Genere: fantasy, yaoi |
Raiting: NC-17, R, X, rape |
Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono. |
Magia e sentimenti
di Bombay
XII.
La guerra, terribile e crudele, era giunta fino a loro ed inevitabilmente erano
stati coinvolti.
Il padre di Soren e Galder, il marito di Nelia, lasciarono il castello per
guidare l’esercito in aiuto degli alleati.
Poco dopo la loro partenza la madre si ammalò. Soren fece tutto quello che era
in suo potere per salvarla, ma con scarso successo e la donna morì.
Soren si sentiva responsabile per la morte della madre e non si dava pace per
l’accaduto, furono inviati dei messaggeri per avvisare suo padre di quanto era
avvenuto in sua assenza, ma il genitore non poté far ritorno per consolare i
figli rimasti.
“Non è colpa tua, Soren” gli ripeteva la sorella cercando di consolarlo, ma il
giovane mago si era chiuso in un ostinato silenzio.
I giorni passavano e la guerra portava carestie e malattie. Soren e Nelia si
adoperarono per aiutare più gente possibile, ma tutto ciò andava oltre le loro
possibilità, il fratello maggiore Iker che era rimasto al castello, dopo la
morte della madre aveva deciso di raggiungere il padre, ma fu ucciso lungo la
strada. Quando la notizia giunse ai due giovani fu un duro colpo entrambi.
Nelia seguì il fratello nella sua stanza, temendo che facesse qualche
sciocchezza, ma Soren si chiuse dentro lasciando fuori la giovane donna, che
continuava a chiamarlo, solo verso il tramonto Soren lasciò la stanza ed andò in
quella della sorella, l’abbracciò appoggiando il viso sul suo seno profumato, un
singhiozzo scosse le sue spalle e poi un altro ed un altro ancora.
Nelia lo strinse forte erano mesi che Soren non piangeva, che si teneva tutto
dentro: fino a quel momento.
“Nelia…” sussurrò.
La donna gli baciò i capelli credeva che non avrebbe più sentito la voce del
fratello.
“Sono qui, sfogati..…” disse tenendolo stretto, cullandolo avanti e indietro.
“Supereremo tutto questo, torneranno i giorni felici, torneranno” mormorò mentre
calde lacrime scesero a bagnare anche il suo viso.
Quando Soren si calmò sollevò il viso verso di lei, Nelia gli asciugò le guance
bagnate.
“Parlami fratellino, parlami…”
“Non ho potuto fare niente per fermare tutto questo, ho miseramente fallito”
“No, non è colpa tua. Tu hai fatto anche troppo” lo rassicurò tenendolo stretto
a sé.
“Vorrei che Kraal fosse qui” sussurrò tristemente.
“Lo so” mormorò Nelia continuando a cullarlo.
***
“Principe Soren, quali ordini per stanotte?” domandò la guardia.
Soren chiuse le imposte “Non fate entrare più nessuno, non abbiamo cibo a
sufficienza” disse sedendosi su una seggiola e prendendosi la testa tra le mani,
Nelia gli si avvicinò “Come vorrei che nostro padre fosse qui, così non dovresti
sobbarcarti tutti i problemi”
“Non sono più un bambino” mormorò.
“Lo so, però…”
Soren alzò una mano interrompendo la giovane.
“Non ti devi preoccupare ho la magia dalla mia parte. Andiamo a letto, è tardi.”
Nei corridoi del castello c’erano molti soldati e gente di vario tipo che
chiedeva riparo per una notte. La guerra stava mietendo numerose vittime e molta
gente, costretta ad abbandonare le proprie case, cercava riparo nei castelli.
Tre uomini si pararono davanti ai due fratelli.
“Siete voi il padrone di questo posto?” domandò il più alto dei tre.
Soren annuì.
“Abbiamo ricevuto una tazza di zuppa e del vino non ci basta: vogliamo di più”
“Sono spiacente, ma questa non è una locanda, è tutto quello che possiamo
offrirvi, sono tempi duri per tutti, anche per noi” rispose Soren con fermezza.
“Beh potremmo giungere ad un compromesso” disse l’uomo afferrando Nelia per un
braccio, la donna si divincolò e Soren si frappose fra i due.
“Va nella tua stanza Nelia” ordinò, lei lo fissò un istante ed eseguì l’ordine
allontanandosi a grandi passi.
Un altro uomo afferrò Soren per il braccio e glielo torse dietro la schiena.
