Genere:
fantasy, yaoi
Raiting:
NC-17
Pairing:
AtrasXNerek
 Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono.

White heart

di Bombay

VIII.

Nerek

Sono solo.

E’ buio, fa freddo e sono solo.

Ho paura.

Sto male. La testa ed il corpo mi dolgono in maniera terribile.

Socchiudo gli occhi e mi sorprendo di essere ancora vivo.

Chiudo gli occhi li riapro un poco, la luce rossastra di un fuoco illumina una stanza a me sconosciuta.

Cerco di muovermi, ma appena lo faccio un dolore lancinante mi attraverso tutto il corpo lasciandomi ansimante.

Quando l’ondata di sofferenza passa volto la testa di lato rimango senza fiato. Sto sicuramente sognando.

Atras dorme al mio fianco. Con un immenso sforzo di volontà mi giro sul fianco ignorando le proteste del mio corpo e mentre lo guardo mi tornano alla mente gli ultimi avvenimenti.

Le palpebre di Atras tremano poi si socchiudono ed infine si spalancano. Mi sfiora il viso con la punta delle dita; la mia vista si appanna, con dolcezza infinita posa le sue labbra sulle mie.

“Atras” mormoro con voce rotta dall’emozione.

Accosta il suo corpo nudo al mio. E’ caldo. E’ vivo. Sono vivo e sono con lui.

Mi sorride e dopo un po’ abbandona il letto, iniziando a vestirsi.

Mi fisso la mano fasciata, porto l’altra al petto.

“Dov’è il mio medaglione?”

“L’ho gettato tra le fiamme, non ne è rimasto nulla” risponde pensieroso, corrugando la fronte e fissando il focolare.

“Come ti senti?”

Sospiro, “Non bene, stanco e molto debole”

“Allora riposa ci sarà tempo per parlare” dice sorridendo, lasciando la stanza.

Mi raggomitolo su me stesso sono veramente stremato, non faccio in tempo a finire il pensiero che il sonno mi trascina via con sé.

Quando riapro gli occhi Atras è seduto tra il letto e la finestra, intento a guardare il panorama fuori da essa.

Lo chiamo e lui si volta sorridendomi, si alza e mi porge una camicia da notte.

La indosso, sto per sdraiarmi ancora quando Atras mi abbraccia e mi stringe forte.

“Ho temuto di perderti per sempre” sussurra.

“Credevo mi avessi dimenticato” mormoro fissandolo negli occhi.

“Ecco, quando Gwen mi ha trovato ero molto confuso…” mi spiega imbarazzato abbassando lo sguardo.

“Lentamente però i ricordi sono affiorati e sono venuto subito a cercarti!”

Poso la testa sulla sua spalla, quanto sono stato sciocco a dubitare di lui.

Atras mi adagia sul cuscino proprio nell’attimo in cui bussano alla porta.

Entra un ragazzo, lo stesso che c’era nella grotta, mia sorella lo ha chiamato il Cacciatore, ma suppongo che sia Gwen, il ragazzo di cui parlava poco fa Atras.

Lo segue una donna che reca in mano un vassoio.

“Sono sicuro che avete fame!” esclama posando il vassoio sulle mie ginocchia.

Atras tamburella impaziente le dita sulla coscia.

La donna si siede ai piedi del letto.

“Io sono Marian e questo è Gwen, ti do il benvenuto nella mia dimora Figlio del Ghiaccio”

Abbasso lo sguardo a quelle parole.

“Ho rinunciato a quel potere, per vivere come un uomo comune”

Marian scuote la testa e il suo volto si tinge di un’espressione triste.

“Tu non sarai mai un uomo comune, ragazzo mio”

Fisso la zuppa che ho davanti assimilando distrattamente le parole della donna.

“Ora mangia, devi rimetterti in forze”

Annuisco ed inizio a mangiare, è squisita!

Atras sospira attirando l’attenzione di Marian su di sé.

“Non siate impaziente giovane principe” lo ammonisce.

Atras annuisce e cambia posizione, finisco di mangiare la zuppa e bevo un lungo sorso di vino, poi mi adagio tra i cuscini.

“Chi siete?” domanda Atras precedendomi.

“Diciamo che Gwen ed io siamo i protettori di questi luoghi” inizia.

“Mia sorella ti ha chiamato il Cacciatore, perché?” la interrompo rivolgendomi a Gwen in piedi, appoggiato allo stipite della porta.

“Nessuno, oltre a me, può cacciare in questi boschi, inoltre conosco questi luoghi in lungo ed in largo, vigilando su chi vi si smarrisce”

“Per tornare indietro, dalla grotta, abbiamo percorso un tragitto diverso e ci abbiamo impiegato molto meno tempo che all’andata”

Gwen scrolla le spalle con non curanza “Per quello devi ringraziare Marian” afferma spostando i suoi occhi color nocciola sul viso della donna.

“Sei una strega?” la interroga Atras.

“Sì e no” risponde lei enigmatica.

“Ci sono molti poteri in questo mondo. Poteri che regolano il nostro mondo e se uno di questi venisse a mancare tutto ciò che conosciamo crollerebbe, non esisterebbe più e noi con esso”

Sposta i suoi occhi su di me ed io mi sento improvvisamente egoista ed in colpa.

