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Il Grande imbroglio: ventiduesima puntata

La rivoluzione del nord est, l'intreccio con le TV commerciali in un periodo di economia drogata

   
   

Dietro l'apparente immobilismo dell'involucro politico, avviene, in realtà, una trasformazione molecolare dei rapporti sociali fondamentali. Chi sono i protagonisti di questa rivoluzione senza rivoluzione?

Negli anni '60, durante il primo miracolo italiano, c'era stata una crescita del Nordovest, il triangolo industriale, accompagnato da una crescita di piccole unità satelliti delle grandi imprese. Ma fuori dal sistema satellitare, cresce un'economia sommersa fatta da lavoro a domicilio, basse paghe non sindacali, niente contributi fiscali, evasione fiscale che cambiano faccia a intere regione del Nordest e del centro, con macchie di leopardo anche nel sud. le nuove imprese non sono in prevalenza fornitrici di grandi imprese, ma hanno una loro fisionomia specifica, effetto di leggi dinamiche generali.

L'espansione economica non è mai puramente quantitativa, ma anche strutturale. I bisogni si differenziano e si ha una crescente differenziazione dei beni e, di conseguenza la moltiplicazione delle specializzazioni industriali. Nascono le mille e mille micro imprese che renderanno ricco il Nord Est. Tante persone fiduciose "si mettono in proprio", chiedono più libertà economiche.

Questo nuovo ceto e la TV commerciale sono nati insieme e insieme crescono intrecciandosi.

La Rai, col palinsesto corto, e il tetto pubblicitario, può dare spazio a un centinaio di grandi imprese. (ricordiamo che la Rai aveva una programmazione pomeridiana e serale, con due sole reti e col terzo canale sperimentale). Con Berlusconi, in primis, irrompono sul mercato della pubblicità decine di migliaia di aziende, persino minuscole e nasce con la Fininvest un bel rapporto rassicurante: non comprano spazi, ma sistemi promozionali mirati. Publitalia entra in fabbrica, studia il prodotto, ne escogita il lancio, segue e se necessario rimodula e cambia il messaggio, con ricadute spesso soddisfacenti e fatturati in sensibile ascesa.

E allora il ragionamento è semplice e semplicistico:" tu Rai, azienda di stato, in mano ai partiti, lottizzata, mi hai tenuto sull'uscio. A darmi visibilità è venuto un imprenditore libero, con i suoi spot, che significano più vendite, più ricchezza, rafforzamento delle imprese, occupazione”. Accolgono il Biscione riconoscenti, trovano stucchevoli le dispute sul monopolio dell'informazione e delle risorse. Publitalia fattura 909 miliardi nel 1984, 1000 miliardi e 408 milioni nel 1985 e duemila miliardi nel 1986.

Nell'intreccio tra Fininvest e la nuova imprenditoria entra la grande distribuzione, con Standa che si ritaglia una buona fetta del mercato (13%). Per una moltitudine di piccoli produttori locali è garanzia di smercio nell'intero territorio nazionale: entrano in un circuito con 259 filiali, 200 punti vendita, 17.000dipendenti, 8 milioni di clienti l'anno. Interessi miliardari in cui Berlusconi comincia a pretendere ringraziamenti particolari.

Un'età dell'oro? Craxi, al governo dal 1983 al 1987, lo lascia credere con un messaggio costante, continuo, assillante, un messaggio che riempie le televisioni pubbliche e private e la stampa cortigiana.

La nave va. Il made in Italy mai così in voga. L'Azienda Italia tra le più grandi del mondo. E giù polemiche contro il rigorismo "catto-comunista", contro il catastrofismo. Allegria! La Milano da bere e…da mangiare.

Poco importa se il debito pubblico cresce vertiginosamente. Con Craxi presidente è il momento peggiore. L'Italia si indebita in modo enorme, per farsi bella all'interno, per l'onda lunga socialista. Per il potere per il potere.

Nel 1960 il debito pubblico è pari al 40% del PIL, nel 1980 rasenta il 55% (15 punti in vent'anni), nel 1993 vola al 120%. In tredici anni, negli anni di Craxi, del CAF e di Berlusconi, si ha un esorbitante spesa sociale, ingiustificata. Ma gli italiani non manifestavano, salvo votare si al referendum contro il punto di contingenza!

Tutti contenti? Ecco, l'Italia del CAF, di Craxi, si ripropone, con le stesse caratteristiche di edonismo, rampantismo, euforia, aggressività, crollo degli interessi culturali…con Silvio Berlusconi, erede naturale. Gran conoscitore di quei bei tempi andati. Anch'egli protagonista della "rivoluzione passiva".

Commenterà Antonio Martino, ex liberale, ministro della difesa, di Forza Italia:

" Mi sembra incontrovertibile che il dissennato dissesto della nostra finanza pubblica debba essere interamente imputato al periodo 1980-93: in quei tredici anni abbiamo contratto nuovi debiti per oltre un milione e 650 mila miliardi!"

Chi sta pagando, principalmente, questo debito?

Naturalmente tutte le finanziarie lacrime e sangue hanno inciso in modo più consistente sulle tasche di coloro che hanno redditi bassi, le classi lavoratrici, le famiglie  monoreddito, quelli che guardavano lo sfarzo di quegli anni e vi si opponevano.

Chi scende adesso in piazza a manifestare? Naturalmente la nuova borghesia agiata, gli imprenditori, i Liberi Imprenditori Federalisti Europei, il Nord ricco. Coloro che in quegli anni facevano la rivoluzione passiva con la complicità della classe politica che, nel frattempo ci mandava in rovina. E vorrebbero la secessione da quell'Italia del Sud, serbatoio di voti sottoproletari e di disoccupazione, da quel Sud che contesta anch'esso senza una vera analisi storica e conoscenza della classe politica che ha, intenzionalmente(?), voluto ridurlo nelle condizioni che conosciamo: la stessa di oggi che ha solo cambiato il nome ma che riassume tutti i tratti delle caratteristiche del connubio PSI-DC.

E chi guida la contestazione?

Colui che è stato il maggior beneficiario da quella classe politica: Silvio Berlusconi!