Genere: fantasy, yaoi |
Raiting: NC-17, R, angst |
Pairing: AtrasXNerek |
Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono. |
White heart
di Bombay
IV.
Atras
Abigaille entra nella mia stanza
annunciandomi un ospite importante, mi intima di sbrigarmi e di recarmi nella
Sala del Trono.
Sguscio fuori dal letto facendo
attenzione a non svegliare Nerek, che dorme placidamente al mio fianco.
Mi vesto in fretta e lascio la stanza,
percorro i corridoi fino alla Sala del Trono, dove oltre a mio padre ci sono
altre due persone.
“Atras, vieni. Questo è re Duncan del
regno di Kanak, suo figlio Enor. Sono il padre ed il fratello di Nerek”
Mi avvicino a mio padre ponendomi al suo
fianco, con un cenno del capo saluto i nuovi venuti e li fisso attentamente
mentre mio padre continua a parlare.
Scruto freddamente il genitore di Nerek,
ha capelli castano scuro che gli arrivano alle spalle; spettinati ed arruffati,
avrebbero anche bisogno di una bella lavata, gli occhi dello stesso colore e la
barba incolta.
Sposto la mia attenzione su Enor, il
fratello di Nerek, tiene lo sguardo basso è magro e pallido, sembra quasi
sofferente, ha i capelli corti scuri come il padre, gli occhi non glieli vedo
coperti dalla folta frangia.
Enor solleva lo sguardo su di me, due
occhi nocciola profondamente tristi, né lui né re Duncan assomigliano a Nerek.
Gli sorrido e lui abbassa nuovamente lo
sguardo.
Di lì a poco Nerek mi raggiunge, si
accosta a me.
“Padre” sussurra piano.
Con due grandi passi l’uomo si avvicina
a Nerek, è molto più alto ed imponente di lui.
“Duncan, perché non mi hai detto di
avere un altro figlio?” domanda mio padre sorridendo.
Il re di Kanak si volta verso mio padre
e scoppia a ridere in maniera sprezzante e disgustosa.
“Io non ho un altro figlio” afferma.
Trattengo il fiato, cosa sta dicendo?
Guardo Nerek che impallidisce e sgrana gli occhi.
“Come?” sussurra mio padre non
comprendendo.
Re Duncan avanza verso Nerek, che
indietreggia spaventato, lo afferra per i capelli e gli tira indietro la testa.
“Padre…” geme, ma l’uomo non lo lascia.
“Lasciatelo, gli state facendo male”
grido, mio padre si alza dal trono e ripete il mio stesso ordine.
Re Duncan lascia Nerek spingendolo tanto
forte da farlo cadere sul pavimento.
“Tu hai portato la sventura nel mio
feudo” ringhia. Mi frappongo fra i due allargando le braccia.
“Con cosa hai ripagato il buon cuore di
mia moglie?” gli urla addosso furente.
“Basta!” la voce di mio padre rimbomba
nella sala.
“Dacci delle spiegazioni, Duncan,
adesso!” ordina, il suo tono di voce non ammettere obiezioni da parte di
nessuno.
Nerek si alza sostenendosi alla colonna,
pallido e tremante, resto immobile dove sono, incapace di fare o dire qualcosa,
guardo Enor che a sua volta sta fissando Nerek.
Cosa c’è nel suo sguardo? Pietà o forse
comprensione? La mia attenzione viene catturata dal racconto di Re Duncan.
“Diciannove anni fa, in una fredda notte
d’inverno, mia moglie trovò un bambino abbandonato davanti alla porta del
castello, era avvolto in una sudicia coperta ed aveva solo quel medaglione
d’argento al collo.
Appena lo vidi, o meglio, vidi il suo
aspetto cappii che ci avrebbe portato solo guai. Dissi a mia moglie che dovevamo
liberarcene in un modo o nell’altro; se lo avevano abbandonato doveva pur
esserci una ragione, mia moglie si oppose con tutte le sue forze, così rimase.
