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Una casa isolata

Ho una casa in campagna che mi piace perché ha tanti buchi, cioè sottoscala, cantine, ripostigli, dove è bello entrare e aggirarsi se non si ha paura di ragni e scorpioni. Io non ho paura dei ragni e li osservo spesso quando con le lunghe gambe velocissime fuggono negli anfratti dei muri vecchi a mettersi in salvo. Mi piacciono proprio quelli col corpo piccolo e le gambe filiformi, che li fanno assomigliare a creature spaziali. Molte volte mi apposto vicinissima per sentire i segnali di pericolo che di certo si scambiano fra loro, ma non riesco mai ad afferrarli. Gli lascio spesso in giro le briciole di pane e di pecorino. Anche quelli neri col corpo tozzo e peloso sono interessanti perché gli si può vedere la testina con gli occhi a fior di pelle che scrutano fermi e duri. Sono gli occhi di animale più duri che abbia visto. Antonio dice che ho torto a trovare interessanti i ragni che sono dei grandissimi trappoloni, veri assassini professionisti con le loro astute e crudelissime tele. Me lo dice mentre va a caccia di scorpioni con un vecchio colino di metallo. Li immobilizza e poi li gasa con lo spray.

- Bene dico io - e tu che hai il coraggio di propinare simili nazisterie a quei poveri diavoli, che poi sarebbero anche belli a vedersi con la loro forma antica e fantasiosa, ti permetti di criticare i ragni? -. Senza contare i quadrati di compensato spalmati di colla che nasconde negli angoli per prendere i topi. Lo so io che a volte, spazzando la cucina, li trovo.

Litighiamo anche per l’orto. L’orto è la nostra grande passione comune, ma a me piace annaffiarlo la sera tardi, quando il sole è andato giù in un trionfo di rosso. Stare seduta sul sasso a guardare lo spruzzino che gira mi sembra una cosa molto romantica. Intanto osservo i fiori delle zucche e quelli più piccoli dei cetrioli che punteggiano di un bel giallo la massa folta delle foglie pelose e lanceolate e aspiro l’odore acuto dei pomodori. Davanti il campo coi cilindri perfetti del segato sembra una pittura astratta e mi affascina anche per-

ché so che tra poco, quando tutti i cilindri saranno impilati sotto la tettoia a spioventi, risorgerà il mio tempio greco. Antonio invece vuole annaffiare la mattina presto, alle sei, proprio quando io sogno il tempio greco o volo via leggera, mentre tutto è ancora impacchettato nella nebbia, potando le cime degli alberi con le mie cesoie rosso fuoco. Allora quel rumore dell’acqua proprio sotto la finestra mi rompe la bellezza ed è un vero peccato perché comincio male la giornata. E una cosa che non vorrei mai, in campagna. In città va bene, ti puoi seccare per il frastuono del traffico, per il telefono, che squilla sempre, per i testimoni di Geova che suonano il campanello un giorno sì e uno no e magari anche per tutta la cartaccia di cui si riempie la cassetta delle lettere, ma qui in campagna no; Perché allora avremmo cercato una casa tanto isolata che bisogna perfino attraversare un bosco per arrivarci e quando viene la neve siamo così bloccati che ci sembra di essere su un’isola e sappiamo che non verrà nessuno per vari giorni, ma intanto noi abbiamo tutto il nostro bel pane raffermo in freezer da far pappa col pomodoro per un mese e cipolle, cavoli, patate nel nostro orto. Appunto l’orto. Così è per gelosia dei miei sogni che Antonio me lo annaffia la mattina presto, perché i sogni non gli vengono belli come a me o forse per dispetto, perché io non sopporto la caccia agli scorpioni e ai topi e non lo lodo abbastanza per come alleva i suoi due maiali. Per forza, perché poi non potremo tenerli tutta la vita, bisognerà ammazzarli. E allora? Lui pensa che io potrò sopportare una cosa simile? Se proprio bisogna allevare animali, perché non prendere due pecore o due cavalli, insomma bestie che avrebbero potuto vivere sempre con noi. Il fatto è che anch’io li amo quei due maiali. Entro nel recinto per carezzarli soprattutto quando Antonio non c’è. Hanno quelle belle setole biondo platino e sono molto puliti. Sono affettuosissimi e hanno piccole code a ricciolo sproporzionate e commoventi. Spero che Antonio si convinca che li potremo tenere come si tengono due cani. Del resto l’ho visto che li abbracciava, lui in mezzo, loro uno di qua, uno di là. Sussurrava piano non so che. I loro piccoli occhi erano tutto un luccichio e i loro nasi morbidi si sfregavano al suo collo. Sembravano tutt’e tre molto felici e lui non pareva proprio più quello degli scorpioni e dei topi.