“Siete coraggioso o solo sciocco” gli sussurrò all’orecchio.
“Allora cosa volete?” domandò divincolandosi, ma senza successo.
“Non lo immaginate”
Soren chiuse gli occhi, aveva capito subito cosa volevano quei tre… meglio lui
che Nelia, almeno lui era abituato a soffrire.
“Sappiamo che siete un mago, non fateci scherzi o raggiungeremo vostra sorella
e…”
“Seguitemi!” mormorò rassegnato, che altro poteva fare? L’uomo lo lasciò e i tre
lo seguirono lungo i corridoi semi bui del castello.
Soren si fece seguire dai tre uomini, li condusse in una stanza vuota dove
ardeva nel caminetto un debole fuoco, al centro un tavolo con intorno poche
sedie.
I tre uomini si guardarono intorno; erano alti e massicci, probabilmente
mercenari, rozzi e volgari.
Fino a quel momento Soren era stato remissivo, ma era giunto il momento di
fargli vedere che non era tanto sprovveduto come sembrava. A bassa voce recitò
un incantesimo offensivo. Piccole fiammelle saettarono dalle sue dita, andando a
colpire il più vicino dei tre che urlò di dolore portandosi le mani al viso
ustionato.
“Bastardo” sibilò un uomo dietro di lui colpendolo con l’elsa della spada alla
nuca, tramortendolo.
Il giovane mago sollevò la testa, mentre uno dei tre lo afferrava per le braccia
costringendogliele dietro la schiena, un altro incantesimo difensivo parti e
colpì l’uomo, ma Soren aveva la mente offuscata dal colpo ricevuto e la magia
non sortì l’effetto desiderato, facendo solo adirare il suo aggressore ancora di
più.
L’uomo si ritrasse imprecando “Vi avverto, fate ancora uso dei vostri poteri e
ci sbatteremo prima vostra sorella e poi voi ed entrambi assisterete allo
spettacolo, sono stato chiaro?” disse stringendo Soren a sé in una morsa di
ferro. Il giovane annuì cercando un’altra soluzione, ma non ne vedeva e
l’incolumità di sua sorella veniva prima di tutto. Quella ala del palazzo era
sguarnita di guardie che già erano ridotte all’osso ed anche se avesse gridato
nessuno lo avrebbe sentito: era in trappola.
L’uomo gli teneva fermo le braccia impedendo al mago di intessere altri
incantesimi.
“Bene, allora sarò il primo” disse ridendo sguaiatamente, strappò a Soren i
vestiti e lo sospinse verso il tavolo.
“Vedrete che alla fine vi piacerà”
Soren chiuse gli occhi, mentre quell’individuo lo accarezzava ed i suoi compagni
facevano apprezzamenti molto pesanti sul suo conto, lo sospinse a piegarsi in
avanti sul tavolo allargandogli senza troppe cerimonie le gambe, lo penetrò con
un'unica e violenta spinta.
Soren urlò ed urlò ,mentre l’uomo possedeva il suo corpo, muovendosi dentro di
lui, lacerando la sua carne tenera. Qualcosa di caldo e viscido gli scivolava
lungo le cosce, lo sentì esplodere dentro di sé con un grugnito che non aveva
niente di umano e lo lasciò.
Soren cadde a terra rannicchiandosi su sé stesso, nessuno lo avrebbe aiutato,
nessuno sarebbe arrivato nel cuore della notte a salvarlo per poi prendersi cura
di lui e proteggerlo nel proprio abbraccio, era solo, completamente solo.
Tutti gli incantesimi gli sfuggirono dalla mente, non era più un mago, era solo
una ragazzo nelle mani di quei tre individui.
“Ora tocca a me” disse un altro, il giovane mago non oppose resistenza si sentì
sollevare ed impalare violentemente, si tese mordendosi le labbra per non
gridare, strinse forte gli occhi cercando di estraniarsi, ma il dolore lo
riportava alla crudele realtà.
Il terzo uomo, quello con il volto ustionato, gli si avvicinò “Siete bello, per
essere un mago siete proprio ben fatto. Vi vorrei un po’ più partecipe” lo
schernì baciandolo sulla bocca, ma Soren si ritrasse, un l’altro lo afferrò per
i capelli, tirandogli indietro la testa costringendolo ad aprire la bocca infine
lo voltò e lo prese sul pavimento, mentre gli altri due incoraggiavano il
compagno.
