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NULLO Francesco - pagina 5indietro Caroli , Mazzoleni , Testa , Cristofoli , Venanzio , balzano sull'argine, si precipitano su di lui, si chinano ansiosi sulla sua camicia rossa insanguinata: quel generoso, che al culto egoistico dell'io, aveva sempre contrapposto la fede cristiana che dice — Noi —, è proprio morto. La palla che gli ha forato il cinturone di cuoio ( 1 ) è penetrata nel fianco destro, gli ha attraversato il corpo, gli ha fermato il cuore. La sua morte porta una grande confusione nel campo; c'è uno scoraggiamento generale; l'unità del comando è perduta. Miniewski è ancor più un pulcino nella stoppa. Protetti dalla Legione straniera i Polacchi iniziano la ritirata, ma in modo irregolare, per cui la Colonna viene divisa in due parti : alcuni ottengono l'intento di rivarcare la frontiera in territorio austriaco ( 2 ), altri, dopo un impari scontro con i Cosacchi, sono fatti prigionieri dai russi e mandati in Siberia ( 3 ). Il bel corpo di Francesco Nullo, rimasto preda del nemico che ne ha fatto scempio 4 ), all'indomani del fatto d'arme di Krzykawka, per volere del Principe russo Szachowskoi ( 5 ), venne sepolto, con onori militari, nel piccolo cimitero di Oikusz, dove ancor oggi riposa, sotto un cippo di basalto, mentre il suo grande spirito aleggia nell'azzurro ciclo d'Italia, nel cui nome egli ha saputo morire ( 6 ) per la libertà di un altro popolo ( 7 ), legato al nostro da una comunità di ideali ( 8 ). 22. - Francesco Nullo nella poesia. Compiuto il nostro lavoro di storici, preoccupati di non indulgere ne all'estro individuale ne al capriccio della fantasia, lasciamo, ora, che la voce dei poeti dispieghi il suo canto armonioso e libero su quella che lo stesso Carducci definì « una delle più belle figure dell'epoca garibaldina» ( 9 ). CANTO IN MEMORIA DEL GENERALE NULLO di Laura Beatrice Mancini ( 10 ) O donne, in cui di patria Vive pietoso affetto, E voi, cui serve libera Alma non doma in petto, Un altro Eroe morì! E dove corri, o intrepido Campion di libertade? Pel suoi natìo là pugnano, Odi un cozzar di spade; L'alma vi corse e rapida L'opra al voler si unì. Questi che altero un popolo Fra i Mille forti onora, Oliai dono a tè, Polonia, Invia l'amante suora, Qual sangue in sacro vincolo Stringa la mutua fè. Come solca quel fervido Co' pochi suoi si scaglia Dove con lotta orribile Più fiera è la battaglia; Che vai dell'oste il numero? Possa infinita ha in sé. O nostra speme, o itali Amati giovinetti, Secura morte colsevi Lungi dai cari tetti? Ma pur cadendo il patrio Valor per voi brillò. E vostro Duce?... ahi!... spegnesi Nel fior l'ardente vita! Del Russo il ferro apersegli Ampia nel sen ferita... Polonia, Italia... uditelo, Amando in voi spirò. Nell'apparir fuggevole Di quel supremo istante, E madre, e patria, e gloria Gli balenar dinante, E ad un solingo indomito Forse volò il sospir. O giorni di vittoria, Quando a quel grande allato, Fugò superbi eserciti, Vinse poter malnato, E di Palermo Vangelo Fulgea su l'avvenir! Allor che in tai memorie L'anima aperse l'ali, Bella del suo martirio Volando agl'immortali, Fin del nemico il gelido Petto sentì pietà. Che riverente resegli L'onor dovuto a' prodi, E tu pietosa Bergamo, Piangi in un punto e godi; Questa è tua luce e fulgida Nel nostro del vivrà. O Donna della Vistola, In questa nobil terra Novelli eroi si accingono Alla tua santa guerra, L'ardito sacrificio Sprone è de' forti al cor. Il mondo intero