Capitolo I

3 - LA GUERRA

Da Vienna arrivò alla Serbia, responsabile dell'attentato e appoggiata da Mosca, l'ultimatum, naturalmente respinto. L'Impero era così caduto nella trappola e il 23 luglio 1914 vennero organizzate le prime truppe. Il conflitto, come era prevedibile, si estese a macchia d'olio; scesero in campo la Russia, la Francia, l'Inghilterra, appoggiate dai loro alleati e dai paesi del Commonwealth britannico, mentre in campo avverso si trovarono, ad appoggiare l'Austria, la Germania di Guglielmo II e la Turchia. Le potenze centrali si trovarono a dover combattere su due fronti: su quello occidentale, nelle pianure del Belgio e della Francia, da dove nomi come Verdun o Ypres diverranno celebri in tutto il mondo come simbolo di assurde carneficine, e sul fronte orientale, in special modo in Galizia, terra che resterà per sempre nei ricordi dei trentini per il contributo di sangue dato dalla popolazione in questo teatro di guerra. Perché sembra assurdo, ma è proprio qui che i tirolesi del sud, gente da sempre abituata a combattere per difendere le singole valli, come capitò nel 1810 con la resistenza di Andreas Hofer alle truppe di Napoleone, ebbe il primo contatto con quella che verrà in seguito denominata Grande Guerra Mondiale.
Nel pomeriggio del 31 luglio 1914, venne affisso agli uffici postali di Trento, e in seguito diffuso in tutta la regione, il bando relativo al reclutamento in massa e alla mobilitazione generale. Ben presto tutto il Trentino si trasformò in una grande caserma.
La mobilitazione, nel Trentino (chiamato allora Welschtirol o Tirolo italiano), interessò tre reggimenti di "Landesschützen", che ormai solo nominalmente rappresentavano la continuità delle antiche milizie territoriali, essendo stati inquadrati da tempo nell'esercito regolare, e quattro reggimenti di "Tiroler Kaiserjäger", un corpo scelto di fanteria reclutato nelle sole regioni del Tirolo e del Vorarlberg ad addestrato principalmente per la guerra in montagna.
La mobilitazione avvenne in un clima arroventato tra rabbia e agitazione. Dopo secoli di pace le popolazioni dell'Impero, mai come allora, si sentirono uniti nel proprio destino e subirono la Storia, che volle rompere gli equilibri esistenti fino al quel momento in cambio di ideali nazionalisti e irredentisti dei filosofi e dei "ben pensanti" che pensarono bene di fuggire in Svizzera o in Italia prelevando in tempo tutti i propri averi. Chi andò al fronte non furono certo gli "illuminati", salvo gli Irredentisti d'azione tipo Battisti, ma i contadini che mai e poi mai avrebbero tradito quell'Impero che gli garantiva un seppur modesto benessere. Proprio per evitare l'"esodo dei ricchi" ci fu una moratoria nei pagamenti, fu vietato in altre parole di prelevare dalle banche importi superiori alle 200 corone (210£ del 1914, 494,45 € circa attuali nota aggiunta). Fu inoltre adottato il primo prestito di guerra: una corona per gli adulti (meno di 2,5 € attuali nota corretta) e 60 centesimi per i bambini (meno di 1,5 € attuali nota corretta). Per non creare squilibri interni, frazionamenti e disunità fu abolita la libertà di stampa (venne chiuso anche "Il Popolo" diretto da Cesare Battisti), venne impedita la libertà di movimento delle persone e fu limitato il traffico; sui generi alimentari fu inoltre deciso un calmiere, vale a dire il prezzo più alto stabilito per il commercio, al fine di impedirne il rincaro per manovre speculatorie.
La partenza di uomini validi per il fronte galiziano (vennero arruolati tutti gli uomini nati tra il 1892 e il 1894) creò un vuoto incolmabile per le famiglie che essi lasciarono e in tutta l'economia della provincia: 8000 non torneranno più, 14.000 torneranno feriti o mutilati. Tutti gli uomini abili al lavoro, dai 18 anni ai 65 anni, furono chiamati sotto le armi.
I numeri dei trentini arruolati parlavano chiaro: nell'esercito austriaco si mobilitarono 60.000 soldati (di cui 8.000 mai tornati dal fronte), ma ci furono anche dei fuoriusciti (867, forse gonfiati [cfr. § I.9]) che "scommisero" per quello italiano, rivelatosi alla fine vincente. I trentini caduti furono per Austria 10.501, per l'Italia 103 sul campo e 29 per cause di guerra. 183 di questi soldati furono decorati con medaglie al valore militare: 12 d'oro, 98 d'argento, 72 di bronzo.
Mentre abbiamo la prova che per buona parte della popolazione italiana se ne infischiasse della "Redenzione di Trento e Trieste", (lo dimostrano più di 500.000 disertori che non si presentarono alle armi a partire del 1915 in poi), nelle regioni dell'ex impero ci fu la corsa al fronte per schierarsi con la patria della quale più ci si sentiva parte. Molti soldati, soprattutto sul versante "fedele" ai Savoia, non erano molto convinti di ciò che stavano facendo: d'accordo gli alti ideali patriottici in palio, ma valeva proprio la pena abbandonare la famiglia, che con la perdita degli uomini di casa avrebbe patito anni difficili, il lavoro e il campo, che si sarebbe ben presto rimboschito per l'incoltura? Tutte le forze, sia umane che materiali, furono utilizzate fino in fondo: per i cannoni si dovette fondere anche le campane delle chiese e per risanare i debiti e i costi della guerra furono espropriati anche i gioielli di famiglia dei cittadini. Giunti ormai al fronte non serviva a nulla piangere o disperarsi del gelo che imputridiva le gambe o dell'insopportabile ronzio delle mitragliatrici austriache che non cessavano neanche la notte; occorreva dare la vita per la patria. Nel pieno della notte si era costretti, seguendo gli ordini di superiori inetti, non all'altezza o peggio ancora incoscenti, superiori che a spesso rimanevano in caserma a giocare a biliardo, senza una benché minima tattica, correre contro il fronte nemico, incuranti delle granate e delle mine, indolori al filo spinato che lacerava le gambe e pungeva le scarpe di cartone nei piedi congelati del valoroso soldato, mentre i compagni intorno stavano "come d'autunno sugli alberi le foglie", mentre altri facevano parte integrante del tappeto di cadaveri che ammorbidiva il suolo. Le uniche alternative erano il suicidio, l'autolesionismo o la forca dei Carabinieri che aspettavano come impazienti nelle retrovie un disertore da giustiziare.


capitolo precedente

     

capitolo successivo

Val Primiero - Primör