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Garibaldi secondo i neoborbonici


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GIUSEPPE GARIBALDI

UN'INTERPRETAZIONE STORICA CONTROCORRENTE
di Antonio Pagano

Giuseppe Garibaldi nacque a Nizza il 4 luglio 1807 e morì a Caprera il 2 giugno del 1882. Il personaggio, esaltato come eroe dalla storiografia dell’attuale regime, era in realtà di ben diversa levatura. Per poter far comprendere chi era veramente Garibaldi ho ritenuto di raccontare gli episodi della sua vita più significativi, quelli cioè a cui viene data più importanza dai suoi agiografi, solo nei fatti essenziali, senza cioè dedurne alcun commento, lasciando così ai lettori di farsene di suoi. Attorno a questi episodi sono state pure inserite le più significative vicende storiche, durante le quali, e per conseguenza delle quali, quegli episodi avvenivano. In tal modo, mi pare, quegli stessi episodi riescono ad essere compresi e, soprattutto, riescono a delineare una immagine certamente più realistica della essenza del personaggio, definito dalla storia come "l’eroe dei due mondi", ma che, a mio sommesso parere, fu un uomo, a dir poco, ingenuo, sia pure un avventuriero di diaboliche qualit&aàgrave;, manovrato abilmente da un non tanto oscuro burattinaio.

I PRIMI PASSI
Il 26 dicembre 1832 Giuseppe Garibaldi, affiliato con il nome di "Pane" alla setta "Giovine Italia" fondata da Mazzini , si arruolò come marinaio di terza classe nella marina piemontese con il compito di sobillare e di fare propaganda della setta tra i marinai savoiardi. La tecnica delle sette sovversive, con l'attivazione di episodi di rivolta quasi spesso irrealizzabili, era, infatti, quella di tenere sempre e comunque in stato di tensione i governi e quindi di provocare artatamente la loro reazione. In tal modo esse miravano a convincere, nel corso del tempo, le popolazioni che tutto ciò accadeva a causa dell’oppressione dei sovrani, sia a Napoli, sia negli altri Stati che non si uniformavano alle loro mire.
Il Mazzini , che viveva al sicuro nella Svizzera, progettò inoltre nel 1834 di invadere la Savoia con il generale Girolamo Ramorino a capo di un centinaio di rivoltosi, mentre a Genova Garibaldi avrebbe dovuto far insorgereàà ed occupare il porto. L’inconsistenza dell’azione ed il feroce intervento delle truppe piemontesi fecero fallire l’inutile sommossa. Molti cospiratori catturati furono condannati a morte. Il Mazzini , rimasto sempre in Svizzera (e poi rifugiatosi prudentemente a Londra), ed il Garibaldi, riuscito fortunosamente a fuggire, furono condannati a morte in contumacia. Garibaldi prima si rifugiò per alcuni mesi a Marsiglia, dove venne raggiunto dalla notizia che, il 3 giugno 1834, il Consiglio Divisionario di Guerra lo aveva condannato a morte ignominiosa come "bandito di primo catalogo", e dopo s’imbarcò sul brigantino mercantile Union, diretto a Odessa, da dove si diresse a Tunisi, per arruolarsi come marinaio nella flotta piratesca di Hussein Bey, Signore di Tunisi.
Nel 1834, nella Reggenza di Tunisi, vivevano all'incirca 8000 europei. Un terzo di loro erano italiani. Provenivano dalle più disparate parti d'Italia: dalla Sicilia, dalla Campania, dalla Toscana, dalla Liguria. A la Goulette, il porto di Tunisi, morì nel febbraio del 1834 il capitano Paolo Carboso, un ligure originario di Recco. Tra le sue carte si rinvennero lettere e documenti che fecero risalire allàà Carbonara, o meglio alla "Vendita", come si diceva nel gergo segreto, la setta massonica degli "Amis en captivitè" che aveva una sua sede a Malta. Di qui le conclusioni che furono subito tratte e che cioè: "I suoi frequenti viaggi fra Tunisi, Lisbona, Malta, avessero avuto lo scopo di portare dei pieghi in quelle regioni per le pratiche infami della propaganda". àà in quel periodo la carboneria, a Tunisi, era venuta perdendo terreno. Al suo posto però àà invece gettato radici la "Giovine Italia" con un programma ààcano per l'unità dell'Italia"""""". In quello stesso mese giunse a Tunisi un altro profugo politico. Si trattava di Antonio Montano di Napoli, che aveva prima partecipato alla rivoluzione costituzionale e poi alla cosiddetta "congiura del monaco" (perché capeggiata dal frate Angelo Peluso). Verso la fine dello stesso anno riparava a Tunisi anche un altro cospiratore: Antonio Gallenga di Parma. Nella "Giovine Italia" di cui era affiliato aveva assunto il nome di "Procida". Mazzini aveva una grande fiducia in lui, anche se egli si era rifiutato di compiere un attentato politico per assassinare Re Carlo Alberto . Tunisi costituì in quegli anni una tra le basi della massoneria più importanti per la cospirazione contro le Due Sicilie.