un fremito Di plauso e amor ti dona; Se non potrai ricingere La tua natìa corona, Sarai d'esempio a' popoli, A' despoti terror. Fra pugna è divo incendio, Ch'ove languia ridesta La fiamma inestinguibile Agli oppressor funesta Quest'ombra a gara vindici A' tuoi guerrieri unì. Deh! torni a noi la funebre Diletta spoglia almeno! La bagncrem di lacrime Fin che avrem l'onta in seno, Di fior la covra Italia Nel trionfai suo dì. IN MORTE DI F. NULLO di G. C. Abba ( 11 ) Alfin tu trionfasti Pallida morte, e il non temuto artiglio, Del tiranno Ministra, avviluppasti Nella chioma del Grande, Cui fu luce la gloria, e fu consiglio L'amor dei servi e un'alta ira pEI troni Donde la mala signoria si spande! Ad uno ad un da queste orgie nefande Fuggon sdegnosi gli incorrotti e i forti, E anch'ei s'invola il Prode. Nelle natie canzoni Per voi largo ristoro abbia di lode O Lombarde fanciulle il chiaro nome... E come ai guadi d'un torneo chiamate Corron falangi d'ogni terra ai forti Nepoti di Sobiesky affratellate, Se là dalle Rutene Alle foreste Lituane un suono S'ode di ceppi infranti e di catene, Che fa il tiranno impallidir sul trono. Come desio ti punse Tu pur corresti; ed il conteso vallo, Furtiva guida d'altri eroi, raggiunse L'ugna del tuo cavallo; Percosse appena quella sacra terra Che il fervido leardo Nitrì di gioia ed odorò la guerra: E a tè nel petto urtò con più gagliardo Moto e ai tuoi prodi il core. Il terzo anno volgea recando il giorno Che d'immortal splendore Avvolgerà nei secoli le ignude Rocce di Quarto ove s'accolse tanto Valor, tanta virtude, Tanto amor di battaglie alla vendetta Del siciliano pianto. E tu come in quel dì sempre fidando Nell'astro tuo fatale, E nel tuo Dio, laggiù sotto il brumale del di Sarmazia denudasti il brando, E alto l'aer di voci Sonò qual suoi se per tempesta freme : Come rapida in ciclo e la saetta Volò la fama, e quando si diffuse Fra questi oppressi il nome tuo, di speme Ivi gran raggio balenando arrise; Ed all'orde feroci Si strinse il cor sotto l’odiate assise, VI Poi dalla lunga e truce Orgia di sangue e dalla rea rapina Sceser sul campo, ove nel gran periglio Brillasti, anima fiera, Come Cometa che per l'aer trascina Sua criniera di luce Allor simile all'Aquila che il ciglio Figge nel sole altera, La triplice guatasti orrida schiera Tartara che invadea l'ampia campagna; Indi alla fiera gioventù compagna Interrogato il coro Il tuo spirito esultò; ti colorasti Di magnanimo ardire e spaventoso « ALLA PUGNA » — gridasti! — Arde la pugna — Irrompe ruinoso Il tuo destrier, colla ferrata zampa Dalla percossa silice sprigiona Faville: intorno avvampa La terra, il pauroso Aere commosso orribilmente suona; S'addoppian l'ire, avanzano anelando Le feroci coorti Avvolte in densi nugoli di fumo, E già ingombrano il suoi feriti e morti. Ahi quale e quanto si diffonde invano Nobil sangue! — Precipita più densa La nordica falange, Qual procelloso irrompe l'Oceano Ch'ogni riparo infrange. Ormai si piega il volo Della vittoria sulle ree bandiere, E colla febbre del Lion s'avventa L'Itala schiera, e poco intorno avanza A lei terra cruenta, E poco raggio splende di speranza. Ma è vil la fuga, ne l'eletto stuolo Onde già il fior si spense In faccia a morte ha di fuggir costume. Libertà, libertà, splenda il tuo lume A consolar gli istanti Ultimi di quel pugno di giganti! — Ei misurò col ciglio De' suoi prodi la strage, e nell'ardita Anima accolse di morir consiglio; Gloriosa agonia! Piomba il corsiero Per mortale