Negli anni del craxismo, anni di gestione dissennata, la filosofia era:
crescere comunque, produrre consumare.
L'euforia consumistica alimenta l'esplosione delle aspettative. Il
potere politico, per proprio tornaconto, le soddisfa. Punta al consenso
e il debito pubblico è il prezzo pagato per la stabilizzazione sociale e
politica.
E
sul debito pubblico grava il sistema della corruzione, gli appalti
gonfiati, in previsione delle tangenti dovute a una classe dirigente
famelica. Tutti i partiti sono coinvolti, ma il sistema di potere PSI-DC
è talmente "blindato" che solo alcuni, fuori dal pentapartito possono
partecipare alla corruzione. Così anche il PCI, partecipa, marginalmente
rispetto alla "grande abbuffata", in special modo la dove la gestione
del potere è condivisa col PSI, ma col PSI egemone. Ed è il caso della
Milano degli anni '80, quella Milano che alle recenti elezioni
amministrative ha dato al centro destra, lega compresa, un formidabile e
solido consenso. In questa Lombardia, ricca, si è votato ancora, dieci
anni dopo, sull'onda lunga di quel consenso blindato.
Se
ci si chiede quindi se la nuova imprenditoria diffusa, affermatasi in
quegli anni, ha un orientamento politico percepibile, si può rispondere
che è evidente il segno anti-PCI di allora e anti-DS di ora.
Si
respinge in quanto espressione di statalismo, imposizione di regole
avvertite come lacci e laccioli.
Poi quella "stramberia" di Berlinguer di allora: l'austerità. Ma come,
se si reprime il consumismo, freni la produzione, limiti la crescita
delle imprese, sacrifichi l'espansione, l'occupazione…
Allora si spara contro lo Stato, la partitocrazia, gli uffici pubblici
lottizzati, inefficienti e corrotti; Roma ladrona.
L'aspirazione a un quadro di libertà vuol dire più libertà rispetto al
cappio delle infinite pratiche per qualsiasi iniziativa, basta con
l'eccesso di controlli, con le ispezioni tributarie, liberazione dal
potere pezzente di chi porta le proprie frustrazioni dietro una
scrivania o uno sportello pubblico.
Poi lo schieramento dei lavoratori autonomi, dei padroncini, delle
partite IVA prende a bersaglio la grande impresa garantita, assistita. E
Mediobanca, di Cuccia, salva dalla rovina i grandi capitalisti italiani
dalla rovina. E allora fuoco contro Mediobanca Nascono due capitalismi
antagonisti.
Si
spara con fuoco incrociato contro tutto e tutti.
Unico escluso, anzi beneficiato: Berlusconi. Mediobanca lo tiene a
distanza, non piace a Cuccia come il Cavaliere si è fatto largo, con uno
spudorato appoggio politico. La Fininvest svolge un'attività tutta
interna alle frontiere, non si confronta nel mercato globale, non
esporta e non importa, è indifferente ai rapporti di scambio. È una
economia chiusa, che non interessa alla grande finanza.
Attenzione alle date e ai numeri.
Nel 1987
la Fininvest era un'azienda media, a reddito molto alto.
Gli utili
superiori ai 500
miliardi.
Ma Berlusconi, spinto da narcisismo irruente, si lascia andare alla
mania di grandezza e alla voglia di gigantismo.
Nel 1988,
l'anno dell'acquisto della Standa, pur crescendo più del doppio il
fatturato, da 2600 a 6000 miliardi, gli utili scendo da
500 a 180
miliardi.
Nel 1991
il fatturati supera i 10.000 miliardi, ma l'utile passa a
110
miliardi,
solo l'1%!
I dati di fonte "R&S", quindi degli analisti di
Mediobanca, ci dicono che nel 1992, l'uomo del miracolo italiano inverte
decisamente i risultati di bilancio: su un fatturato di 10.469 miliardi,
ACCUMULA UN DEBITO DI 4528 miliardi, un'enormità: in cinque anni da 200
lire di utile per ogni 1000 lire di fatturato, il grande impresario,
riesce ad accumulare un debito di circa 450 per ogni 1000 lire di
fatturato! Segnale infausto.
Fallisce l'operazione precipitosa e arruffona di telepiù e nel 1992 il
comparto televisivo chiude in rosso.
Dirà Giuseppe Turani:
" Non si può
certo dire che si tratta di una grande performance fra il 1987 e il
1993, Berlusconi
ha moltiplicato per cinque il
proprio fatturato, per dodici i debiti e ha ridotto di venti volte gli
utili.
Dentro la
Fininvest, ex ragazza prodigio della scena imprenditoriale italiana, c'è
come una malattia, una tisi che la consuma giorno dopo giorno" (G.
