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 La nuova identità dell'artista donna  

 

di Stefanella Campana

(Giornalista de “La Stampa” di Torino)

 

Sui manuali di Storia dell’Arte solo rare figure femminili: Artemisia Gentileschi, Rosalba Carrera, Lavinia Fontana. Poi qua e là altre rarità: nel secondo decennio del XX secolo nella bohéme moscovita, ad esempio, c’è una realtà che favorisce la nascita di un gruppo di artiste donne, le cosiddette sei Amazzoni, tra cui spicca la Goncarova. 

Poi l’esplosione di questi ultimi decenni. Le donne nell’Arte contemporanea hanno acquisito una visibilità insospettabile solo fino a pochi anni fa, un protagonismo femminile senza precedenti, sancito dalla loro presenza in musei, gallerie e rassegne prestigiose, a cominciare dalla Biennale di Venezia. Un fenomeno reso possibile non solo dalle stesse artiste ma anche da galleriste, critiche d’arte che hanno operato nel settore negli ultimi venti-trent’anni.

Una per tutte, la mitica Peggy Goggenheim che poteva permettersi di indossare due orecchini diversi, uno disegnato da Calder e l’altro da Tanguy per rendere tangibile la sua imparzialità tra astrattismo e surrealismo. Più vicine a noi la torinese Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, alle spalle un’intensa attività come presidente della prestigiosa Fondazione che porta il suo nome e che ha da poco aperto una nuova sede espositiva di Arte contemporanea a livello internazionale in una ex fabbrica. Ida Granelli dirige il Museo Castello di Rivoli, uno dei più importanti musei di Arte contemporanea nel mondo. Gallerie trendy sono quella della milanese Emi Fontana o la “Pinksummer” di Genova, in mano a Antonella Berruti e Francesca Pennone. A Torino, la giovane Giorgina Bertolino dirige anche con una attenzione di genere la galleria “Luigi Franco”. Giusto qualche esempio di un fenomeno eclatante che intriga e che solleva curiosità e interrogativi.

Esiste un’arte “al femminile” e un’arte al maschile”? In che modo le giovani artiste hanno scardinato i preconcetti di un mondo culturale-artistico dominato da un potere maschile? E’ più difficile comunque affermarsi come artista-donna visto che non mancano esempi di “difficoltà”? A Londra, nella maestosa Turbin hall, la vecchia centrale elettrica trasformata nella Tate Modern Gallery, ad accogliere i visitatori sono tre sculture di dimensioni monumentali di Louise Bourgeois, artista simbolo dell’arte contemporanea, scultrice nata in Francia e vissuta a New York a partire dal 1938, dimenticata e invisibile fino al 1982, oggi a 90 anni finalmente famosa.

Carol Rama, artista torinese più nota e apprezzata all’estero che in patria, come spesso succede, nei suoi acquarelli del 1940 “Appassionata”, rappresenta figurine normali di donne ma poste in una situazione di costrizione: chi su una sedia a rotelle, chi su una struttura metallica tipo letto di contenzione, rappresentazione di una condizione vissuta non proprio come felice.

E’ proprio la voglia di capire questo fenomeno, a volte contraddittorio, che ci ha spinto, io e le amiche dell’associazione Eidos, a organizzare un seminario per avere risposte e chiarimenti da storiche e critiche dell’arte, rappresentanti di musei e di fondazioni, galleriste e artiste. Questo succedeva nel 2001, a Torino. Tre ore appassionanti, difficili da sintetizzare per la ricchezza e spessore dei contenuti per cui il rischio Ë la banalizzazione. (Un confronto tra esperte di grande bravura i cui contenuti non vogliamo che si disperdano. Il seminario si può ora vedere “in differita” su un hyperfilm, praticamente un filmato realizzato da Eidos: si può vedere su un pc, con in più l’aggiunta di links, con approfondimenti rispetto ai personaggi, musei, citati dalle relatrici).

Un seminario da cui ho imparato molto. Provo a ricordare i passaggi che mi hanno colpito. La critica d’arte Emanuela De Cecco individua a partire dalla fine degli anni Settanta e nel lavoro di tre artiste, Cindy Sherman, Jenny Holzer e Barbara Kruger, il punto di svolta in cui il discorso femminile, passa dalla fase di rivendicazione, di segnalazione della propria esistenza, alla conquista di una posizione centrale. Secondo Francesca Pasini, nota critica d’arte femminista, nel citare Gertrude Stein, afferma che severamente possiamo ipotizzare che l’arte anticipa qualcosa che sta succedendo, quello che dice in questo momento Ë lo sforzo di tenere insieme la vita personale, la vita privata, le conoscenze, le passioni.

Nuove conquiste, artiste al centro sul palcoscenico dell’arte, Ë ormai un dato certo. Tutto risolto? No, non ancora. Le esperte, attente a una lettura di genere del fenomeno, ci dicono che resta ancora un “atteggiamento problematico” sulla nuova identità dell’artista donna. “Un’identità in questione”, Ë la definizione di Emanuela De Cecco su cui sembrano concordare anche altre critiche e galleriste e che ben riassume l’attuale fase. Tante artiste, molte emergenti e affermate, ma ancora alle prese con un femminile non del tutto risolto. Potrebbe essere diversamente, visti i tempi?

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