ferita E nell'immonda polvere balestra Il giovin cavaliere: Dall'orrenda caduta Ei sorge, tende la possente destra E la morte saluta. IX E la morte l'udi — L'inconscia mano D'un combattente Scita Troncava il fil de la gloriosa vita! Fulminato nel petto e nella fronte Cadde e spirò l'Eroe, ma collo spento Occhio rivolto all'irrompente coorte, Che un istante sostò quasi atterrita Da tanto eroica morte — Così scende la folgore dal cielo E terrore e spavento Spande morendo intorno in chi l'intese. Allor fu un urlo di dolor che ascese Fino alle nubi, e dall'angoscia vinto In quegli irrisi dalla rea fortuna Tacque il pensier dell'ultime difese. E mentre ad una ad una Le passate battaglie ivan pensando Ove brillò del capitano estinto Sempre fra primi il brando; Scendere si sentian nei sacri petti Delle lance casacche i ferri immondi... XII Tale è il destino degli Eroi — Frattanto Qui la virtù combattè E vinta quasi sull'immensa arena Si prostra, e il petto ha lacerato e il manto. Ma talor le presaghe alme dei vaii Nell'ore dei possenti estri rapite A divinare i Fati Cui son le stirpi del dolor sortite, Veggiono un tempo, che non fio lontano, All'universa terra Portar la luce dell'amar che Cristo Diffuse dal patibolo pagano. Allor fia muto il tristo Genio che scinde in vergognosa guerra D'invidie il mondo, e sui pugnati campi Scenderanno i nepoti ai sacri riti Come l'amor consigli e la pietate Liberi petti — Avventuroso il vate Che tè cantando alle festose genti E tue molte battaglie, e del tuo core I divini ardimenti, Sublime l'inno scioglierà siccome Fu sublime tua morte: Però che i tempi varcherà il suo nome, E la sua gloria nella tua confusa Fia; come gli estri ai sacri vati, e ai forti Un'austera dispensa unica musa. — DAL POEMA: « ARRIGO » di G. Cesare Abba ( 12 ) «...In quel momento dal petto tonando Come la sua divina ira il rapia, Sovra l'irta serraglia insanguinata La spada in pugno e l'Itala bandiera, Nulla apparve; terribile siccome i fantasmi, che agli egri artan la mente Nelle febbri notturne o in mezzo ai sogni. La sua lieta fortuna: oggi lo copre Una povera gleba in un oscuro Cimitero Polacco; e di sua morte Con barbariche noci, entro le tane natìe, racconta il tartaro soldato Che lo vide morir! Sfa in quell'istante Per le vie di Palermo i fuggitivi; Qual fra' tanti nemici ardì ritroso Torcere il ciglio, e non provò nel petto Uno slancio d’amore e di desìo Per quel guerrier?...» NULLO IN POLONIA di Francesco Sartorelli ( 13 ) II Ferve la pugna, mille bocche a gara Vomitan morte sulle ardite file. L’aere è di fuoco, - l’orizzonte è avvolto D'un denso fumo che le lotte streme Sovra un corsiero rapido, animoso S'avanza il prode di Marsala; è un figlio Dell'Italia risorta e ancora ancella!... Al suo apparir prorompe dalle schiere Un plauso interminabile di « evviva » Che alla turba nemica un'eco porta Come grido di morte. Dalle trombe Parte lo squillo segnai dell'assalto; — Un polverio s'innalza e si protende Come striscia nell'aere che segnala Dei generosi cavalier la corsa; — A petto a petto si combatte e il sangue Scorre a torrenti straripando i solchi Del campo contrastato. — E' un incessante Fischiar di palle; — è un rovinìo di falci Percosse e ripercosse; — è un urlo immenso Di fanti insanguinati; — e una continua Pioggia di fuoco che percuote e uccide, Rischiarando la via del firmamento Ai prodi che abbandonano la terra Per la quiete infinita che li attende Lassù nei Cieli, fra i superni spirti; Ma dov'è il