Genere: fantasy, yaoi |
Raiting: NC-17, angst |
Pairing: AtrasXNerek, NerekXAtras |
Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono. |
White heart
di Bombay
XI.
Atras
Il ritorno a casa è tranquillo. Lasciamo
la casa di Marian due giorni dopo con la promessa di tornare di tanto in tanto a
trovare la sorella di Nerek, Gwen e Marian.
Al castello nulla è cambiato, ma appena
incontro mio padre capisco che non è felice di vedere Nerek ancora al mio
fianco.
Quando un anno fa tornai senza di lui,
vidi il suo sollievo e per la prima volta nella mia vita lo odiai, ma ero troppo
perso nel mio dolore per accorgermi di quanto mi accadeva intorno. Dopo cena mi
convoca nel suo appartamento.
“Credevo che Nerek non sarebbe più
tornato qui” inizia.
Deglutisco a fatica reprimendo la
rabbia.
“Ha scelto di vivere come un uomo
comune” sussurrò cercando di celare la mia ira.
“Non è di lui che voglio discutere”
taglia corto con un gesto della mano.
Incrocio le braccia sul petto, in attesa
di quello che ha da dirmi.
“Ho ricevuto la richiesta del re
Leinas
del regno di Teclas; ha una figlia di nome Senha di quattro anni più giovane di
te” spiega.
Sbatto le palpebre a disagio immagino
fin troppo bene dove vuole arrivare.
“Ho concordato il vostro matrimonio”
“No!” grido serrando i pugni.
“Tu ti sposerai che ti piaccia o meno.
Sei il mio unico maschio ed io devo preservare il nome della nostra casata”
“Io amo Nerek!” urlo furibondo.
Mio padre scoppia a ridere “Sai
benissimo che non ho mai approvato la tua scelta, ma puoi tenerlo come amante”
Mi passo una mano sul viso. Tutto questo
è solo un brutto sogno.
“E’ squallido” ringhio indignato.
Scrolla le spalle “E’ una cosa che
capita spesso in matrimoni del genere” ribatte tranquillo, come può parlarmi
così?
“Non mi sembra che tu disdegni del tutto
le donne. Prima di incontrare Nerek hai avuto una breve relazione con una delle
ancelle di tua madre”
Arrossisco. Come fa a saperlo? Ha
ragione però non ero legato a lei sentimentalmente era solo un’avventura. Con
Nerek è molto diverso.
“Genererai un figlio maschio e sarai
libero da ogni obbligo nei confronti di tua moglie. Ti chiedo solo questo”
“Solo questo?” esplodo “Come potete
parlarmi così?” grido.
“Sono tuo padre!” esclama.
“A Senha non pensate, costretta a
sposare un uomo che non l’ama, che non la potrà mai amare, a Nerek ed a me che
sarò il fulcro di tutto questo”
“Ho già deciso che ti piaccia o meno”
risponde lasciando la stanza.
Mi accascio sul trono prendendomi la
testa tra le mani: è tutto così assurdo.
Lungo i corridoi incontro mia madre, mi
rifugio nel suo abbraccio profumato.
“Vieni tu ed io dobbiamo parlare”
La seguo fino alla stanza dove è solita
ricamare, congeda le sue dame di compagnia e si siede invitandomi a fare
altrettanto.
“Cosa succede, Atras?” mi domanda e la
sua voce è dolce e lieve, mi siedo su un cuscino ai suoi piedi e le poso la
testa in grembo.
“Nerek ed io ci amiamo” sussurrò mentre
lei mi accarezza i capelli.
“Lo so” mormora, sollevo la testa e la
guardo.
“Lo so da molto tempo, da prima che tu
lo dicessi ad Ogar. Lo si capisce dai vostri sguardi, dai vostri gesti”
Mi alzo sospirando e mi dirigo verso lo
specchio e mi fermo, sono improvvisamente stanco.
Mia madre si alza dalla poltrona, mi si
accosta cingendomi le spalle con le braccia, sono poco più alto di lei.
Mi accarezza lieve una guancia
“Assomigli così tanto a tuo padre” mormora con un’immensa nostalgia nella voce.
Corrugo la fronte scrutando il riflesso
dello specchio, in molti mi dicono che assomiglio a mia madre ed è vero ho preso
da lei il colore dei capelli ed il viso regolare ed elegante, ma di mio padre
c’è assai poco.
Mia madre scioglie l’abbraccio ed io
sento improvvisamente freddo, torna a sedersi sulla poltrona e fissa le fiamme.
“Credo che tu sia abbastanza grande per
sapere e per comprendere, Atras” mormora parlando così piano che faccio fatica
ad udirla.
