Genere:
fantasy, yaoi
Raiting:
NC-17, R, angst
Pairing:
AtrasXNerek
 Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono.

White heart

di Bombay

V.

Atras

Finalmente è arrivata la primavera, qui nelle nostre terre la primavera e l’estate durano molto poco e non sono eccessivamente calde, per questo motivo ho intenzione di godermi a pieno questi giorni di sole.

Come è consuetudine ormai da anni, appena la stagione si apre, si organizza una giornata all’aperto con tutta la mia famiglia. Le mie sorelle non stanno più nella pelle, mentre siamo qui ad aspettare i nostri genitori.

Abigaille ci ha preparato due cesti con tante cose buone da mangiare.

Finalmente mia madre e mio padre ci raggiungono, carico la più piccola sul mio cavallo poi monto a mia volta, Nerek mi affianca sorridendomi, i miei genitori aprono la fila, in mezzo ci sono Frida e Beria mentre Nerek, Nodia ed io chiudiamo il corteo.

Raggiungiamo a piccolo trotto il luogo dove avevo portato Nerek questo stesso inverno, il paesaggio è completamente diverso, pieno di fiori e coloratissime farfalle. Nodia scalpita volendo a tutti i costi scendere da cavallo e rotolarsi tra i fiori, l’accontento, lasciandola scivolare a terra.

Dopo poco scendiamo tutti da cavallo, togliamo loro le selle e finimenti: li lasciamo liberi di pascolare nei dintorni.

Le mie sorelle ridono, giocano ed intrecciano collane di fiori, mentre mia madre e mio padre distendono una coperta sotto un albero, Nerek ed io facciamo altrettanto, sotto un albero poco distante.

Mangiamo le pietanze preparate da Abigaille e dopo il lauto pasto ci sdraiamo a digerire sotto la fresca ombra di un albero.

Nerek è disteso a terra, gli occhi chiusi una dolce espressione beata disegnata sul viso, le guance lievemente arrossate dal sole, è incantevole; non resisto, mi chino su di lui ed a pochi centimetri dalle sue labbra bisbiglio: “Dormi?”

Sorride, colmo la piccola distanza fra noi dandogli un bacio.

Spalanca gli occhi, si solleva su gomiti continuando a sorridere si guarda intorno “Atras!” esclama.

“Potrebbero vederci” mi rimprovera.

Scuoto divertito la testa “Non credo, mia madre e mio padre stanno facendo altro ed anche le bambine” lo rassicuro.

Nerek si guarda intorno costatando che ho ragione, corruga la fronte accigliandosi.

“Dov’è Nodia?”

“Con Frida e Beria…” rispondo voltandomi verso le bambine, ma Nodia non è con loro.

Mi alzo in piedi guardandomi freneticamente intorno e la vedo.

E’ salita sullo stallone nero di mio padre.

“NODIA!” grido, correndo nella sua direzione.

Lei si volta e scuote la mano in segno di saluto.

“Scendi da lì” la voce forte di mio padre mi giunge chiara alle spalle.

Succede tutto troppo in fretta.

Per non so quale motivo, il cavallo nero si agita e parte al galoppo.

Nodia si piega in avanti aggrappandosi alla criniera scura, senza sella è un miracolo che riesca a stare in groppa all’animale, piccola com’è.

Senza rifletterete salgo sul mio cavallo e mi lancio all’inseguimento.

Il mio animale è veloce ed in breve raggiungo Nodia, tenendomi saldamente con le gambe al dorso dell’animale, mi allungo verso la bambina, l’afferrò per un braccio e la tiro sul mio destriero, grida spaventata e si dibatte.

Il mio stallone scarta un ostacolo sul terreno, questo mi fa perdere l’equilibrio e cadere dal cavallo in corsa.

L’impatto con il terreno è violento, duro, doloroso.

Stringo Nodia al petto cercando di proteggerla il più possibile. Un dolore lancinante mi attraversa il fianco, rotoliamo per qualche metro.

La voce di Nerek, quella di mio padre, che gridando il mio nome, ed il pianto sommesso di mia sorella sono le ultime cose che sento prima di perdere conoscenza.

 

Nerek

In pochi istanti questa meravigliosa giornata si trasforma in un incubo.