Condottier?.. dov'è sparito Quel fulmine di guerra che al Cosacco Fé mordere il terren? Uno straziante Gemito s'ode,... di dolore un grido S'alza nel campo, che soverchia il rombo De' mortiferi bronzi. Egli è caduto... Povero Nullo! tu corresti il primo Alla battaglia, e tu primo cadesti Per la polacca libertà nascente. Povero Nullo! il sacrificio tuo La Polonia porrà nelle sue storie Eternandoti prode. Or le feroci Pugne continuan, poiché il fuoco sacro Brucia ogni zolla rischiarando l'aere D'una vermiglia, inestinguibil luce. Ma allor che ogn'orma di straniera gente Fia cancellata e i sanguinosi giuochi Saran cessati; allor che le ricurve Falci e le spade e l'aborrite insegne Sieno appese agli ostelli del Signore Come voti di stragi vendicate, Come ricordi del servaggio infranto, Noi verremo a quel solco peregrini Che inaffiava il tuo sangue, e sulla terra Della orribile mischia una modesta Croce alzeremo, ed il commosso petto Un inno scioglierà, mentre il pensiero, Veleggiando pei Cicli, al sommo lito Toccherà riverente ove gloriosa E libera passeggia l'immortale Anima tua, che l'infinita festa Gode e divide nella eternitade Vegliando al bene de' fratelli suoi. Da: « LA SPEDIZIONE IN SICILIA » di M. Pellegrini( 14 ) « ... E Nullo vien da' veneti confini di bella cinto gioventù pugnace, Nullo che poscia ardir soverchio, ahi, tragge d'Italia, e muor su le pannonie piagge... ». DA: « LA CANZONE DI GARIBALDI » di G. D'Annunzio ( 15 ) « e poi l'alba, e nell'alba il tonante impeto, l'urlo, la furibonda strage, l'inferno al ponte dell'Ammiraglio; il maschio Nullo a cavallo oltre la barricala con la sua rossa torma, ferino e umano Eroe, gran torso inserto nella vasta groppa, centàurea possa, erto su la vampa come in un vol di criniere... ». NEL PRIMO CINQUANTENARIO DELLA MORTE DI F. NULLO di G. Bertacchi ( 16 ) «...Nullo! Bel nome da pronunciare così, scevro di aggiunte, nudo nella fierezza sua come una spada. Nullo! Nome forte e dolce... » Era di quell'Italia epica e artiera che la celata avea sotto il cappuccio; pronto all'opera industre, alla guerriera, come Ferruccio. Fu il risveglio d'Italia un'alba sola co' suoi vent'anni. Giovinezza indoma, dai fieri giorni di Milano ci vola baldo su Roma. E sempre apparve, poi, dovunque fosse il suo fatato eroe; giù da S. Fermo, guida un tumulto di camicie rosse dentro Palermo. Ma l'impeto superbo, onde dal fronte de' suoi si spicca e, primo allo sbaraglio, è veduto balzar di là dal ponte dell'Ammiraglio, durerà, lo trarrà con l'errabondo sogno ribelle verso la tua luce, schiava Polonia, cavalier del mondo come il suo duce. Dai paduli di Olkusz fulmina intorno il moscovita in curvo ordine sparto; Nullo sprona sull'alto argine; è il giorno sacro di Quarto. Chiudi in tè stesso la tua gloria estrema, o temerario, che cadrai colpito! Qui sul cuor della Slavia il tuo poema oggi è finito. DA: « LE RAPSODIE GARIBALDINE - I MILLE » di G. Marradi ( 17 ) II C'era l'ardente d'aquilini ardori ansia eroica di Nullo... V Lanciasi, primo dello stuol pugnace l'ardente Nullo, che i ripari invade, stupendo come il Telamonio Aiace, come se, ritto in sella, cento spade rotei scagliandosi agile e sicuro via sul cavai che sanguina e non cade... PER LA VISITA ALLE TOMBE DI NULLO E MARCHETTI di G. Gambirasio ( 18 ) Non da veloce gara sono spinti, Bergamo, i figli tuoi verso terre remote. Degli eroi il sangue sparso per l'eguale fine, divelto ogni confine, tiene in perenne comunione avvinti, popoli vari di linguaggio e