Dopo qualche mese Garibaldi si portò di nuovo a Marsiglia, dove si imbarcò come secondo sul brigantino Nautonier di Nantes diretto a Rio de Janeiro.

NEL NUOVO MONDO
Agli inizi dell’estate del 1836 Garibaldi, però, accusato dallààà di Rio de Janeiro di loschi traffici, assieme ad altri italiani fuorusciti, ricevette l’ordine di espulsione dal Brasile. L’avventuriero, allora, rubò una barca dal porto e, con gli altri suoi complici, si diede alla pirateria. Braccato dalla Marina brasiliana, si rifugiò nella provincia di Rio Grande presso Bento Gonçalves, capo della rivolta contro la monarchia del Brasile.
Nel 1837, poi, il Garibaldi, inizialmente con una barcaccia da 20 tonnellate (da lui battezzata Mazzini ), successivamente con altre navi catturate, si diede a scorrerie e saccheggi sul Rio Grande contro le navi cattoliche-ispaniche e nei villaggi rivieraschi, protetto dagli inglesi, i quali per suo mezzo raggiungevano così lo scopo di assicurare il monopolio commerciale all’impero britannico. Nell’agosto, tuttavia, la sua nave fu intercettata e colpita da molte fucilate, ma il nizzardo riuscì a sfuggire alla cattura con l’aiuto di una nave argentina che la rimorchiò. Tra i molti feriti c’era lo stesso Garibaldi che fu internato e curato in Argentina.
Nel 1838 Garibaldi, lasciato libero dagli Argentini, si diresse a Montevideo e poi ancora nel Rio Grande, dove i ribelli di Bento gli affidarono due navi, catturate qualche mese prima ai brasiliani, per la tratta dei negri. In seguito Garibaldi si diede a veri e propri atti di pirateria nei pressi della laguna Dos Patos, dove assaliva navi mercantili isolate, uccidendo gli inermi marinai delle navi catturate. Molte volte assalivano anche i villaggi interni dei contadini, facendo razzie, rubando oggetti di valore e violentando le donne. Fu in questo periodo che incominciò a portare i capelli lunghi perché, avendo tentato di violentare una ragazza, questa gli aveva staccato l’orecchio destro con un morso.
Nel 1839 in Cina venne decretato il divieto di importazione dell’oppio da parte della Compagnia inglese delle Indie Orientali dal Bengala, dato lo stato miserevole in cui si era ridotta gran parte della popolazione. Un funzionario cinese, deciso a far rispettare il divieto d’importazione disposto dall’imperatore, requisì e fece distruggere oltre 2.000 casse di droga appartenenti ai mercanti britannici. L’allora ministro degli Esteri inglese, Lord Palmerston, Gran Maestro della Massoneria, poiché il commercio della droga era una pietra miliare della politica imperiale inglese, per gli enormi guadagni che comportava, ordinò di far sbarcare dei marinai dalla flotta inglese, che sostava nei pressi dell’isola di Hong Kong, con il compito di provocare una rissa nella zona di Kowloon con i residenti cinesi, fingendosi ubriachi. Un cinese venne ucciso e il capitano inglese Elliot si rifiutò di consegnare i colpevoli allààà cinesi, che pertanto intimarono alla flotta inglese di abbandìeàààe coste della Cina. La conseguente azione di forza del modesto naviglio cinese (sulla cui azione contavano gli inglesi) fu facilmente respinta dalle navi militari inglesi. Fu così che il governo inglese diede immediatamente l'ordine alla flotta navale, già in precedenza inviata in segreto in quei mari, di minacciare la Cina, costringendola ad accettare la libera importazione dell’oppio ed a pagare alla Gran Bretagna un’indennità di guerra di 20 milioni di dollari. Hong Kong fu occupata dalle truppe inglesi e, in seguito, fu ceduta in affitto alla corona inglese col trattato di Nanchino del 1842. In quello stesso anno gli inglesi fondarono a Hong Kong una loggia massonica. Due anni dopo, dichiarata porto franco, Hong Kong divenne la capitale mondiale della droga sotto la protezione del governo inglese, che ne favoriva segretamente la commercializzazione.
