Se credessi nella predestinazione, il miglior esempio da proporre in merito sarebbe quasi sicuramente la vita di Keplero, ma non saprei decidere se lo stesso fosse predestinato ad essere una vittima o un gigante, o più probabilmente entrambi.
    La famiglia Kepler (lo stesso Keplero ci dà cinque diverse grafie del suo cognome: Kepler, Khepler, Keppler, Kheppler e Keplerus) era una delle poche famiglie luterane di "Weil der Stadt", piccolo borgo vicino a Stoccarda; il nonno di Johannes, Sebald, era un pellicciaio che aveva ricoperto anche la carica di sindaco del piccolo borgo.
    Abbiamo notizie di prima mano sulla famiglia direttamente dallo stesso Keplero attraverso degli oroscopi emessi sia per se stesso, che per i vari componenti la famiglia, quando Johannes aveva 25-26 anni. Togliendo gli inutili riferimenti astrali da questi oroscopi, emerge un'analisi psicologica approfondita e impietosa dell'intera famiglia.
    Nonno Sebald nato nel 1512, che vantava fra gli antenati due cavalieri dell'impero, è descritto come una persona tronfia e piena di sé, vizioso, arrogante ed eloquente "almeno per quanto può esserlo un ignorante", al quale la buona sorte ad un certo punto girò le spalle; lo stesso oroscopo afferma infatti: "...a partire dal 1578 la sua reputazione cominciò a declinare contemporaneamente alla sua fortuna...".
    Il vecchio Sebald a 26 anni aveva sposato Katherine Mueller che in 21 anni gli diede 12 figli. Katherine è descritta dal nipote come una donna fisicamente magra, gretta, bugiarda, meschina e arrogante; sempre in cerca di litigi e contemporaneamente assidua frequentatrice della chiesa. Keplero aggiunge, forse con una punta di mestizia, che: "... Tutti i suoi figli prendono un po' da lei!..."
   Dei 12 figli della coppia i primi tre, Sebaldus, Johann e Sebaldus, morirono in tenera età; Il quarto, Heinrich, nato nel 1547 e maggiore dei sopravvissuti, fu il padre di Keplero. Degli altri zii, tre morirono presto e dei cinque sopravvissuti nessuno combinò niente di buono nel corso dell'intera vita.
    Heinrich Kepler, padre di Johannes, viene descritto dal figlio come: "Uomo vizioso, inflessibile, attaccabrighe e destinato a finire male... ...molti nemici, matrimonio litigioso... ...vano amore per gli onori e vane speranze di ottenerli... ...Rischiò di essere impiccato!...".
    Come d'uso a quei tempi, Heinrich essendo il primogenito ereditò la casa paterna, ma non la conservò per molto.
    A 24 anni anni aveva sposato Katherine Guldenmann, (...in proposito trovo più che adeguato il vecchio adagio: "Dio li fa e poi li accoppia!"...), figlia di un locandiere, ma allevata da una zia finita sul rogo come strega, dalla quale aveva imparato l'arte di abbindolare il prossimo mediante pozioni e filtri alla cui efficacia forse credeva veramente.
    Keplero la descriverà come "piccola, magra, ciarliera e attaccabrighe," poi aggiunge: "cattivo carattere".
    Sette mesi e due settimane dopo il matrimonio, esattamente il 27 dicembre 1571, era nato, molto probabilmente prematuro, Johannes.
    In questi oroscopi colpisce un particolare; mentre per i nonni e gli zii Keplero inserisce ogni tanto qualche scusante, qualche elemento che sembrerebbe mitigare i severi giudizi, per il padre non c'è niente del genere; per Johannes la figura paterna è esclusivamente un insieme di note negative senza nessuna possibilità di appello; e probabilmente aveva ragione da vendere.
    Tre anni dopo la nascita di Keplero veniva alla luce il primo dei fratelli, subito dopo il padre si arruolò nell'esercito imperiale per combattere, lui luterano, gli insorti protestanti nei Paesi Bassi. L'anno successivo anche la madre, forse per sfuggire ai cognati e ai suoceri, lo lasciò per raggiungere il marito.
    Fu così che Johannes all'età di quattro anni si trovò "affidato" (...ma sarebbe molto più corretto dire abbandonato...) ai nonni e agli zii, i quali più che un nipote vedevano in lui solo un'altra bocca da sfamare.
    Come capita spesso, le rare volte che uno sventurato trova aiuto, deve pagarlo a caro prezzo.
    L'atteggiamento dei nonni e degli zii "benefattori", lo convinse ben presto che lui era un estraneo e non aveva diritto di stare con loro, se voleva essere accettato doveva "comportarsi bene", cioè essere servile, sottomesso e convincersi che ogni loro disgrazia e ogni loro inconveniente erano colpa sua, quindi doveva assumersi e confessare tutte le colpe anche quelle più improbabili e inverosimili. Soprattutto non avrebbe mai dovuto alzare la testa e ottenere sempre la loro approvazione.
    Purtroppo certe situazioni in cui può trovarsi un bambino tra i quattro e i sei anni lasciano un segno indelebile. Per tutta la vita Keplero avrà fra le sue motivazioni comportamentali di base l'impegno per farsi accettare, e ad ogni minimo inciampo si sentirà rifiutato e ricercherà in se stesso la responsabilità di quanto gli accade.
    Ad aggravare la situazione, oltre alla sua miopia complicata da polipliopia anoculare congenita, (difetto che a volte fa vedere doppio) a quattro anni fu colpito dal vaiolo, e in seguito manifestò disturbi vari, spesso di natura psicosomatica.
    Un anno dopo la partenza della madre entrambi i genitori ritornarono, ma non si stabilirono a Weil, dove la famiglia era caduta in disgrazia per cause non precisate, ma a Leonburg, un paese vicino. Il padre si stancò presto e ripartì per l'Olanda come mercenario del duca d'Alba.
    Frequentare regolarmente la scuola in questa situazione per il piccolo Keplero doveva essere quasi impossibile; lui stesso ci informa che dai 9 agli 11 anni non ci andò affatto perché venne addetto ai "duri lavori di campagna", perciò, a dispetto della sua viva intelligenza, anziché i normali tre anni necessari per completare quella che allora era la scuola elementare, per lui ce ne vollero sei.
    Della sua infanzia Keplero annota solo due episodi al di fuori della "norma": "A sei anni si parlò molto della cometa apparsa nel 1577, mia madre mi condusse su un'altura ad ammirarla." e a nove "venni chiamato fuori dai miei genitori per guardare l'eclissi di Luna. Aveva un'aria molto rossa." Anche da questi episodi sembra trasparire lo stato di reclusione in cui veniva tenuto; da solo non gli sarebbe stato permesso nemmeno di uscire di casa per ammirare un'eclissi, non paliamo poi di salire su di un'altura per ammirare una cometa.
    La Riforma aveva permesso anche ai duchi del Wurttemberg, come a tutta la nobiltà che l'aveva abbracciata, di apropiarsi delle terre e dei monasteri dei vari ordini religiosi, ma nel contempo aveva tolto allo stato gran parte della classe burocratica in grado di gestire l'amministrazione pubblica. Perciò i duchi avevano creato un sistema scolastico che, considerati i tempi, si potrebbe definire addirittura avveniristico. Il nuovo ordinamento scolastico prevedeva anche l'assegnazione di borse di studio "ai figli dei poveri e dei fedeli di famiglie diligenti, pie, e di cristiane disposizioni". In base a simili regole, a rigor di logica, difficilmente si sarebbe potuto considerare la famiglia di Keplero come "pia e di cristiana disposizione", ma probabilmente l'intelligenza precoce di Johannes si era già manifestata, oppure qualche saggia persona vedendo la situazione del ragazzo, pensò che sarebbe stato utile a tutti allontanarlo dalla famiglia; e questo potrebbe essere il primo segno della sua predestinazione.
    Fu così che finalmente a 13 anni riuscì ad entrare nel seminario luterano di di Adelberg e ad uscire dal tetro ambiente familiare.
    E' avvilente dover accettare l'idea che per un adolescente fra i 13 e i 17 anni un seminario in cui d'estate ci si alzava alle 4 e d'inverno alle 5, la cui divisa era un camiciotto senza maniche e la disciplina inflessibile non permetteva alcun contatto con l'ambiente esterno, fosse meglio della famiglia. Altrettanto e forse più deplorevole, è il dover constatare che senza di ciò, l'intelligenza di Keplero sarebbe andata sprecata!
    Il programma di insegnamento impartito nel seminario era di eccellente livello, le lezioni erano in latino e anche fra di loro gli allievi erano obbligati a parlare esclusivamente la stessa lingua. I corsi, suddivisi in "inferiore", impartito ad Adelberg, e "superiore" impartito a Maulbronn, comprendevano oltre alla teologia, la retorica, la dialettica, il greco, la musica e, dulcis in fundo, la matematica che ovviamente comprendeva l'astrologia/astronomia.
   Come possiamo facilmente immaginare, la vita al seminario era tutt'altro che rose e fiori. Sempre nei suoi "oroscopi" Keplero ci descrive una vita fatta di piccole beghe e meschinità, ma nel contempo afferma che generalmente gli insegnanti lo apprezzavano per la sua intelligenza e il suo impegno; ma il suo giudizio su di sé è improntato alla massima severità e sfiducia.
    Vale la pena di leggere ciò che dice di sé parlando in terza persona:

"Questa persona ha in ogni cosa una natura canina. Il suo aspetto è quello di un cagnolino.
1 - Il suo corpo è agile, nervoso e ben proporzionato. Anche i suoi appetiti erano simili: amava rosicchiare le croste di pane ed era talmente goloso che prendeva tutto quel che vedeva;
[...Questa a mio giudizio non è gola, ma vera e propria  fame! Probabilmente per il giovane Johannes il massimo del benessere era aver la pancia piena, infatti...] tuttavia al pari dei cani beve poco e si accontenta dei cibi più semplici.
2 - Le sue maniere erano simili. Ricercava di continuo l'amicizia altrui, in tutto era dipendente dagli altri, si piegava ai loro desideri, non si irritava quando lo respingevano, aspettando con ansia di rientrare nelle loro buone grazie. Era incessantemente in movimento, ficcando il naso nelle scienze, la politica, gli affari privati, compresi i più vili; sempre al seguito di qualcuno, imitandone gli atti e i pensieri. La conversazione lo infastidiva, tuttavia accoglieva le visite come un cagnolino, però quando gli viene tolta la più piccola cosa, alza il muso e ringhia. Insegue con tenacia i malvagi abbaiando loro. E' cattivo, morde la gente con i suoi sarcasmi. Detesta a fondo un sacco di gente e costoro lo evitano, pero i suoi maestri gli vogliono bene.
[... in poche parole: cercava di difendersi come poteva...]
Ha un orrore tipicamente canino per i bagni i profumi e le lozioni. La sua agitazione non conosce limiti,... [segue l'interpretazione delle cause astrologiche] ...ciò nonostante ha buona cura della sua esistenza...
Ha un vasto appetito delle cose più grandi. I suoi maestri elogiavano le sue buone disposizioni, benché sul piano morale fosse il peggiore fra i suoi coetanei...
[... evidente il complesso di inferiorità!...]
Era religioso fino alla superstizione. A 10 anni quando per la prima volta lesse la Sacra Scrittura, deplorò il fatto che gli venisse rifiutato l'onore di essere un profeta a causa dell'impurità della sua vita. Quando commetteva una colpa, faceva un rito espiatorio nella [vana] speranza di evitare in tal modo il castigo: ciò consisteva nella pubblica confessione delle sue colpe...
In quest'uomo c'erano due tendenze contrarie: sempre a rimpiangere il tempo perso e sempre a perderlo volentieri.
[...Altra interpretazione astrologica...] Poiché la sua prudenza in materia di denaro lo manteneva lontano dal gioco, giocava spesso da solo. [...Con tutta probabilità di denaro non ne aveva affatto!...]
C'è da considerare che la sua preoccupazione di risparmiare non mirava ad acquisire ricchezze , bensì ad allontanare il timore della povertà, sebbene, forse, l'avarizia provenga da un eccessivo timore di questo tipo..."