storia. E la santa memoria che quivi attrasse in rapido tragitto i figli di quel Nullo che un dì cadde trafitto per la polacca libertà, siccome il ricordo di tanti che nel nome della Polonia, per l'Italia il sangue versarono, affratella le due stirpi; nè langue tale memoria per volger di eventi... Te stringean i rapaci rostri di tre, non aquile, avvoltoi, Polonia, e i figli tuoi a migliaio languivan nelle 'steppe gelide di Siberia; non i baci del sacrificio di Maria Walewska valser, Polonia, a intenerire il core del Corso Imperatore sul tuo crudo destino. Pure, all'inizio del nefando regno di Francesco Giuseppe, sul varcato Ticino i giovani polacchi combattevano per Dnieper e Vistala. Rendevano, fatta una l’Italia, il santo pegno coloro stessi che all'audace schiera dei Mille aveano appartenuto: v'era fra essi il valoroso Nullo, il Marchetti ed il Caroli e tanti altri Italiani che, con generoso gesto, fecero dono alla Polonia di lor vita, e sono per le due Patrie in egual modo santi. RAPSODIA OROBICA di E. Sornaga ( 19 ) Camminarono a lungo travestiti da borghesi, decisi a tutto. In alto la chiarità del ciclo li seguiva colma di gioia e di sbigottimento; nell'umido velluto della valle. i grilli trivellavano il silenzio. Cumuli d'ombra, intrichi di boscaglie, solitudine, voci senza volto. E vanno, vanno i tre garibaldini. In petto al Nullo giganteggia un nido, la sua Bergamo... e il mondo sconfinato che si dilata verso l'infinito. Oh!... Libertà, giustizia, ecco vi porto alle mie zolle come un seme nuovo; non nutriste sacrileghi fantasmi suscitati dall'angelo ribelle, ma il sangue d'una razza clic risorge e impone il suo destino. Il Nullo pensa ai dotti professori di Celana larve insepolte. E gli sorride il primo sogno d'amore che del ciclo ha il nome e la purezza. Vanno, vanno, vanno... con brevi tonfi d'ombre mute. In alto la chiarità del cielo li accompagna colma di gioia e di sbigottimento. Dita enormi su labbra di giganti astrali, i campanili rivestiti di cristallo sgomentano il silenzio. Stanno a l'erta i Croati... e i valorosi vanno a sondarli. L'anima si dona ai fratelli, ai compagni, al vecchio borgo S. Leonardo, alla ridente scuola dei Tre Passi, agli amici del Caffè Zenoni, al Condottiero prodigioso che, accampato sui colli, aspetta. E vanno... orbite nere... Colle S. Giovanni... il Castello. Ecco sorgere le Torri vetuste, la Basilica, la Rocca e le mura ciclopiche scolpite in un'accesa immensità di quarzo! Marcia l'Eroe e al fianco suo la morte scandisce i passi dell’eterna gloria. O popolo gagliardo! Ecco veniamo! fecondo è il tuo dolore, o Patria!... E uscito dall'ombra, coi compagni, fu rubato da broccia amiche e benedette; e il pianto lavò la sua fatica. Chi vi accolse?... Chi disse: « In ogni cuore c'è un'attesa... in ogni casa è pronto il tricolore?... » E vennero. E fu nuova primavera. Con rotti i lombi e cenere nel fiato fuggirono i Croati. Sorse l'alba. E fu come se il sangue dalle arterie tornasse al cuore e poi ne prorompesse in impeto oceanico a rifarsi un cuore immenso nell'immenso spazio. 23. - Stato di servizio militare e medaglie di Francesco Nullo. Marzo 1848: Volontario alla difesa di Milano. Aprile, maggio, giugno 1848: Sottotenente di Infanteria Milanese, artigliere volontario alla difesa di Treviso. Luglio, agosto 1848: Artigliere volontario alla difesa dello Stelvio. Settembre 1848: Ammesso, con decreto 8 settembre '48, nella R. Armata Sarda, destinato al Deposito di Cuneo. Maggio 1849: Dietro sua domanda, dispensato dal servizio nella R. Armata Sarda (17 maggio 1849). Giugno 1849: Ufficiale di Cavalleria nella Compagnia dei « Lancieri » del colonnello A. Masina, alla difesa della Repubblica Romana. Luglio 1849: Tenente quartiermastro, durante la ritirata verso il M. Titano. 