IT Rev

IT REVOLUTION IN ARCHITECTURE
(Information Technology Revolution in Architecture)

 

La vera differenza dei nostri tempi è la quantità di informazione che noi adoperiamo per produrre un determinato bene. Per produrre e vendere un vegetale 1000 anni fa non era quasi necessaria informazione. Oggi lo stesso vegetale ha incapsulato dentro il 95% di informazione. Ora, visto il ruolo sempre crescente dell’informazione, noi srtuiamo vivendo la nostra rivoluzione "in real time

A me non sembra che il vero problema sia il "numero" delle rivoluzioni, oppure le maniere diverse che gli studiosi intendono strutturare le ondate delle innovazioni tecnologiche. Forse, proprio perchè sono un architetto e non un sociologo, per me quello che è decisivo è il concetto di "crisi". E cioè il processo attraverso cui l’intensità dei cambiamenti del mondo spingono a un cambio della propria visione e del proprio quadro disciplinare. I due concetti di "crisi" e di "orizzonte" sono quindi intimamente connessi.

Se pensiamo a quello che è avvenuto negli anni Venti del Novecento vedremo proprio che intellettuali come Walter Gropius (e Le Corbusier e Mies) ebbero la capacità di riformulare "completamente" l’architettura sulla spinta del nuovo monoo meccanico e industriale. Una architettura non più aulica di chiese e palazzi, ma di case e quartieri per tutti, una costruzione non più per mura continue e pesanti ma per punti strutturali, un’immagine non più prospettica e statica, ma dinamica come il nuovo paesaggio industriale, una organizzazione non più per schemi tipologici fissi ma bensi per un libero articolarsi delle funzioni. E non solo: sono proprio i processi seriali, razionali, standardizzabili, della produzione industriale che vengono assimilati dall’architettura. Ma per far questo c’è voluto molto tempo.Ora le nostre parole chiave sono cambiate: noi pensiamo in termini di "personalizzazione" e non più di standardizzazione, noi non pensiamo più attraverso processi "di divisone in cicli" o di "catena di monatggio", ma di "unità tra diversi" (per esempio nelle città all’idea dello zoning, si è sostituita l’idea della plurifunzionalità), noi non pensiamo più all’idea di "modello ripetibile" (la Ford Nera per tutti) ma in termini di Adattabilità (si guardi alla Smart: a ognuino la sua macchina) se non di Interattività tra ambiente, architetture desideri.

Abbiamo vissuto nella storia in spazi diversi e gli architetti ne hanno, con alfabeti diversi, dato forma. Lo spazio informale, gestuale e primitivo pre-Mileto (o pre-alfabeto come lo chiama DDek), quello arteirizzato dei greci e dei romani, quello sacro e mistico prima di Giotto, quello prospettico del Rinascimento, quello industriale e meccanico, analitico e a-prospettico del dopo Cezanne. Ogni nuovo spazio al suo sorgere ha avuto bisogno di nuovi principi e di nuovi alfabeti che sono stati formati in processi faticosi, difficili, tormentati ed esaltanti. Di un nuovo spazio dell'informazione che de Kerckhove chiama Cyber (la battaglia del nome, comunque, è ancora aperta) possiamo solo cominciare a intravedere qualche caratteristica. Come delfini che prendono ossigeno per saltare fuori dal mare e inseguire navi e vedere i profili di isole e coste, alcuni pionieri stanno lavorando per cercare di definire di questo nuovo spazio possibilità e, appunto, principi.

(A. Saggio)

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