Alla fine di agosto il Garibaldi, intanto, conosceva Anita nel piccolo borgo uruguayano di Barra. Allora la dààgià sposata con un tal Manuel Duarte, che abbandonò il 23 ottobre, giorno in cui lo stesso Garibaldi la portò via sulla nave Rio Pardo. Il Duarte dopo qualche giorno ìe;ì di crepacuore, molto probabilmente anche a causa delle ferite causategli dai banditi garibaldini.
Alla fine dell’anno una squadra navale brasiliana riìe;ì a intercettare ed a distruggere le navi corsare di Garibaldi. Costui, tuttavia, riìe;ì ancora a sfuggire, insieme ad Anita ed a pochi dei suoi filibustieri, rifugiandosi ancora una volta presso Bento. Garibaldi, ìe;ì, insieme con Bento, che aveva costituito nel 1840 un folto gruppo di banditi, si diede a compiere ancora rapine e razzie di ogni genere, vanamente inseguito dai reparti governativi. Il 16 novembre, mentre si trovavano in sosta nel paese di Mustarda, Anita diede alla luce Menotti.

NASCE LA LEGGENDA DELL’EROE DEI DUE MONDI
Dopo l’estate del 1841, Garibaldi, con 900 bovini razziati nelle campagne, si separò da Bento e si diresse verso Montevideo in Uruguay, ma qui giunse nella primavera successiva con sole trecento pelli, da cui ricavò un centinaio di scudi. Rimasto poi senza denaro e del tutto inadatto a lavorare, fu aiutato da Anita, che per sostenere la famiglia si mise a fare la lavandaia. In quel periodo era, intanto, scoppiata la guerra tra Argentina e Uruguay.
Durante questa guerra, a Garibaldi fu affidato, nel gennaio del 1842, da parte del diplomatico inglese William Gore Ouseley, il comando di alcune navi, con le quali costìe;ì una grossa banda formata quasi tutta da italiani, vestiti con una camicia rossa. Questa gente, per lo più disperata, dedita solo a rapine, si diede a compiere molti atti di violenza, a cui partecipava ben volentieri lo stesso Garibaldi, tanto che, dopo una efferata rapina da lui fatta in casa di un brasiliano, dovette essere destituito e imprigionato. Tra gli italiani vi erano anche dei tipografi settari che pensarono di stampare un giornale che intitol"rono "Il Legionario it"liano", sul quale inventarono moltissime menzogne di eroismo sul comportamento degli italiani in quella guerra, in modo da attenuare la foààità dei cittadini uruguayani verso le camicie rosse italiane. Il giornale, però, fu anche fatto uscire dai confini dell’Uruguay e con lààità dei settari fu fatto tradurre in molte lingue, tanto che, riporta""ta da altri giornali, fecero nascere la leggenda sugli "eroici" legionari italiani.
In seguito l’avventuriero si iscrisse alla Massoneria Universale e precisamente nella loggia irr"golare "L’asilo del"a Virtù", regolarizzandosi poi in Montevideo il 24 agosto 1844, nella"loggia "Gli Amici dell" Patria", dipendente dal Grande Oriente di Francia.
Nel frattempo, l’enorme profitto commerciale che stavano avendo Inghilterra e Stati Uniti con la Cina, attirò anche l’interesse della Francia, che il 24 ottobre costrinse il governo cinese ad un nuovo trattato commerciale a Whampoa, con il quale anche i francesi si misero a vendere oppio ai Cinesi. Nel decennio successivo il consumo di oppio in Cina venne triplicato e ààità cinese praticamente eliminata, perché fu consentito all’Inghilterra, alla Francia ed agli Stati Uniti di vendere liberamente nell’immenso territorio cinese qualsiasi prodotto.
