Genere: fantasy, yaoi |
Raiting: PG-17, angst |
Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono. |
White heart
di Bombay
X.
Atras
Un anno è trascorso da quel giorno.
Il vento mi sferza il viso, mentre la
neve mi turbina intorno strattonandomi il pesante mantello.
Oggi è il Solstizio d’Inverno. Oggi lo
rivedrò.
Impaziente scendo da cavallo, lo lego ad
un albero e misuro a grandi passi lo spiazzo davanti alla grotta. Attendo che
venga da me come mi aveva promesso.
Non so cosa farò, cosa gli dirò. Adesso
mi basta anche vederlo e sapere che sta bene.
Il mio cuore manca un battito per
l’emozione quando vedo avanzare una figura ammantata di bianco, si ferma a pochi
passi da me e si abbassa il cappuccio.
Nerek.
E’ bello come lo ricordavo, ma c’è qualcosa di profondamente
diverso in lui. Mi guarda socchiude gli occhi, tremo sembra quasi non
riconoscermi, nei suoi occhi non c’è la luce viva che un tempo vi brillava, sono
freddi solo due specchi che riflettono il bianco abbacinante della neve.
Dopo un lungo momento, nel quale sembra
stia scavando nei recessi più reconditi della sua memoria, mormora incerto:
“Atras?”
Lo abbraccio di slancio stringendolo
forte a me, non ricambia la mia stretta resta immobile e rigido.
Allento un poco la presa, ma non lo
lascio. Accosto il mio viso al suo.
“Mi sei mancato” mormoro a pochi
centimetri dalle sue labbra socchiuse, dove il suo respiro crea bianche nuvole
di vapore.
“Nerek” bisbiglio baciandolo.
Le sue labbra sono fredde, le violo con
la mia lingua, piano senza fretta. Dopo un lungo momento risponde timido e goffo
al mio bacio le sue braccia si avvolgono alla mia vita. Sembra quasi il primo
bacio che ci siamo scambiati tanto tempo fa.
Si solleva un poco da me lo guardo, i
suoi occhi sono limpidi e lucidi, le sue gote lievemente arrossate, sorride
dolce e tenero come quando mi sono innamorato di lui.
Le nostre labbra si cercano ancora, in
un bacio ardente che si fa sempre più appassionato. Le nostre mani litigano con
i pesanti abiti invernali, solo per conquistare piccole porzioni di pelle.
Ci inginocchiamo nella neve, sopraffatti
da queste emozioni, solo ora mi rendo conto che ho vissuto per un anno come un
fantasma, mentre ora mi sento vivo.
Mettiamo fine a questo bacio, Nerek
passa una mano tra i miei capelli che ora mi arrivano alle spalle.
“Atras…” sussurra, è dolce il mio nome
sulle sue labbra.
“Solo ora mi rendo conto di quanto mi
sei mancato” aggiunge con uno sguardo triste ed avvilito.
Si alza in piedi spolverandosi la neve
dai pantaloni. Mi tende la mano, l’afferro e mi isso in piedi.
“Vieni” mi invita a seguirlo nella
foresta innevata, camminiamo per un breve tratto, mano nella mano.
Dopo poco in una piccola radura
intravedo una capanna di legno, dal comignolo sovrastante esce un filo di fumo.
Trattengo Nerek “Guarda è abitata, non…”
“No, è il dono di un amico”
Corrugo la fronte senza capire, Nerek
apre la porta ed entra io lo seguo imbarazzato, ma la piccola dimora è deserta.
Costituita da un’unica stanza. Un
piccolo camino occupa una parete, sull’altra una tavolo con due sgabelli sotto
di esso; sopra delle mensole, con vari utensili, pentole e viveri. Sul lato
opposto un pagliericcio ordinato con ripiegate sopra delle coperte. E’ calda ed
accogliente.