Senza che nessuno di noi se ne accorgesse Nodia è salita sul cavallo del re e quando Atras ha cercato di raggiungerla, l’animale è partito inspiegabilmente al galoppo.

Atras sale al volo sul proprio agile destriero e rincorre disperatamente la bambina che è aggrappata convulsamente alla criniera dello stallone, suo padre ed io prendiamo i cavalli e li seguiamo.

Non distolgo lo sguardo da Atras che afferra Nodia per un braccio, la trascina al sicuro sul suo cavallo. Tiro un sospiro di sollievo, è tutto finito, ma il cavallo di Atras scarta di lato facendo perdere il precario equilibrio al suo cavaliere.

Trattengo il fiato guardandoli ruzzolare a terra.

“Atras!” grido, fermando il mio cavallo e saltando a terra, la bambina scoppia a piangere stringendosi il polso destro al petto, Atras invece non si muove.

Mi precipito al suo fianco, mi inginocchio a terra, una macchia scarlatta si sta allargando sulla sua camicia. Ha il viso sporco di sangue e terra.

Strappo un lembo della mia camicia e cerco di tamponargli la ferita come meglio posso.

I cavalli si sono fermati non troppo lontano da noi.

“Nerek”

La voce del re mi riporta alla realtà lo guardo in volto è teso e preoccupato, solleva piano il figlio tra le braccia, lo aiuto a montare a cavallo.

“Occupati di Nodia, mia moglie e le mie figlie stanno arrivando”

Annuisco prendendo Nodia tra le braccia, guardo il re allontanarsi al galoppo verso il castello.

Cullo la bambina che piange sommessamente tra le mie braccia, cerco di rassicurarla dicendole che andrà tutto bene, ma è difficile, terribilmente difficile, prego in silenzio gli dei che salvino Atras. Che salvino il ragazzo che amo.

La regina e le principesse mi raggiungono, la donna mi prende la bambina dalle braccia, poi ordina alle figlie più grandi di recuperare i cesti e le altre cose.

Resto immobile per lunghi istanti mentre la regina si allontana e le ragazzine tornano indietro, il mio cuore batte all’impazzata, sto tremando è successo tutto così in fretta che non ho avuto nemmeno il tempo di spaventarmi. Raggiungo Frida e Beria, le aiuto anche se la mia mente è altrove, non riesco a togliermi dalla testa l’immagine di Atras privo di sensi e sanguinante.

Monto a cavallo ed insieme alle principesse torno al castello.

Chiuso nella mia stanza, nessuno mi da notizie, c’è un andirivieni di persone, nessuno si preoccupa di dirmi qualcosa, devo sapere come sta. E’ scesa la notte da molte ore e nessuno è venuto a dirmi nulla.

Sobbalzo quando qualcuno bussa, Abigaille entra senza aspettare la mia risposta, tiene un vassoio tra le mani.

“Vi ho portato la cena”

“Non ho fame” rispondo brusco “Scusa” sussurro.

La donna sospira e posa il vassoio sul letto.

“Come sta? Ti prego devo saperlo…” sussurro, sull’orlo delle lacrime.

Scuote la testa mestamente “Non bene, ha una brutta ferita al fianco e cadendo ha battuto la testa. I guaritori dicono che dobbiamo aspettare, ma hanno detto hai sovrani di non sperare troppo che sopravviva”

All’improvviso vedo tutto nero e quando torno a vedere il mobilio della mia stanza, sono in seduto sul pavimento, ed Abigaille mi stringe al seno come una madre affettuosa.

“No…” singhiozzo “No…” dopo poco mi calmo.

“La bambina… Nodia” balbetto.

“Sta bene, ha solo un polso slogato ed è terribilmente spaventata, ma sta bene…”

Mi asciugo il viso con la manica della camicia “Posso vederlo?”

La nutrice scuote la testa.

“Appena sarà possibile vi farò andare da lui. Ora mangiate qualcosa e andate a riposare”

Scuoto la testa, lei mi guarda con uno sguardo severo che non ammette proteste “Va bene farò come vuoi tu”

 

Passano quattro lunghissimi giorni. Al castello la tensione è palpabile, Abigaille mi ha portato da lui. Il mio cuore si è stretto in una morsa dolorosa è pallido e sudato, è fasciato alla testa ed al fianco. Le bende sono sporche di sangue ed unguento. Gli prendo una mano, me la porto alle labbra, gli parlo a lungo, dicendogli tutto quello che mi passa per la testa.

