
calcolo confermò i risultati ottenuti con il primo, ormai
era una cosa per lui certa, la terra è un pianeta come gli
altri, e si comporta come tale, cioè nel percorrere la sua
orbita si muove più velocemente al perielio e più
lentamente all'afelio.
La dimostrazione che anche la terra si
comporta come gli altri pianeti, portò Keplero a riprendere
il discorso sulla causa del moto degli stessi gia avanzato
nel mysterium. Secondo il suo modo di vedere, la causa del
moto dei pianeti risiede nel sole, ma per lui la
"forza" che emana dal sole agiva solo sul piano
delle orbite, perciò ipotizzò che si attenuasse in
proporzione alla semplice distanza dal sole. ( Come se il
sole fosse dotato di lunghe braccia che giacciono sul piano
delle orbite e queste braccia ruotando trascinassero i
pianeti, ma più un pianeta era lontano, più le braccia
perdevano forza, e più lentamente si muoveva il pianeta! )
Proprio cercando di dimostrare come,
secondo la sua teoria, il sole trascini i pianeti,
incomincia quasi inavvertitamente, ad analizzare la
variazione di velocità del pianeta mentre percorre la sua
orbita. Prima, sulle orme di Tolomeo, considera la velocità
del pianeta inversamente proporzionale alla distanza dal
sole e ne da la dimostrazione riferita solo al momento in
cui il pianeta transita nei punti absidali; quindi, senza
darne alcuna dimostrazione, estende la sua ipotesi a tutti i
punti dell'orbita.
Finalmente avanza l'ipotesi che il tempo
impiegato a percorrere piccoli archi di orbita è
direttamente proporzionale a quello che noi chiamiamo raggio
vettore. A questo punto si lancia in lunghi discorsi tesi a
dimostrare che effettivamente il sole trascina i pianeti, e
qui, a mio parere, si avvicina parecchio all'idea di
gravità, anche se non può assolutamente arrivare a
concretizzarla.
I concetti e le differenze fra massa,
forza (peso), velocità, accelerazione e inerzia, sono
ancora ben lontani dall'essere definiti in modo chiaro; e
senza tali concetti è impossibile pensare alla gravità.
In uno dei tentativi Keplero si
rivolgerà anche al magnetismo, allora unica forza
conosciuta in grado di agire a distanza, nel tentativo di
spiegare fisicamente il moto dei pianeti.
Cercando di calcolare i tempi impiegati
dal pianeta a percorrere archi più estesi, ipotizza che il
raggio vettore occupi un piccola superficie, di conseguenza
i tempi dovrebbero essere proporzionali alla somma di tanti
raggi vettori adiacenti; ma il procedimento si rivelò
eccessivamente laborioso, per questo pensò di sostituire la
somma dei raggi vettori con la somma di piccole porzioni di
aree descritte dagli stessi.
Poiché il calcolo infinitesimale non era ancora stato
introdotto, Keplero chiese aiuto a Herwart di Hohenburg e a
David Fabricius ( 1564 - 1617), ma allora nessuno era in
grado di eseguire un integrale, perciò per calcolare le
aree descritte dai raggi vettori dovette ideare un metodo
personale. In base ai dati di cui disponeva, cioè
eccentricità del sole, posizione angolare del pianeta, e
assumendo il raggio dell'orbita uguale a 1, calcolò la
superficie delle aree che gli interessavano sommando l'area
del settore circolare ACP, all'area del triangolo SCP. (vedi
figura)
Dopo un lavoro che non esito a definire
"da pazzi", quasi inavvertitamente era giunto al
suo primo grande risultato scientifico! Quella che oggi
conosciamo come "Seconda legge di Keplero" era
ormai chiaramente definita! "Le aree descritte dai
raggi vettori di un pianeta sono proporzionali ai tempi
impiegati a percorrerle"
Quando giunse a definire questa
"seconda" legge, in realtà ricavata per
prima, Keplero stava ancora lavorando su orbite
circolari, anche se aveva già espresso, per quanto riguarda
Marte, diversi dubbi sul fatto che la relativa orbita fosse
circolare. La fortuna volle che ricavasse la sua legge
studiando l'orbita della terra, la quale presentando
un'eccentricità molto ridotta si approssima notevolmente ad
un cerchio. La verifica che eseguì calcolando le posizioni
reali del sole, confermò pienamente la validità della
nuova legge, le differenze fra posizioni calcolate e
osservate erano praticamente nulle, ben al di sotto del 1'
di arco che rappresentava il limite di errore anche per le
osservazioni del grande Tycho! Inoltre utilizzando il metodo
delle aree, l'equante diventava completamente superfluo e
veniva eliminato l'ultimo residuo di moto uniforme, quello
angolare.