    Un'autoanalisi così spietata e inflessibile, oltre a dimostrare una evidente ed esagerata onestà, può anche spaventare; ma con la carenza di affetto e la diseducazione ricevuta ci sarebbe veramente da meravigliarsi del contrario. Ai nostri giorni, per un caso simile verrebbe proposta una cura intensiva da parte di psicologi, ma Keplero dovette arrangiarsi da solo.
    L'ammirazione verso gli insegnanti e gli ecclesiastici, praticamente gli unici adulti che frequentasse, probabilmente lo portò a pensare che il massimo ottenibile nella vita era diventare ministro del culto.
    Terminati i corsi in seminario e acquisita la qualifica di "Baccelliere", Keplero fu automaticamente iscritto all'università di Tubinga, dove nel 1591 ottenne il titolo di "Magister Artium" con buoni voti, di conseguenza poté passare alla facoltà di teologia.
    A questo punto entrò in campo ancora una volta ciò che ognuno può chiamare predestinazione, divina provvidenza, o più semplicemente caso.
    Tra gli insegnanti dell'università di Tubinga c'era un certo Michael Maestlin
(1550 - 1631), matematico e astronomo, il quale a 22 anni, in occasione della "supernova di Tycho" (la nuova stella apparsa nel 1572 nella costellazione di Cassiopea) aveva confermato, sia pure con un metodo alquanto primitivo, che il fenomeno doveva appartenere alla "sfera delle stelle fisse" in pieno accordo con le osservazioni di Tycho. Ciò significava che i cieli non erano perfetti e immutabili. Più tardi, in occasione della grande cometa del 1577, era giunto ancora una volta alle stesse conclusioni di Tycho: le comete non erano fenomeni subLunari, e per giustificarne il moto Maestlin aveva ipotizzato l'esistenza di una "sfera delle comete", cioè una sfera eterea che invece di trascinare un pianeta portava le comete. Evidentemente in base alle sue osservazioni Maestlin aveva quanto meno messo in discussione l'aristotelismo e il sistema tolemaico, che allora tendevano ad identificarsi, perciò era diventato un convinto copernicano, anche se, nei corsi universitari, molto saggiamente e prudentemente, continuava ad insegnare Tolomeo. Questo insegnante, piuttosto fuori norma per l'epoca, discutendo con gli allievi più aperti e preparati, parlava senza mezzi termini del sistema di Copernico. Tra questi allievi c'era Keplero, il quale non solo si era convinto della realtà del nuovo sistema, ma molto probabilmente vedeva in Maestlin, con cui rimarrà in contatto per tutta la vita, quell'immagine paterna che gli era mancata.
    Per quanto concerne le idee astronomiche del giovane Keplero è bene ascoltare quanto dice lui stesso, una volta tanto parlando in prima persona, nella prefazione del suo "Mysterium cosmographicum":

"A Tubinga difesi spesso le opinioni di Copernico nei dibattiti di candidatura e scrissi una dissertatione accurata sul movimento primo, che consiste nella rotazione della terra; poi aggiunsi il movimento della terra intorno al Sole per ragioni fisiche o, se si preferisce, metafisiche..."

    Parlando più in generale della sua preparazione e delle sue idee, negli oroscopi torna alla terza persona:

"...Quest'uomo è destinato a dedicare molto tempo ai compiti difficili che fanno indietreggiare gli altri... ...In filosofia lesse i testi di Aristotele nell'originale... ...In teologia cominciò subito dalla predestinazione, conformandosi all'opinione di Lutero circa l'assenza di libero arbitrio... Più tardi però si oppose ad essa... non riuscì a credere che nessuna nazione fosse destinata alla dannazione... In campo matematico indagò in varie direzioni e fece varie scoperte accorgendosi in seguito che erano già state fatte da altri..."

    Considerando l'obbiettività con cui Keplero parlava di se stesso circa i lati negativi, dobbiamo veramente ammirare la sua preparazione e la sua determinazione negli studi.
    Probabilmente secondo lo stesso Keplero la sua vita futura era già ben delineata, sarebbe diventato un pastore e si sarebbe preoccupato del suo gregge di anime... ma come al solito, e fortunatamente per noi, i suoi piani andarono in fumo.
    Nel 1593, in Stiria, regione sudorientale dell'Austria a popolazione prevalentemente luterana ma governata da un Asburgo cattolico, quindi con due distinte scuole per i due gruppi religiosi, moriva Georg Stadius che pur non avendone la nomina ufficiale svolgeva l'incarico di "Mathematicus"  degli stati. Come era d'uso, i maggiorenti di Stiria si rivolsero all'università di Tubinga per ottenere un sostituto, il senato dell'università propose Keplero, studente di teologia non ancora addottorato che frequentava l'università grazie ad una borsa di studio concessagli dai cittadini della sua città natale.
    La presentazione di Keplero ai notabili di Stiria è piena di lodi per il neocandidato mathematicus, ma puzza fortemente di sotterfugio. La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che il senato dell'università volesse liberarsi di quell'aspirante pastore che sosteneva in pubblico le idee di Copernico rifiutate dalle autorità religiose luterane.
    Messo di fronte alla proposta di diventare "mathematicus" Keplero ci pensò per alcuni giorni, poi precisando che si riservava il diritto di ritornare all'università per concludere i suoi studi di teologia accettò. Probabilmente la possibilità di rendersi per la prima volta indipendente dal punto di vista economico era talmente allettante che decise di cogliere l'occasione.
    Graz, la sede del suo incarico, distava in linea d'aria da Tubinga circa 500 km. A 22 anni, Keplero, che non aveva mai immaginato di diventare matematico e astronomo, partì a piedi da Tubinga esattamente il 23 marzo del 1594, e con mezzi di fortuna giunse a destinazione l'undici del mese successivo; a fine maggio tenne la sua prima lezione.
    Così non ancora ventitreenne, senza alcuna esperienza di vita sociale, si trovò a centinaia di chilometri da suo ambiente, in un paese estraneo in cui non conosceva nessuno. Anche l'agognata indipendenza economica in realtà si riduceva ad uno stirato stipendio annuo di circa 200 fiorini; non c'era certo da scialacquare. Un piccolo aiuto gli veniva dalla stesura degli almanacchi con le previsioni astrologiche annuali, compito cui il
"Mathematicus" era tenuto per contratto, che gli procurava un'ulteriore entrata di 20 fiorini.
    I compiti che Keplero era tenuto a svolgere in realtà erano tutt'altro che gravosi, il primo anno ebbe meno di dieci allievi, il secondo addirittura nemmeno uno, tanto che gli fu chiesto di insegnare retorica e commentare Virgilio. Evidentemente per i figli dei benestanti luterani di Graz la matematica e l'astronomia erano materie difficili e poco utili.
    Il suo primo almanacco fu un vero colpo di fortuna, le sue previsioni circa l'inverno rigido, l'invasione dei turchi e altro, si realizzarono con una puntualità che ha dell'incredibile. Ciò oltre a procuragli una certa buona reputazione,
gli permise di arrotondare le sue magre entrate elaborando oroscopi. Inoltre il ridotto impegno nell'insegnamento gli concedeva molto tempo da dedicare alle sue fantasticherie.
    A Graz la vita per un giovane solo non era allegra, i primi tempi Keplero la riempì dedicandosi alla lettura del "De Rivolutionibus" in versione originale, ma prima che fosse passato un anno già scriveva a Maestlin pregandolo di ottenergli un posto di lavoro presso di lui o vicino a Tubinga. Ancora una volta si sentiva rifiutato e cercava un possibile rifugio in un ambiente conosciuto. In realtà i suoi superiori erano tutt'altro che scontenti, il loro rapporto inviato all'università di Tubinga affermava che il neo professore aveva "... dato prove tali che non possiamo esimerci dallo stimarlo, malgrado la sua giovane età..." contemporaneamente in un appunto Keplero dichiarava che il direttore era suo nemico, e questo perché "...non lo rispettavo abbastanza ... ... e non tenevo alcun conto dei suoi ordini..." Evidentemente era sicuro che tutti fossero alla sua altezza, e convinto che per i suoi superiori le sue lezioni dovessero essere chiare in partenza, quindi se un superiore cercava di intromettersi nell'esecuzione dei suoi incarichi con idee poco valide, era portato a ritenere che lo facesse con il proposito di intralciarlo.
    Gli anni passati in seminario lo avevano profondamente convinto, anche se la cosa potrebbe sembrare sorprendente, non solo dell'esistenza di Dio, ma che Dio era buono, giusto e pietoso, e preoccupandosi delle sue creature si sarebbe preoccupato anche del misero Johannes concedendogli quell'affetto che gli era sempre mancato; ma soprattutto per Keplero la perfezione di Dio trascendeva la meschinità e l'idea di perfezione dell'uomo. Tale perfezione per Keplero era insita nella scienza matematica e nell'ordine immutabile e magnifico dell'universo, che Dio non poteva aver creato a caso.
   Forse fu proprio mentre leggeva il "De Rivolutionibus" che Keplero concepì e iniziò quella che non solo sarà la sua prima opera "scientifica", ma rimarrà il nucleo centrale delle sue idee circa un ordine universale su cui, a suo modo di vedere e a immagine della perfezione di Dio, è basato l'universo. Il suo "Prodromus dissertationum cosmographicarum continens Mysterium Cosmographicum", comunemente noto come "Mysterium Cosmographicum", scritto nel 1595, è l'inizio dei suoi tentativi di portare la perfezione divina nell'universo dell'uomo, tentativi a cui non rinuncerà per l'intera vita.
    Lo stile narrativo che Keplero userà in quasi tutte le sue opere, è basato su un continuo colloquio con il lettore, e costituisce una biografia intellettuale con la minuziosa descrizione dell'evolversi del suo pensiero, delle difficoltà che incontra e di come le supera. Non solo Keplero vuole essere capito, prima ancora, vuole essere accettato!
    Preceduto da una breve prefazione, il primo capitolo del Mysterium è un'eccellente esaltazione della superiorità del sistema copernicano rispetto al tolemaico; con tutta probabilità Keplero era uno dei pochi ad aver assimilato completamente il "De Rivolutionibus", opera scarsamente descrittiva, più tecnica che scientifica e più vicino ad un arido trattato di matematica che ad un testo di astronomia.
    In primo luogo Keplero si chiede come mai Tolomeo non spieghi il motivo per cui nel suo sistema i periodi di rivoluzione attorno alla terra del Sole, di Mercurio e di Venere, abbiano la stessa durata, problema che nel sistema copernicano sparisce in quanto il moto apparente dei tre corpi interni all'orbita della terra deriva dal moto di rivoluzione della terra stessa.
    Altri particolari che non hanno spiegazione nel sistema tolemaico sono la grandezza e il periodo dei vari epicicli dei pianeti e il motivo per cui il Sole e la Luna non presentano moti retrogradi. In fine Keplero si domanda perché i pianeti esterni, Marte, Giove, Saturno, sono sempre più vicini alla terra quando sono in opposizione, cioè, visti dalla terra, sono sempre più luminosi quando si trovano dalla parte opposta rispetto al Sole.
  Dopo aver risposto a queste questioni sulla base del sistema copernicano, Keplero compie quasi inavvertitamente un notevole salto di qualità, pur basandosi su errate premesse mistico/teologico/filosofiche. Non si accontenta di dichiarare come sono i cieli, ma incomincia il gioco dei perché. Perché i pianeti sono sei e non di più o di meno, perché le loro orbite hanno quelle determinate dimensioni e non altre, perché il tempo impiegato a percorrere le orbite è quello che è... Subito dopo introduce una delle sue fantasie mistiche. Anche in questo caso vale la pena di sentire cosa dice lo stesso Keplero:

"... Ad osare ciò [ indagare sui principi della creazione dell'universo] mi convinse quella mirabile corrispondenza fra le cose immobili, e cioè il Sole, le [stelle] fisse, e lo spazio intermedio, con Dio Padre, il Figlio e lo Spirito Santo..."

   A questo punto Keplero incomincia la descrizione dei suoi tentativi ed errori per rispondere alle sue domande; prima cerca invano un rapporto numerico fra la dimensione delle orbite e i periodi senza concludere nulla ( In realtà ci riuscirà circa 25 anni dopo con la sua terza legge...), poi mentre stava spiegando ai suoi allievi le grandi congiunzioni tra Giove e Saturno si accorge che i diametri delle rispettive orbite hanno un rapporto 2:1. ( In realtà il vero rapporto è di circa 9,5 : 5,2 ) Subito pensa di essere giunto alla soluzione, ma una semplice verifica lo delude immediatamente. Finalmente pensando che le sfere... sono appunto "sfere", figure solide, e non cerchi, figure piane, si rivolge ai solidi geometrici che già i pitagorici consideravano regolari!
    Keplero esulta!... C'è riuscito!... Ha scoperto che i principi seguiti da Dio nella creazione dell'universo sono principi geometrici!
    Per poliedri regolari già i greci intendevano quei solidi le cui superfici sono costituite esclusivamente da poligoni regolari uguali fra loro. Tali poliedri sono:

   Secondo Copernico i pianeti sono sei e non sette. (...per Tolomeo la Luna era un pianeta, mentre per Copernico non è un pianeta ma un satellite...) Tra i sei pianeti che Keplero conosce ci sono cinque intervalli di spazio, e i poliedri regolari sono cinque e non possono essercene altri! A questo punto si lancia in una serie di discorsi mistico/teologici per provare che i suoi ragionamenti sono corretti, ma lui è un matematico e non si accontenta di vane parole, perciò procede alla verifica quantitativa, i suoi calcoli, pur avvicinandosi ai dati di Copernico, non coincidono esattamente come si aspettava.
   Comunque è talmente convinto del risultato delle sue elucubrazioni, da proporre un suo modello di universo le cui dimensioni sono basate sui princîpi geometrici che lui ha scoperto. Le sue sfere e i suoi solidi non sono reali come le sfere di Copernico, ma costituiscono la base teorica per determinare l'ordine e le proporzioni dell'universo a immagine e somiglianza di Dio. A quanto pare per Keplero Dio non ha creato a sua immagine soltanto l'uomo, ma l'intero universo!