In pochi sapevano, dissi che era mio
figlio e, come tale, l’ho allevato. E’ cresciuto: è sano, forte, molto
intelligente, bello”
I suoi occhi si posano famelici e
vogliosi su Nerek che si fa piccolo piccolo, stingendosi nelle spalle.
“Non è nemmeno riuscito a salvare la
donna che lo ha amato come un figlio, se non di più. Non lo rivoglio nella mia
casa, per me può anche morire, non mi interessa”
Freddo, crudele, spietato.
Nerek indietreggia verso la porta, gli
occhi colmi di lacrime trattenute, si volta e scappa via da questa sala, via da
questa crudeltà.
Resto immobile, i pugni stretti, se
nella stanza non ci fosse mio padre avrei già estratto la spada e fatto scorrere
il sangue di quest’uomo. Si meriterebbe la morte solo per aver messo le mani
addossa a Nerek.
“Potete restare qui, questa notte” mi
volto di scatto, mio padre alza una mano prevenendo ogni mia protesta “Solo
questa notte” precisa.
Con un cenno della testa mi indica la
porta, annuisco. A grandi passi attraverso la sala, appena fuori corro verso la
stanza di Nerek.
Entro senza nemmeno bussare, mi guardo
intorno la stanza è vuota. No, dei singhiozzi sommessi.
“Nerek” lo chiamo, nessuna risposta,
chiudo la porta con il chiavistello, faccio il giro del letto.
“Nerek…”
E’ rannicchiato contro il letto, la
testa tra le ginocchia, le spalle scosse dai singhiozzi, mi inginocchio davanti
a lui, gli poso una mano sui capelli accarezzandoglieli piano.
“Sono qui” mormoro.
Nerek
Non può essere vero. No, è tutto un
incubo. Un terribile incubo.
Chiudo la porta della mia stanza
sbattendola, arrivo fino al letto, crollo a terra, mi rannicchio su me stesso.
Tutto quello in cui credevo non esiste
più. Crollato. Distrutto per sempre.
Chi sono io? Non lo so. Non lo saprò
mai.
Cosa ho fatto male per meritarmi di
soffrire così? Desidero solo un po’ di calore, un po’ di affetto, un po’ di
felicità.
Le parole di mio padre. No, non posso
più chiamarlo padre. Lo odiavo per quello che mi faceva, ma mi sentivo in colpa,
per me era pur sempre mio padre.
Porto davvero sventura come dice? Forse
sì o forse no. Come fa ad esserne tanto sicuro?
Il mio aspetto, i miei occhi, i miei
capelli d’argento.
Sono stanco di soffrire.
Una mano mi sfiora la testa.
“Sono qui”
Sollevo piano il viso, Atras mi sorride
dolcemente, mi abbraccia, mi fa posare la testa sul suo petto, sento il suo
cuore battere forte, chiudo gli occhi, c’è ancora qualcuno per cui vale la pena
vivere.
“Sono qui” ripete “Non ti lascio.
Qualunque cosa dicano sul tuo conto sono solo menzogne” mi assicura.
Il suo calore mi avvolge, le sue braccia
mi cingono stretto, le sue parole leniscono le ferite del mio cuore.
“Ti amo” sussurra al mio orecchio mi
solleva il viso, mi bacia le guance umide, le labbra in un bacio pieno d’amore
che mi scuote l’anima.
“Resterai qui, con me, con noi. Saremo
noi la tua famiglia”
Poso nuovamente la testa sul suo petto,
mi lascio cullare. Non voglio pensare a nulla ora, stare solo così, per sempre.
Esco dalla mia stanza, Atras è stato
convocato da suo padre, sono rimasto solo per un po’.
Ho fame e sete, quindi decido di andare
allo cucine, forse là riesco a distrarmi.
Cammino a testa bassa sprofondato nei
miei tristi pensieri, urto qualcuno.
“Scus…” le parole mi muoiono in gola.