Forte di un tale incredibile successo,
riprese la sua "guerra con Marte", ma lo aspettava
un'altra cocente delusione. La prima lunga serie di calcoli
dell'orbita di Marte, eseguiti in base alla legge delle aree
e sull'ipotesi che tale orbita fosse un cerchio perfetto,
presentava praticamente lo stesso errore di 8' dell'hypothesis
vicaria, anche se di segno opposto. Il primo pensiero fu che
il fatto di aver sostituito il calcolo delle aree alla somma
dei raggi vettori, fosse la causa dei nuovi errori; ben
presto però si accorse che l'uso delle aree tendeva a
migliorare i dati anziché a peggiorarli. A questo punto non
c'erano alternative, dopo aver abbandonato completamente
ogni parvenza di moto uniforme bisognava abbandonare
completamente anche l'idea delle orbite circolari.
Dai calcoli relativi alle distanze di
Marte dal Sole riesumò le seguenti osservazioni:
Data |
Distanza angolare dall'afelio |
Distanza dal sole calcolata per l'orbita circolare eccentrica (terra = 1) |
Distanza dal sole calcolata in base alle osservazioni |
Differenza |
31 Ott. 1590 |
9° 37' |
1,66605 |
1,66255 |
+ 0,00350 |
31 Dic. 1590 |
36° 43' |
1,63883 |
1,63100 |
+ 0,00783 |
25 Ott. 1595 |
104° 25' |
1,48539 |
1,47750 |
+ 0,00789 |
Essendo tutte e tre le distanze calcolate in base alle osservazioni, minori di quelle teoriche per un'orbita circolare, l'orbita reale doveva essere necessariamente interna al cerchio, e poiché i suoi calcoli precedenti davano l'esatta posizione quando il pianeta era era agli absidi, tale curva doveva essere tangente allo stesso cerchio nei punti di perielio e afelio. Keplero definì tale orbita come "ovoidale" e ricominciò i calcoli per definirne la forma precisa. Tuttavia definire una tale curva si dimostrò praticamente impossibile, tanto che ad un certo punto, nel bel mezzo di un mare di conteggi, per semplificare almeno un poco il suo lavoro, sostituì l'ovale con l'ellisse senza accorgersi di essere arrivato ad un soffio dalla soluzione, anche se non alla vera soluzione, perché aveva posizionato il sole con l'eccentricità dell'hypothesis vicaria e non sul fuoco. Quando finalmente arrivò attraverso calcoli, intuizioni ed ipotesi, all'equazione vera dell'ellisse, non la riconobbe, e cercò di costruire geometricamente la curva in base all'equazione che aveva ricavato. Ancora una volta commise un errore di geometria, e si sentì obbligato a ideare un nuovo metodo di calcolo che inevitabilmente lo portò alla medesima equazione. Lui stesso si esprime in questi termini:
"Perché non parlare francamente? La verità naturale che avevo cacciato e respinto, rientrò di soppiatto dalla porta posteriore mascherata in modo da farsi accettare. Misi cioè da parte [ la prima equazione] e ricaddi sulle ellissi, credendo si trattasse di un'ipotesi diversa, invece, come dimostrerò nel prossimo capitolo, sono la stessa cosa...
...Ah! come sono stato stordito!"
Solo dopo una mole immensa di tentativi, errori e verifiche, finalmente poteva annunciare trionfalmente quella che oggi viene definita "la prima legge di Keplero": "I pianeti descrivono attorno al sole orbite ellittiche, in cui il sole occupa uno dei fuochi."
Il giusto giudizio, che definisce il "De Rivolutionibus"
di Copernico come un libro illeggibile e poco letto, può a
ragione, essere applicato anche al capolavoro di Keplero; a
leggere l'Astronomia Nova, non furono molti; ad accettarla
furono ancora meno! praticamente quasi nessuno. Lo stesso David
Fabricius, che, benché fosse un dilettante, era un valido
astronomo e con il quale Keplero era rimasto in contatto
epistolare durante quasi tutto il periodo di stesura del
libro comunicandogli man mano i suoi progressi, quando
ricevette notizia che le orbite erano ellissi, rispose
chiedendo a Keplero se non fosse possibile sostituire tale
curva con un cerchio perfetto e un "piccolo"
epiciclo; cosa non impossibile per quanto concerne la forma
dell'orbita, ma incompatibile con la legge delle aree.
C'è una questione che probabilmente non
viene mai messa sufficientemente in evidenza. Le orbite
ellittiche e la legge delle aree non erano idee che si
rifacevano a precedenti intuizioni, erano idee
assolutamente e completamente nuove e originali, per di più
ricavate per mezzo di calcoli matematici basati sulle
osservazioni empiriche di Tycho Brahe. In proposito concordo
pienamente con J. L. E. Dreyer quando afferma che:
"...ci sono solo altre due opere di pari importanza, il
"De Rivolutionibus" di Copernico e i
"Principia" di Newton!"
Anche Galileo nel suo "Dialogo sopra
i due massimi sistemi..." pubblicato dopo il 1630,
oltre a trascurare completamente il sistema "tichonico"
che al momento era il più accettato, afferma che ancora non
si è in grado di stabilire la vera struttura dell'orbita
dei pianeti.
Ancora per più di mezzo secolo il
sistema "tychonico" verrà considerato come il
più probabile. Eppure le "kepleriane" Tabulae
Rudolphinae, basate sulle sue leggi saranno le più usate
fino alla diffusione di tavole realizzate in seguito a
osservazioni telescopiche.