“Il tuo desiderio di vivere in questo mondo era grande ed hai compiuto una scelta molto audace. Se non ci fossero stati Atras e Gwen non saresti sopravvissuto, lo sai questo?”

“Sì, avrei preferito morire che vivere in quel luogo” affermo, vedo, con la coda dell’occhio Atras serrare con forza i pugni alle mie parole.

Marian si alza e prende il vassoio “So che altre domande affollano la vostra mente, ma hai bisogno di riposare”

Ha ragione vorrei farle altre domande, ma a stento riesco a tenere gli occhi aperti.

Seguita da Gwen lascia la stanza.

Atras è silenzioso, sembra stia riflettendo, si alza guarda fuori dalla finestra, quindi si siede su boro del letto. Mi prende il viso tra le mani e mi bacia.

Chiudo gli occhi perdendomi in questo bacio colmo di calore e di affetto, si solleva quel che basta per parlare: “Come ho fatto a dimenticarti?” mormora con tristezza.

Sorrido stancamente “La tua mente mi ha dimenticato, ma non il tuo cuore” rispondo sfiorandogli la guancia.

Chiudo gli occhi e mi addormento.

 

Quando li riapro mi sento decisamente meglio ed ho fame. Scendo dal letto ed esco dalla stanza.

Gwen siede davanti al camino intento ad impiumare delle frecce, Marian sta preparando la cena e Atras guarda fuori dalla finestra, la neve ha ripreso a cadere silenziosa.

“Ben alzato”

Sorrido ed Atras si avvicina a me mettendomi una coperta sulle spalle, entrambi sediamo a tavola.

Parliamo di tutto e niente in una calda atmosfera familiare sembra che ci conosciamo da anni.

 

Atras

Osservo Nerek le sue guance hanno ripreso colore e sembra stare bene, sono felice.

Finiamo il pasto e ci rechiamo nella stanza di Marian.

Nerek si infila sotto le pesanti coperte di pelliccia con un sospiro, io mi spoglio e dopo poco gli sono accanto. Lo stringo a me, volta il viso e le nostre labbra si incontrano in un tenero, umido, caldo bacio. Le mie mani percorrono il suo corpo sopra la camicia da notte sospira piano sulle mie labbra.

“Non sai quanta paura ho avuto” bisbiglio stringendolo, le sue mani mi accarezzano piano i capelli.

“Ho temuto di non vederti più non lo avrei sopportato” aggiungo, nascondendo il viso sulla sua spalla, baciandogli la pelle scoperta.

Mi strige a sé, ma non replica. Poco dopo sento il suo respiro farsi regolare e quieto. A mia volta chiudo gli occhi e scivolo in un sonno profondo sognando di noi due.

Quando mi sveglio è mattina inoltrata, ma ne Marian ne Gwen sono venuti a svegliarci, di questo gli sono molto grato.

Poco dopo Nerek apre gli occhi e mi sorride. Ci alziamo e ci vestiamo.

“Mi sento molto meglio e sono in grado di viaggiare” dice leggendomi nel pensiero, avevo intenzione di chiedergli se se la sentiva di ripartire e tornare a casa.

Così il giorno seguente lasciamo la casa di Marian e suo nipote.

 

Nerek

Il viaggio di ritorno è faticoso, ma tranquillo. Atras è impaziente di tornare a casa.

Gwen e Marian sono stati molto gentili, ci hanno assicurato che, se avremo ancora bisogno del loro aiuto, saranno sempre disponibili a darcelo.

Scendiamo dai cavalli proseguiamo a piedi faticosamente: la neve alta rallenta il nostro passo.

Il pallido sole invernale sta tramontando, ma per fortuna non manca molto alla prossima città.

Sono sfinito, mi trascino a fatica dietro Atras, che ha le spalle curve sotto il peso del pesante mantello invernale.

“Sta cominciando a nevicare ancora” mormora.

Sollevo il viso ed i cristalli freddi accarezzano il mio volto.

Atras mi prende per mano “Coraggio, un altro piccolo sforzo e potremo riposare”

Entriamo nel villaggio e ci dirigiamo verso la prima locanda che incontriamo.

Portiamo i cavalli nella stalla attigua ed entriamo, il calore ci infeste così come il profumo di arrosto e l’odore acre del fumo.

Questo luogo è affollatissimo, ci facciamo strada fino al bancone dove un uomo corpulento sta contando il denaro.

“Sala comune o stanze” ci domanda senza nemmeno sollevare lo sguardo dell’immenso libro che ha davanti.

“Una doppia” chiede Atras.

L’uomo si gratta la barba irsuta del mento.

“Ho due singole oppure una stanza con il letto per due”

“La seconda” afferma Atras, mettendo mano al borsello.

Il locandiere solleva lo sguardo e ci fissa in tralice, borbotta qualcosa e prende le monete che Atras gli porge il denaro.

Ci sediamo ad uno dei lunghi e rovinati tavoli, mentre una ragazza che avrà si e no sedici anni ci fa l’elenco di quello che la cucina può offrirci.

