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THE SKELETON KEY





VOTO





QUANTITA' DI MOSTARDA

ZERO




Trama:
Caroline (Kate Hudson) una giovane ragazza che fa assistenza sociale agli anziani, dopo l’ennesimo impiego insoddisfacente decide di rispondere ad un annuncio per una badante in una vecchia e sperduta magione della Louisiana. Qui ad attenderla c’è l’anziano paralizzato Ben (John Hurt) e la sua scontrosa moglie Violet (Gena Rowlands). Dopo aver vinto le resistenze della vecchia, anche grazie alla mediazione del giovane avvocato Luke (Peter Sarsgaard), Caroline inizia ad affezionarsi all’anziano uomo e a sospettare che dietro l’incidente che lo ha ridotto all’immobilità si nasconda un terribile mistero che ha a che fare con le pratiche vudù diffuse nella zona.


Recensione:
L’horror bello senz’anima
The skeleton key segna il ritorno alla regia di Iain Softley dopo quattro anni da K-pax. Il regista britannico torna con un cast tecnico e artistico di prim’ordine, un budget faraonico (per un horror) e firma un thriller patinato sul vudù ambientato nell’America del profondo sud, ma arriva almeno cinque anni in ritardo sul revival soprannaturale, e non riesce ad andare oltre la confezione di lusso.

Il ritorno di Iain Softley è supportato dalla produzione con i fiocchi di Michael Shamberg e Stacey Sher (Out of Sight, Erin Brokovich) che riuniscono la Shadowcatcher, la Brick Dust e la Double Feature dello stesso Softley per una superproduzione di 43 milioni di dollari (che negli States tuttavia ne ha già incassati 46). Dal punto di vista tecnico la pellicola può contare sulla fotografia patinata dell’esperto Damiel Mindel (Nemico Pubblico, Spy game) e sulla musica di Ed Sheamur (Cruel Intention, Charlie’s Angels, Il regno del fuoco). A prescindere dal dato tecnico, la cui qualità è indiscutibile (e vorrei vedere con un tale budget!), ci troviamo di fronte all’ennesimo horror pensato a tavolino, a cui ci ha ormai abituato l’industria hollywoodiana. Lo stesso Softley ammette che aveva il progetto in cantiere dalla fine degli anni’90, e nonostante il cast che unisce stelle sia emergenti (Kate Hudson, Peter Sarsgarrd) che affermate (John Hurt, Gene Rowlands), il punto debole rimane la dicotomia, ormai prevedibile in questo tipo di prodotti, tra la forma e i contenuti.

La storia di The skeleton key non è infatti delle più indimenticabili. La discesa nel mondo del vudù di Caroline è condotta da uno sguardo che riesce a inquadrare solo gli elementi più superficiali di una delle culture, al contrario, maggiormente radicate nella storia e nell’immaginario del popolo afroamericano. Di conseguenza l’orrore non scaturisce mai dalla tensione tra il mondo moderno (rappresentato da Caroline) e le tradizioni ancestrali che sopravvivono nel profondo Sud americano, ma sempre dalla messa in scena dominata dai soliti ninnoli bizzarri tanto appariscenti quanto innocui. La sceneggiatura di Ehren Kruger (lo sceneggiatore dell’ottimo Arlington road e del remake di The ring) aggiunge qualche idea buona soprattutto nel finale, ma la storia manca di ritmo, i personaggi (a parte la straordinaria interpretazione di John Hurt) stentano a diventare caratteri, anche se la protagonista ha dei risvolti inediti e non è la solita ragazza sexy e combattiva che ormai da qualche tempo infesta immancabilmente i film dell’orrore.

Dal punto di vista degli effetti speciali (Mark Edwards, Amit Aidasani, Deak Ferrand, e per il digitale, Bill Georgiou, Craig Mathieson) purtroppo si conferma la tendenza dell’horror patinato delle superproduzioni hollywoodiane: la messa in scena all’insegna del "politically correct" vieta ogni concessione al gore e alla violenza. Bandito ogni dettaglio orrorifico il film di Softley punta tutto sulle paure e i misteri che le storie di magia nera sanno suscitare nel pubblico profano. Tuttavia proprio in questo campo la pellicola di Softley non convince. Con un vudù all’acqua di rose, senza zombi, sangue ed esibizione del raccapricciante, il regista britannico si limita a riciclare i soliti stereotipi delle storie di magia nera, e non aggiunge nulla all’immaginario horror su questo tema (Angel hearth, Il serpente e l’arcobaleno, Dead birds).
(09/09/2005, Massimiliano Troni)


2005
IAIN SOFTLEY

nazione:
USA
genere:
THRILLER HORROR
IMMAGINI
CAST TECNICO



































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