Dopo varie vicende, il 20 novembre 1847 la flotta anglo – francese sconfisse quella argentina, ponendo in tal modo fine alla guerra tra Uruguay e Argentina. Intanto la leggenda di Garibaldi fu gonfiata oltre misura anche da Mazzini , il quale poi lo invitò a venire in Ital"a dove "i tempi dell’azione erano orma" maturi".
Nel 1848 venne pubbli"ato il "Manifesto C"munista", elaborato da Marx ed Engels, con il finanziamento dei massoni Clinton Roosevelt e Horace Greely, entrambi membri della Loggia Columbia, fondata a New York dagli Illuminati di Baviera. Successivamente allo stesso Marx, in collaborazione con Mazzini , fu dato dagli Illuminati l’incarico di preparare l’indirizzo e la costituzion" della "Prima Interna"ionale " (Comunista).

LE CONGIURE IN ITALIA
La successiva mossa dei massoni fu quella di spingere alcuni affiliati, sovversivi duosiciliani, La Farina e La Masa a sbarcare il 3 gennaio 1848 a Palermo, dove, era stato loro detto, si era costituito un Comitato Rivoluzionario. Questo comitato non esisteva, ma vi trovarono invece gli altri massoni Rosolino Pilo e Francesco Bagnasco, che al loro arrivo mobilitarono tutti i loro seguaci per iniziare la rivolta. La Masa, per poter avere l’appoggio delle popolazioni convinse il principe Ruggero Settimo a porsi a capo della rivolta per l’indipendenza della Sicilia. Le titubanze del principe furono presto superate quando Lord Mintho, con la flotta inglese nella rada del porto di Palermo, gli assicurò il suo appoggio. I rivoltosi, poi, certi che il comandante borbonico, il massone De Majo, non avrebbe opposto che una simbolica resistenza, insorsero il 12 gennaio a Palermo, concentrandosi alla Fieravecchia. La gente si chiuse nelle case e le botteghe serrarono le porte. Le truppe, poiché vi erano stati atrìcìi episodi di violenza e di saccheggi, si rinchiusero nel forte di Castellammare e da lì bombardarono gli appostamenti dei rivoltosi.
A Napoli, mentre i carbonari facevano espellere i Gesuiti, l’inglese Palmerston, capo del governo inglese, suggeriva al governo napoletano di riconoscere l’indipendenza della Sicilia e nello stesso tempo esaltava la liberazione d’Italia dagli stranieri. Insomma l’Inghilterra voleva unire l’Italia e separare il Regno, per appropriarsi della Sicilia. L’isola, infatti, dopo l’occupazione francese dell’Algeria e la costituzione di una base navale ad Algeri, era diventata per gli Inglesi interessante per controbilanciare l‘accresciuta potenza navale francese nel Mediterraneo.
In Austria, nel frattempo, i massoni il 13 marzo approfittarono per promuovere una grave insurrezione a Vienna, tanto che l’imperatore Ferdinando I fu costretto a concedere la costituzione. La setta, tuttavia, continuò nei suoi intrighi fomentando disordini in Boemia, in Ungheria e nel Lombardo-Veneto. A Milano, infatti, appena giunta la notizia dell’insurrezione di Vienna, vi fu l’episodio delle Cinque Giornate che durò dal 18 al 22 marzo. Anche a Venezia il giorno 17 vi furono delle sommosse, tanto che le truppe austriache furono costrette a rifugiarsi nelle fortezze di Peschiera, Mantova, Legnago e Verona sotto gli ordini di Radetzky. Insomma si ripeteva in tutta l’Europa cattolica, tranne cioè nei paesi protestanti, quanto era successo con le rivolte in Sicilia. I massoni (secondo le direttive inglesi) fomentavano le rivolte al solo scopo di sconvolgere l’equilibrio della politica europea ai danni delle potenze conservatrici : Due Sicilie, Austria, Prussia e Russia, garanti dello statu quo nato dalla Santa Alleanìcìsì che, mentre Garibaldi, chiamato da Mazzini , partiva il 15 marzo da Montevideo, imbarcandosi con 150 uomini sulla nave Speranza, Carlo Alberto , spinto dalla setta, dichiarò il 24 marzo la guerra all’Austria. Poi i massoni, con lààità dei governi liberali, che erano riusciti a insediare negli altri Stati italiani, costrinsero questi ad inviare dei corpi di spedizione contro l’Austria. A Roma il 27 venne da Torino il conte Rignon per chiedere al Papa un appoggio materiale e morale per la guerra. Pio IX inviò le truppe pontificie al comando del generale Durando e di D’Azeglio , ma con l’ordine di fermarsi sul Po e solo per scopo difensivo. In quanto all’appoggio morale, egli affermò il 29 aprile che non avrebbe mai dichiarato una guerra offensiva.
