10.3.6. LA PASQUA |
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La
Pasqua è la festa principale degli Ebrei, che celebra l’esodo, la
liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù dell’Egitto;
anche per i Cristiani è l’evento più importante dell’anno
liturgico, con il quale si celebra il figlio di Dio, Gesù di
Nazareth che, crocifisso, risorge dopo la morte per liberare gli
uomini dai peccati. Essa cade la domenica successiva al plenilunio
dell’equinozio di primavera e la sua data si calcola usando come
base il meridiano di Gerusalemme, luogo della morte e della
resurrezione di Cristo.
Nella cultura popolare salernitana la Settimana Santa ha sempre
occupato un posto fondamentale. Proprio in questi giorni, infatti,
si rinnovano tradizioni antiche, espressione della profonda fede
popolare, con processioni e veglie di preghiera che ricordano i
momenti più dolorosi della Passione di Cristo. |
Figura 10. 23. Philippe de Champaigne: Ultima
cena |
Ma ripercorriamo brevemente le tappe di questa
Settimana Santa vissuta tra la liturgia e la pietà popolare. Essa
come ben sappiamo viene introdotta dalla domenica delle Palme, in
cui si benedicono i ramoscelli di ulivo e si festeggia con solenni
rintocchi l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme; lo attesta
infatti lo sventolio dei rami di palma che è il simbolo di
vittoria e di trionfo ma anche di pace e di benedizione.
E’ tradizione, nei giorni precedenti la Pasqua, pulire a fondo la
casa e aprirla al profumo dei fiori appena sbocciati, come le
zagare e le fresie: Infatti con le feste pasquali si esce dal
torpore invernale. I primi due giorni della settimana sono
dedicati alla sola liturgia.
Il Mercoledì Santo, dedicato al digiuno, è il giorno in cui i
fedeli si recano in chiesa, portando vasi o piatti di grano o di
ceci, messi a germogliare al buio per 40 giorni, a partire dal
mercoledì delle ceneri, a rappresentare i 40 giorni trascorsi da
Gesù nel deserto.
Il Giovedì Santo è il giorno in cui la chiesa, ricordando l’Ultima
Cena, celebra l’Istituzione dell’Eucarestia; esso è
tradizionalmente rispettato dai salernitani, che fanno visita ai
“Sepolcri”, ove sono custodite le Sacre Particole. Col classico
“struscio”, che è il modo di procedere lentamente strisciando i
piedi per terra, è usanza visitare almeno tre Sepolcri, e se le
visite sono più numerose, devono essere sempre di numero dispari.
La tradizione vuole che il Giovedì Santo si mangi il “viccillo”,
un dolcetto di pasta ornato da un uovo, e fatto benedire in
chiesa. |
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Figura 10. 24. El Greco: Crocifissione |
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Nelle campagne era usanza consumare il pasto
sul legno del tavolo, in quanto in quel giorno tutti gli altari
sono totalmente spogli.
Il Venerdì Santo, che celebra la Passione di Cristo, è il giorno
del silenzio, della contemplazione e della supplica. In questo
giorno l’intero territorio salernitano mette in scena centinaia di
rappresentazioni viventi: processioni, riti religiosi, spettacoli
sacri e tradizioni folkloristiche. Molto caratteristica la Via
Crucis, col corteo degli incappucciati, che riprende gli antichi
penitenziali dei pellegrini medioevali, che si svolge a Ravello,
Sarno (processione dei paputi) e in alcune zone del Cilento, e che
ripercorre con meticolosa precisione tutte le fasi della Passione
e morte di Cristo, raggiungendo momenti di altissima suggestione.
Ad Amalfi il Corteo dei Battenti, con l’intero paese illuminato
dalle sole fiaccole, scorta al sepolcro la Madonna Addolorata ed
il Cristo Morto. La scena si svolge nel più assoluto silenzio,
rotto unicamente dallo struggente coro che urla la disperazione
della divina Madre. La tradizione vuole che il Venerdì Santo le
donne non spazzino la casa e non si pettinino, e che non si canti
per non offendere il Cristo Morto.
Il Sabato Santo è il giorno della contemplazione presso il
sepolcro del Signore e della meditazione sulla sua passione, fino
alla solenne veglia. |
Figura 10. 25. I paputi di Sarno |
Nella notte tra il Sabato Santo e la Domenica
di Resurrezione all’interno della Veglia Pasquale, madre di tutte
le veglie, come ci ricorda S. Agostino, la chiesa contempla il
memoriale della Pasqua e celebra la Resurrezione del Signore.
Tutto ciò è preceduto dalla benedizione del fuoco, segno del forte amore
di Dio per l’uomo col dono del suo figlio Gesù, e della
benedizione dell’acqua lustrale, segno di purificazione e
rinascita, avendo proclamato Cristo Signore come inizio della
nostra storia di resurrezione e di salvezza.
Alla tradizione religiosa, molto sentita in tutto il territorio
salernitano, si affianca quella culinaria, che invita alla
preparazione del succulento pranzo di Pasqua, a base dei classici
cibi pasquali, quali l’agnello e le uova decorate: il primo
simboleggia il sacrificio di Gesù e le seconde come annunciano una
nuova vita, che nelle tradizioni più antiche si identificava con
la primavera.
Anche i dolci hanno una grande importanza sulle tavole dei
salernitani: in ogni casa non possono mancare la colomba e l’uovo
di cioccolato completo di sorpresa, ma soprattutto il casatiello
rustico, il tortano, i raffaioli e la tradizionale pastiera. Una
volta le fidanzate usavano regalare al proprio innamorato e alla
futura suocera “a canesta”, un cestino ornato di nastri, pieno di
uova dipinte e dolci casalinghi. |
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Figura 10. 26. Chagall: Crocifissione |
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