“Quando mio padre decise che era tempo
per me di sposarmi ero molto giovane, non avevo mai visto Ogar e non sapevo
nulla dell’amore” inizia a raccontare ed io mi risiedo sul cuscino di fronte a
lei.
“Lasciai la mia casa, i miei fratelli e
sorelle, i miei genitori, i miei amici, la mia vita, per iniziarne una nuova e
sconosciuta accanto ad un perfetto estraneo di cui non avevo mai nemmeno visto
il volto. Ero sola e spaventata, ma Ogar era un giovanotto avvenente e gentile.
Giunta qui conobbi Abigaille che aveva qualche anno più di me divenne subito la
mia dama di compagnia e la mia confidente” sospira e gioca distrattamente con
una ciocca di capelli.
“Conobbi anche Lefred, il capitano delle
guardie del re. Un giovane allegro e pieno di vita della stessa età di Ogar”
Gli occhi di mia madre si illuminano a
pronunciare il nome del capitano e nella mia mente si insinua un dubbio.
Ogar ed io ci sposammo pochi mesi dopo
il mio arrivo, la prima notte di nozze non consumammo ero troppo spaventata, ma
Ogar non mi forzò. Io ignoravo completamente certi aspetti ed Abigaille con
pazienza mi spiegò tutto o quasi. Passavo molto tempo con Lefred, i giorni
trascorsero e me ne innamorai, con lui scoprii anche il piacere dell’amore. Non
mi negai più a mio marito e portavo avanti anche la mia relazione con Lefred.
Un anno dopo il mio matrimonio scoprii
di essere incinta, sapevo bene che il bambino non era di Ogar poiché mio marito
era stato via due mesi insieme a suo padre. L’unica a sapere la verità era
Abigaille. Quando Ogar tornò, mi concessi a lui e qualche settimana dopo gli
diedi la notizia. A metà della gravidanza Lefred, per proteggere il re, venne
gravemente ferito, una delle ferite si infettò e nel giro di poco la febbre e
l’infezione l’uccise. Non seppe mai che portavo in grembo suo figlio”
Gli occhi di mia madre, colmi di
lacrime, si posano su di me. Un nodo mi serra la gola, non posso crederci, io
non sono il figlio legittimo del re.
“In quel momento avrei voluto morire
anch’io, tutto mi sembrava finito, ma non potevo c’eri tu che crescevi dentro di
me. Il frutto del nostro amore” fa una lunga pausa.
“Quando sei nato Ogar ha capito che non
eri suo figlio”
Trasalisco, credevo che mio padre fosse
ignaro di ciò, tutt’oggi.
“Lefred era l’unico ad avere degli
splendidi occhi color ametista come i tuoi” sorride tristemente accarezzandomi
una guancia.
“Ogar non mi accusò di nulla, eravamo
solo ragazzi, non ci amavamo, erano stati i nostri genitori a decidere per noi.
Stabilì che suo padre non avrebbe mai dovuto sapere che eri il figlio di Lefred
e disse che ti avrebbe allevato come se fossi stato suo figlio. Ogar e Lefred
erano buoni amici ed anche lui aveva sofferto per la sua perdita. Da quel giorno
decidemmo di prenderci un po’ di tempo per conoscerci, piano piano ci
innamorammo e gli diedi tre splendide figlie”
Mia madre di alza e mi raggiunge sul
cuscino abbracciandomi.
“Perché mi hai raccontato tutto questo?”
“E’ giusto che tu sappia, Ogar ti vuole
bene e lo sai, vuole bene anche a Nerek, è un buon uomo”
Faccio un tremulo sorriso.
“Tutto questo un giorno sarà tuo,
indipendentemente dal sangue che scorre nelle tue vene, Ogar ti ama come se
fossi suo figlio”
Annuisco appoggiando il viso alla sua
spalla.
“Si è fatto tardi, va da Nerek ora, ti
starà aspettando. E’ un ragazzo dolce e sensibile ed ha bisogno di amore e di
affetto. Ha sofferto molto, un cuore bianco come il suo non dovrebbe essere
macchiato, ma custodito come un dono prezioso”
Mi stringo a lei.
Un cuore bianco, penso, come lo ha definito Marian,
chiudo gli occhi e provo ad immaginare il viso di mio padre. E’ strano, il
racconto di mia madre mi ha trasmesso un senso di profonda nostalgia.
Nerek
Atras mi aveva assicurato di
raggiungermi subito, ma è già trascorso parecchio tempo.
Mi svesto ed indosso una camicia da
notte. Mi corico sotto le pesanti coperte, prendo un libro e leggo qualche
pagina.