L’uomo si liberò in Soren, lo spinse in malo modo a terra. I tre lo
accerchiarono e lo fissarono, Soren si fece il più piccolo possibile
rannicchiandosi su se stesso, desiderava solo scomparire, ma i tre incombevano
su di lui.
Mani sconosciute lo frugavano ovunque senza ritegno, violandolo, schernendolo,
ferendolo nel profondo.
“Farete tutto quello che vi diremo, altrimenti ci divertiremo anche con vostra
sorella” lo ammonì uno di loro, il principe non aveva idea di chi avesse parlato
stava troppo male; annuì, ormai non poteva cadere più in basso di così, quello
che successe dopo non lo ricordava con chiarezza era scivolato in uno stato di
semi incoscienza.
Era quasi l’alba, di quel freddo autunno, quando i tre mercenari decisero che
era abbastanza.
“Ora possiamo ritenerci soddisfatti” disse uno e prima di lasciare la stanza
lanciò in direzione di Soren una moneta d’argento.
“Peccato, dobbiamo partire avremmo preferito di gran lunga restare!” con una
risata cattiva si chiusero la porta alle spalle.
Soren si sollevò carponi, guardò la moneta e la lanciò nel camino ormai spento.
Si rannicchiò nudo e tremante singhiozzando, chiuse gli occhi, gli anni felici
della sua vita gli sembravano così lontani.
Afferrò i pantaloni e li indossò. Barcollando uscì dalla stanza poi dal
castello, raggiunse il piccolo ruscello poco distante. Si tolse i pantaloni ed
entrò nell’acqua gelida, si accucciò e lavò via il sangue e lo sperma
singhiozzando disperatamente, si sfregò con forza lavando via tutto lo sporco
che sentiva sul proprio copro; si inginocchiò nell’acqua bassa piangendo ed
urlò.
Urlò tutto il suo dolore, la sua tristezza, la sua disperazione, la sua rabbia
alla notte che si stava ormai rischiarando.
Uscì dall’acqua reggendosi a stento su gambe malferme, si accostò ad un alberò e
vomitò tutto quello che aveva ingerito in quelle ore, si rivestì si sciacquò la
bocca.
Tornò faticosamente al castello stanco, ferito e sfinito, raggiunse la stanza
della sorella, la quale lo aveva aspettato tutta la notte sveglia, nella
speranza che la raggiungesse presto.
Quando lo vide si senti mancare “Soren cosa ti è successo? Cosa ti hanno fatto?”
domandò vedendolo mezzo nudo, bagnato e tremante.
Il giovane scosse la testa incapace di parlare, si vergognava troppo. Nelia lo
abbracciò, suo fratello era gelido, tremava come una foglia, lo strinse forte
accarezzandogli i capelli per un lungo momento poi lo prese per mano, lo
condusse fino al letto, aprì un baule e prese una camicia da notte pulita e
asciutta.
Soren rimase immobile mentre la sorella si affaccendava intorno a lui
accudendolo come un bambino.
Nelia gli calò i calzoni bagnati e rimase immobile a fissare il fratello.
“Oh no, no, no, no, Soren, perché, perché?” gemette, mentre i suoi occhi si
riempivano di lacrime, vedendo le scie rosse che striavano le gambe di Soren,
inequivocabile testimonianza di quello che era accaduto in quelle ore.
Lo vestì, si sdraiò sul letto portando Soren con sé tenendolo tra le braccia,
lui non aveva smesso un attimo di tremare.
“Soren” sussurrò lei scostandogli i capelli dal viso. Finalmente il giovane si
sciolse in un pianto disperato stingendosi alla sorella. Era la cosa più
preziosa che aveva, l’unica che gli era rimasta, non poteva permettere che
qualcuno le facesse del male, non poteva perdere anche lei o sarebbe morto.
Dovevano sostenersi a vicenda o non sarebbero sopravvissuti.
***
Non ce la faceva più, era passato un altro mese, non aveva la forza di andare
avanti.
Sua sorella stava così male, anche lui non si sentiva affatto bene era sfinito,
avrebbe voluto chiudere gli occhi e non svegliarsi più. Rigirò tra le mani un
pugnale, osservando la lama lucente incantato, attratto da essa, posò la lama
sul polso: era fredda. Chiuse gli occhi, scagliò lontano il pugnale, con un moto
di rabbia, non poteva.
“Chiudete le porte per oggi basta” ordinò fissando l’oscurità di fronte a sé,
non si sentiva affatto bene, forse aveva la febbre.