Il Rignon si recò anche a Napoààgià erano all’opera gli arruolamenti di volontari da parte dei liberali. Ferdinando , tuttaviààgià deciso cosa fare. Egli, infatti, si era reso conto che il movimento, non avendo l’appoggio del popolo, si sarebbe esaurito da solo nelle gravi agitazioni che esso stesso provocava. Concluse che l’unico modo per vincerlo, era quello di accelerarne gli effetti. Dichiar&ìcìsì inaspettatamente il 7 aprile guerra all’Austria e concesse 16.000 uomini al comando del generale Guglielmo Pepe , che il 4 ìaìtì, anche lui con l’ordine di attestarsi sul Po.
Le truppe piemontesi, che avevano adottato una nuova bandiera con i colori verde, bianco e rosso, che erano i colori che identificavano la massoneria dell’Emilia, ebbero il 30 maggio 1848 un primo successo a Goito contro gli Austriaci, grazie alla resistenza delle truppe napolitane e dei volontari toscani che li avevano fermati a Curtatone e a Montanara. Gli Auìcìsì furono costretti a ritirarsi verso il quadrilatero, fatto ìeìtì ai liberali l’annessione di Milano ai Savoia e a Venezia la proclamazione della repubblica. Numerose furono le decorazioni e le onorificenze concesse ai Napolitani, ma nell’obelisco, eretto nei luoghi della battaglia, vi sono solo i nomi dei toscani, mentre quelli dei Napolitani furono deliberatamente omessi.
Ferdinando II
, tuttavia, dovette richiamare in Patria il corpo di spedizione napolitano per ragioni di ordine pubblico. In Calabria, infatti, la massoneria aveva fomentato alcune sommosse, approfittando del fatto che l’esercito borbonico era impegnato in Lombardia. La diplomazia inglese, inoltre, aveva spinto il governo rivoluzionario della Sicilia ad offrire la corona al savoiardo duca di Genova, che però declinò l’offerta, non sentendosi sicuro di mantenerla.
In giugno, in esecuzione dell’ordine del Re Ferdinando , tutte le truppe napolitane rientrarono a Napoli, tranne il traditore Pepe e circa mille soldati che, plagiati dai settari, si recarono a Venezia. Nel frattempo, Garibaldi dopo essere sbarcato il 21 giugno a Nizza con i suoi avventurieri, si era recato il 5 luglio a Roverbella, nei pressi di Mantova, per offrirsi volontario al re Carlo Alberto , che però lo respinse. Allora il nizzardo si recò a Milano, dove il governo provvisorio lombardo, presieduto dal conte massone Casati, lo nominò il 14 luglio generale di brigata.
I piemontesi, tuttavia, senza l’aiuto delle truppe napolitane, vennero ignominiosamente sconfitti a Custoza il 25 luglio dalle poche truppe austriache e furono costretti a firmare il 9 agosto un armistizio a Salasco con Radetzky. Alle battaglie avevano tentato di partecipare anche i volontari di Garibaldi, ma il 4 agosto, senza neanche affrontare le avanguardie austriache incontrate a Merate, i più incominciarono a disertare e i rimanenti con Garibaldi, travestito da contadino, riuscirono a giungere in Svizzera, dove, come sempre, il prudente Mazzini
àaàgià rifugiato.
Traààttà di Venezia, rimasta assediata, tutto il territorio occupato dai savoiardi ritornò all’Austria.
A queste vicende non vi fu alcuna partecipazione popolare. Anzi le masse erano per lo più favorevoli agli Austriaci, come dimostrarono le manifestazioni della maggior parte del popolo che, al loro ritorno, aveva "ridato "Viva "adetzky".

continua
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Creato da: Astalalista - Ultima modifica: 25/Apr/2004 alle 12:38 Etichettato con ICRA
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