Turani, "Non sono più d'oro le uova della Fininvest", La Repubblica, 12
febbraio 1995).
L'equilibrio statico è a rischio, l'impero si sta sgretolando e il
quadro esterno è ancora più allarmante.
Un
uragano, tangentopoli, spazza via il CAF, gli amici, i complici, i
padroni del Parlamento e delle banche, gli Arcangeli salvatori.
Potrà Berlusconi sopravvivere all'estinzione del ceto dirigente che l'
ha "aiutato a superare le contrarietà" e l' ha abituato ai privilegi,
alla subordinazione ai legislatori, alle burocrazie ministeriali, di
banche pronte alle sue esigenze? Può un'azienda che è sempre stata
legata al filo della politica fare a meno di quella politica?
L'unica soluzione è: prendere il posto del CAF, prendersi tutto il
Paese. Questo è quello che lui ha pensato nella primavera del 1993,
mentre le banche che leggevano con cura i suoi bilanci mandavano segnali
inquietanti come quello di costringerlo a prendere Franco Tatò come
amministratore delegato perché avevano deciso che di lui non si potevano
più fidare, avendo i suoi debiti superato il livello di guardia. (M.
Braun, "L'Italia da Andreotti a Berlusconi", Feltrinelli, 1995).
Ricorda lo storico tedesco M. Braun
"Soffia nel Paese un vento di sollevazione contro la "nomenklatura" del
vecchio regime social democristiano e Berlusconi, non solo è un potente
del vecchio regime, ma è diventato potente grazie a quel regime"
Ma gli italiani dovranno farsi e rispondersi ad una
domanda: ma non sarà che l'imprenditoria, cresciuta con gli spot
Fininvest e le tradizionali clientele dei Grandi Ladroni ripudiati
cerchi rifugio in organizzazioni apparentemente nuove, per conservare
comunque benefici ed impunità, il diritto all'evasione fiscale,
all'abuso edilizio, alla carriera facilitata, il diritto di gestire
scuole private con i soldi pubblici, cliniche private con i soldi
pubblici ecc. ecc.?
Entrato in politica per disperazione, Berlusconi non deve travestirsi.
L'aspettano così com'è. Di lui si decanta il meglio e si ama il peggio.
G. Galli, politologo, nel suo "Diario politico" del 1994 cita una
riflessione di Giovanni Cominetti:
"
Le televisioni di Berlusconi sono state decisive non tanto per la
potente copertura di propaganda fornita in campagna elettorale ma
soprattutto per l'egemonia culturale che hanno espresso in questi anni.
È da più di dieci anni che la "talpa" Berlusconi scava. In effetti è da
più di dieci anni che le reti Fininvest, moderno e organico
intellettuale nazional popolare, costruiscono senso comune e fanno
egemonia."
Lo dimostra l'analisi dell'elettorato di Forza Italia del 1994: è al
femminile, con le casalinghe presenti molto più che negli altri partiti.
(A.N. è l'opposto). Molto basso il segmento dei laureati: il 3.8%.
In
assoluto, i forzisti sono quelli che leggono meno quotidiani. Legge un
giornale tutti i giorni solo il 26.9%. Poca stampa e molta televisione,
soprattutto Fininvest. Un esempio per tutti: segue le telenovelas il
20.7% degli elettori italiani, quelli che hanno votato per Forza Italia
balzano al 30.8%! (fonte Eurisko, "l'elettore sconosciuto. Analisi
socioculturale e segmentazione degli orientamenti politici nel 1994" il
Mulino, 1995)
Gli elettori di Forza Italia sono i più distanti dalla politica: il
48.6% non si interessa di politica, non se ne vuole interessare:
black-out totale. Sanno solo che Berlusconi è un grande uomo! Lo dice la
TV! Si può raccontare qualsiasi favola, come questa, un po’ lunga che vi
ho raccontato, Berlusconi non è mai stato in politica, è "nuovo" e Forza
Italia è "nuova" perché prima non esisteva. (stessa fonte Eurisko)
Questa quota notevole di elettori sono di idee schematiche ed
elementari, esposti alle suggestioni delle promesse di una tutela
economica e di un governo forte. Sostanzialmente in politica tendono a
delegare con una scheda sperando di vedere tutelati loro interessi ed
aspirazioni, così come si gioca al totocalcio o al superenalotto
sperando… Neppure nelle fragili democrazie sudamericane il fenomeno
Berlusconi avrebbe avuto la possibilità di diventare il capo di
un'azienda-partito o partito-azienda che produce immagini ed immagini
vende.
Nel sistema politico italiano non ci sono state e non ci sono regole
contro la concentrazione dei poteri, che invece, debolmente sono nelle
legislazioni dell'Argentina e del Brasile.