    Il suo universo è chiuso dalla sfera delle stelle fisse, all'interno della quale la sfera di Saturno circoscrive un cubo in cui è inscritta la sfera di Giove. All'interno di quest'ultima è inscritto un tetraedro che circoscrive la sfera di Marte la quale avviluppa un dodecaedro in cui è inscritta la sfera della terra, che a sua volta circoscrive un icosaedro contenente la sfera di Venere. Seguono quindi l'ottaedro e la sfera di Mercurio.
    Come già accennato, Keplero scoprì ben presto che il suo sistema coincideva solo grossolanamente con le misure di Copernico, ma secondo lui una tale corrispondenza non può essere casuale, il suo sistema probabilmente ha bisogno di adattamenti, oppure, cosa non impossibile, gli stessi dati di Copernico possono contenere imperfezioni.
    Nel tentativo di migliorare la corrispondenza fra i dati di Copernico e i suoi, Keplero spostò il centro del mondo dal "Sole medio" (centro dell'orbita terrestre) al "Sole vero", quindi scrisse a Maestlin illustrando le sue idee e chiedendogli di calcolare le nuove distanze. Maestlin lavorò con impegno, ma alla fine nonostante le nuove distanze e lo spessore che Keplero attribuisce alle "sfere" per giustificare l'eccentricità delle orbite planetarie rispetto al Sole vero, la concordanza dei dati non migliorò gran ché.
    A questo punto per salvare le sue idee non restava a Keplero che attribuire la discordanza dei suoi dati all'imprecisione di quelli forniti da Copernico e procedere oltre in attesa di migliori e più precise osservazioni.
    Passando ad analizzare le cause del moto dei pianeti, Keplero giunge alla conclusione che è il Sole a muovere i pianeti e    ipotizza che la "forza" che trascina i pianeti diminuisca in proporzione alla distanza.
(Keplero considera in un primo momento questa forza opera di un'anima...) In base a questo e ad altri concetti, afferma che i pianeti si muovono più velocemente quando sono vicini al Sole e più lentamente quando ne sono lontani; è la prima volta che pur mantenendo orbite circolari, viene messo chiaramente in discussione il moto uniforme dei pianeti, anche se reintroducendo ufficialmente l'equante, che Copernico aveva cacciato dalla porta ma fatto rientrare alla chetichella dalla finestra, cerca di conservare l'apparenza di un moto angolare uniforme.
    Nel febbraio 1596 il "Mysteriun" era finito e Keplero chiese l'autorizzazione per pubblicarlo al senato di Tubinga. A sua volta questo chiese il parere di Maestlin che ovviamente ne diede un giudizio entusiastico; non solo, ma si adoperò in prima persona per seguirne la pubblicazione fino al punto di essere richiamato dai suoi superiori poiché trascurava i suoi compiti, e da buon vecchio maestro brontolone lo fece presente al suo allievo. Fu forse per migliorare la divulgazione del sistema copernicano che Maestlin aggiunse al "Mysterium" la "Narratio Prima" del Rheticus.
    Oggi siamo giustamente tentati di considerare il "Mysterium Cosmographicum" come un insieme di strane fantasie che poco o nulla hanno a che fare con la realtà, ma se inquadrato nell'ottica del tempo, il giudizio deve essere profondamente modificato.
    Dalla pubblicazione del "De Rivolutionibus" erano ormai trascorsi cinquant'anni, in questo periodo pochi avevano cercato di diffonderne i concetti, e assolutamente nessuno si era azzardato a sostenerlo pubblicamente con validi discorsi. Inoltre dobbiamo pensare che all'epoca i concetti di "Forza", "inerzia", "accelerazione" e "massa" erano immersi in una nebbia talmente densa che in pratica nessuno riusciva a scorgerli. Dall'inizio dei tempi l'uomo aveva sempre guardato all'universo con atteggiamento puramente descrittivo, senza mai cercare di spiegarlo razionalmente; le uniche spiegazioni, ammesso che fossero tali, erano relegate nell'area del mito. Certo le basi mistico/teologiche di Keplero non erano un punto di partenza propriamente scientifico, ma il suo tentativo di verificarle matematicamente costituisce qualcosa di veramente nuovo, forse uno degli inizi di quella che noi oggi chiamiamo scienza.
    Per la pubblicazione del suo libro Keplero chiese ai suoi superiori di Graz una licenza di due mesi, ma ritornò solo dopo sette. Nel frattempo si era perso in una delle sue fantasticherie, cercando di convincere il duca Federico di Wurtemberg a far realizzare un modello del suo universo. Era anche riuscito nell'intento, ma la realizzazione dell'opera si rivelò più complessa del previsto, e la cosa finì nel dimenticatoio.
    Prima della sua partenza da Graz, i soliti conoscenti impiccioni, nel tentativo di trovargli una sistemazione gli avevano procurato una "fidanzata": Barbara Müller von Müehleck, ventitre anni, e già vedova per ben due volte. Figlia di un mugnaio benestante, Keplero la definisce: "semplice di spirito e grassa di corpo". In un primo momento il mugnaio si oppose perché "non poteva affidare Barbara ad un uomo di così modeste condizioni". Come al solito gli impiccioni non abbandonarono la causa, e il padre della sposa cambiò idea. Tuttavia Keplero, avvertito per lettera, non accelerò il suo rientro a Graz, e quando rientrò, il mugnaio aveva cambiato idea ancora una volta. Alla fine la perseveranza degli intriganti la  ebbe vinta, e il matrimonio fu celebrato il 27 aprile del 1597.
   Non fu certo un matrimonio d'amore, probabilmente Keplero, stanco di vivere da solo, accettò passivamente quanto gli veniva proposto.
    Contemporaneamente al matrimonio, ricevette finalmente le prime copie stampate del Mysterium, subito si affrettò ad inviarle a vari personaggi famosi. Delle due copie che inviò in Italia, una finì a Padova fra le mani di Galileo, che dopo una sommaria occhiata alle prime pagine si affrettò a rispondere all'autore in termini entusiastici, proclamando la sua fede copernicana e felicitandosi di aver trovato in Keplero un sostegno alle sue idee, soprattutto prometteva di esprimere un giudizio più approfondito non appena ne avesse completato la lettura. Questo giudizio non arriverà mai, nonostante le sollecitazioni di Keplero; Galileo non era tipo da indagare sui princîpi adottati da Dio per creare l'universo!
    Keplero inviò un altro paio di copie a Ursus
(
Nicolai Reimers … o Reymers … o Rymers…1551-1600…), "Mathematicus" imperiale, con la preghiera di trasmetterne un esemplare a Tycho Brahe.  Tragico errore! Da anni i due erano in furibonda lotta per attribuirsi il merito di aver ideato per primi il sistema "Tychonico", probabilmente Keplero ne era completamente all'oscuro, ma Tycho non se ne dimenticherà.
    Un'altra copia fu inviata all'università di Tubinga al direttore Matthias Hafenreffer, che prontamente gli rispose di non insistere sulla "realtà" del sistema copernicano, ma di trattarlo come semplice ipotesi!... I giudizi negativi di Lutero e Melantone non erano ancora stati dimenticati.
   Il fatto che Keplero si fosse dovuto rivolgere a Maestlin per la parte matematica del Mysteriun, aveva reso cosciente l'autore della necessità di approfondire la sua preparazione in materia. A tale compito si dedicò con il suo abituale metodo e rigore negli anni successivi, e, a giudicare dai lavori futuri,  non fu certo tempo sprecato.
    Il Mysterium non fu un successo editoriale, ma nemmeno un fallimento. Lo stile narrativo di Keplero, a primo acchito, non è per niente gradevole e coinvolgente, perciò nonostante la novità del contenuto, non furono in molti a leggerlo con attenzione, ma presso quei pochi il dibattito fu notevole. Curiosamente il libro fu accolto più favorevolmente dai conservatori che dai progressisti, evidentemente i presupposti mistico-teologici erano meglio accettati dai primi.
    Tengo a far presente che a tutt'oggi non mi è riuscito di trovarne una traduzione in italiano, segno evidente che secondo l'opinione degli editori dei nostri giorni, come per quelli di allora, le opere di Keplero non rappresentano un buon investimento.
   In Stiria le cose si stavano mettendo piuttosto male per i luterani. La scuola protestante di Graz dove Keplero insegnava, era stata chiusa nell'estate del '98 e in settembre tutti i pastori e insegnanti luterani furono esiliati. Unico insegnante a poter rientrare a Graz fu proprio Keplero. Prima di tutto insegnava matematica, e, almeno teoricamente, non si occupava di problemi religiosi. In secondo luogo il granduca Ferdinando d'Asburgo, ammirava il suo lavoro; ma soprattutto, da un paio d'anni Keplero era in corrispondenza con Herwart von Hohenburg, cattolico cancelliere della Baviera, il quale ammirava veramente il "mathematicus" protestante della Stiria. Questi inviava le sue lettere a Keplero attraverso il rappresentante della Baviera alla corte imperiale di Praga, che a sua volta le trasmetteva al destinatario attraverso un frate cappuccino presente alla corte del duca Ferdinando d'Asburgo. Herwart von Hohenburg, da scaltro diplomatico, pregò Keplero di usare lo stesso tramite per le risposte. Tradotto in parole povere, le lettere di Keplero potevano così essere lette e valutate da molti funzionari cattolici, specialmente dai Gesuiti presenti alla corte dell'arciduca, che allora rappresentavano la parte più colta della chiesa cattolica, e quindi erano in grado sia di capire che apprezzare le idee del giovane "Mathematicus". Probabilmente agli astuti Gesuiti non era sfuggito il dissenso di Keplero in materia di predestinazione nei confronti della teoria ufficiale di Lutero, e forse speravano di poterlo "convertire", ragion per cui, senza esserne al corrente Keplero poteva contare sulla loro protezione.
    Nel dicembre del 1597 Keplero, tra le tante lettere inviate a personaggi importanti, ne aveva inviato una al più famoso astronomo del tempo, Tycho Brahe, chiedendo, come aveva fatto con altri, Galileo compreso, un parere sul suo "Mysterium"; la lettera, indirizzata a Hveen, arrivò nelle mani di Tycho con un notevole ritardo. Tycho, che nel frattempo aveva abbandonato la sua isola e si era rifugiato a Wandsbeck, rispose con formale cortesia lodando le capacità matematiche dell'autore e invitando lo stesso a fargli visita, ma criticando, forse con un pizzico di sarcasmo, le sue teorie. Nonostante Keplero non gradisse molto tale risposta, un brano della lettera di Tycho, non sfuggì alla sua attenzione, anche se si trattava probabilmente di un'intenzionale vanteria del grande astronomo, anticopernicano viscerale. Dopo aver parlato della differenza fra i dati di Copernico e quelli ricavati dall'ipotesi di Keplero affermava:

... Ma non saprei dire se ti si possa dare ragione in tutto. Se si utilizzassero i veri valori delle eccentricità dei pianeti, che io mi sono procurato con molti anni [di lavoro], si potrebbe procedere ad una verifica più precisa...

      ...era proprio quanto Keplero desiderava sopra ogni cosa!... e lo terrà ben presente in futuro.
    Nel post scriptum, Tycho accennava, con una certa acrimonia, alla lettera piena di elogi che Keplero aveva inviato a Ursus nel novembre del '95. Ursus allora non aveva risposto, ma nel 1597 pubblicando il suo "Nicolai Raimari Ursi Dithmarsi de Astronomiis Hypothesibus..." in cui assaliva furiosamente Tycho, aveva pubblicato la lettera senza il permesso di Keplero.
    Compresa finalmente la situazione in cui si era cacciato, Keplero spedì una lunga lettera a Tycho in cui, piuttosto goffamente cercava di rimediare, alla sua gaffe.  Tycho rispose con una certa alterigia di non aver chiesto tante scuse, e per il momento la cosa si fermò lì!...
   Contemporaneamente, in una lettera inviata a Maestlin, il giudizio di Tycho era stato molto più severo. A suo parere l'astronomia non andava avanti in base a ipotesi "a priori" come l'idea dei solidi regolari, ma per progredire ci si doveva basare principalmente sui dati delle osservazioni!
   Keplero, venuto a conoscenza della lettera in questione, se ne risentì. Oltre a ciò la situazione politica stava ulteriormente peggiorando. Ormai era evidente che presto o tardi sarebbe stato costretto all'esilio. Ad aggravare la situazione, gli era morta la figlia, e per poterla seppellire secondo il rito luterano fu costretto a pagare una forte multa. Per l'ennesima volta si sentì rifiutato e reietto; in preda ad una nera depressione scrisse a Maestlin una richiesta di aiuto quasi disperata, ma probabilmente questi non capì l'urgenza della situazione.
    Nel frattempo Tycho aveva trovato sistemazione presso la corte di Rodolfo II, Imperatore del "Sacro Romano Impero"; dal castello di Benatek, nelle vicinanze di Praga inviò a Keplero una lettera che vale proprio la pena di leggere...