29-7-1849: Ambasciatore di Garibaldi ai Reggenti della Repubblica di S. Marino. 1-5-1859: Volontario garibaldino nella squadra delle Guide del capitano Simonetta. 16-9-1859: Ottiene il congedo assoluto, dietro sua istanza del 23 agosto 1859. Raggiunge Garibaldi in Romagna. 5-5-1860: Volontario nel Corpo delle Guide dell'Esercito Meridionale. 15-5-1860: Ferito ad una gamba alla battaglia di Calatafimi. 27-5-1860: Aiutante di campo di Garibaldi 4-6-1860: Luogotenente delle Guide al Quartier Generale di Garibaldi a Palermo. E' promosso capitano. 8-7-1860: E' di nuovo a Bergamo per preparare un altro contingente di volontari per la Spedizione di Sicilia. 22-7-1860: S'imbarca a Genova per la Sicilia. 8-8-1860: E' tra i pionieri dello sbarco in Calabria. 21-8-1860: Costringe il forte di Reggio C. alla resa. E' promosso maggiore. 22-8-1860: Fa arrendere un'intera Brigata borbonica a Villa San Giovanni. 1-2 ottobre 1860: Si batte eroicamente al Volturno. E' promosso Luogotenente colonnello di Cavalleria, con Decreto Dittatoriale 10 ottobre 1860. 12-20 ottobre 1860: Comandante con «pieni poteri» della Spedizione nel Sannio. 30-31 ottobre 1860: Ambasciatore di Garibaldi al Rè Vittorio E. II a Sessa. 12-12-1860: A Bergamo con licenza di 60 giorni. 15-2-1861 : Raggiunge il Deposito di Torino. E' nominato membro della Commissione della Medaglia. 12-6-1861: Nominato «Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia». 11-8-1861: Confermato Luogotenente colonnello di Cavalleria nell'Arma stessa del Corpo dei Volontari Italiani. 29-4-1862: E' dispensato dal servizio, dietro sua domanda. 1-30 agosto 1862: Partecipa alla Campagna di Aspromonte a fianco di Garibaldi . 19-4-1863 : Parte per la Spedizione in Polonia. 5-5-1863 : Riconosciuto generale sul campo. Muore in combattimento, a Krzvkawka (Polonia). 1848: Medaglia di Bronzo per aver preso parte ai gloriosi fatti della Venezia. 1849: Medaglia d'Argento con «la lupa che allatta i gemelli» per la difesa della Repubblica Romana. 1859: Medaglia d'Argento istituita da Napoleone III per la Campagna d'Italia del '59. 1860: Medaglia d'Argento istituita dal Municipio di Palermo per i Mille di Garibaldi . 1860: Medaglia di Bronzo perché benemerito della liberazione della Sicilia (Decreto di S. M. il Re Vittorio Emanuele II ). N.B. E' stato possibile compilare il suddetto Stato di servizio militare in seguito alla consultazione di documenti autografi del Museo del Risorgimento di Bergamo e dell'Archivio di Stato di Torino e di Roma. 24. - Bibliografia G. C. ABBA - Ritratti e profili, S.T.E.N., Torino, 1907-'12. G. C. ABBA - Da Quarto al Volturno - Noterelle di uno dei Mille, Ed. Zanichelli, Bologna, 1891. G. C. ABBA - Storia dei Mille, Bemporad, Firenze, 1904. G. C. ABBA - Canto in morte di F. 