Mio padre, anzi no, re Duncan, mi fissa
con odio, un sorriso cattivo gli increspa le labbra. Mi afferra per il bavero
della tunica mi sbatte con violenza contro il muro. Il colpo è tanto violento
che mi stordisce, devo gridare: ci sono guardie e servitori nel castello,
qualcuno mi sentirà, ma lui è più veloce di me, mi chiude la bocca con la sua
mano grande e callosa; mi dibatto cercando di liberarmi, ma con scarso successo,
so cosa mi accadrà, ma non voglio. Non voglio si ripeta ancora.
“Lasciatelo stare…”
Chi ha parlato?
“Non ti immischiare, Enor” ringhia, la
sua presa si fa più forte.
La mano lascia la mia bocca, il suo
corpo si allontana dal mio, scivolo lungo il muro, fissando padre e figlio. Sono
così simili eppure così diversi.
Re Duncan se ne va mentre Enor si
avvicina a me, allunga una mano.
“Non mi toccare” sibilo “Vattene,
lasciami in pace…” grido, allontanando la sua mano con uno schiaffo.
Si fa triste “Hai paura anche di me? Io
non sono come lui” sussurra sedendosi al mio fianco.
“Quello che mio… nostro padre ha detto è
stato molto crudele” sospira poi continua.
“Desideravo tanto avere un fratello e
quando sei arrivato tu, non puoi immaginare quanto sono stato felice. Non mi
sono posto il problema di come, dalla mattina alla sera, ci fosse un neonato al
castello. Non sapevo ancora come funzionava la cosa” sorride.
“Lui mi ha detto la verità qualche anno
dopo, proibendomi di avere con te un qualunque rapporto umano, fraterno. Quando
non ubbidivo mi puniva duramente”
Tace per un lungo istante, il suo viso
si incupisce, posa una mano sul mio viso facendomi voltare verso di sé, mi fissa
intensamente negli occhi.
“Dimmi, Nerek, ti ha mai messo le mani
addosso?” domanda in un sussurro.
Trattengo il respiro, un groppo mi serra
la gola, mi mordo le labbra ed annuisco piano.
“Lurido bastardo!” esclama, stringendo i
pugni.
“Enor…” la voce mi esce sottile incerta
“Lui l’ha fatto anche con te?”
“Sì, quando ha smesso ho ringraziato gli
dei, ma poi ho capito. Aveva trovato qualcun altro: te. Ero solo un ragazzo, tu
un bambino. Mi dispiace non ho potuto proteggerti, avrei voluto essere un
fratello per te, ma non me ne è mai stata data l’opportunità. Chiunque tu sia
non mi interessa, ma per me tu sarai sempre mio fratello”
Lo abbraccio, come avrei voluto fare
tante e tante volte. Enor mi stringe a sé, un dubbio mi coglie come un colpo di
frusta.
“Lo fa ancora?” domando in un sussurro,
dopo una lunga pausa risponde “Sì, di tanto in tanto”
“Perché non ti opponi, sei più grande e
più forte di me”
“E’ pur sempre mio padre” sussurra
tristemente, comprendo perfettamente i suoi sentimenti.
“E poi mi andava bene, bastava che
lasciasse stare nostra mandre e te…” confessa ed i suoi occhi si fanno più
lucidi.
Trasalisco, non posso crederci, non
avrei mai immaginato che…
“Ti voglio bene” mormora stringendomi a
sé.
Atras
E’ molto tardi, Nerek è tranquillo anche
se non dorme ancora. E’ venuto da me a raccontarmi quello che gli ha detto il
fratello.
Ho parlato con mio padre ed ha convenuto
con me che per Nerek la cosa migliore è restare qui, fin quando lo desidera.
“Atras…”
“Sì?”
“Stringimi”
Gli circondo la vita con un braccio
intreccia le sue dita con le mie.
