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I MISTERI DELL'ANTICO EGITTO
(tempi di realizzazione, levigazione delle pietre)
 
 

  PRIMI DUBBI

Gli egittologi considerano le affermazioni di Erodoto, che sono l’unico collegamento storico tra la IV dinastia e la Grande Piramide, come verità assolute, quando in realtà, sono delle dubbie voci riferite oralmente da sacerdoti vissuti 2000 anni dopo.

Ad esempio, l'egittologo Goyon è soddisfatto poiché la sua ricostruzione confermerebbe la storia di Erodoto, a patto di considerare le slitte come le famose 'macchine'.
Secondo lui è accettabile che, lavorando ininterrottamente ogni giorno per 20 anni, 12 ore al giorno, si riescano a porre in opera i circa 2.300.000 m cubi di pietra al ritmo di 355 m cubi al giorno, vale a dire mediamente 1 traino ogni 2 minuti.
Assolutamente improbabile.

Secondo i suoi calcoli sarebbe sufficiente una manodopera di 20.000 uomini, di cui, solo tra quelli impiegati al lavoro sulla piramide, circa 5000 addetti a cavare le pietre, 2000 impiegati nel traino (non realistico, come si è visto), 700 muratori per la posa in opera.
Anche nel caso più favorevole dobbiamo immaginare la rampa che resiste per tutta la vita a centinaia di sollecitazioni giornaliere di carichi mobili trascinati con una organizzazione infallibile.
E soprattutto fantasticare sull'abilità tecnica dei posatori delle pietre che in pochi minuti devono decidere la giusta collocazione in base al progetto, articolare alla perfezione le camere interne maneggiando blocchi di decine di tonnellate, il tutto con strumenti sconosciuti.

In altri brani, i sacerdoti di Eliopoli raccontano ad Erodoto che il periodo predinastico egizio era durato quanto il tempo che impiega il sole a sorgere due volte dal posto in cui tramonta, il che interpretato alla luce del fenomeno della precessione degli equinozi, significa circa 40.000 anni.

E allora, quanto delle fonti classiche si può ritenere credibile?


  LA LAVORAZIONE DELLE PIETRE

E' credibile che una civiltà dell’età del rame abbia accumulato 21 milioni di tonnellate di pietre in circa 1 secolo, di cui 12 milioni solo a Giza, realizzando qualcosa che si discostava completamente da quanto mai realizzato sia prima che dopo?

Come spiegare, poi, i risultati sofisticati ottenuti nella lavorazione delle pietre?

Gli scalpelli primitivi di rame sono forse sufficienti a incidere e scavare una roccia sedimentaria come il calcare, con un lavoro paziente. Mentre non sono stati ritrovati strumenti adatti per la squadratura geometrica di grandi blocchi.
Bisognerebbe usare una sega abbastanza lunga e rigida (magari di bronzo, purtroppo non disponibile nell'Antico Regno) ed un abrasivo come la sabbia di quarzo, per ottenere un risultato simile a quello che si ottiene, ad esempio oggi, nel taglio del marmo (usando una sega a filo liscia e smeriglio).

Eppure gli antichi egizi lavoravano con grande facilità il granito e la diorite, rocce ignee tra le più dure esistenti in natura, formate da una miscela di diversi minerali tra cui quarzo.

E' certamente possibile spezzare la roccia forzando una fessura naturale con un cuneo di legno che si dilata impregnandosi d'acqua. Ma qui si parla di tagli millimetrici. La diorite non si può lavorare nemmeno con il ferro; ciò nonostante è stata finemente modellata nella splendida statua di Chefren, presumibilmente con uno strumento più duro.
In petrografia, la disciplina che classifica le caratteristiche fisiche delle rocce, i parametri che misurano la segabilità e la logorabilità per attrito attestano che, mediamente, l'arenaria è 2 volte più dura del calcare compatto; granito, basalto e diorite, sono 4 volte più duri.

La tecnologia odierna per tagliare in modo efficiente blocchi di granito usa come abrasivo la polvere di diamante o di carborundo (carburo di silicio, un minerale sintetico simile al diamante).
Vanno ricordati alcuni elementi sulla scala di durezza relativa dei minerali, che va da 1 a 10: 2= gesso, 7= quarzo, 8= smeriglio, 9= carborundo, 10= diamante.

Inoltre, non è dato sapere come sia stato lavorato quello che viene considerato il sarcofago di Cheope.
Questo parallelepipedo di granito, intagliato esternamente alla perfezione, è stato scavato all'interno in un modo che ha sconcertato l'egittologo del XIX secolo Flinders Petrie: "devono aver usato un cilindro perforatore rotante, sul quale andrebbe esercitata una pressione enorme, superiore a 1 t."
Come evidenziato da Colin Wilson in Da Atlantide alla Sfinge, Christopher Dunn ha dimostrato, con strumenti moderni, che diverse superfici in granito lavorate nell'antichità sono lisce al 1/50 di millimetro, e che gli strumenti utilizzati nella perforazione erano più efficienti di quelli odierni.

Analizzando la spirale del taglio su alcune "carote" (cilindri prodotti dalla trivellazione) di granito rinvenute a Giza, si può calcolare la velocità di penetrazione del trapano rotante nella roccia: 2,5 mm a giro, contro i 2/1000 di mm a giro scavati da un trapano moderno, che funziona a 900 giri/minuto.
Ciò non può essere ottenuto, ovviamente, con un cilindro di rame azionato a mano e sabbia di quarzo, come vorrebbero gli egittologi ufficiali.
Dunn suggerisce una tecnologia basata sulle vibrazioni ad alta frequenza (una specie di martello pneumatico che vibra alla frequenza degli ultrasuoni), compatibile con l'indagine microscopica condotta su un foro praticato nel granito: il trapano aveva tagliato più velocemente il quarzo, rispetto al feldspato (minerale più tenero).


Ovviamente, una simile tecnologia non è raggiungibile con i mezzi di 4500 anni fa.
 

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