Speciale Nassiriya

       

 

Cosa è successo il 12 aprile del 1973?

 

 

 

 

Larussa ...mica cazzi... mica ai funerali di uno qualsiasi... e poi, tutto quel pattume fascista... non mancava niente: labari, aquile, fasci littori, saluti romani, teste rapate e teste di cazzo... Nico Azzi non è uno qualsiasi: è un terrorista condannato per le bombe sul treno Roma-Torino del 7 aprile 1973. Terrorista e un pò coglione, visto che riuscì, nel tentativo di innescare due bombe nella toilette del treno (sarebbe stata una strage, l’ennesima di stampo fascista) a farsi scoppiare un detonatore fra le palle, e a dilaniarsi una gamba, morendo quasi dissanguato…

Neanche la chiesa è una chiesa qualsiasi: siamo nella basilica di Sant’Ambrogio, patrono di Milano, addobbata, per l’occasione, come una specie di Palamussolini.. Manca solo Eminence Ruini che guida il coro “chi non salta comunista è, è…” Insomma, qui si celebrano i funerali di Nico Azzi, mica cazzi… stiamo mica parlando di uno “morto in peccato mortale” come Piergiorgio Welby; qui si accompagna all’estremo riposo uno che era quasi riuscito a compiere l’ennesima strage di massa, del tipo “andò cojo, cojo”

NaziskinCamerata La Russa? Presente! Ma “a titolo personale”. Precisazione superflua, perché non vediamo a quale altro titolo avrebbe potuto essere presente. Però La Russa, che non si fa mancare niente, sarà presente, il 27 Gennaio, anche al Corteo della Memoria, invitato nientemeno che da Davide Romano, Presidente dell’Associazione “Amici d’Israele”: un vero bi-partisan, che zampetta con indifferenza dagli onori ad un nazifascista, mancato stragista per caso, agli onori a quelli che del nazifascismo furono le vittime privilegiate. Ma ormai viviamo in un’epoca di massima confusione, nella quale abbiamo visto di tutto, incluso il ridicolo Fini armato di kippa. Fermate il mondo, voglio scendere.

Dal sito www.osservatoriodemocratico.org abbiamo tratto questi preziosi ricordi:

“Il 1973 non era un anno qualsiasi. Alle 18,30 di giovedì 12 aprile 1973, nel corso di violenti scontri nel centro di Milano tra neofascisti e forze di Polizia, venivano lanciate due bombe a mano tipo SRCM contro un cordone di agenti, dislocato in Via Bellotti, poco oltre Via Kramer. A terra, ucciso sul colpo, rimaneva Antonio Marino di 22 anni, guardia di PS, colpito in pieno petto. Ben dodici i poliziotti feriti dalle schegge.

Erano i tempi della cosiddetta “Maggioranza Silenziosa” e di Piazza San Babila, stabilmente occupata da picchiatori neri appartenenti a tutte le principali formazioni della galassia dell’eversione di estrema destra, da Avanguardia Nazionale a Ordine Nuovo, a Lotta di Popolo.

Pinorauti Solo qualche giorno prima, il 7 aprile, all’altezza della stazione ferroviaria di Santa Margherita Ligure, Nico Azzi del gruppo “La Fenice” di Milano (la denominazione milanese di Ordine Nuovo), si feriva nel tentativo di compiere una strage sul direttissimo Torino-Genova-Roma. Nell’innescare in una toilette del treno due saponette di tritolo militare da mezzo chilo, un contatto, forse provocato da uno scossone della carrozza, faceva esplodere uno dei due detonatori.

L’attentatore con una gamba straziata veniva immediatamente arrestato. Ma Nico Azzi non aveva agito da solo. Con lui erano stati notati alcuni giovani che nei corridoi avevano a lungo ostentato copie del quotidiano Lotta Continua. La strage, collegata ad altri attentati, oltre che gettare il paese nel panico e spianare la strada a un governo militare, doveva infatti, attraverso false rivendicazioni, anche riorientare a sinistra le indagini su Piazza Fontana, da qualche mese pericolosamente sulle piste delle cellule di Ordine Nuovo del Veneto.

Giancarlo Rognoni, il capo de “La Fenice”, successivamente condannato per questo episodio, riusciva a fuggire in Spagna alla corte di Stefano Delle Chiaie, dove già avevano trovato rifugio Vincenzo Vinciguerra e Carlo Cicuttini responsabili dell’autobomba che il 31 maggio 1972 aveva dilaniato tre carabinieri a Peteano.

CICCIO FRANCO E IGNAZIO LA RUSSA

Ciccio_franco_1 La manifestazione da cui scaturirono gli scontri, quel 12 aprile del 1973, era stata da tempo promossa dal MSI-Destra Nazionale e dal Fronte della Gioventù per protestare, sembra surreale, contro “la violenza rossa”. In un primo momento il Questore, per motivi di “incolumità pubblica”, aveva vietato il corteo che da Piazza Cavour avrebbe dovuto raggiungere Piazza Tricolore, dove, tra gli altri, era previsto un comizio di Ciccio Franco, il capo dei “boia chi molla” della rivolta di Reggio Calabria. Per l’occasione era stato anche organizzato un massiccio afflusso di attivisti da diverse parti d’Italia. Ma nella stessa mattina del 12 aprile il Prefetto Libero Mazza vietava tutte le manifestazioni di carattere politico fino al giorno 25.

Nel pomeriggio, verso le 17,30, si radunarono presso la sede del MSI in Via Mancini alcune centinaia di giovani che di diressero verso Piazza Tricolore, a loro si aggregarono altri gruppi provenienti da Piazza Oberdan, altri ancora si attestarono in Corso Concordia. Qui, a ridosso di Piazza Tricolore, dopo che una delegazione del MSI (capitanata da Franco Maria Servello, il federale di Milano, l’On. Franco Petronio, Ciccio Franco e Ignazio La Russa, segretario regionale del Fronte della Gioventù) si era recata in Prefettura per protestare Boiachimollacontro il divieto, veniva lanciata una prima bomba a mano che andava a ferire un agente di PS ed un passante. Successivamente, come detto, gli incidenti più gravi in Via Bellotti con l’uccisione dell’agente Marino. Moltissimi anche i danneggiamenti materiali e gli assalti, tra gli altri, alla Casa dello Studente, in Viale Romagna, e a un istituto magistrale, il “Virgilio”, in Piazza Ascoli, notoriamente di “sinistra”.

Il Sostituto Procuratore della Repubblica Dottor Guido Viola, nella sua requisitoria finale ebbe modo di scrivere: “sembravano un’orda di barbari intenta a distruggere, a saccheggiare, a ferire, a devastare”.

GLI ARRESTI

Nel corso delle indagini che portarono in soli due giorni all’emissione di mandati di cattura nei confronti di Maurizio Murelli di 19 anni e Vittorio Loi di 21, il figlio dell’ex-campione di pugilato, accusati di aver lanciato le bombe, si appurò che i disordini erano stati programmati da tempo, ben prima dei divieti. Si ricostruirono con una certa precisione le riunioni tenute con i “sanbabilini” in alcuni bar della stessa piazza dagli emissari della federazione missina Pietro De Andreis, della direzione provinciale, e Nestore Crocesi. Furono chiarite anche le modalità attraverso cui si recuperarono pistole, molotov e mazze ferrate (poi portate in piazza), e soprattutto le tre bombe a mano, non casualmente fornite dallo stesso Nico Azzi […]