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SAINT ANGE





VOTO





QUANTITA' DI MOSTARDA

ZERO




Trama:
Francia, 1960. Saint Ange, un isolato orfanotrofio sulle Alpi. Una lunga serie di stanze con letti vuoti, una fila di bagni in disuso. Nei dormitori sono allineati piccoli letti di metallo. Ricordi dei giorni in cui la disciplina regnava tra i bambini che abitavano ancora l'edificio. Prima della chiusura, una notte, un orfanello ebbe un incidente fatale. Adesso Anna (VIRGINIE LEDOYEN) – una fragile donna sola - è stata assunta per ripulire il deserto istituto. Helenka, la cuoca dell'orfanotrofio, non può capire il comportamento singolare e introverso di Anna. E quest'ultima non può contare sull'aiuto di Judith, l'unica orfana rimasta a Saint Ange. Anna avverte Helenka, sostiene di udire un rumore di passi, tutte le notti, e di sospiri. A volte perfino di risa. Helenka non riesce a convincere la giovane donna che è tutto frutto della sua immaginazione, per Anna è reale: c'è un bambino con lei, da qualche parte nell'istituto.


Recensione:
Un thriller soprannaturale rètro
L’horror francese ha dimostrato di essere in questi ultimi anni in buona salute, grazie soprattutto alle grandi produzioni che hanno riguadagnato al genere il credito internazionale (a partire dal 2000 con “I fiumi di porpora”). “Saint Ange” si inserisce nella breccia pur appartenendo ad una produzione minore, anche se qualitativamente non inferiore. Il regista e sceneggiatore Pascal Laugier al suo esordio nel lungometraggio è infatti riuscito a coinvolgere nel progetto Richard Grandpierre e Christophe Gans (il regista del patinatissimo “Il patto dei lupi” del 2002). Il risultato è un thriller soprannaturale dalla confezione impeccabile ma piuttosto avaro di emozioni e troppo algido per coinvolgere fino in fondo.

Anna è una giovane domestica appena arrivata a Saint Ange, un orfanotrofio isolato sulle alpi francesi che sta per essere chiuso a causa degli strani accadimenti che vi hanno avuto luogo, in seguito ai quali ha perso la vita anche uno degli orfanelli. Accolta con freddezza dalla direttrice, Anna dovrà condividere la sua permanenza nell’enorme edificio con la cuoca Helenka e Judith, l’ultima orfana dell’istituto. Ben presto però la giovane ragazza scopre che il Saint Ange nasconde più di quanto l’apparente facciata caritatevole voglia trasmettere. Nei momenti in cui Anna rimane da sola negli ampi saloni dell’istituto misteriose entità sembrano voler comunicare la loro storia alla giovane donna. Durante il lungo girovagare nei locali dell’edificio la ragazza scoprirà che un terribile segreto è racchiuso nei sotterranei dell’istituto che durante la guerra accolsero trecento bambini di cui è sparita ogni traccia. La chiave per risolvere il mistero sembra essere Judith, l’unica sopravvissuta di quel gruppo.

“Saint Ange” è un thriller che si riallaccia direttamente alla tradizione soprannaturale del filone attraverso la riproposizione di tutti gli archetipi classici: a partire dall’ambientazione in un luogo chiuso e isolato, e dall’atmosfera ambigua tipica delle ghost stories anglosassoni. Tutte le figure e i temi del fantastico sono diligentemente messi in scena e illustrati attraverso un grande talento visivo, dovuto in parte anche all’ottima fotografia di Pablo Rosso ("Second name") e alle suggestive scenografie di Bertrand Seitz. Il registro espressivo scelto da Laugier per esprimere il soprannaturale predilige decisamente le atmosfere sugli effetti speciali, una via già percorsa prima di lui da “Il sesto senso” di M. N. Shyamalan e “The others” di Amenàbar. Tuttavia il fascino di questa soluzione in Laugier non va oltre il sensazionalismo della messa in scena che presenta il trito repertorio di porte che sbattono, lampadine che saltano e misteriose palle che saltano fuori dal nulla.

Il regista francese sa come piazzare la macchina da presa e ogni inquadratura presenta angolazioni e soluzioni visive differenti, alcune decisamente azzeccate, e tutte le volte che non diventano una passerella per le scenografie riescono ad essere funzionali al racconto suscitando una sottile inquietudine. Il punto debole è come al solito la sceneggiatura: la storia nonostante le ottime premesse (la scelta di focalizzarsi sulla protagonista sola e spaesata in un luogo deserto e inquietante) dà l’impressione di tirare le cose un po’ troppo per le lunghe, e sebbene sappia ridestare l’attenzione dello spettatore nel finale, il climax e la rivelazione che ne segue lasciano troppe domande senza risposta e non spiegano fino in fondo il mistero.

Laugier dice di aver voluto presentare il soprannaturale da un punto di vista femminile ma questo probabilmente tradisce il ritmo lento della pellicola e la totale assenza di violenza che fa sembrare “Saint Ange” più vicino ai film gotici europei degli anni’60 (quelli di Jack Clayton e di Riccardo Freda per intenderci) che ai thriller contemporanei come “Alta tensione”. È una pellicola guardabile che poteva essere risolta meglio.
(17/08/2005, Massimiliano Troni)

DATA DI USCITA: 12 AGOSTO


2004
PASCAL LAUGIER

nazione:
FRANCIA
genere:
THRILLER HORROR
IMMAGINI
CAST TECNICO



































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