Sono disperato, più passano i giorni e più le speranze di tutti si affievoliscono, il corpo di Atras brucia per la febbre, lottando contro l’infezione.

Con un tremulo sospiro lascio la stanza e mi chiudo nella mia, ogni qual volta mi addormento, anche se per poche ore ho dei terribili incubi, ma al risveglio non li ricordo.

Mi sono appena destato da uno di questi incubi, è appena l’alba, quando Abigaille entra nella mia stanza, per un istante temo il peggio.

“Si è svegliato, ha aperto gli occhi. E’ confuso, ma sembra stia migliorando…”

Aspetto con impazienza che i sovrani lascino la stanza entro e mi siedo sul bordo del letto.

“Atras…” lo chiamo piano, socchiude gli occhi voltando la testa verso di me, fa un pallido sorriso e sembra fare una grande fatica.

I mie occhi si riempiono di lacrime che lentamente scendono lungo le mie guance.

“Non piangere…” bisbiglia, posandomi la mano sulla guancia; vorrei abbracciarlo, stringerlo a me, ma non faccio nulla resto immobile a piangere in silenzio, lacrime di gioia e commozione.

 

Le giornate diventano via via più calde ed Atras si sta rimettendo abbastanza in fretta. E’ impaziente ed irrequieto ma deve stare a riposo se vuole guarire completamente.

Quando finalmente può lasciare il letto mi trascina fuori dal castello appena dietro dove c’è un piccolo bosco ombroso.

Ci sediamo lì all’ombra delle piante e mentre Atras legge io suono per lui, è ancora pallido, ma sta meglio, non mi sembra vero di essere qui accanto a lui, lo osservo assopirsi con il libro appoggiato al petto che si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro.

 

Sono nella mia stanza, quando un bussare deciso mi fa sollevare lo sguardo dal libro che sto leggendo.

Atras entra e si chiude la porta alle spalle, mi sorride sedendosi sul bordo del letto. Una folata di vento, entra dalla finestra aperta, gli scompiglia i capelli neri, mi toglie il libro dalle mani e si piega su di me, la sua bocca incontra la mia.

“Ho voglia di fare l’amore con te…” mi sussurra all’orecchio facendomi rabbrividire.

“Anch’io” mormorò e la mia voce è più roca di quel che pensavo, sono settimane che non lo facciamo.

Si sdraia su di me, indossa solo un paio di pantaloni aderenti, neri, che modellano le sue gambe e i suoi glutei, inarco la schiena e le nostre eccitazioni si toccano attraverso i calzoni che ancora indossiamo. Le sue mani percorrono la mia pelle sotto la camicia mi sfiora con la punta delle dita, sollevo le braccia invitandolo a togliermela. Così fa, le sue labbra lasciano una scia umida sul mio ventre e risale fino ad un capezzolo lo succhia, lo prende tra i denti, passo le mie mani tra i suoi capelli neri ed oscillo i fianchi: entrambi gemiamo.

Atras spinge il bacino contro il mio pube, mi mordo le labbra, lo fa ancora chiudo gli occhi, la sua bocca sul mio collo.

Percorro la sua schiena scivolo sotto i pantaloni gli afferro i glutei e lo spingo ancora verso di me.
Le nostre bocche si incontrano e fanno l’amore tra lo loro, si solleva da me e mi toglie i calzoni poi si libera dei suoi, mi divarica le gambe.

“Ti voglio…” bisbiglio, sollevando il bacino offrendomi a lui, mentre entra dentro di me, mi bacia con passione e trasporto. Mi avvinghio con le gambe alla sua vita, mi mordo le labbra per non gridare. Per giorni ho temuto per la sua vita: di non poter più abbracciarlo, parlagli, toccarlo, fare l’amore con lui. Adesso che sono qui ed Atras è dentro di me, quei giorni tristi è come se non fossero mai esistiti.

Gemo nella bocca del mio amante. Il mio seme si sparge tra noi, Atras si solleva e mi sorride dolcemente, si spinge nelle profondità del mio corpo e viene dentro di me.

Si sdraia al mio fianco restiamo a lungo in silenzio, beandoci solo della nostra vicinanza, paghi del piacere che ci siamo donati.

  

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