    Dopo averne preso conoscenza ho sempre avuto del tuo libro, [il "Mysterium..."] così come del suo autore, l'alta opinione che esso merita; e non ho mai rifiutato - nè mai rifiuterò - la mia approvazione nè a te nè agli altri che, in qualunque maniera, si acquistarono il merito di occuparsi di questi soggetti sublimi e ben lontani dalla comprensione generale [ cercando in essi ] seriamente il nocciolo della verità. Al contrario io li ho approvati e li loderò sempre. Ciò che, principalmente, non posso approvare nel tuo scritto ingegnoso, è l'errore che tu commetti, d'altra parte in comune con molti altri, attribuendo una certa realtà agli orbi celesti, al fine di facilitare così la via alle immaginazioni copernicane, e di [ poterle ] sottoscrivere più facilmente. Che i moti celesti osservino una certa simmetria, e che ci siano delle ragioni per cui i pianeti compiono i loro circuiti intorno  ad un centro, o a un altro a distanze differenti dalla terra o dal Sole, io non lo nego. Ma l'armonia e la proporzione di questo ordinamento devono essere [ cercate ] a posteriori, là dove i moti e le occasioni dei moti sono esattamente stabiliti, e non determinate a priori, come volete tu e Maestlin e anche così è difficilissimo trovarle. E se qualcuno assolvesse a questo compito, secondo me sarebbe superiore all'antico Pitagora, che aveva preconizzato una bella armonia nelle cose celesti e addirittura nel mondo intero. E se i moti circolari nel cieli, per la loro composizione possono talora  - a chi con vana curiosità, osserva i singoli [ fenomeni ] - sembrare prodotti da figure angolari diverse e variate, e, più spesso oblunghe, ciò non può avvenire che "per accidens" e lo spirito rifiuta con orrore di accettare come valida questa supposizione. Le traiettorie degli astri devono essere infatti composte interamente da moti circolari; in caso contrario non tornerebbero perpetuamente e uniformemente su se stesse e sarebbero prive di eternità. senza contare che [ le traiettorie ] sarebbero meno semplici e più irregolari e non si presterebbero ad uno studio scientifico e all'uso [ per mezzo del calcolo ].
   Ma di questo ed altro parlerò volentieri con te più a lungo e con grande piacere, e ti comunicherò moltissime delle mie [
osservazioni ], se, un giorno, come mi prometti, mi farai visita. Ciò ti sarà meno difficile che in passato, poiché ho fissato a Urania una nuova sede in Boemia, che non è molto lontana da te, e abito nel castello imperiale di Benatek, a cinque leghe da Praga. Penso che tu abbia certamente già appreso da altri (poiché sono qui già da mezzo anno) che sono stato graziosamente chiamato qui dalla Germania da Sua Maestà Imperiale, e ricevuto con molta benevolenza e liberalità. Tuttavia non vorrei che a indurti a venire qui fosse la severità della sorte, ma piuttosto la tua propria volontà, così come l'amore e l'affetto per gli studi comuni. Ma qualunque cosa accada, tu troverai in me non un amico della fortuna, qualunque sia, ma un amico, che anche nella sventura, non ti rifiuterà il suo appoggio.

    Keplero avrebbe proprio avuto bisogno di una simile lettera, ma non la ricevette mai! Disoccupato e senza prospettive per il futuro si era deciso a tentare la carta "Tycho Brahe". Ricordandosi del generico invito ricevuto un anno prima, pensò di raggiungere il grande astronomo probabilmente nella segreta speranza di trovare una sistemazione. Quando seppe che un certo barone Hoffmann, consigliere di Rodolfo II, doveva recarsi a Praga chiese di aggregarsi alla comitiva.
    Il primo gennaio 1600, lasciata la famiglia a Graz, Keplero si metteva ancora una volta in viaggio! A metà gennaio, non appena giunto a Praga, aveva scritto a Tycho, questi decise per prima cosa di fargli fare un po' di anticamera, perciò gli rispose che al momento non poteva incontrarlo perché era in corso "un'opposizione di Marte e Giove", cui doveva seguire un'eclissi di Luna. Comunque lo invitava a Benatek, non come ospite, ma come amico e collega.
    La risposta venne affidata per la consegna al figlio maggiore di Tycho e ad un suo assistente, certo Tengnagel che aveva una relazione non ufficiale con Elisabetta Brahe, la figlia maggiore del padrone di casa.
    I due giovanotti approfittarono dell'occasione per spassarsela qualche giorno in città; e soprattutto guardarono immediatamente dall'alto in basso quello straccione di provinciale che credeva di essere chissà chi, e insisteva per partire al più presto!
    L'incontro fra Keplero e Tycho avvenuto il 4 febbraio 1600, probabilmente potrebbe essere preso come data di riferimento per la nascita dell'astronomia moderna!
    Tycho, cinquantatre anni, sicuro di sé, nobile e ricco per nascita, anticopernicano fino al midollo, abituato per educazione a non chiedere ma a pretendere tutto quanto desidera, cosciente di essere il più grande astronomo osservatore mai esistito, convinto di essere molto al di sopra dei comuni mortali...
    Incontra:
    Keplero, non ancora ventinovenne, complessato e derelitto, rampollo di una famiglia bacata, cronicamente povero, educato ad elemosinare ogni cosa, fanatico copernicano, cosciente di essere in una situazione quasi disperata, ma convinto, e a ragione, che in campo matematico e astronomico nessuno può insegnargli nulla!
    Entrambi con la non troppo segreta convinzione di sfruttare l'altro per raggiungere i propri scopi, entrambi con una determinazione che spesso e volentieri supera l'ostinazione!
    Proprio come accendere un falò in una polveriera... e ben presto se ne vedranno le conseguenze!
   I due non si frequenteranno per molto, la loro convivenza durerà esattamente dal 4 febbraio 1600 fino alla morte di Tycho avvenuta il 24 Ottobre 1601, e durante questo lasso di tempo Keplero resterà assente da Benatek per parecchio.
    Tycho aveva estorto all'imperatore un finanziamento di circa tremila fiorini all'anno più ulteriori rendite per qualche altro migliaio, ma non aveva fatto i conti con la burocrazia imperiale, e si dovette accontentare di riceverne la metà.
    Quando Keplero, che a Graz doveva vivere con 200 fiorini all'anno, era arrivato a Benatek, la lotta per i finanziamenti era in pieno svolgimento e nel castello fervevano i lavori di ristrutturazione voluti dal neopadrone. Probabilmente prima di partire Keplero aveva pensato alla nuova Urania come ad un'oasi felice e serena, in cui avrebbe potuto dedicarsi in pace ai suoi studi; si trovò invece in un vero manicomio. L'amichevole lettera di invito, che Keplero non aveva ricevuto, con tutta probabilità era stata dettata dal fatto che molti assistenti che avrebbero dovuto raggiungere Tycho non si erano fatti vedere, e quest'ultimo si trovava in difficoltà. A peggiorare la situazione, era ricomparso Ursus che cercava di seminare zizzania.
    Keplero aveva raggiunto Benatek con la convinzione che sarebbe stato facile utilizzare i dati di Tycho per dare una conferma definitiva al suo "Mysterium", ma dovette subito ricredersi. L'enormità dei dati, e i metodi di osservazione del suo ospite lo misero finalmente in grado di comprendere a quale livello dovesse svolgersi il lavoro di osservazione in campo astronomico; lui, che a Graz misurava la posizione delle stelle con un bastone appeso al soffitto, di fronte ai precisi strumenti del suo anfitrione dichiarò che i metodi di Tycho "mi avvinsero a tal punto che rischiai di perdere lo spirito". In una lettera a Herwart, scritta poco dopo il suo arrivo dichiarava:

Tycho possiede le migliori osservazioni e quindi, per così dire, i materiali per costruire il nuovo edificio [dell'universo]; ha anche dei collaboratori e tutto ciò che può desiderare: gli manca solo l'architetto in grado di utilizzare il tutto seguendo un piano personale. Infatti benché abbia felici disposizioni e un vero talento architettonico è tuttavia ostacolato dalla massa dei fenomeni e dal fatto che la verità vi è profondamente nascosta. Ed ecco che la vecchiaia sta per impadronirsi di lui, indebolendo il suo spirito e le sue forze.

    Ancora una volta aveva fatto centro! Sotto sotto sapeva chi sarebbe stato a costruire il "nuovo edificio", e probabilmente anche Tycho lo comprese ben presto. L'idea che quel provincialotto diseredato, potesse un giorno sfruttare il suo lavoro al punto da mettere in ombra la sua figura, quasi certamente mandò Tycho fuori dai gangheri; ma non poteva farci proprio niente, lui lo aveva chiamato, ed ora poteva solo cercare di mettergli i bastoni fra le ruote. E lo fece con tutti i mezzi a sua disposizione!
    L'assistente anziano di Tycho,
Severin Christian, conosciuto come Longomontano (1562-1647), da anni stava lavorando su Marte nel tentativo di determinarne l'orbita corretta, facendo naturalmente riferimento al sistema geo-eliocentrico. La teoria di Longomontano per il moto di Marte prevedeva un doppio epiciclo e dava risultati quasi soddisfacenti per quanto riguarda l' "ascensione  retta" (la longitudine astronomica) quando Marte era in opposizione, ma per quanto concerneva le altre posizioni e la declinazione, (la latitudine) le previsioni erano ben oltre il limite di errore tollerabile.
    L'arrivo di Keplero provocò una ristrutturazione dell' "istituto di ricerca astronomica" di Tycho. Forse pensando di mettere in difficoltà il neo arrivato, il "maestro" gli assegnò lo studio dell'orbita di Marte, spostando Longomontano alle ricerche sulla Luna. Avventatamente Keplero si lasciò sfuggire che gli sarebbero bastati otto giorni per risolvere il problema; ci riuscirà dopo oltre sei anni di lavoro!
    Allora era più che convinto, come tutti gli astronomi del tempo, che le orbite dei pianeti fossero perfettamente circolari; ma aveva già due grossi vantaggi che gli derivavano dal suo "Mysterium". Prima di tutto era convinto che i pianeti non si muovessero a velocità costante nel percorrere le loro orbite, poi era altrettanto convinto che i moti dovessero essere riferiti al "Sole vero" e non al "Sole medio", dove per "Sole medio" si intende il punto medio dell'asse maggiore dell'orbita della terra. Pur dovendo, lui copernicano convinto, lavorare in base al sistema di Tycho, pensava che il problema non potesse essere molto complicato...
   Ma Tycho era già all'opera; invece di consegnare l'insieme delle sue osservazioni, le comunicava con il contagocce, una cifra qua, una nota a pranzo, un cenno nel mezzo di una discussione e così via; senza nemmeno concedergli l'autorizzazione a copiare i dati... Keplero arriverà al punto di proporre al Magini, docente a Bologna e rivale di Tycho e Galileo, uno scambio di dati.
    Ai primi di aprile, appena due mesi dopo il loro incontro, ci fu il primo scontro in campo aperto. Keplero, maltrattato da Tycho e snobbato dagli altri assistenti, aveva preparato, probabilmente per uso personale, un documento abbastanza ingenuo, che costituiva una vera e propria "piattaforma contrattuale" con le sue rivendicazioni salariali e normative. Non è chiaro come Tycho fosse riuscito a venirne in possesso, ma è certo che lo lesse, e fece in modo di discuterne con Keplero di fronte ad una terza persona. Keplero, irritato sia dal fatto che i suoi affari fossero discussi di fronte a terzi, sia dall'atteggiamento di superiorità e falsamente paternalistico di Tycho, andò su tutte le furie; abbandonò Benatek per la residenza del barone Hoffmann a Praga e appena arrivato a destinazione inviò al suo ex signore una lettera di insulti. Il cagnolino aveva alzato il muso e cercato di mordere!...
   Purtroppo o per fortuna, la situazione di Keplero era insostenibile da tutti i punti di vista; solo, in una città che non conosceva, e senza alcuna fonte di reddito, sofferente di attacchi febbrili probabilmente di natura psicosomatica,  ben presto fu costretto a rimangiarsi tutto. La settimana seguente scrisse a Tycho una umiliante lettera di scuse in cui affermava fra l'altro:

...Vengo supplicando a domandarvi in nome della divina misericordia di perdonare le mie terribili offese. Ciò che ho detto e scritto contro la vostra persona, la vostra gloria, il vostro onore e il vostro rango nella scienza... ritratto tutto e volontariamente e liberamente lo dichiaro infondato, erroneo, falso...Prometto anche sinceramente che, ormai, ovunque mi trovi, non soltanto mi asterrò da atti, parole, fatti e scritti così insensati e che inoltre non vi offenderò mai in modo ingiusto e deliberato...