Quando riapro gli occhi la stanza è
completamente buia, la candela si deve essere spenta ed io mi sono addormentato.
Un fruscio mi fa tendere come una corda.
“Chi è la?” esclamò.
“Sono io”
Mi rilassò: è Atras. Sento il materasso
cedere sotto il suo peso, sollevo le coperte e lo accolgo tra le mie braccia. E’
gelato.
Mi tolgo la camicia da notte, la sfilo
anche a lui, così si scalderà più in fretta.
Il suo respiro mi solletica la spalla,
dopo lunghi momenti di silenzio inizia a parlare con voce lontana e remota, mi
racconta quello che gli ha detto sua madre.
Resto a bocca aperta e mi chiedo come
mai la regina abbia deciso di rivelare al figlio questo segreto.
A tentoni cerco il viso di Atras gli
accarezzo la guancia scoprendola umida. Rimaniamo avvolti dal silenzio e dalle
tenebre. Le mani di Atras iniziano a danzare sul mio corpo, è strano muoversi in
questa oscurità cercarsi usandolo tutti i sensi tranne la vista, a mia volta
muovo le mani sul corpo di Atras: gli percorro la pelle dalla spalla lungo il
fianco, sempre più giù, l’interno coscia, per poi risalire sfiorandogli
distrattamente il fallo semi eretto e sento il suo sospiro sul mio orecchio, la
sua lingua lambirmi il padiglione scendendo a succhiare il lobo. Mi muovo
districandomi tra le coperte e mi volto dandogli la schiena, la sua mano disegna
arabeschi sulla mia schiena, con l’altra mi scosta i capelli dalla nuca, mi
bacia, mi lecca.
Scende verso il basso fino a raggiungere
i miei lombi, li separa e vi si insinua accarezzando il piccolo pertugio con la
punta delle dita.
Con una mano gli accarezzo il braccio,
volto un poco la testa ed intercetto le sue labbra in un bacio profondo e
bagnato, senza preavviso introduce con forza un dito in me, gemo nella sua
bocca, ma non di dolore e lui lo sa bene.
Ondeggio il bacino facendomi più
prossimo a lui. Esce da me, mi solleva e questa volta non mi penetra con le
dita.
Sento le ossa del suo inguine sbattere
contro il mio bacino ad ogni spinta, con la mano mi tortura i capezzoli ed il
suo respiro si va via via facendo più corto ed ansimante.
Mi morde la spalla quando raggiunge
l’orgasmo e dopo un momento si sfila da me.
Sono ancora terribilmente eccitato e
sento Atras sorridere, scosta le coperte e rabbrividisco.
“Prendimi” mormora scostandosi da me.
Allungo la mano, ma non lo trovo, sento
solo il suo respiro ancora un po’ pesante, mi muovo carponi nel letto, lo
sfioro: poso le mani su di lui, a tentoni capisco che è messo al contrario di
me, le sue mani cercano un punto del mio corpo lo trovano. Sussulto quando lecca
la punta del mio sesso. Un’altra lappata poi si sposta.
Percorro la sua schiena è carponi
davanti a me, massaggio le sue spalle scendendo seguendo la spina dorsale,
massaggio i suoi glutei, li separo e lecco piano la sua fessura, lo titillo con
la lingua, so che gli piace da impazzire ed i suoi gemiti sono la conferma.
Introduco un poco la lingua in lui, poi
non riesco più ad aspettare. Posiziono la punta contro di lui e spingo. Il suo
corpo cede, la mia entrata in lui è sottolineata dal mio e dal suo gemito. Ho
aspettato troppo vorrei essere più gentile, ma non ci riesco esco quasi
completamente da lui e affondo ancora ed ancora. In breve riverso tutto il
piacere accumulato, mi accascio contro di lui, ancora uniti.
Gli bacio la schiena sudata e mi sdraio,
dopo aver trafficato con le coperte, si stende al mio fianco infagottandoci
tutti e due. Dopo poco crollo addormentato.
Atras
Mi sveglio prima dell’alba. Nerek è
accoccolato contro di me, scivolo fuori dal letto cercando di non svegliarlo. Mi
vesto e lascio la stanza. Raggiungo la sala grande, deserta a quell’ora o così
credo.
Mio padre è seduto su una poltrona
accanto al camino, indossa la pesante veste da camera di un rosso cupo.
Mi avvicino e butto un ciocco di legna
nel camino, che prende a crepitare vivacemente.
Mio padre, ma forse non ho più il
diritto di chiamarlo così, socchiude gli occhi, mi sorride dolcemente tendendomi
una mano.