“Chi sono? Non ho nulla che mi leghi al
passato”
“Hai questo” dico sfiorando il
medaglione che porta al collo “E’ da qui che dobbiamo partire”
Sospira raggomitolandosi su sé stesso.
“Cerca di dormire un po’, resterò con te
tutta la notte, non hai nulla da temere”
Resto ad osservarlo a lungo, dormo solo
qualche ora di un sonno inquieto; all’alba mio padre mi sveglia. I nostri
ospiti stanno lasciando il castello.
Mio padre guarda Nerek con dolcezza, lo
stesso sguardo paterno che riserva a me ed alle mie sorelle.
“Vuoi svegliarlo?”
“Sì, credo sia giusto”
Sveglio Nerek, si stropiccia gli occhi,
è pallido da far paura, profonde occhiaie solcano i suoi occhi chiari.
“Re Duncan e suo figlio Enor stanno
partendo, vuoi salutarli?”
Scuote la testa debolmente i capelli gli
coprono arruffati il viso, mi fa una grande tenerezza. Scende dal letto si
affaccia alla finestra, mi accosto a lui, osserva in silenzio Enor e Duncan
montare a cavallo, il principe di Kanak alza lo sguardo e sorride dolcemente a
Nerek, che a sua volta fa un pallido sorriso che scompare appena Duncan solleva
il volto e lo fissa crudelmente.
Nerek sostiene il suo sguardo anche se
sta stringendo i pugni tanto forte da far sbiancare le nocche.
Resta immobile fino a quando i due
viaggiatori non scompaiono dietro le mura allora tira un debole ed incerto
sospiro appoggiandosi alla finestra come se non avesse più forze per sostenersi.
“Nerek…”
Solleva una mano fermando la mia
protesta ed il mio tentativo di aiutarlo.
“Lasciami solo, per favore”
“Sei sicuro?”
Annuisce.
Titubante lascio la stanza.
Nerek resta tutto il giorno chiuso nella
sua stanza. Ha permesso solo ad Abigaille di entrare, per portagli il pranzo e
la cena, non ha toccato cibo comunque, ma almeno sta bene, ho temuto che facesse
qualche sciocchezza.
Sono uscito a cavalcare per qualche ora,
ma non sono riuscito a distrarmi, ho continuato a pensare a lui. A tutto quello
che è stato detto e fatto. Ora sono qui nella mia stanza steso sul letto e fisso
il baldacchino di velluto blu. Le mie palpebre sono pesanti, ma non voglio
assopirmi, devo alzarmi e fare qualcosa per rimanere sveglio, ma i miei sforzi
sono vani ed alla fine mi addormento stremato.
Nerek
Ho detto ad Atras di lasciarmi solo, ma…
Mi tolgo il medaglione e lo fisso.
“Chi sono?” sussurro a mezza voce
fissando l’argento lucido, sfioro con il dito il rilievo del disegno, un
unicorno, sotto di esso un’incisione, ma non so in che lingua è scritto.
Ricordo ancora quando mia madre me lo ha
dato, era un giorno d’estate, mi ha chiamato nella sua stanza, mi ha messo al
collo questo, mi ha detto che era molto prezioso. Non dovevo mai toglierlo o
donarlo a qualcuno, ora comprendo il significato delle parole di mia madre.
Mia madre… quella splendida donna che ho
amato come una madre, i suoi occhi mi guardavano con dolcezza, le sue labbra mi
sfioravano la fronte, le sue mani, dalle dita lunghe ed affusolate, ricamavano
senza sosta nelle lunghe sere d’inverno.
“Madre…” sussurro tra un singhiozzo e
l’altro, le parole di Enor tornano alla mia mente.
Non voglio crederci. Non
posso crederci.
Un bussare deciso mi fa sussultare “Chi
è?”
“Sono Abigaille, posso entrare?”
“S-sì”
La nutrice entra regalandomi un caldo
sorriso, si siede sul bordo del letto e mi asciuga le lacrime con il grembiule.
“Volete mangiare qualcosa?”