Nerek si guarda intorno sorridendo e
sembra quasi commosso, ma io continuo a non capire, poi la mia attenzione viene
catturata da un oggetto sul tavolo, una freccia dal piumaggio marrone.
“Gwen” mormorò incredulo.
Nerek annuisce.
“Vi siete tenuti in contatto?” domando
rattristato da questo.
“No!” esclama.
“Come facevi a sapere che…”
“Non lo sapevo, qualcosa mi ha guidato
qui”
Sorrido ripensando a Marian e alla sua
magia, celata in ogni piccola cosa.
Nerek sorride togliendosi il mantello ed
appendendolo ad un gancio sulla parete.
Faccio altrettanto e lo abbraccio da
dietro, fissiamo in silenzio le fiamme per qualche minuto. Poi gli bacio il
collo reclina la testa di lato, afferrando delicatamente la sua pelle candida.
Ci sbarazziamo in fretta degli
ingombranti abiti e dopo tanto tempo posso toccare ancora quella pelle bianca e
vellutata.
Ci abbandoniamo sul giaciglio,
avvolgendoci nelle coperte ci baciamo, ci accarezziamo, ci amiamo a lungo, più e
più volte fino a quando non siamo sazi di noi e le nostre membra sono stanche e
doloranti.
Dormiamo qualche ora e poi tutto
ricomincia in un turbine di emozioni e sensazioni.
Le ore scorrono veloci, tiranne. Il sole
sta tramontando quando decidiamo di mangiare qualcosa.
Parlo, parlo, gli racconto tutto quello
che è successo in questo anno e lui mi ascolta avido di notizie. Guarda fuori
dalla finestra è quasi buio. Gli prendo il viso tra le mani, lo bacio.
“Abbiamo ancora tempo, amore mio”
sussurra e ci abbandoniamo nuovamente all’amore.
Crolliamo esausti uno affianco all’altro
i respiri rapidi e concitati, i corpi sudati e lucidi.
Fuori si sta scatenando una bufera di
neve.
Nerek mi si accoccola contro “Devo
andare” bisbiglia colmo di tristezza.
“Lo so”
Qualcosa di umido e caldo mi scivola sul
petto, le spalle di Nerek sono scosse dai singhiozzi.
Non ci sono parole per alleviare questa
sofferenza.
Senza accorgermene scivolo nel sonno.
Nerek
Piango sommessamente. Nonostante
l’angoscia la vita di Atras è stata piena e vissuta, la mia vuota e priva di
significato, non ho avuto nulla da raccontargli. Mentre lui mi narrava anche le
cose più semplici ed io, avido, ascoltavo tutto.
Questo per me è solo un sogno, tra poche
ore tornerò al luogo che mi aspetta che mi esige per non crollare per non
mettere in pericolo centinaia di vite.
La carezza di Atras si arresta, sembra
essersi addormentato, potrei sgusciare via silenziosamente risparmiandogli un
distacco doloroso, ma non ne ho la forza. Ho prosciugato tutte le mie energie in
queste splendide ore. Attenderò un po’ e poi tornerò indietro.
Un violento scossone mi risveglia, con
sgomento mi rendo conto di essermi addormentato.
Atras si guarda intorno smarrito
svegliandosi di colpo.
Mi vesto in fretta senza una parola, lui
fa altrettanto e mi segue all’esterno, nella tempesta di neve.
Corro verso la grotta, all’improvviso
Atras mi afferra per un braccio.
“Non andare!” grida per farsi sentire
oltre il rombo del vento.
“Non posso e lo sai” urlo di rimando
strattonando la mano, ma Atras non mi lascia.
“Lasciami!”
“No!”
Una violenta scossa di terremoto fa
cadere a terra entrambi, dopo un attimo di smarrimento mi alzo e corro, per
quanto la neve ed il vento me lo permettano, verso la caverna.
Sento Atras gridare il mio nome e
supplicarmi di fermarmi, ma lo ignoro continuando a correre nel buio verso il
mio regno.