“Si hanno notizie dai campi di battaglia?”
La guardia scosse la testa “No, principe. Non si sa nulla”
Soren sospirò afflitto, stava per andarsene quando vide qualcuno avanzare
nell’oscurità, in un primo momento credette di avere un’allucinazione.
“Un altro viandante” mormorò il soldato rivolto a Soren, ma il principe non lo
ascoltava, fissava la figura che avanzava. Non poteva essere… non poteva essere
vero.
Quando la persona raggiunse la zona di luce, Soren sentì la testa girare, fece
un passo, poi un altro.
“Kraal, sei proprio tu… proprio tu…” sussurrò allungando la mano, vacillò in
avanti e le forze gli vennero meno cadendo tra le braccia dell’altro.
“Kraal” sussurrò prima di sprofondare nel buio più nero.
“Principe” esclamò la guardia, Kraal sollevò il giovane tra le braccia, poi si
guardò intorno.
“Cosa sta succedendo qui?”
Il soldato fece un passo indietro intimorito da quello sconosciuto vestito di
nero.
“Carestia ed una stana febbre, la gente muore, il principe Soren si è adoperato
molto ma nemmeno le sue arti sono servite a molto e forse…”
Kraal guardò Soren, il viso arrossato, la fronte imperlata di sudore, il respiro
rapido erano i chiari segni della malattia.
“Mi occuperò io di lui” disse sparendo all’interno del castello.
Kraal ricordava perfettamente dove si trovava la stanza di Soren, la raggiunse e
depositò il giovane sul letto, gli posò una mano sulla fronte aveva la febbre
molto alta; si guardo intorno: in quella stanza si gelava, non c’era legna nel
camino. Si chinò sul focolare spento, recitò una formula: un bel fuoco caldo
prese a scoppiettare vivace.
Tornò ad occuparsi di Soren, gli tolse i vestiti e lo coprì bene, era
notevolmente dimagrito ma nonostante tutto non aveva perso la sua bellezza ed
era cresciuto, non era più un ragazzo, bensì un giovane uomo con tante
responsabilità sulle sue spalle… - troppe
per uno come lui - pensò Kraal scostandogli una ciocca di capelli dal bel
viso sudato.
Il mago preparò una medicina e quando Soren parve semicosciente riuscì a
fargliela bere.
Prese una ciotola con dell’acqua fredda, una pezza di stoffa e, dopo averla
bagnata, la passò sul viso del principe, detergendoglielo e dandogli un po’ di
sollievo, lo scoprì e passò il panno umido sul corpo nudo di Soren che
rabbrividì. Gli mise una camicia da notte e lo avvolse bene nelle coperte.
Nelia aprì lentamente gli occhi sbattendo le palpebre un paio di volte per
schiarirsi la vista, si sentiva un po’ meglio, spalancò gli occhi quando vide
l’uomo vestito di nero in piedi accanto a lei.
Non poteva credere ai suoi occhi.
“Kraal? Tu sei Kraal!”
L’uomo annui, Nelia si mise seduta e lo colpì con uno schiaffo in pieno viso,
poi si lasciò ricadere sui cuscini soddisfatta.
Kraal si posò una mano sulla guancia, se l’era meritato, quello schiaffo
significava molte cose e il mago lo sapeva.
“Sei tornato. Soren lo sa?”
“Sì mi ha visto arrivare e poi ha perso conoscenza”
“Cosa?” mormorò Nelia preoccupata cercando di alzarsi, ma il mago la spinse
gentilmente indietro.
“Mi sto occupando di lui, presto starà bene”
Nelia fece un pallido sorriso “Va da lui allora, io sto meglio, ho solo bisogno
di un po’ di riposo”
Kraal annuì e lasciò sola la giovane donna.
Soren si risvegliò dal suo stato di torpore, ricordava vagamente quello che
aveva fatto prima che il buio lo avvolgesse.
Aveva visto Kraal, ma quello doveva essere frutto della febbre, non poteva che
essere un sogno.
Si mosse, in bocca aveva un gusto amaro, si passò la lingua sulle labbra secche,
doveva alzarsi e vedere come stava Nelia solo allora avrebbe potuto riposare.
Aprì gli occhi e trattenne il respirò Kraal era seduto al suo fianco su una
poltrona, stava leggendo un libro. Era reale.
“Kraal…” la voce gli uscì in un sussurro flebile irriconoscibile alla sue stesse
orecchie.