Ci porta arrosto di coniglio con verdure stufate e devo dire che è davvero squisito.

Atras mi fissa a lungo ed ogni tanto sorride.

“Cosa c’è?” chiedo a disagio.

Scrolla le spalle noncurante “Ho una gran voglia di stare da solo con te” sussurra, sporgendosi in avanti affinché lo senta solo io.

Arrossisco però condivido con lui lo stesso desiderio, a parte condividere lo stesso letto non abbiamo più fatto l’amore da molti giorni e comincia a mancare anche a me.

Saliamo le scale e troviamo la camera che ci è stata assegnata. Nel camino scoppietta un bel fuoco vivace, mi tolgo gli abiti umidi e li stendo ad asciugare sulla cassa panca, Atras fa lo stesso e poi ci corichiamo.

Sospiro coprendomi con le pesanti coperte di pelliccia.

“Bene, ora che siamo soli cosa vuoi fare?” domando.

“Non tentarmi” mi sussurra all’orecchio.

“Non so tu, ma io sono così stanco che a stento riesco a tenere gli occhi aperti” mormorò ed è vero.

“Farò tutto io allora!” esclama, mentre la sua mano corre rapida sul mio petto.

“Rischio di addormentarmi durante” ma nonostante tutto un brivido di piacere mi percorre.

La sua bocca è sulla mia, le sua mani sul mio corpo, sorrido ad occhi chiusi.

“Vuoi?”

Annuisco, sbadigliando sommessamente.

Le attenzioni di Atras non bastano a svegliarmi e dopo un po’ lui desiste accoccolandosi al mio fianco.

 

Atras

E’ bello essere di nuovo a casa. Dopo molti giorni di viaggio.

Ancora non mi sembra vero che Nerek si a qui con me.

Varchiamo la soglia  e le mie sorelle ci corrono incontro.

Mio padre ci attende nella sala del trono per darci il benvenuto, ma appena vedo la sua espressione capisco che sperava che tornassi da solo.

Racconto a sommi capi ciò che è successo, tralasciando di proposito il fatto che entrambi abbiamo rischiato di perdere la vita.

Ceniamo con i miei genitori e le mie sorelle.

Finalmente riusciamo a ritirarci nella mia stanza.

Nerek si lascia cadere sul letto. “E’ bello essere nuovamente qui, anche se mi è sembrato che a tuo padre non facesse molto piacere”

“Deve ancora abituarsi all’idea” commento togliendomi la tunica.

Sorride osservandomi attentamente.

“Sai sono troppo…”

“Non mi interessa!” lo interrompo sorridendo e baciandogli la bocca calda.

“Ti lego al letto se è necessario!!!” sbottò sospingendolo sul materasso ed insinuando una mano sotto i vestiti invernali e pesanti.

Rabbrividisce “Hai le mani fredde” protesta.

“Già” ammetto “Scaldamele tu” propongo infilando l’altra mano nelle sue brache.

Sussulta con un gemito, si morde le labbra ed inarca la schiena mentre lo tocco provocante.

Il suo corpo reagisce alle mie premure.

In questi giorni di viaggio ho represso più volte il desiderio di lui, ma ora non riesco a trattenermi.

Lo guardo: si muove appena mordendosi le labbra.

Emettendo un mugolio basso e roco che mi eccita da impazzire.

La sua carne tenera si indurisce sotto il mio tocco provocante.

Mi scosto da lui il tempo necessario per sbarazzarmi dei vestiti. Lui fa altrettanto lasciandosi cadere languidamente tra le pellicce che coprono il letto.

Bello, sensuale, seducente, solo per me. Si allontana una ciocca bianca dalla fronte, tende le braccia verso di me.

Mi adagio su si lui, i nostri sessi si sfiorano facendoci gemere di aspettativa. Le sue dita mi graffiano la schiena.

“Ti prego geme sul mio collo”

Poso le sue gambe sulle mie spalle, lo penetro con un deciso colpo di reni.

Nerek resta senza fiato per un istante ed io con lui. Imprimo ai nostri corpi uniti un movimento oscillatorio.

Nerek stringe i glutei intrappolandomi in sé, la frizione aumenta e gemiamo più forte.

Getta la testa indietro quando afferro il suo membro e lo massaggio con forza.

Il suo seme sprizza bagnandomi il petto, colando sulla mia pelle sudata.

Mi immobilizzo raggiungendo l’orgasmo a mia volta.

Crollo su di lui con un gemito appagato, rotolo su un lato liberandolo dal mio peso.

Sta sorridendo con gli occhi chiusi, il respiro ancora affannato.

“E’ valsa la pena di attendere” mormora girandosi verso di me.

Rabbrividisco mettendomi a sedere, traffico con le coperte. Mi rifugio sotto di esse seguito subito da Nerek.

“E’ bello essere qui, insieme” sussurra stropicciandosi gli occhi.

“Hai ragione”

Lo osservo addormentarsi. Ripenso allo sguardo ostile di mio padre, il suo atteggiamento mi ha ferito.

Non so cosa pensare, esausto chiudo gli occhi ed il respiro quieto di Nerek mi culla.

 

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