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ZASIO: Da Marsala al Volturno, Padova, Tip. Sacchetto, 1868. PERIODICI CONSULTATI Atti del XXIII Congresso di Storia del Risorgimento, Bologna, 1935. Atti del Parlamento Italiano - Sessione 1861-'62, Roma, 1881. Bergomum: 1932 (n. 4). » 1937 (» 1). » 1938 (» 2-3). » 1939 (» 1-3-4). » 1940 (» 2-3-4). » 1945 (» 1-2). » 1947 (» 1-2-3-4). » 1948 (» 1-2). » 1952 (» 4). » 1955 (» 1). Bollettino Ufficiale Storico, anno 1927. Celana n. 13, maggio 1959. Conoscersi: Riv. Ass. Ital. per i rapporti culturali con la Polonia, giugno 1956, n. 21, Roma. Diario Guida (Notizie Patrie): 1894. Magazin fur die Literatur des In-nnd-Auslandes-1888. Notizie Patrie: anni 1860, 1863, 1864, 1883. Nuova Rivista Storica (marzo-giugno 1926). (Il) Pronipote del Vesta Verde: Almanacco 1849, VALLARDI, Milano, 1849, Tip. Guglielmini. Rassegna Storica del Risorgimento, ottobre 1938, ottobre-dicembre 1953. Rivista di Bergamo: maggio 1922, maggio 1923, gennaio-febbraio 1926, agosto 1927, febbraio 1929, luglio 1930, settembre 1931, giugno 1932, marzo 1937, maggio 1939. Rivista Storica del Sannio, anni 1915-1917. Rivista Tridentum, anno XII, fase. I-II, 1910. Giornale di Bergamo, 1848. L'Unione (aprile-maggio-giugno '48). Gazzetta di Bergamo, 1859. Bergamo Patriottica (1859, foglio a stampa). Gazzetta di Bergamo (giugno 1862-maggio 1863). Gazzetta di Milano (18 maggio 1862). Il Diritto (8 marzo 1863). La Provincia di Bergamo (23 gennaio-4 agosto 1869). Il Secolo (5 maggio 1913). Il Corriere della Sera (6 maggio 1926, 2 ottobre 1931). La Voce di Bergamo (13 giugno 1931). Il Resto del Carlino (16 maggio 1932). L’Eco di Bergamo (22 settembre 1932, 2 maggio 1933). La Voce di Bergamo (2 maggio 1933, 16 gennaio 1935, 18 dicembre 1937). L'Eco di Bergamo (8 giugno 1938). Il Popolo d'Italia (26 febbraio 1939). La Voce di Bergamo (27 febbraio 1939). L'Eco di Bergamo (9 gennaio 1959). ARCHIVI CONSULTATI Archivi dei Musei del Risorgimento di: Bergamo, Milano, Roma, Bologna » di Celana (Collegio). » Comunale (Civica Biblioteca Mai, Bergamo). » Comunale di Clusone. » Gamba, Civica Biblioteca Mai, Bergamo. » Notarile di Bergamo. » Parrocchia di S. Alessandro in Colonna (Bergamo). » Pretura di Almenno S. Salvatore (Bergamo). » Romelli-Gervasoni (Clusone). Archivi di Stato di: Roma, Torino, Milano, Venezia, Bologna. Archivio Tribunale di Bergamo (Palazzo di Giustizia, Bergamo). Archivi dei Musei del Risorgimento di: Bergamo, Milano, Roma, Bologna,Como. Ufficio Anagrafe del Comune di Bergamo. Archivio del Tribunale di Bergamo, Palazzo di Giustizia. GIULIANA DONATI PETTENI ----------------- NOTE (1) Il cinturone del Nullo fu portato a Bergamo dal Mazzoleni. (2) Nella Galizia incorporata all'Austria. (3) Vedi atti del processo di Varsavia, Ms. alla Civica Biblioteca « Mai », Gab. A 7; 14 (35/2). Vedi: G. LOCATELLI-MILESI: Nella Siberia orrenda. « I condannati a morte nella cittadella di Varsavia ottennero dalla magnanima clemenza del Granduca Costantino, fratello dello Zar, la commutazione della pena con i lavori forzati per dodici anni e l'esilio perpetuo da scontare in Siberia ». L. Caroli morirà nella galera di Kadaya, L'8 giugno 1865 « per infiammazione cerebrale ». Gli altri potranno tornare in Patria, in seguito alle varie suppliche presentate dai parenti all'Imperatore russo e alla tenacia dell'Ambasciatore d'Italia a Pietroburgo. Il decreto di amnistia è del 7 dicembre 1866. (4) « Era quasi irriconoscibile; una larga ferita gli solcava il volto dall'alto al basso... era avvolto in un panno ch'era proibito sollevare, perché era stato crivellato di ferite dai Cosacchi... », così scrive il Caroli nella sua relazione sulla morte del Nullo (vedi A. ZANCHI, Il dramma di L. Caroli, pag. 27). (5) Comandante dei Cosacchi che si scontrarono con la colonna del Nullo, a Krzykawka. (6) Così lasciò scritto F. Nullo « nell'Estremo Messaggio » (lettera-testamento