   Tycho aveva vinto un'altra battaglia, ma forse sapeva di non poter vincere la guerra!... Lasciò cuocere nel suo brodo quel piagnone impertinente per due settimane, poi si recò a Praga a riprenderselo. Sapeva di averne bisogno per realizzare quella riforma dell'astronomia che aveva in mente. Tuttavia doveva punirlo, perciò lo incaricò di scrivere una "Apologia di Tycho contro Ursus". Cosa che Keplero detestava.
    Nemmeno due mesi dopo Keplero ritornò in Stiria, probabilmente con la ferma intenzione di non farsi più vedere da Tycho. Forse sperava di poter riprendere il suo lavoro di insegnante, ma quando vide la situazione, si rese conto che per lui non c'era più posto. Scrisse allora due richieste di aiuto una a Maestlin, l'altra a
Herwart, ma senza risultati.
    Nel tentativo di ingraziarsi l'arciduca, gli inviò un opuscolo sull'eclissi di Sole, che aveva osservato per mezzo di una camera oscura installata sulla piazza della città, e che aveva avuto come risultato il furto della sua borsa; ma tutto inutilmente. Ancora una volta non gli restava che ritornare dal suo padrone con la coda fra le gambe. A luglio tutti i luterani furono espulsi dalla Stiria, e nonostante a Keplero fosse riservato un trattamento particolare, dovette rassegnarsi a partire.
    In ottobre era a Praga con tutta la famiglia, senza portare con sé nemmeno i bagagli. Non aveva denaro per pagarne il trasporto!...
    Tycho, non appena venuto a conoscenza dell'imminente espulsione, probabilmente aveva esultato, quindi aveva scritto a Keplero: "...Sbrigatevi e abbiate fiducia..." aggiungendo una velata promessa di procuragli uno stipendio da parte dell'imperatore, ma nello stesso tempo manteneva la pretesa di fargli scrivere la detestata "Apologia..." anche se Ursus nel frattempo era morto! Per di più Keplero avrebbe dovuto controbattere anche un libretto di J. Craig, medico del re di Scozia, che aveva criticato certe idee del sommo Tycho.
    Mi sono chiesto spesso perché Tycho non scrivesse da solo le sue difese... e sono giunto alla conclusione che probabilmente, in base all'educazione ricevuta, era talmente convinto di avere sempre ragione, che l'idea che qualcuno potesse pensarla in modo diverso non lo sfiorava nemmeno!
    Anche questa volta dietro l'invito di Tycho c'era un motivo egoistico, Longomontano se n'era andato lasciandolo nei guai, per di più Rodolfo II lo aveva obbligato a stabilirsi a Praga per averlo sottomano. Probabilmente fu felice di ospitare la famiglia Keplero nella sua casa di città, con poca spesa si era procurato un valido assistente e una domestica.
    Nei mesi seguenti Keplero non dovette lavorare molto su Marte, impegnato com'era nelle dispute contro Ursus e Craig, ma non aveva alternativa.
    Nella primavera successiva veniva a mancare il padre di Barbara, che nel frattempo si era convertito al cattolicesimo per poter morire in santa pace a casa sua. Con la scusa di salvare l'eredità, Keplero ritornò in Stiria dove a quanto sembra fu ben accolto.
    Naturalmente non riuscì a salvare l'eredità, ma i quattro mesi passati lontano da Praga, ebbero un effetto ricostituente. Oltre ad interessarsi alla misura della curvatura terrestre, frequentava la "buona società", cioè si sentiva accettato, e tanto gli bastava.
    Quando in agosto ritornò a Praga era ristabilito nel fisico e nello spirito. Lui ancora non poteva saperlo, ma il suo calvario stava per finire.
    E' opportuno ancora una volta vedere come Keplero descrive gli eventi:

Il 13 di ottobre, Tycho Brahe, in compagnia di mastro Minkowitz, cenò alla tavola dell'illustre Rosenberg e trattenne la sua acqua più di quanto non esiga la buona educazione. Come bevve ancora, sentì aumentare la tensione della vescica, tuttavia preferì l'educazione alla salute. Rientrando a casa riuscì a malapena ad urinare.
[
Segue l'oroscopo del giorno!...]
Dopo cinque notti senza sonno non riusciva ancora ad emettere la sua acqua se non con grandissima pena e anche il passaggio era penoso. L'insonnia continuò, con una febbre interna che salì a poco a poco al delirio; Il cibo assunto, da cui non lo si poté tener lontano, esacerbò il male.
Il 24 ottobre il suo delirio cessò per parecchie ore; la natura se lo portò via ed egli spirò in pace tra le consolazioni, le preghiere e le lacrime di tutti i suoi.