“Tua madre ti ha raccontato tutto vero?”
Annuisco.
“Questo non cambierà nulla Atras, ti ho
sempre considerato mio figlio e continuerò a farlo”
Abbasso lo sguardo imbarazzato, non deve
essere stato facile per lui in tutti questi anni, crescermi e vedere nel mio
volto quello di Lefred.
Si alza, è più alto di me di una spanna.
Mi abbraccia e mi stringe forte, posò la testa sulla sua spalla e sospiro piano.
“Grazie” è sciocco lo so, ma è l’unica cosa che mi venga in mente ora.
Esco dalla sala grande e mi dirigo nella
stanza delle mie sorelle.
Come spesso capita in inverno dormono
tutte nello stesso letto.
Mi avvicino e le guardo dormire. Nodia
sta al centro del letto raggomitolata sotto le coperte, il pollice in bocca, con
un espressione beata e serena, Frida e Beria riposano su un fianco rivolte verso
il centro come a voler proteggere la più piccola. Chiudo le cortine del letto e
silenzioso come sono entrato esco.
Nerek
Atras è nervoso ed irrequieto, poi
all’improvviso mi afferra per un braccio e mi trascina nella stanza accanto.
“Dobbiamo parlare” esclama.
Non ho idea di cosa stia provando però
sembra che ci sia qualcosa che lo turba molto.
“Mio padre ha concordato a primavera le
mie nozze con una dama del regno di Teclas, si chiama Senha”
Sono pietrificato. Non so cosa dire o
fare.
“Non ho altra scelta che assecondare il
desiderio di mio padre”
“Non è tuo padre!” grido facendo un
passo verso di lui.
“Non mi ha generato, ma mi ha allevato”
risponde abbassando lo sguardo.
“Ci sposeremo ed avremo un figlio, poi
non avrò più obblighi verso di lei”
“Ed io intanto cosa farò” bisbiglio.
“La primavera è alle porte, puoi
aspettarmi?”
“Aspettarti, per cosa? Per scaldarti il
letto nelle notti che non lo farà lei”
“Non dire così, sai che non è vero. Io
ho atteso un anno prima di riabbracciarti e…”
“Era diverso!” grido esasperato.
Possibile che non capisca.
Si avvicina a me e mi afferra per le
spalle.
“Perdonami” sussurra avvicinando il suo
viso al mio. Mi scosto allontanandomi bruscamente da lui.
“Nerek!” la sua voce mi raggiunge nel
corridoio. Corro fuori incurante di chi urto nella mia disperata corsa.
Mi fermo per riprendere fiato. Il mio
respiro affannoso crea nuvolette bianche di vapore.
Non posso credere a quello che sta
succedendo. Atras ha già deciso ed io non ho altra scelta che assecondare il suo
desiderio.
I giorni passano e la primavera inizia a
sbocciare, portando colori e profumi freschi e nuovi.
Tutti al castello sono in fermento.
Tutti tranne me.
Ho un rifiuto a fare qualunque cosa sia
inerente con la preparazione del banchetto di nozze.
Il rapporto tra me ed Atras si sta
logorando lentamente ed inesorabilmente.
“Sapevo che ti avrei trovato qui”
Mi volto alla voce di Atras alle mie
spalle.
“E’ uno dei luoghi dove mi hai portato
quando ci conoscevamo da pochi giorni” rispondo con un sospiro, immergendo le
mani nell’acqua calda.
“Già. Domani arriverà Senha. Non avremo
molto tempo per noi” sussurra passandomi un mano tra i capelli.
“In questi giorni invece, siamo sempre
stati insieme” ribatto sarcastico.
“Mi dispiace”
“Anche a me” mi alzo e mi tolgo gli
abiti ero venuto con l’intento di fare il bagno e non mi lascerò certo forviare.
L’acqua calda mi accarezza la pelle.
Osservo Atras svestirsi e scivolare al mio fianco.
Rimaniamo in silenzio ascoltando i suoni
della natura che ci circonda.
Non so come, ma ci troviamo l’uno
accanto all’altro intenti a baciarci con passione e quasi ferocia.
Usciamo dall’acqua e ci stradiamo
sull’erba nuova. Facciamo l’amore, unendo i nostri gemiti ali rumori della
foresta.
Fisso il cielo azzurro su di noi e le
nuvole bianche che si rincorrono.
“Ti prometto che
farò
l’amore con lei solo per generare un figlio e quando questo avverrà tutto
tornerà come prima”
Vorrei credergli. Gli Dèi sanno quanto
vorrei credergli, ma ora come ora è così difficile.
Ci rivestiamo in silenzio e torniamo al
castello.
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