All’improvviso un dolore terribile al
petto arresta la mia corsa. Crollo in ginocchio nella neve, sento il cuore
pulsarmi violento nelle orecchie, il rombo del vento mi assorda, la neve mi
ferisce gli occhi accecandomi, ma quello che mi toglie il respiro è il dolore al
petto, lancinante, annichilente.
Cerco di rialzami in piedi, ma è tutto
inutile la terra sta tremando ed io, forse, sto morendo.
Atras mi raggiunge trascinandosi
carponi. Mi dice qualcosa, ma non sento nulla sto troppo male.
Un’altra terribile fitta mi trapassa il
petto urlo in agonia.
La natura si sta ribellano, sono venuto
meno al mio dovere, sarò la causa della morte di molte persone, questo pensiero
mi angoscia e cerco si rialzarmi faccio qualche passo e crollo a terra stremato
ansante, vedo l’ingresso anche se tutto intorno a me è tenebra.
Scorgo una figura sulla soglia, mia
madre. In cuor mio desidero restare, ma scuote la testa e mi volta le spalle
allontanandosi.
Un terribile boato squarcia la notte e
poi è solo silenzio.
Crollo al suolo, faccia in giù nella
neve ansimando forte i polmoni mi bruciano per il freddo. Il dolore è scomparso,
ma ora non mi importa, la fine è ormai prossima.
Smetto di lottare e mi lascio avvolgere
dal freddo e dal buio.
Atras
Rincorro Nerek nella tempesta. Lo
afferro non voglio che se ne vada.
Uno scossone ci fa perdere l’equilibrio
ed a me la presa. Nerek ne approfitta e corre in direzione dalla caverna.
Abbandonato il cerchio di luce della
casa non vedo più nulla, ma non so per quale motivo continuo ad arrancare al
buio, devo raggiungerlo a tutti i costi.
All’improvviso lo sento gridare. Un
grido di angoscia e terrore. Poi di nuovo. La terra trema ancora.
Corro nella direzione del grido e non so
come, lo raggiungo.
“Cosa è successo?”
Mi ignora e si rialza in piedi avanzando
un poco, ma poi crolla al suolo nuovamente.
“Nerek!”
Mi accosto a lui, un luce chiara attira
la mia attenzione. L’ingresso della grotta, c’è una donna alta e silenziosa, la
riconosco: è la madre di Nerek.
Scuote la testa e si volta ritornando
all’interno. La luce scompare, un boato assordante esplode nella notte. Poi
tutto tace.
Nessun rumore. La tormenta è cessata.
Sento solo il mio respiro affannoso ed il mio cuore battere all’impazzata.
A tastoni trovo Nerek, giace immobile
nella neve, per un momento temo il peggio, ma è solo svenuto.
Me lo carico in spalla ed arranco nella
neve fino alla casupola, lo adagio sul pagliericcio e lo copro bene.
Sobbalzo quando qualcuno bussa
energicamente alla porta. Estraggo la spada e mi apposto dietro la porta poi con
un movimento fulmineo, la spalanco pronto a colpire.
“Ehi, non è così che si accolgono vecchi
amici, dopo tutto questo posto l’ho costruito io!” esclama Gwen sollevando le
mani, lancia un’occhiata oltre la mia spalla e sorride.
Mi scosto di lato e lo lascio entrare.
Posa uno zaino a terra e ne estrae dei cartocci.
“Quando si sveglierà avrà una gran fame
te lo assicuro” afferma facendo un cenno con la testa nella direzione di Nerek.
“Come mai sei qui?”
“Beh dopo tutto il trambusto che è
successo, Marian mi ha mandato qui per vedere come stavate. A quanto pare meglio
del previsto”
Sbatto le palpebre “Scusa, ma la casa di
Marian dista da qui…” scuoto la testa “Niente lascia perdere”
Sorride sedendosi su uno sgabello “Nerek
alla fine ha deciso di restare”
Scuoto la testa “No, ci siamo solo
addormentati…”
Gwen sorride “No, se non avesse
desiderato restare, tutto questo non sarebbe successo. Fidati di me”
“Ma cosa è accaduto realmente e cosa
accadrà adesso?”
