Genere:
non-yaoi, fantascienza
Raiting:
angst
Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono.

Genesis

di Bombay

 

Missione #02#

La nave dei sogni la chiamavano.

Era immensa con più ponti ed un sacco di piani.

Per permettersi una crociera li sopra bisognava essere miliardari oppure speciali.

Lei rientrava nella seconda categoria.

Rupert O’Neil le porse il braccio e lei l’accettò per farsi accompagnare nella sala da pranzo.

Jennifer doveva stare con lui ed accompagnarlo come guardia del corpo, ma la sua vera missione era un’altra. Trovare il figlio illegittimo di O’Neil e rovinare gli affari sporchi dell’uomo.

Le sue fonti dicevano che il ragazzo era a bordo, spettava a lei trovarlo al resto ci avrebbe pensato qualcun altro, intanto, però, aveva intenzione di godersi a pieno quello lussuosa vacanza.

 

“Signori fate il vostro gioco” disse ed un gruppo di ragazzine ricche, viziate ed anche bruttine gli fecero l’occhiolino.

Lui sorrise amabilmente, lo divertiva fare il croupier ed era particolarmente portato.

Guadagnava bene, passava quindici giorni su una bellissima nave da crociera, ascoltava i pettegolezzi ai tavoli da gioco, che potevano rivelarsi pieni di informazioni interessanti.

C’erano un sacco di ragazze che gli ronzavano intorno, non quelle che aveva davanti per fortuna, ma se avesse voluto divertirsi non doveva far altro che allungare una mano e pescare nel mucchio.

 

Il casinò era grande quanto uno a terra a Las Vegas: roulette, tavoli da gioco, slot-machine c’era solo l’imbarazzo della scelta.

Si guardò intorno ascoltando Rupert parlare con il suo assistente. I suoi occhi caddero su un croupier a metà della stanza sulla destra.

Questi sentendosi osservato sollevò la testa e, lanciando uno sguardo distratto alla sala, la vide.

Senza che Rupert se ne accorgesse, Jennifer lo condusse proprio a quel tavolo da gioco.

“Vuoi tentare la fortuna con la roulette, mia cara?” le chiese con voce melliflua.

“Sì, mi piacerebbe…”

“Benvenuti signori, fate il vostro gioco”

Jennifer puntò una fish sul rosso “Punto il colore: rosso”

La pallina si fermò sul rosso.

“Ancora rosso” disse puntando la fish vinta.

Ed il rosso uscì nuovamente.

“Ora nero”

E nero fu.

“Siete fortunata, signora!” commentò Gary con un sorriso.

“E’ vero! Rosso!”

Nero.

“Oh no, che peccato” cinguettò lei mentre Rupert le cingeva la vita con un braccio e la conduceva lontano da quel tavolo.

 

La nave era silenziosa prima che sorgesse l’alba.

Gary fumava una sigaretta seduto sulla balaustra del ponte riservato ai dipendenti.

Una figura bianca gli si avvicinò.

“Non dovresti essere qui” la rimproverò senza nemmeno voltarsi, espirando lentamente una nuvola di fumo.

“Non sapevo che fumassi”

“Ogni tanto” ribatté aspirando un’ultima volta e gettando il mozzicone in mare.

“Non dovresti essere qui, questa zona è riservata al personale” ripeté voltandosi.

Jennifer era bellissima in un tubino bianco, i capelli dello stesso colore sciolti tenuti fermi da un fermaglio d’argento.

Lei non si mosse, non accennò ad andarsene, gli si avvicinò appoggiando le braccia sulla balaustra dove lui era seduto.

Il profumo di lei lo avvolse insieme a quello della salsedine.

“Cosa ci fai insieme a Rupert O’Neil” la interrogò fissando il mare. Si era ripromesso di non fare domande, che non gli importava nulla, era bravo a mentire, ma non a sé stesso.

“Lo conosci?” rispose con un'altra domanda.

Lui tacque.

“Sono la sua guardia del corpo”

Gary sogghignò voltandosi a guardarla “Si dice così adesso?”

Lo sciabordio del mare sovrastò il rumore dello schiaffo.

Il giovane abbassò lo sguardo, un’onda di gelosia lo aveva travolto ed aveva oltrepassato la barriera del suo autocontrollo. L’argine era rotto.

“Ci sei andata a letto?”

Silenzio.

“Ci vai a letto?” sibilò.

“Non sono affari tuoi, Gary” rispose calma.

L’afferrò per un braccio avvicinando il viso a quello di lei fissandola negli occhi. Lei tremò sotto quello sguardo accusatore, ma solo dentro di sé, fuori era immobile, imperturbabile.

“No” rispose semplicemente.

La stretta sul suo braccio si allentò, ma non la lasciò, aveva bisogno di quel contatto, non si vedevano da sei mesi anche se vivevano nella stessa città.

Si avvicinò ancora per poterle sussurrare all’orecchio “Rupert O’Neil è il mio target. Non lascerà vivo questa nave” stava per aggiungere una cattiveria, ma sarebbe servito solo a farsi del male a vicenda.

“A bordo della nave c’è il figlio illegittimo di Rupert, devo trovarlo, manderà a rotoli tutti i suoi piani” spiegò in un sussurrò.

Le labbra ed il fiato caldo di Jennifer sfiorarono il suo orecchio, fece molta fatica a concentrarsi sull’informazione.

“Hai quindici giorni per agire, poi lo farò io” l’ammonì.

 

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