Scuoto la testa “No, non ho fame, il
solo pensare al cibo mi nausea…”
Sorride “Come preferite…”
“Abigaille, me lo faresti un favore?”
“Certamente”
“Puoi tagliarmi i capelli?”
Mi guarda sorpresa.
“Si sono allungati molto e mi danno
fastidio. Lo faceva sempre mia madre…” mi mordo le labbra, i ricordi affollano
la mia mente.
“Certo vado a prendere ciò che mi
occorre”
La donna lascia la stanza e torna poco
dopo e procede.
Mi guardo allo specchio, scuoto la testa
sentendola più leggera.
“Grazie” sussurro.
Abigaille sorride e mi lascia nuovamente
solo. Vado alla porta, la chiudo con il chiavistello.
Mi spoglio lentamente restando nudo
davanti allo specchio. Mi tolgo il medaglione e lo poso sotto lo specchio.
Sono sempre io, eppure mi sento diverso,
prendo la camicia da notte la indosso e vado a letto. Spengo le candele non
riesco a prendere sonno, mi giro e rigiro nel letto. Mi alzo, raggiungo la
stanza di Atras e busso.
Nessuna risposta sicuramente starà già
dormendo.
Spingo la porta che docile si apre, la
richiudo alle mie spalle avanzo fino al letto.
Atras è steso supino, con indosso solo i
pantaloni. Salgo sul letto e mi inginocchio al suo fianco.
Ho voglia di lui, ma mi dispiace
svegliarlo, poso le mie labbra sulle sue, mi scosto si muove e socchiude gli
occhi.
Sorrido mi passa una mano tra i capelli.
“Nerek?”
“Scusa non volevo svegliarti” mento.
“Cosa ha fatto ai capelli?”
Scrollo le spalle “Li ho tagliati”
Scuote lentamente la testa poi sorride e
mi bacia, mi metto sopra di lui.
Le sue mani percorrono le mie gambe fino
ai fianchi, sollevo le braccia, gli permetto di togliermi la veste da notte, gli
tolgo i pantaloni, sorrido strusciandomi su di lui come un gatto.
Si inarca venendomi incontro, intreccio
le mie mani con le sue ai lati del suo viso. Sento la sua crescente erezione
solleticarmi, lo accolgo dentro di me.
Lascio le sue mani libere, mi afferra
per i fianchi chiudo gli occhi, mi sospinge sotto di lui un lamento mi esce
dalle labbra.
“Scusa…”
Sorrido, rallenta le sue spinte. Tremo,
il mio sesso è teso e dolorante. Poso la mano su di esso ed un istante dopo
quella di Atras si unisce alla mia.
Chiudo gli occhi lasciandomi andare
concentrandomi solo sulla nostra unione, dimenticandomi di tutto e tutti perfino
di me stesso.
Il piacere mi travolge come un onda,
afferro i glutei di Atras, lo spingo ancora più verso di me.
Affonda un ultima volta e viene con un
sospiro, mi crolla addosso, lo stringo forte, un brivido mi percorre quando esce
da me sistemandosi al mio fianco.
All’improvviso una profonda tristezza si
impadronisce di me, rabbrividisco, il sudore mi si sta asciugando addosso.
Atras traffica con le coperte e mi ci
avvolge “Va tutto bene?” mi chiede preoccupato.
Se dicessi sì mentirei.
“No, mi sento strano. Diverso”
Mi accarezza il viso, il collo.
“Dov’è il medaglione?”
“L’ho tolto è di là, nella mia stanza”
sussurro stringendomi a lui.
“Credo che quello sia il punto di
partenza se vuoi scoprire qualcosa del tuo passato”
Mi irrigidisco “Non voglio pensarci, non
ora almeno”
“Certo, scusa”
Scuoto la testa “Non preoccuparti,
grazie per tutto quello che fai per me…”
Mi bacia la fronte, sorride e chiude gli
occhi, finalmente riesco ad addormentarmi.
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