“Beh il Regno del Ghiaccio è stato
sigillato. Non succederà nulla continueremo a vivere le nostre vite”
“Non capisco”
“La scelta spettava a Nerek. Tutto
dipendeva da lui, se avesse deciso di restate per egoismo fregandosene di quello
che poteva accadere al mondo tutto sarebbe andato in rovina, ma lui ha lottato
fino alla fine pur desiderando restare, era disposto a sacrificare tutto ancora
una volta ed ogni anno l’avrebbe rifatto” fa una pausa.
“Credo sia questo il significato di
Cuore Bianco, ha dovuto affrontare
delle prove e devo dire che le ha superate egregiamente” spiega aprendo un
involto.
Nerek
Riprendo conoscenza e la prima cosa che
avverto è il calore ed il crepitio del fuoco. Resto con gli occhi chiusi, sono
stanco.
Bussano alla porta, non mi interessa
desidero solo riposare. La voce di Gwen mi giunge alle orecchie, almeno lui si è
salvato per quel che ne so potremmo essere gli unici sopravvissuti.
Lo sento parlare con Atras, che gli
porge delle domande le stesse che farei io. Lotto per non riaddormentarmi ed
ascolto le sue parole che mi rasserenano.
La mia mente vacilla tra il sonno e la
veglia avverto dei rumori sommessi e poi Atras si stende al mio fianco.
Socchiudo a fatica gli occhi “E’ tutto
finito, sei libero. Ora riposa ti spiegherò tutto domani” mormora dolcemente
baciandomi la fronte.
Cullato dal suo respiro vengo avvolto
nuovamente dalle tenebre, ma questa volta sono dolci e confortevoli.
Atras
Sarebbe bello restare qui per sempre,
noi due soli in questa casetta, sperduta nei Ghiacci Perenni, ma non possiamo.
Ci siamo attardati anche troppo.
Mi avvicino a lui che giace addormentato
tra le pellicce, mi chino su di lui e gli bacio la spalla che fa capolino tra le
coperte. Si rannicchia su sé stesso.
“Torniamo a casa” mormoro al suo
orecchio, baciandogli la guancia.
Socchiude gli occhi “Restiamo ancora un
giorno” bisbiglia.
“Siamo qui da una settimana, Nerek.
Vorrei restare qui anche io, ma non possiamo”
Posa una mano sul mio viso attirandomi a
sé, mi bacia piano scostando di lato le pellicce.
In un chiaro ed allettante invito. Mi
sfilo la camicia ed i calzoni e lo raggiungo sotto le coperte.
“Sei freddo”
“Scaldami”
Ci perdiamo l’uno nel corpo dell’altro
per ore.
“E’ tutto così perfetto, non mi sembra
ancora vero” mormora, il suo respiro mi solletica la pelle.
“Ti amo, ti amerò sempre, Nerek,
qualunque cosa accada” prometto, baciandogli i capelli. Si stringe forte a me,
restiamo a lungo a coccolarci.
“Ora andiamo, se ci muoviamo ora
arriveremo alla casa di Marian al tramonto” esclama, sgusciamo via da me.
“Accidenti che freddo!” esclama
vestendosi in fretta.
Lasciamo la piccola dimora alle nostre
spalle e ci incamminiamo lungo una pista poco battuta. Al tramonto raggiungiamo
una casa: quella di Marian.
Nerek
Bussiamo ed ad aprirci è Marian, ci
sorride e ci invita ad entrare.
“Sono felice di rivedervi” ci saluta
calorosamente.
“Tra breve sarà pronta la cena” ci
informa invitando ad accomodarci.