scritta nella vigilia della battaglia di Krzykawka) comunicato in copia da Sante Emanuele Bonfanti (in data 27 maggio 1863) alla contessa Elisa Agliardi (sorella di L. Caroli). E' pubblicato nella biografia curata da G. GERVASONI pag. 100 di: Bergamo e i Mille, a cura del Liceo Sarpi, 1932 e sul « Bergomum », 1038, n. 2-3, pag.77. E' un documento denso di carità umana; pertanto lo riportiamo: «Amici fratelli d'Italia! Volgete un pensiero a noi, che qui (sic) combattiamo per la Polonia, sorella infelice della nostra terra. Non ci chiamate con nomi di sprezzo, se. Italiani, noi abbiamo abbandonato l'Italia, con Roma e Venezia ancora schiave; ciò facemmo per amore di libertà, per dare un ricordo d'amicizia a Polonia che mandò i suoi figli a mischiare il loro sangue col nostro sui campi meridionali. Abbiate fede che Dio protegge gli sforzi d'un popolo che vuole essere libero; state uniti e concordi alla bandiera della democrazia che ha levato Garibaldi . Se io morrò, ricordatevi per qual causa sono morto, e il mio ultimo grido, anche in Polonia, sarà: Viva l'Italia!». (7) Una delle testimonianze più importanti della grandezza del sacrificio di F. Nullo, è la seguente lettera scritta da Garibaldi alla Madre dell'Eroe: « Alla Madre del generale Nullo ». «Donna! Cui devo affetto di fratello - perdonatemi se mi addentro nel santuario del vostro dolore - perdonatemi s'io vengo ad immischiarmi nell'amor vostro di Madre - che un'uomo (sic) non può apprezzare - ma che mi sento il diritto di condividere - perché anch'io amavo il nato dalle vostre viscere. Io amavo sì, e stimavo giustamente il Prode dei Prodi d'una falange - per cui l'Italia sentirà meno, certamente, il peso delle sue vergogne! Egli è caduto da valoroso per una causa santa - e quando gli uomini capiranno - tutta l'altezza del sacrificio del vostro Francesco - oh allora l'Umanità potrà decantare senza sacrilegio - Libertà, Virtù, Eroismo. Sono con tutto l'affetto dell'anima mia vostro G. Garibaldi . Caprera, 27 maggio '63 ». (Autografo al Museo del Risorgimento di Bergamo, vetr. n. 30-509). (8) Vedi testamento spirituale di Francesco Nullo, riportato nella nota( 6 ). E' opportuno ricordare che: monumenti, palazzi, chiese, opere d'arte d'ogni genere, costruite in epoche varie, da artisti italiani, parlano perennemente in Polonia della nostra terra. (9) Nelle lettere a Louise Grace Bartolini, da Bologna il 7 giugno 1863, e a Pietro Dazzi, da Bologna, il 26 luglio s. a. (Voi. III dell'Epistolario, n. 561 ;n. 571) il CARDUCCI scrive: «...appena finite le lezioni, sento il bisogno di scrivere una poesia che ho composto in mente già da qualche tempo in morte di Francesco Nullo. Bisogna che la scriva !».. E in calce: « Fu una delle più belle figure dell'epoca garibaldina ». « La prefazione al Poliziano m'ha tolto di scriver pure un verso della canzone già tutta pensata ed immaginata ». (10) In appendice al vol. F. Nullo di L. STEFANONI, Barbini, Milano, 1863. (11) Stab. Artisti Tipografi, Genova, 1863. (12) Canto III; pagg. 105-106. Pisa, tip. Nistri, 1866. (13) Tip. Guglielmini, Milano, 1863. (14) Lucca, 1867. (15) Fr. Trcves, Milano, 1901. (16) Da « Il Secolo » del 5 maggio 1863; da: Riflessi di orizzonti, BALDINI e CASTOLDI, Milano, 1921. (17) Barbera, Firenze, 1923. (18) Da: «Rivista di Bergamo», settembre 1931. (19) « Cenacolo Orobico», settembre 1959. Per gentile concessione dell'Autore. ----------------- torna all'inizio |
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