Nei cinquanta anni che seguirono la
pubblicazione dell'Astronomia Nova, furono scritti una
quantità di trattati sull'astronomia, ma se escludiamo
l'"Astronomia kepleriana defensa ac promota" di
Horrocks Jeremiah (1617 - 1641), giovane astronomo inglese,
purtroppo morto prematuramente, nessuno accettò pienamente
le teorie di Keplero. E' vero che a dispetto dell'aggettivo "AITIOLOGETOS"
(Aggettivo
greco intraducibile, tradotto di volta in volta con:
"causativo" o con "basato sulle cause
fisiche") contenuto nel titolo dell'Astronomia Nova,
nel capolavoro di Keplero c'è molta più fantasia che
fisica, ma il povero Keplero, dal punto di vista fisico
doveva arrangiarsi con le conoscenze allora disponibili, e
queste all'inizio del '600 erano veramente poche e... ben
confuse.
A pregiudicare ulteriormente le scarse
possibilità che l'opera di Keplero venisse accettata,
furono le controversie religiose, che in realtà, come è
sempre stato, erano più lotte per il potere. La riforma,
espropriando i beni della chiesa di Roma e delle sue
istituzioni, aveva in un primo momento portato un certo
numero di vantaggi all'economia centroeuropea, ma la
rabbiosa reazione della chiesa e il miope conservatorismo di
gran parte della classe dominante riformata, ben presto li
vanificarono.
Come
ho già avuto occasione di affermare, da più di un
millennio la classe dominante europea basava il suo potere
sulla religione cristiana, secondo la quale l'universo
era solo il teatro su cui si svolgeva il dramma: Creazione -
Caduta - Redenzione - Salvezza dell'uomo.
Probabilmente il libro di Keplero non
avrebbe sollevato scalpore al di fuori della ristretta
cerchia degli addetti se Galileo con le sue scoperte e la
sua divulgazione del sistema copernicano non avesse portato
in primo piano sulla scena pubblica, l'idea che la terra,
sede dell'uomo, e teatro della sua redenzione, in realtà
non era per niente il centro del mondo. I potenti nel
constatare che la base stessa del loro potere poteva essere
messa in discussione mandarono immediatamente all'assalto le
loro truppe migliori: i teologi!
Nel 1616, Galileo fu diffidato dal
sostenere le idee di Copernico che venivano ufficialmente
definite eretiche, e nell' "Indice dei libri
proibiti" veniva inserito il "De Rivolutionibus"
con "tutti gli altri libri" che sostenevano la
tesi della terra in moto, e tra questi praticamente tutti i
trattati astronomici di Keplero. Solo 150 anni dopo la
clausola "tutti gli altri libri" verrà rimossa;
ma l'"Epitome" rimarrà incluso nell'indice fino
al 1832!
Nonostante le diffide e i processi, già
attorno al 1630 ben pochi sostenevano ancora il sistema
tolemaico; almeno tra gli addetti ai lavori la stragrande
maggioranza riteneva più credibile il sistema tychonico.
Fin dal 1611 Schlüssel Christoph, più noto come Cristoforo
Clavio (Bamberg 1537 - Roma 6.2.1612) gesuita e fra i
maggior esperti scientifici della chiesa di Roma per quei
tempi, aveva dichiarato che gli astronomi avrebbero
avrebbero dovuto scegliere un nuovo sistema che si
accordasse con le nuove scoperte, perché l'antico (il
tolemaico) non sarebbe più stato utile; e Keplero aveva
riportato questo giudizio nella prefazione del suo "Epitome
Astronomiae Copernicanae".
Anche fra coloro che accolsero ufficialmente il sistema
"tychonico", non pochi furono coloro che lo
accettarono per "obbedienza". Il caso più
eclatante fu forse quello di Gassendi, (Pierre Gassend,
Champtercier 1592 - Parigi 1655) sacerdote e scienziato
francese, il quale dichiarò che avrebbe preferito che il
sistema copernicano non fosse stato dichiarato eretico!
Concludendo questo brevissimo discorso sul
capolavoro di Keplero, sul quale moltissimi esperti hanno
versato fiumi di inchiostro, mi sento obbligato a ricordare
quanto lo stesso Keplero scriveva in una lettera a M.
Maestlin datata 5 marzo 1605, quando ormai era
inevitabilmente arrivato all'ellissi:
"Le alte dignità e i grandi onori non esistono per me. Io vivo sulla scerna del mondo come un privato cittadino. Se posso strappare alla corte una parte del mio stipendio, sono lieto di non essere obbligato a vivere completamente a mie spese. Per il resto, mi regolo come se non fossi al servizio dell'imperatore, ma dell'intero genere umano e della posterità. Convinto di ciò, disprezzo con segreto orgoglio tutti gli onori e tutte le dignità, e, se è il caso, anche coloro che li conferiscono. Il mio solo vanto è per me il fatto che dalla Provvidenza mi siano state affidate le osservazioni di Tycho..."
... e personalmente non ho altro da aggiungere!