   Il quattro novembre Tycho venne tumulato con tutti gli onori; il sei, il consigliere imperiale Barwitz annunciava a Keplero la sua nomina a "Mathematicus imperiale"!...
   Una delle prime cose che il neomathematicus fece subito dopo la morte di Tycho, fu trafugare parecchi registri con le osservazioni del defunto; a ciò naturalmente farà seguito una lunga diatriba con gli eredi. Finalmente poteva lavorare in santa pace a modo suo, sui dati del defunto maestro e amico persecutore; e, cosa non meno importante, ebbe libero accesso alla biblioteca imperiale.
    Secondo quanto riportato nella "Astronomia Nova", negli ultimi momenti di lucidità Tycho avrebbe più volte esclamato: "Ne frusta vixisse videar" ( che io non sembri esser vissuto invano)! Era forse l'ultimo tentativo di imporre a Keplero le sue convinzioni, ma probabilmente sapeva benissimo che ciò non sarebbe servito a niente.
   Il piccolo ragazzo maltrattato, rifiutato e pieno di complessi, non appena liberato dal più stretto bisogno, si trasformò inevitabilmente in un gigante... e che gigante!... Come Tycho aveva sempre temuto, i suoi dati servirono per costruire un nuovo edificio dell'universo che avrebbe oscurato il suo.
    Il capolavoro di Keplero, la "
Astronomia Nova AITIOLOGETOS, seu Physica coelestis, tradita e commentariis De Motibus Stellae Martis, Ex observationibus G. V. Tychonis Brahe" fu, e rimarrà, il killer spietato che eliminò i precedenti millenni di scienza astronomica. Per coloro in grado di affrontare l'"Astronomia Nova", purtroppo veramente pochi, le sfere, gli epicicli e i moti circolari uniformi con i relativi equanti e gli altri artifici matematici privi di basi fisiche, furono irrimediabilmente e finalmente eliminati senza possibilità di appello dal mondo della scienza astronomica
    Di quest'opera, iniziata nel 1600 e data alle stampe solo nel 1609, per niente piacevole da leggere, (anche in questo caso non sono riuscito a trovarne una versione in italiano...) scritta con il solito stile introspettivo, con lunghissime descrizioni dei tentativi errati e dei successi inattesi, con errori di aritmetica da alunno delle elementari e ricerche di nuovi metodi di calcolo, parleremo un po' meno superficialmente in un apposito articolo.
    Keplero contemporaneamente alla stesura dell'"Astronomia Nova", o "guerra con Marte" per chiamarla come la definisce lui stesso , completò diversi altri lavori.
    Già Tycho, misurando il diametro della Luna durante un'eclissi di Sole, si era accorto che il diametro della stessa risultava più piccolo di circa il 20 % rispetto al diametro fuori eclissi, misurato quando questa era alla stessa distanza dalla Terra.
    Tycho aveva quindi elaborato una sua teoria sulla diffrazione della luce che, pur essendo sbagliata, aveva avuto il grosso merito di porre il problema. Keplero dopo aver osservato nell'estate del 1600 l'eclissi solare a Graz, per intenderci quella che gli era costato il furto della borsa con trenta fiorini, e misurato accuratamente il diametro della Luna; rendendosi conto dell'importanza che il fenomeno poteva assumere in riferimento alla precisione nelle osservazioni, aveva avviato una ricerca sulle eclissi recenti e passate, riscontrando un buon numero di discordanze che non si potevano attribuire semplicemente a errori di osservazione.
    Il risultato di queste ricerche fu il primo trattato di ottica scritto da Keplero. "Ad Vitelionem paralipomena , quibus astronomiae pars optica" (Appendice a Vitellio, in cui si presenta la parte ottica dell'astronomia), che lo stesso Keplero chiama semplicemente "Optica".
    Terminato nel 1603, ma presentato all'imperatore solo l'anno dopo, non è solo un testo di fisica ottica, ma anche uno studio fisiologico sull'occhio, in cui per la prima volta si descrive la funzionalità della retina e si paragona l'occhio alla camera oscura. L'opera, pur rifacendosi a trattati precedenti come il "Magia Naturalis" del Della porta, rappresenta l'atto di nascita dell'ottica fisica e geometrica, in essa compaiono per la prima volta il termine "fuoco" con relative spiegazioni, la legge sulla rifrazione della luce, che pur non completamente corretta già si avvicina molto alla realtà, in aggiunta sono descritte alcune aberrazioni delle lenti.
    Nel 1604, mentre la discussione fra gli astronomi e fra i filosofi circa la natura del cosmo era più viva che mai, ancora una volta i cieli decisero di far sentire, o meglio vedere, la loro voce. La sera del nove ottobre di quell'anno fece bella mostra di sé nella costellazione di Ophiuco (Serpentario) una una nuova stella. Era un po' meno luminosa di quella osservata da Tycho nel 1572, ma giunse comunque a superare lo splendore di Giove, senza tuttavia raggiungere quello di Venere. (Oggi si valuta che abbia raggiunto al massimo dello splendore la magnitudine -3) La stella rimase visibile per circa un anno, e questa volta, almeno per quanto ho potuto appurare, nessuno sostenne che la stessa avesse una parallasse misurabile. Keplero come "Mathematicus Imperiale", fu praticamente obbligato a seguire il fenomeno. Il risultato delle sue osservazioni fu un opuscolo di natura prevalentemente astrologica, "De Stella Nova in Pede Serpentarii" a cui farà seguito "De stella nova in pede serpentarii, pars altera". Accanto alle fantasie astrologiche tuttavia c'era una rigorosa serie di osservazioni che ha permesso agli astronomi moderni di ricostruire la curva di luminosità della supernova con buona approssimazione.
    Nel 1606 aveva dato alle stampe l'opuscolo "De Jesu Christi salvatoris nostri vero anno natalitio" in cui proponeva l'identificazione della stella di Betlemme con la congiunzione di Giove e Saturno avvenuta nel 4/5 a.C. Qualche anno dopo  riprenderà il discorso con un'opera in tedesco.
    Già nel gennaio del 1606 Keplero, in una lettera a Herwart, annunciava di aver terminato la sua "Astronomia Nova", ma la pubblicazione come già detto, avverrà solo nel 1609.
    L'imperatore Rodolfo II, alla morte di Tycho, aveva offerto agli eredi ventimila talleri per gli strumenti che il grande astronomo aveva portato a Praga. Purtroppo Rodolfo aveva la pessima abitudine di promettere soldi che non aveva, senza contare che per molti suoi funzionari era abbastanza facile imbrogliarlo approfittando del fatto che si occupava ben poco degli affari di stato. Fu così che gli eredi ottennero solo poche centinaia di talleri, e la cosa non piacque certamente al genero di Tycho
Tengnagel, il quale, probabilmente per rifarsi, aveva accusato Keplero, una volta tanto giustamente, di aver sottratto i registri con i dati delle osservazioni del suocero, anche se con ogni probabilità lui non avrebbe saputo che farne.
    Tengnagel, nel frattempo divenuto magistrato, era riuscito a far proibire a Keplero la pubblicazione dell'opera senza aver prima ottenuto la sua approvazione in quanto la stessa era stata, a suo dire, commissionata da Tycho; allo scopo si era riservato ben quattro anni di tempo per valutarla e approvarla, inoltre aveva preteso che il suo nome comparisse a fianco di quello dell'autore. Evidentemente la sua presunzione non gli permetteva di vedere i suoi limiti.
   Poiché lo stipendio di Keplero non sempre arrivava, e quando arrivava, spesso e volentieri era in ritardo, come al solito rimase senza il denaro necessario per pagare la stampa della sua "Astronomia Nova". Nel dicembre 1606, dopo che Keplero si era proposto di cercare un altro finanziatore, Rodolfo II assegnò 400 fiorini per la stampa dell'opera, ma lui dovette utilizzarne parte per le sue necessità. Ci vollero altri due anni per rivedere il manoscritto, far eseguire le xilografie dei disegni e accordarsi con lo stampatore; finalmente, all'inizio del 1608 dopo che l'imperatore ebbe sborsato altri 500 fiorini, la stampa ebbe corso. Tuttavia Rodolfo II si era praticamente riservato la proprietà dell'opera, vincolando la vendita di ogni copia alla sua approvazione.
    Purtroppo al peggio non c'è mai un limite; Tengnagel, oltre a ottenere la metà dei diritti d'autore, aveva preteso di aggiungere all'opera una sua prefazione!
Forse è vero che il raglio d'asino non sale in cielo, ma sulla terra può arrivare molto, ma molto, in alto!...
    Quando all'inizio del 1609 a Heidelberg fu completata la stampa, Keplero, che nel frattempo non aveva ancora visto un soldo del suo stipendio, cedette l'intero blocco delle copie allo stampatore E. Vögelin di Lipsia per tre fiorini la copia.
   Le vicissitudini per la stampa della "Astronomia Nova" gli avevano procurato nuovamente una profonda depressione, per fortuna erano in arrivo strepitose novità.
    Verso la fine del 1609 Galileo aveva costruito il suo primo "cannocchiale", e dopo averlo mostrato ai nobili veneziani, lo aveva rivolto verso il cielo. La quantità di meraviglie che riuscì ad osservare con uno strumento tanto primitivo, fu incredibile. I satelliti di Giove, le montagne della Luna, le stelle invisibili ad occhio nudo, e più tardi le macchie solari, misero definitivamente fine all'incorruttibilità e immutabilità aristotelica dei cieli.
    Il dodici marzo del 1610 a Venezia fu terminata la stampa del "Sedereus Nuncius". Il libretto di Galileo era un capolavoro divulgativo, ben lontano dagli analitici e introspettivi trattati di Keplero. Come verrà affermato più tardi: questo opuscolo si leggeva in poche ore, mentre per l'Astronomia Nova, forse non bastava una vita.
    La prima reazione alla notizia delle scoperte galileane da parte degli ambienti ufficiali fu inevitabilmente negativa e in qualche caso oserei dire anche giustificata. A parte la prevedibile resistenza degli ambienti "tolemaici", lo strumento di Galileo era veramente un oggetto rudimentale il cui uso, come lo stesso Galileo precisava in una lettera a Belisario Vinta, richiedeva una pratica che quasi nessuno possedeva; quindi furono in molti e con piena convinzione a dichiarare che il cannocchiale non permetteva di vedere alcunché, senza contare che alcuni folosofi addirittura si rifiutarono di porre l'occhio all'oculare dello strumento.
    Come dirà lui stesso nella "Dissertatio", Keplero ebbe le prime notizie delle novità da un amico, Waeckher von Wackhenfels (1550 - 1619) funzionario imperiale. Erano poco chiare e di seconda mano, perciò tra i due la discussione fu piuttosto animata. Wacker sosteneva che Galileo aveva visto pianeti attorno ad altre stelle, Keplero, convinto sulla base del suo "Mysterium" che potevano esistere solo sei pianeti, affermava che doveva trattarsi di satelliti di pianeti del sistema solare.
    Il "Nuncius" era uscito dalle stampe all'inizio di marzo, il tre aprile un amico di Galileo, Martin Hasdale, ad un pranzo fra notabili a Praga, al quale era presente Mark Wesler, banchiere dei gesuiti, ricevette da quest'ultimo una copia del libro con il suggerimento di chiedere l'opinione di Keplero. Nello stesso periodo, forse l'otto aprile, Giugliano de Medici, ambasciatore toscano alla corte imperiale, chiese formalmente a Keplero di mettere per iscritto la sua opinione non come amico di Galileo, ma con assoluta franchezza. Questi chiese notizie per lettera a Georg Fugger, ambasciatore imperiale presso la Repubblica Serenissima, il quale il 16 aprile rispose che il testo era "privo di interesse" ed estraneo alla filosofia, e che Galileo era dedito a rubare le invenzioni degli altri; perciò non si era preoccupato di informare l'imperatore.
    Dopo una rapida lettura del "Nuncius", Keplero scrisse immediatamente un commento sotto forma di lettera e la consegnò al corriere che doveva ripartire per l'Italia il 19. La "Dissertatio cum nuncio sidereo", scritto con il solito linguaggio introspettivo ma questa volta alquanto spontaneo, fu rapidamente stampato in tutta Europa (a Firenze fu stampato senza che l'autore lo sapesse!...) e fu uno dei pochissimi scritti a sostegno delle nuove scoperte, anche se Keplero rivendicava la priorità del suo
"Optica" e riferiva degli studi del Della Porta.
    Benché iniziasse con un aperto rimprovero a Galileo per il mancato riconoscimento dei precedenti trattati sull'ottica, la "Dissertatio" accettava senza riserve le nuove scoperte, nonostante l'autore non le avesse verificate personalmente. Diversi personaggi tuttavia cercarono di interpretare negativamente i discorsi contenuti nell'opuscolo, ma lo stesso Galileo in una lettera al Salviati, confermava il sostegno datogli da Keplero.
    Essendo Keplero il "Mathematicus Imperiale" la sua autorità aveva un peso rilevante, e Galileo lo sapeva, ma non per questo si affrettò a ringraziarlo, al momento era impegnato a difendersi da personaggi che si dichiaravano "sicuri" che lui non aveva visto niente, purtroppo di simili soggetti, tutt'ora "sicuri" che Galileo non abbia visto nulla ce ne sono anche oggi, e trovano sempre chi li ascolta.
    Pressato da più parti per aver confermato le osservazioni di Galileo senza averle verificate personalmente, Keplero il 9 agosto scrisse allo stesso chiedendo un cannocchiale, e pregandolo di comunicargli il nome di qualche testimone delle sue osservazioni. Il 19 agosto Galileo rispose citando come testimone delle sue scoperte niente meno che il granduca, ma niente strumento; Galileo era immerso nelle accese polemiche provocate dalle sue scoperte, al momento si stava trasferendo a Firenze a seguito della sua nomina a matematico del granduca.
    Fortunatamente alla fine di agosto era giunto a Praga l'elettore Ernst di Colonia, in possesso di uno degli strumenti di Galileo, che prestò a Keplero per una decina di giorni. Questi radunò diversi amici e conoscenti facendo loro osservare il cielo attraverso il cannocchiale, e chiedendo ad ognuno di disegnare su di una tavoletta ciò che vedeva.
    Finalmente le osservazioni di Galileo poterono essere indiscutibilmente confermate dal "Mathematicus Imperiale", e Keplero pubblicò la "Narratio de Jovis satellitibus", una relazione delle sue osservazioni, in cui compare per la prima volta il termine "satellite" per indicare gli oggetti celesti che ruotano attorno ai pianeti. Per lui la discussione era chiusa!
    C'era un particolare che Keplero riteneva giustamente in sospeso... L'assenza di spiegazione circa funzionamento dello strumento. Fino ad allora le lenti erano considerate una curiosità da baraccone, in quanto alteravano la visione della realtà, quindi non esisteva una spiegazione tecnica del funzionamento del cannocchiale.
    Forte del suo "
paralipomena" che aveva ricordato anche nella "Dissertatio", in breve tempo scrisse un trattato di ottica: "Dioptrice, seu demostratio eorum quae visui et visiblibus propter conspicilla non ita pridem inventa accidunt" dal nome di uno strumento usato per misurare la posizione delle stelle, la "diottra". Questo trattato noto come "Dioptricae", è certamente la conferma della nascita dell'ottica scientifica.
    Scritto con uno stile anomalo nei confronti degli altri suoi trattati, é un po' più vicino ad un moderno manuale, costituito com'é da 141 "teoremi" divisi in "Definizioni"; "Assiomi", cioè teoremi che non necessitano di dimostrazione; "Problemi", teoremi di cui viene data una dimostrazione sperimentale; "Proposizioni", dimostrate in base alle definizioni e agli assiomi.
    Finalmente le lenti entravano a pieno diritto nel mondo degli strumenti scientifici; nel  "Dioptricae" non solo veniva correttamente spiegato il funzionamento del "cannocchiale", ma veniva proposto anche un diverso tipo di strumento basato sull'uso di due lenti convergenti, nettamente superiore allo strumento di Galileo, anche se in esso l'immagine appariva rovesciata come nelle camere oscure che Keplero usava da anni.
    A settembre del 1610 aveva presentato presentato la sua opera all'
elettore Ernst di Colonia, ma le difficoltà per la stampa, non ultime quelle economiche, faranno in modo che l'opera esca solo l'anno successivo. Nel frattempo Galileo aveva fatto altre due scoperte senza pubblicarle, ma diffondendo due anagrammi per garantirsene la priorità. Si trattava della strana forma di Saturno e delle fasi di Venere, cioè gli anelli di Saturno non ben distinguibili nel primitivo attrezzo di Galileo e del fatto che Venere, visto al telescopio, si presenta col passare del tempo, con un aspetto simile alla Luna, primo quarto, piena, ultimo quarto, nuova.
    Quest'ultima scoperta contraddiceva sperimentalmente il sistema tolemaico, e Galileo la propose come prova del sistema copernicano; Keplero fece subito notare, nella nuova introduzione al "Dioptricae", che anche il sistema tychonico giustificava i diversi aspetti sotto cui si presentava Venere.
    La situazione politica del "Sacro Romano Impero" si era progressivamente deteriorata. Terminata nel 1606 la guerra contro i Turchi con la cessione all'impero Ottomano della Transilvania, Rodolfo II nel 1608 aveva cercato di riprendere le ostilità senza ottenere l'appoggio dei principi tedeschi, contemporaneamente suo fratello Mattia aveva approfittato dell'occasione per ottenere le corone di Austria, Ungheria e Moravia. Come risultato Rodolfo II era rimasto imperatore solo nominalmente, in pratica governava soltanto sulla Boemia.
    Arriviamo così al 1611, forse l'anno più nero dell'intera vita di Keplero. Nella primavera Leopoldo, cugino di Rodolfo II, aveva occupato con le sue milizie parte della città di Praga; i maggiorenti di Boemia avevano chiesto l'aiuto di Mattia, il quale non perse l'occasione, e a maggio Rodolfo dovette cedergli anche la corona di Boemia; morirà all'inizio dell'anno successivo.
   