Confesso che mi ha preso una botta di gelosia, perché è tanto che noi non ci abbracciamo più così. E allora sono andata giù per il barullo, cioè lo strapiombo e ho strappato tutte le foglie dove passavo. Pensavo per consolarmi a Angiolino, quando viene a portarmi le zucche e le melanzane raccolte nel suo orto e mi guarda con gli occhi vispi fra le grinze bruciate dal sole e io gli dico "Angiolino, grazie mille, ma io che gli do in cambio che non c’ho niente che gli possa fare?". E me la rido dentro perché so a cosa lui pensa mentre io mi diverto a vederlo lì inteccherito col collo grosso e rosso che esce dalla maglietta a righe aperta sul petto peloso. Certo non è una grande compensazione, ma qua davvero non c’è proprio nessuno con cui attaccar discorso e prendersi con garbo un po’ di libertà.

Solo per questo non mi piace stare in una casa isolata. Antonio in-vece non sente proprio il bisogno di incontrare nessuno. Passa le ore a vangare, seminare, decespugliare. A volte per parlarci devo andare proprio lì, inventando qualcosa.

- Dov’è andata a finire la pomata contro le punture degli insetti? -

- Dev’essere accanto a quella per gli strappi muscolari, vicino alla scatola dei flaconcini ricostituenti, dietro la fila dei colliri - risponde lui senza alzare la testa. Antonio ha la passione delle medicine, ha perlomeno venticinque fra tubetti e bottigliette. senza contare le fiale intramuscolo di vitamina B, le confezioni di garze sterili e i cerotti Bertelli. Torno dopo un po’, caricata a palla. - Che si fa da cena stasera, eh? -. - Quel che pare a te - articola a fatica lui tutto intento ad azionare il decespugliatore che gli sta bene perché lo fa sembrare un re guerriero con la visiera abbassata, ma che copre odiosamente col suo rumore ogni mio tentativo di comunicazione. - E allora schiatta -dico io in cucina mentre faccio scrosciare l’acqua nella pentola e penso che se avessi il telefono potrei telefonare alla mia amica Bianca che a quest’ora, anche lei poveraccia, sta spignattando per la cena. Ma si sa che nelle case molto isolate il telefono non ci può essere. Sennò, che isolamento sarebbe, addio pace. Non abbiamo neanche il televisore; non l’abbiamo voluto. Per cambiare, per disintossicarci.

- Ce ne andiamo a fare una passeggiata, con la luna - aveva detto con aria intrigante Antonio. - Ti insegno i nomi delle stelle -. Infatti li conosce tutti: Denebola, Altair, Vega, Orione, Cassiopea e decine di altri. Ma io a volte mi annoio. Allora gli prendo la mano e lo tiro verso la stradina erbosa dove nel mese di giugno c’è un pieno di lucciole che incanta. Vorrei che si ricordasse che la prima volta che mi portò da queste parti ce n’erano tantissime e fu una serata indimenticabile. Ma lui è tutto perso fra le costellazioni. col naso per aria e io sento il freddo umido della notte.

L’altra sera, quando siamo tornati nella cucina dove il buio era interrotto solo dal chiarore freddo dell’orologio fosforescente, mi 5OflQ allungata nella poltrona e stavo lì col muso (peccato che non si vedesse) mentre pensavo alle sere d’estate al mio paese, quand’ero ragazzina, e alle passeggiate fantastiche che si facevano sullo stradone, ridendo come matte. Allora, al momento di tornare indietro ci faceva quasi paura sapere che alle spalle ci incalzava il buio e affrettavamo il passo, frugando fra i cespugli con la pila elettrica. Quando alla svolta compariva il gruppo compatto delle case animato dalle lucine, quel po’ di tensione cadeva e i nostri passi si muovevano con ritmo più tranquillo. A un certo punto mi è parso che Antonio mi attirasse verso la sua poltrona e mi stringesse forte mentre la radio cantava piano Smoke in the eyes. Non so come, ma gli vedevo gli occhi un po’ lustri.

Forse era solo un inganno della luce dell’orologio o forse era che stavo sognando come può capitare di sognare durante una sera di luna in una casa isolata.