Il mago alzò il viso e poi si mise in piedi accostandosi a Soren.
“Mia sorella…” sussurro questi, cercando di mettersi a sedere, ma era troppo
debole.
Kraal lo sostenne e gli accostò una coppa piena d’acqua alle labbra.
“Sta meglio, sta guarendo, non sforzarti…”
Soren bevve qualche sorso, il liquido fresco diede sollievo alla sua gola arida.
“Sei stato in uno stato di semi incoscienza per due giorni” gli spiegò Kraal
posando la coppa.
A Soren non sembrava vero di essere nuovamente tra le braccia di Kraal, però
sentì montargli dentro una rabbia che non sapeva da dove venisse ed un quesito,
che lo aveva ossessionato per anni, prese voce sulle sue labbra.
“Perché te ne sei andato? Perché mi hai lasciato solo?” domandò a mezza voce
aggrappandosi alle vesti di Kraal.
“Ti odio, ti odio…” singhiozzò tempestandogli il petto di deboli pugni.
“Vattene! Vattene, non ti voglio più vedere” gridò accasciandosi contro Kraal
che lo tenne stretto a sé aspettando che si calmasse, lo riadagiò sul cuscino,
lo coprì senza dire una parola e lasciò la stanza come Soren gli aveva chiesto.
Si era aspettato una reazione del genere però, anche se era preparato, tutta la
rabbia del principe lo aveva ferito.
Sentì Kraal abbandonare la stanza, ed ebbe paura. Paura di perderlo di nuovo.
Chiuse forte gli occhi, non poteva crederci, Kraal era tornato e lui cosa aveva
fatto?
Lo aveva mandato via e gli aveva addirittura detto che lo odiava, non era vero,
non era vero!
Erano solo parole. Parole dette in un momento di rabbia e sconforto.
Rimase rannicchiato nel letto in attesa, e se se ne fosse andato, offeso dalle
sue parole, no non poteva perderlo di nuovo.
Scese dal letto barcollando, era debolissimo, si sostenne al letto per non
cadere a terra, fece qualche passo, la porta si apri ed apparve Kraal con una
ciotola di legno in mano.
“Non dovevi alzarti” lo rimproverò con dolcezza, ma Soren lo ignorò fece qualche
passo verso di lui e lo fronteggiò.
“Perché te ne sei andato?” domandò avvicinandoglisi ancora.
Kraal sospirò.
“RISPONDI!” gridò Soren stringendo i pugni.
“Dovevo finire il mio apprendistato ed approfondire le mie conoscenze magiche”
“Così per te la magia è più importante di me… di
noi…”
“Anche per te è importante…”
“Lo era prima, lo è diventata dopo. Quando non mi era rimasto altro, se me lo
avessi chiesto, avrei rinunciato alla magia, tu hai preferito rinunciare a me”
mormorò mentre grosse lacrime scendevano lungo le sue gote pallide.
Kraal abbassò lo sguardo, Soren riprese a parlare “Ma lo stupido tra noi due
sono io, perché non ho mai smesso di amarti, anche quando, prima, ho detto di
odiarti, era una bugia, non ho nessun mezzo per legarti a me se non questo:
l’amore che provo per te”
Kraal posò la ciotola e colmò la distanza tra loro e lo strinse forte.
“Mi sei mancato tanto, Kraal. Ti ho sempre aspettato,
sempre” sussurrò Soren contro il
petto dell’altro, sollevò il viso verso Kraal “Baciami” ordinò chiudendo gli
occhi; le labbra di Kraal si posarono leggere sulle sue in un bacio dolce e
lento, socchiuse le labbra approfondendo quel bacio, non gli sembrava vero,
temeva che tutto fosse un sogno, la testa gli girava l’appoggiò alla spalla di
Kraal, quest’ultimo lo sollevò e lo riadagiò su letto.
“Hai la febbre ancora molto alta” disse porgendogli la ciotola “Bevi”
Soren annusò dubbioso il contenuto denso e scuro sospirò e ne bevve un sorso.
“Fa schifo” mormorò con una smorfia di disgusto.
“Lo so, ma ti farà abbassare la febbre, dovresti anche mangiare qualcosa”
“Non ho fame” rispose finendo di bere e restituendo a Kraal la ciotola, si
sistemò meglio tra i cuscini e socchiuse gli occhi.
“Resta con me” sussurrò allungando una mano, Kraal la prese e l’intrecciò con la
propria annuendo piano.
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