Dal matrimonio di Keplero con Barbara Müller erano nati cinque figli, due dei quali erano morti in tenera età.
    All'inizio del 1611 la guerra aveva colpito con atrocità di ogni genere la città di Praga, che già in tempo di pace presentava condizioni igieniche che definire carenti sarebbe un eufemismo. Barbara, che per tutta la vita si era occupata solo dei lavori di casa e dei figli e non si era mai interessata all'attività del marito, nè aveva mai cercato di comprendere i suoi interessi, si ammalò di una non meglio specificata "febbre ungherese". Quando si riprese i tre figli furono colpiti da vaiolo, dono alla città dei vari eserciti, la prima e l'ultimo riuscirono a superalo, quello di mezzo, il preferito del padre, morì. Barbara rifiutò di accettare sia la guerra che la morte del figlio, cadde quindi in un profondo stato di apatia e depressione da cui non si riprese più; morì nel giro di pochi mesi a soli trentasette anni!
    Se già prima della guerra lo stipendio di Keplero arrivava ad intermittenza, coi disordini portati dai recenti avvenimenti non c'era nemmeno da pensarci. Per cui, considerando inutile se non decaduto il suo incarico di "mathematicus imperiale", anche se il nuovo imperatore lo aveva riconfermato, accettò la nomina di "mathematicus" a Linz, tuttavia per scrupolo verso il suo vecchio datore di lavoro, Rodolfo II, non lasciò Praga fin dopo la morte di quest'ultimo. L'incarico assunto a Linz, copoluogo dell'alta Austria, era in sostanza un vitalizio che non prevedeva impegni di lavoro, lo stipendio, benché non ricco, gli era versato abbastanza regolarmente, inoltre poteva contare sull'appoggio di diversi nobili, tra cui i Liechtenstein e gli Starhemberg. Soprattutto aveva il grosso vantaggio di essere lontano da Praga, il ché, considerati i tempi non era poco!
    Benché Keplero fosse profondamente religioso, spesso manifestava opinioni in contrasto con la gerarchia luterana. Il suo atteggiamento, improntato alla massima tolleranza, lo obbligava a rifiutare tutte quelle lotte che noi definiamo in blocco "guerre di religione"; anche dal punto di vista teologico non condivideva diversi dogmi tra cui l'ubiquità della presenza carnale di Cristo sotto le specie dell'eucaristia. Già poco dopo il suo arrivo a Linz, ebbe una vera contesa con il pastore luterano Hitzler; questi, allorché Keplero si presentò alla comunione, pretese una conferma scritta dell'accettazione del dogma, e al rifiuto dello scienziato, non somministrò il sacramento. Keplero scrisse una protesta al Consiglio Ecclesiastico del Würtemberg, che rispose di lasciare la teologia ai teologi, ma non impedì allo stesso di comunicasi presso una parrocchia vicina.
    L'anno successivo al suo arrivo a Linz, da una lettera inviata da Keplero ad uno sconosciuto notabile, veniamo a conoscenza del fatto che stava cercando moglie. La lettera in questione, datata 23 ottobre 1613 e in verità abbastanza ingenua, descrive tutte le vicissitudini che lo porteranno a scegliere fra undici candidate Susanna Reutinger, ventiquattro anni, figlia di un falegname e ormai orfana di entrambi i genitori. Susanna viveva svolgendo mansioni non elevate in casa Starhemberg, tanto che alcuni conoscenti avevano manifestato la convinzione che Keplero potesse scegliere di meglio. Sembra tuttavia che la ragazza gli piacesse veramente, sia per i modi che per l'aspetto. Infatti negli scritti di Keplero, al contrario di quanto era accaduto per Barbara, non troviamo un solo accenno di critica nei confronti della nuova moglie, e parlando di Keplero, probabilmente è il massimo degli elogi.
    Un fatalista affermerebbe che Keplero era destinato a non avere pace, e visti gli eventi che stavano maturando, si sarebbe tentati di accettare una tale affermazione, dimenticando che all'epoca nessuno era veramente tranquillo. In quel periodo tutta l'Europa era infiammata da una ridicola quanto assurda, sadica e crudele "caccia alle streghe", le cui vittime naturalmente erano povera gente del popolo.
    La madre di Keplero, dopo la fuga del marito, del quale non si era più saputo nulla, aveva continuato a vivere a Leonburg e col passare del tempo, il suo "cattivo carattere" era peggiorato. Dei due figli sopravvissuti oltre a Jhoannes, la femmina aveva sposato un pastore luterano e il più giovane, dopo varie vicende, le era rimasto attaccato alle gonne. La sua malalingua e il suo continuo intrigare ne facevano una candidata strega ideale. Nel 1615, a causa del figlio minore, ebbe una furiosa lite con Ursula, la sua "migliore" amica, moglie del vetraio Jacob Reinhold, questa per vendicarsi incominciò a spargere le più assurde calunie, e purtroppo, come dice la famosissima aria: "La calunia è un venticello..." che alla fine "trabocca e scoppia, si propaga e si raddoppia, e produce un'esplosione come il rombo di un cannon!..."
    Disgraziatamente per
Katherine Guldenmann, la sua peggior nemica, Ursula, la moglie del vetraio, aveva un fratello barbiere alla corte dei duchi di Würtemberg che nel corso dell'anno passò da Leonburg al seguito del principe Achille.
    Una sera, dopo una cena in compagnia, in cui si era sparlato più del solito delle presunte attività magiche di
Katherine, il barbiere/chirurgo accompagnato dal magistrato Luther Einhorn, trascinò la vecchia Katherine in municipio dove il barbiere minacciò di ucciderla se non avesse magicamente guarito la sorella che, a suo dire, si era ammalata in seguito ad una sua fattura, anche se in verità la causa dei mali sembra fosse dovuta ad un aborto dovuto al fatto che Ursula a tempo perso esercitava il più antico mestiere del mondo; fortunatamente la madre di Keplero non abboccò. Purtroppo Katherine ebbe la pessima idea di sporgere denuncia per diffamazione. Il magistrato Luther Einhorn, sentendosi minacciato, bloccò tale denuncia, avviando un procedimento per stregoneria. Fu l'inizio di una tragedia, il processo che ne seguì durerà con alterne vicende fino al 1621.
    Verso la fine del 1616, il genero e il figlio più giovane per sottrarla al processo ed anche per dissociarsi in previsione del peggio, spedirono la povera vecchia a Linz da Keplero che in precedenza era stato avvertito della situazione dalla sorella. Dopo nove mesi di soggiorno a Linz, la vecchia madre, che per quasi tutta la vita non aveva mai abbandonato i suoi monti, volle ritornare dalla figlia, e Keplero la seguì per curarne la difesa, ma ottenne solo di poterla riportare a Linz. Questa volta la donna si rifiutò con stolta cocciutaggine di seguire il figlio, così Keplero ritornò a Linz da solo. Quando, nel mese di maggio del 1618, ebbe finalmente corso il processo per diffamazione intentato da Katherine, gli avvocati, utilizzando tutte le dicerie popolari, riuscirono in poco tempo a rovesciare la situazione, e ben presto la querelante divenne imputata. Probabilmente non è un caso che di tutto il voluminoso incartamento del "caso
Guldenmann", le uniche carte che non si sono ritrovate, sono quelle relative alla seduta in cui la madre di Keplero aveva messo alla frusta la sua ex amica Ursula. A luglio Katherine fu arrestata per un "diligente esame" (preludio di tortura), ma non era certo tipo da invocare quella clemenza e quel perdono che le venivano richiesti e che probabilmente le sarebbero costati la vita. Dopo un periodo di relativa falsa quiete durante il quale Katherine era segnalata a Leonburg come il nemico pubblico n° 1 e Keplero bollato come il "figlio della strega", nell'agosto del 1620 fu definitivamente arrestata.
    La sorella di Keplero, Margherita, inviò una nuova richiesta di aiuto, e lui si rimise in viaggio. Il peso di Keplero e l'ostinazione della madre nel negare ogni addebito, ostinazione che questa volta si rivelò veramente saggia, fecero si che
Katherine, a settembre 1921, dopo essere stata portata in sala di tortura ed avere ancora una volta rifiutato di confessare delitti non commessi, fosse finalmente liberata. Stroncata dalle vicissitudini attraversate e ormai in età avanzata si spegnerà nel successivo aprile
    Fu durante il viaggio in cui Keplero riaccompagnò la madre a Leonburg che lesse il trattato sulla musica di Vincenzo Galilei, padre di Galileo. Probabilmente il suo "Harmonice mundi" era già in fase avanzata, ma prima di parlarne è opportuno accennare, molto brevemente, cosa si intendesse per "armonia" in quel periodo.
    Alla fine del '500, inizio '600, il concetto di "armonia" era molto simile al nostro concetto di "giusto equilibrio", e non riguardava soltanto la musica ma investiva ogni campo del pensiero umano. Il neoplatonismo si rifaceva, almeno in parte, all'idea risalente a Pitagora, secondo cui l'armonia era il risultato di una precisa operazione matematica. In base a questo postulato, era considerato obbiettivo dell'armonia ricavare, dati due valori "A" e "B", il "medio" aritmetico o il medio geometrico, oppure il "medio armonico" M, che si ricavava della seguente espressione:

1/A : 1/M = 1/M : 1/B

il risultato dell'espressione veniva quindi ascoltato sul "monocordo", una specie di chitarra ad una sola corda, il cui ponticello poteva scorrere su di una scala graduata sulla quale si potevano leggere le misure della lunghezza dei segmenti di corda separati dallo stesso. Pizzicando le due parti di corda si ottenevano suoni che, qualora risultassero gradevoli, venivano definiti "consonanti" o armonici, in caso contrario "dissonanti" o disarmonici.
    L'armonia in pratica era una vera scienza teorica: la "scienza degli armonici", idonea ad eseguire indagini matematiche, fisiche, magiche, e naturalmente musicali.
    Fin dai tempi del "Mysteriun" Keplero non aveva mai abbandonato l'idea che l'universo nel suo insieme fosse qualcosa di magnifico e ordinato, e che rappresentasse lo specchio della perfezione divina. Probabilmente i primi abbozzi dell'Harmonice mundi risalivano a quegli anni, e col tempo l'idea era diventata una profonda convinzione, quasi un'ossessione.
    Chiunque abbia anche solo cercato di leggere l' "Harmonice mundi" si rende conto che, a dispetto delle convinzioni dell'autore, difficilmente può essere considerato un testo a carattere scientifico. Per quanto mi riguarda è una visione mistico onirica di un universo ideale; in cui Keplero cerca di dare un'ordinata forma matematica non solo al mondo celeste, ma anche umano, sociale e spirituale. In contrasto con le sue esperienze di vita, l'idea fondamentale di Keplero, che con tutta probabilità risaliva ai tempi dei suoi studi nel seminario
luterano di Adelberg, è che al di là delle miserie umane, esiste un mondo che essendo creato da un Essere Perfettissimo non può essere altro che perfetto, o meglio ancora, "armonico".
    Il trattato, dedicato a Giacomo I d'Inghilterra, è diviso in cinque libri più un'appendice, di cui i primi due costituiscono la base aritmetica e geometrica, cioè un insieme di leggi e principi per riconoscere e valutare l'armonia del mondo.
    Il terzo riguarda l'armonia nella musica, ma contiene anche una rilevante "Digressione politica sulle tre medie proporzionali", in cui commentando e interpretando l'opera di Jean Bodin (1530 - 1596), Keplero cerca l'armonia nelle varie forme di governo, nelle forme di giustizia, nei vari tipi di leggi comprese quelle familiari, e nelle pene che seguono la violazione delle stesse. Da rilevare che Jean Bodin nel suo "les six livres de la republic" , duecento anni prima di Montesquieu e di Rousseau, sosteneva che la sovranità non deriva da Dio, ma dai bisogni dell'uomo e aveva intuito il concetto di uno stato di diritto.
    Il proemio del quarto libro descrive il piano globale dell'opera, e tratta dell'armonia di quegli enti che potremmo definire immateriali, la mente, l'anima, e gli influssi astrologici che provenendo dagli astri influenzano l'armonia del mondo.
    Il quinto libro analizza l'armonia degli astri. E' in questo libro che fa la sua comparsa, in una proposizione marginale, la "terza legge di Keplero"; la quale afferma che nelle orbite ellittiche descritte dai pianeti, il rapporto tra il quadrato dei tempi periodici (tempi di rivoluzione) e il cubo dei semiassi maggiori è una costante.
    Nell'appendice Keplero confronta il suo trattato con quelli che allora erano ritenuti i testi classici della scienza degli armonici, il terzo libro degli armonici di Tolomeo e l'Utriuque Cosmi di Robert Fludd (1574 - 1637) teosofo inglese, affermando che entrambi i trattati sono da considerarsi superati in quanto basati sul sistema tolemaico anziché sul copernicano.
    Certamente per Keplero il suo Harmonice era la massima sintesi tra scienza e religione in grado di descrivere l'universo; ne era convinto a tal punto che nel "Proemio" del V° libro si abbandonò ad una convinta autoesaltazione.

"E dunque che bisogno c'è di molte parole? L'intima natura dell'universo andava svelandosi agli uomini grazie ad interpreti di secoli tra loro lontani; e qui c'era il dito di Dio, per parlare alla maniera degli Ebrei, perché ci fosse un medesimo progetto sulla conformazione del mondo nell'animo di due che si erano dedicati completamente alla contemplazione della natura, dal momento che nessuno dei due è stato guida per l'altro nell'intraprendere questo cammino.
Ormai da diciotto mesi è apparsa la prima luce, da tre mesi è spuntato il giorno giusto, da pochissimi giorni, inoltre, è sorto anche lo stesso Sole sfavillante della meravigliosa contemplazione; ormai non mi trattiene più nulla, mi piace abbandonarmi al sacro furore, amo sfidare gli uomini, confessando sinceramente la verità: io rubo i vasi d'oro degli Egiziani per edificare con essi, molto lontano dai confini dell'Egitto, il tabernacolo per il mio Dio.
Se mi perdonate, sarò felice; se vi adirate, lo sopporterò; ecco, corro il rischio e scrivo un libro, non importa se lo leggeranno i contemporanei o i posteri; aspetti esso il suo lettore per cento anni, una volta che Dio ha aspettato per seimila anni uno che lo meditasse."

