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LA TERRA DEI MORTI VIVENTI





VOTO





QUANTITA' DI MOSTARDA






Trama:
In una terra completamente invasa dai morti viventi, un avamposto di vivi resiste grazie alle imprese del Dead Reckoning: un gruppo di uomini che combattono contro un esercito di zombi evoluti capaci di usare armi…


Recensione:
Uno zombi si aggira per l'Occidente (capitalistico)
Romero torna alla regia dopo cinque anni portando su grande schermo il quarto capitolo della saga degli zombi. Bisogna dire subito che “La terra dei morti viventi” è una produzione targata Universal, quindi molto più ricca dei precedenti capitoli. Lo si capisce fin dalla prima scena: profluvio di zombi variamente mutilati e disgustosamente orripilanti, macchinari futuristici di ogni sorta e diversi scenari come sfondo dell’azione: un’intera città con tanto di sotterranei, ghetto e grattacielo dei potenti ritoccato in computer grafica.

Al di là dello sforzo produttivo, sono almeno due le cose che ci si aspetta da un film di Romero: lo stile, quello inconfondibile di un autore che alla fine degli anni’60, con pochissimi soldi, ha saputo rivoluzionare il concetto di film horror (“La notte dei morti viventi”); e il messaggio, quello di un’acuta e spietata analisi della società capitalistica, in grado di trasformare il primo mito horror nato sullo schermo del cinematografo (lo zombi) in una potente metafora di contestazione culturale e politica. Quest’ultimo capitolo della celebre saga degli zombi non può non fare i conti, dunque, con le forti aspettative che lo hanno preceduto. Dal punto di vista dello stile il film di Romero è una mezza delusione. Il regista del Bronx infatti ci regala una pellicola che si limita a mettere in scena gli ottimi effetti “artigianali” di make-up firmati da Greg Nicotero (allievo di Tom Savini), senza regalarci il brivido di un’inquadratura, di un movimento di macchina degno del miglior Romero (“Wampir”, “Zombi”). La regia è infatti il punto dolente del film: didascalica, televisiva, incapace di articolare un movimento di macchina più ampio della singola inquadratura. Il risultato è una pellicola totalmente priva di ritmo, cosa che per un horror significa perdere immediatamente una buona dose di appetibilità. Dal punto di vista dei contenuti invece Romero regala uno dei suoi film più coraggiosi ed estremi. Non solo “La terra dei morti viventi” mette in scena degli zombi “buoni” (descrivendoli come oppressi in cerca di redenzione), ma ogni categoria sociale, politica, culturale dell’american way of life viene puntualmente presa di mira, messa alla berlina e infine giustiziata (non è un caso che il leader della riscossa dei morti viventi sia un benzinaio di colore, che il giustiziere del cattivo di turno sia un portoricano, e che a impersonare il potente privo di scrupoli sia Dennis Hopper la cui opera cinematografica si è da sempre distinta per i suoi contenuti di contestazione). Nelle mani di Romero l’ottusità degli zombi si trasfigura nella grazia ingenua del primitivo, la famelica pestilenza si trasforma in marxiana lotta per la sopravvivenza, e la distruzione dell’umanità si dimostra una volta di più una conseguenza dell’avidità dei vivi.

Un discorso a parte meritano gli effetti speciali. Per risolvere la questione della loro rappresentazione Romero aveva davanti a sé due strade con una solida tradizione nel recente passato: il manierismo e l’autocitazione. La soluzione adottata è stata invece un’altra. Da una parte Romero non ha concesso nulla alla tradizione contemporanea dell’horror patinato delle grandi produzioni, risolvendo la scelta tra computer grafica e make-up a decisivo vantaggio di quest’ultimo, sancito da un utilizzo neutro della fotografia. Dall’altra ha messo da parte ogni ironia, concedendosi solo il lusso di un paio di cammei illustri (l’immancabile Tom Savini nella parte di uno zombi) e puntando decisamente sulle connotazioni politico-culturali dell’esibizione del gore. Romero riesce ad essere politico anche nella scelta del make-up: estremo e tecnicamente sofisticato, messo in scena con una certa noncuranza stilistica in grado di far precipitare l’ironia in pungente satira e il disgusto in vera inquietudine.

In definitiva con questa pellicola Romero mostra tutti i suoi limiti a contatto con le produzioni di serie “A”: scarsa considerazione della forma, inadeguatezza di contenuti. D'altra parte con “La terra dei morti viventi” scrive il capitolo artisticamente più ingenuo e tuttavia politicamente più coraggioso dell’ultimo ventennio. Romero ha dato la sua risposta: i contenuti hanno la precedenza sull’esibizione tecnologica.
(17/07/2005, Massimiliano Troni)


2004
GEORGE A. ROMERO

nazione:
USA
genere:
HORROR
IMMAGINI
CAST TECNICO



































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