“Gwen!” grida chiamando il nipote.
Dopo qualche istante il ragazzo esce
dalla sua stanza, spettinato e con la camicia mezza aperta, un momento più tardi
una ragazza fa capolino dietro di lui.
“Raret…” sussurro sorpreso. Un silenzio
denso e pesante cala su di noi.
Non so cosa pensare, sono troppo
sbalordito per fare un qualunque pensiero coerente.
“Tu?” la voce di Atras alle mie spalle,
in due passi attraversa la piccola stanza e sferra un pugno in pieno viso a Gwen
che, colto alla sprovvista, va a sbattere contro la parete di legno.
Mi frappongo tra i due, ma non ce n’è
bisogno, a quanto sembra, Atras non ha intenzione di colpirlo ancora.
“Credo di essermelo proprio meritato”
afferma massaggiandosi la mascella.
“Perché non ce lo hai detto?” mormoro
ritrovando la voce.
“Perché avrei interferito” risponde “Ho
già fatto anche troppo” aggiunge circondando le spalle di Raret con un braccio e
sorridendole dolcemente.
Lei risponde al sorriso, il suo sguardo
è caldo e sincero, si avvicina a me e mi abbraccia.
“Fratello, ora comprendo molte cose”
La stringo forte a me è tutto così
strano “Sorella…” sussurrò specchiandomi nei suoi occhi grigi come i miei “Ora
siamo liberi”
“Sediamoci” ci sprona la padrona di casa
“Discuteremmo meglio davanti ad una scodella di zuppa fumante”
“Ammetto che è successo tutto in molto
in fretta e, a volte, non mi sembra ancora vero”
So cosa prova, perché anche io ci sono
passato, Atras deve intuire i miei pensieri e posa la sua mano sulla mia.
Atras
Nel momento in cui vedo Raret e Gwen,
tutto nella mia mente diventa chiaro e la rabbia mi ribolle nelle vene.
Senza riflettere lo colpisco: è colpa
sua, solo sua, tutto ciò che Nerek ed io abbiamo passato.
Nerek si frappone tra lui e me, ma non
ho intenzione di colpirlo ancora, non servirebbe a nulla. La mia rabbia si è
estinta quasi subito. Non ha più importanza oramai. Ciò che è stato è stato.
Ci sediamo a tavola: osservo la sorella
di Nerek, è molto diversa da come la ricordavo. E’ bella come il suo gemello,
ora che un caldo sorriso le illumina il volto e lo sguardo.
Allungo la mano e la poso su quella si
Nerek, mentre Gwen racconta come si sono incontrati.
“Molti mesi dopo la vostra partenza,
sono tornato alla Grotta Maledetta. Ero curioso. Quando sono entrato, l’ho vista
al di la del muro di ghiaccio, lei mi ha posto delle domande ed abbiamo parlato
per ore. Sono tornato sempre più spesso, fino a quando un giorno sono arrivato
ed il muro non c’era più”
“Lui non poteva entrare nel nostro
regno, ma io potevo uscire” prosegue lei “Non so cosa mi ha spinto a compiere
quel passo. Gwen mi ha teso la mano, l’ho afferrata e sono andata da lui”
Nerek sorride e stringe la mia mano con
forza.
“Cosa ne sarà di nostra madre? Chi è
nostro padre?” domanda.
Raret sospira scuotendo il capo “Il
nostro mondo è sigillato per sempre, nessuno potrà mai più entrare o uscire da
esso. In quanto a nostro padre non so nulla”
“Vostro padre…” inizia Marian ma si
interrompe subito.
“Nostro padre?” la imbecca Nerek
speranzoso.
“La leggenda narra che, dopo aver scelto
un umano per avere degli eredi, la Regina dei Ghiacci lo intrappola nella neve
per sempre”
Il silenzio cala su di noi pesante e
denso.
“E’ solo una leggenda” sussurra Nerek
abbassando il capo.
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