    Evidentemente il Keplero mistico era radicato nel Medioevo almeno quanto il Keplero scienziato era proiettato nel futuro!...
    Ancora più strano può sembrare il fatto che mentre si autoesaltava scrivendo l'Harmonice, contemporaneamente Keplero lavorava all'"Epitome Astronomiae Copernicanae".
    L'Epitome in realtà più che un riassunto del sistema copernicano è la sintesi del "sistema kepleriano". Come lo stesso Keplero precisa nell'avvertimento al lettore che precede il IV° libro, già ai tempi della stampa dell'Astronomia Nova, considerando la natura di quel testo, che definire ostico sarebbe un palliativo, aveva promesso un'"epitome" che avrebbe dovuto rendere più accessibili i concetti in esso contenuti. Purtroppo, o per fortuna, nel frattempo le scoperte di Galileo e le vicende politico familiari avevano messo in secondo piano la realizzazione dell'opera.
    Il risultato fu un riepilogo delle sue teorie, comprese le prime due leggi ricavate nella "Astronomia Nova" e la terza legge contenuta nell'Hrmonice, il tutto integrato dalle nuove scoperte. Naturalmente pretendere che Keplero potesse scrivere un testo "divulgativo" sarebbe oltre ogni possibile immaginazione, ma resta il fatto che nonostante il misticismo che avvolge l'intera opera, L'Epitome seppellisce in modo definitivo le vecchie idee; eccentrici, equanti ed epicicli sono definitivamente scomparsi, anche se il mondo è ancora chiuso dalla sfera delle stelle fisse e la grandezza del cosmo, benché aumentata, rimane a misura d'uomo.
    Tuttavia per due generazioni quasi nessuno se ne accorgerà. Completato attorno al 1621 e stampato l'anno dopo, l'Epitome, probabilmente avrebbe dovuto, nelle intenzioni di Keplero, essere un testo alternativo ai classici trattati per l'insegnamento; per questo motivo è strutturato sotto forma di domanda/risposta, senza quelle descrizioni, tipiche dell'autore, di tutti i suoi tentativi ed errori.
    Tycho Brahe nel 1600 in occasione di un incontro con l'imperatore Rodolfo II, aveva preannunciato allo stesso una nuova serie di tavole astronomiche che già allora aveva definito "Tavole Rudolfine". Alla morte di Tycho, Keplero aveva per così dire, ereditato il compito. In realtà il lavoro di stesura delle tavole non era un compito particolarmente gradito da Keplero, anzi... Tuttavia una gran quantità di personaggi lo stimolava a portare a termine l'impegno. Tutti sentivano l'esigenza di nuove tavole in quanto quelle "pruteniche" del
Reinhold risalivano al 1551, ed essendo basate su un ridotto numero di osservazioni si erano rivelate non molto più precise delle "tavole alfonsine" a loro volta risalenti al '200.
    In
una lettera del 1622, Keplero aveva annunciato: "scorgo il porto...", sei mesi dopo dichiarava di aver quasi finito.
   Una volta elaborate, con la solita metodica precisione, le "Tabulae Rudolphinae", la relativa pubblicazione divenne un vero calvario.
    La Guerra dei trent'anni era arrivata anche a Linz; e Keplero non aveva soldi per pagare la stampa delle "Tabulae", per cui si mise in viaggio per Vienna, nuova capitale dell'impero, nel tentativo di riscuotere gli arretrati di "Mathematicus Imperiale". Una volta giunto a destinazione, per ottenere parte degli oltre 6000 fiorini che gli spettavano, furono necessari quattro mesi. La corte imperiale scaricò il debito sulle città di Norimberga, Memningen e Kempten; rimessosi quindi in viaggio, riuscì a malapena a riscuotere duemila fiorini, se ne servì per l'acquisto della carta, e decise di finanziare il resto di tasca propria attingendo al fondo che aveva riservato per i figli.
    A Linz non c'era una stamperia in grado di eseguire il lavoro, per cui Keplero si rimise ancora in viaggio per reclutare manodopera specializzata.
    A lavoro iniziato, apparve un nuovo editto di espulsione per i Protestanti. Keplero ancora una volta fu esentato, ma fu obbligato a consegnare i libri sospetti di eresia. Per fortuna la scelta di tali libri fu lasciata a lui! Poi la città divenne il quartiere delle milizie bavaresi, e anche se la notizia che le milizie avrebbero usato il piombo dei caratteri per farne pallottole e i manoscritti per le cartucce non sembra sia vera, i soldati alloggiati ovunque non permettevano un regolare svolgimento del lavoro.
    Successivamente  ci fu la rivolta dei contadini luterani, che da giugno ad agosto del 1626 assediarono Linz, e il 30 giugno riuscirono ad incendiare parte della città distruggendo tutte le copie gia stampate; per fortuna il manoscritto si salvò.
    A questo punto anche il tenace Keplero ne aveva abbastanza, perciò, terminato l'assedio, chiese e ottenne il permesso di recarsi a Ulm. Durante il viaggio si fermò a Ratisbona per sistemare la famiglia, quindi ripartì portandosi appresso i suoi preziosi caratteri.
    Lo stampatore di Ulm, oltre ad essere abile nel suo lavoro, si rivelò anche un opportunista, e Keplero giunse al punto di fare fagotto, ma tornò sui suoi passi, e finalmente, nel settembre del 1627 le "Tabulae" erano pronte.
    Non era ancora finita; i Brahe tornarono all'attacco. Morto il genero di Tycho, Tengnagel, Georg Brahe, il figlio, aveva ripreso la guerra contro Keplero. Benché non capisse assolutamente nulla dell'opera, oltre a contrattare la parte economica, protestò sul fatto che la prefazione dell'autore era più lunga della sua, e poiché l'opera non poteva essere pubblicata senza il suo consenso, Keplero dovette rifare più volte le dediche e le prefazioni. Risultato: della prima edizione delle "Tabulae" conosciamo tre diverse versioni! Il raglio d'asino...
    Circa la metà delle "Tabulae" contiene le istruzioni per il relativo uso, la parte rimanente contiene le tabelle per il calcolo della posizione dei pianeti; le coordinate geografiche di numerose città riferite a Hven, l'isola di Tycho; e il catologo di stelle opera del danese. Queste tavole, nonostante l'avvento degli strumenti ottici, rimarranno le più utilizzate per un centinaio d'anni.
    A Ulm, durante la stampa delle "Tabulae", i notabili avevano affidato a Keplero l'incarico di definire delle unità di misura standardizzate e di facile applicazione. I campioni delle misure di lunghezza ( Elle = ~0,60 m ), di capacità ( Eimer =~ 168 l ), e di peso ( Ulmer o Zenter =~ 48 kg ) da lui definiti, sono tutt'ora conservati nella città.
    Intanto nell'estate 1627, l'imperatore aveva emanato l'ennesimo decreto in base al quale tutti gli incarichi di cui erano investiti i non cattolici dovevano considerarsi decaduti. Automaticamente Keplero si ritenne disoccupato, e subito le preoccupazioni per il futuro divennero ossessioni. Chiese aiuto un po' ovunque, e questa volta lo ottenne. Gli fu offerta anche la cattedra del Magini a Bologna, ma ormai aveva 56 anni, e non se la sentiva di allontanarsi dalla sua terra. Per lo stesso motivo rifiutò anche una sistemazione in Inghilterra. Un amico, Matthias Bernegger, professore all'università di Strasburgo, gli offrì una sistemazione presso quella università, mettendogli anche a disposizione una casa e stimolandolo con la notizia che un suo ritratto faceva bella mostra di sé nella biblioteca (Vedi figura); Keplero rispose che sarebbe stato opportuno rimuoverlo perché non somigliante. Anche il Langravio Filippo di Hesse si dichiarò disponibile ad accoglierlo e finalmente accettò.
    A fine novembre 1627 era a Ratisbona per rivedere la famiglia, ma già prima della fine dell'anno era un'altra volta a Praga, dove intendeva stampare un piccolo opuscolo astronomico.
    Nella città in festa per le vittorie di Albrecht Wallenstein, il condottiero che aveva ricacciato i Danesi fuori dai confini, Keplero fu ricevuto come illustre scienziato, e con sua somma sorpresa scoprì di non essere affatto disoccupato; presentò le sue "Tabulae" all'imperatore, il quale gli promise una grossa somma di danaro, per cui lasciò cadere gli accordi col Langravio Filippo, anche in considerazione che al momento quelle terre erano teatro di guerra.
    La sistemazione a Praga era allettante, ma gli fu richiesto di diventare cattolico, e se c'erano cose che Keplero, nonostante la sua tolleranza, non era disposto a mettere in discussione, queste erano le sue convinzioni religiose. Essendo battezzato si considerava "cattolico" a tutti gli effetti, ma come lui stesso affermò non si sentiva "romano".
    Il condottiero
Wallenstein era un personaggio alquanto grossolano, ed aveva già avuto contatti con Keplero ottorno al 1608, quando, mantenendo l'anonimato si era fatto fare un oroscopo per interposta persona. Allora Keplero, riconosciuto il richiedente, e dando prova di ottime capacità psicologiche, aveva elaborato un oroscopo capolavoro. Sedici anni dopo Wallenstein aveva richiesto un nuovo oroscopo, questa volta senza ricorrere all'anonimato. Questo secondo oroscopo terminava per l'anno 1634, annunciando per il mese di marzo "terribili disordini nel paese"... Il caso fece si che Wallenstein il 25 febbraio 1634 venisse assassinato! Bisogna comunque tener presente che un oroscopo valido dieci anni era praticamente il massimo che gli astrologi del tempo ritenevano di poter offrire.
    In mezzo alle feste di Praga per l'incoronazione del figlio dell'imperatore Ferdinando, a re di Boemia, i due si incontrarono faccia a faccia, e dopo lunghi negoziati, Keplero, pur mantenendo la carica imperiale,  fu nominato "mathematicus" privato di
Wallenstein nel ducato di Sagan, che lo stesso Wallenstein aveva appena ricevuto come ricompensa per i suoi servigi. Il credito di Keplero nei confronti della corona imperiale aveva superato gli undicimila fiorini, e l'imperatore avvertì Wallenstein che almeno una parte avrebbe dovuto essergli versata, ma Wallenstein fece orecchie da mercante, i suoi soldi preferiva spenderli per assoldare mercenari!
    Prima di recarsi a Sagan, Keplero si rimise in viaggio per sistemare gli affari che aveva lasciato in sospeso. Passò da Ratisbona a salutare la famiglia, poi si recò a Linz per concludere il suo vecchio incarico, quindi ritornò a Praga, dove nel frattempo si era trasferita la sua famiglia e finalmente a luglio del 1628 giunsero tutti a Sagan.
    Anche questa volta Keplero aveva sbagliato i suoi conti. Ben presto la controriforma arrivò anche a Sagan, e i cittadini furono di nuovo messi di fronte al dilemma: o convertirsi alla religione cattolica romana, o abbandonare il ducato. Keplero, benché esentato dall'obbligo, si trovò nuovamente solo; praticamente era l'unico luterano del ducato, e la gente comune, per non incorrere in facili sospetti di eresia, lo evitava.
    Wallenstein non era uno di quei colti mecenati in grado di apprezzare la cultura; avere Keplero come mathematicus personale lusingava il suo orgoglio, ma a lui interessavano solo le previsioni astrologiche che il suo mathematicus poteva fornigli. Da parte sua Keplero, pur convinto che in qualche modo gli astri influenzassero gli avvenimenti, disprezzava profondamente l'astrologia spicciola venduta sulle piazze, ed evitava accuratamente, anche per prudenza, di fornire le precise previsioni che gli erano richieste. Wallenstein arrivò al punto di farsi fornire da Keplero le posizioni esatte dei pianeti e rivolgersi ad altri astrologi per ottenere l'oroscopo che desiderava.
    Contrariamente alle sue abitudini, Keplero non ci ha lasciato molte notizie sui suoi rapporti con il condottiero che un tempo aveva definito "nuovo Ercole", tuttavia in una delle sue ultime lettere affermava:

"... Sono da poco tornato da Gitdchin [ residenza di Wallenstein ] dove il mio padrone mi ha trattenuto per tre settimane; è stata per entrambi una considerevole perdita di tempo."

   I rapporti tra i due durarono circa due anni, e in questo periodo Keplero rimase assente per diciotto mesi. A Sagan non c'era una stamperia, perciò aveva deciso di impiantarne una personalmente. Allo scopo, per un anno e mezzo, viaggiò ovunque alla ricerca di materiali e mano d'opera. Una volta installata in casa la tipografia, diede alle stampe le effemeridi dal 1621 al 1639, anche grazie all'aiuto di Jacob Bartsch, allievo di un suo amico, che Keplero praticamente obbligò a sposare sua figlia.
    Benché incompleta, la prima edizione, che terminava con i dati per il 1636, venne esaurita in brevissimo tempo. Bartsch completerà l'opera nel 1636.
    Successivamente Keplero avviò la stampa del "Somnium", romanzo "fantascientifico", scritto con lo scopo di divulgare il sistema copernicano. La stesura del romanzo era iniziata attorno al 1609, ma le idee di base risalivano addirittura all'epoca dei suoi studi a Tubinga; non riuscì nell'intento. Il suo tempo stava per scadere!
    Dall'epoca della stampa dell'"Epitome", Keplero si era trasformato in un "ebreo errante", ma ora qualcosa si era spezzato, l'energia mentale che lo aveva sorretto per tutta la vita sembrava esaurita. Quando l'imperatore licenziò temporaneamente
Wallenstein, Keplero prevedendo nuove disgrazie, si rimise in viaggio in cerca di sistemazione. A ottobre del 1630 lasciò Sagan come per un trasloco, tanto era il materiale che si portava appresso; abbandonando la moglie e i figli senza mezzi di sostentamento.
    A fine mese scrisse da Lipsia una confusa lettera a
Matthias Bernegger, informandolo che ci aveva ripensato, e accettava il posto a Strsburgo, poi si recò a Norimberga a visitare una stampatore, in fine si diresse a Ratisbona dove l'imperatore doveva presiedere la Dieta, probabilmente sperava di ottenere almeno parte di quanto gli era dovuto. Arrivò a destinazione il due novembre, pochi giorni dopo era costretto a mettersi a letto; il quindici dello stesso mese spirò. La stessa sera il genero Jacob Bartsch registrò un'eclissi di Luna.
    Qualche tempo prima aveva scritto il suo epitaffio:

Mensus eram coelos, nunc terrae metior umbras
mens coelestis erat, corporis umbra iacet

Misuravo i cieli, ora misuro le ombre della terra
Lo spirito era celeste, qui giace l'ombra del corpo

   Nemmeno dopo la morte trovò quella pace che aveva cercato e desiderato per tutta la vita; qualche anno dopo la sua scomparsa, il cimitero in cui era sepolto fu devastato dagli eserciti che combattevano la guerra dei trent'anni, e pensare che lui aveva sempre detestato profondamente  ogni guerra.

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