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                             2  Incontro  di Preghiera

 

 

                                     La manifestazione di Gesu’ a Cana di Galilea


 

Preghiera - Maria, donna del vino nuovo

Santa Maria, donna del vino nuovo, muoviti a compassione di noi, e ridonaci il gusto delle cose. Solo così, le giare della nostra esistenza si riempiranno fino all’orlo di significati ultimi. E l’ebbrezza di vivere e di far vivere ci farà finalmente provare le vertigini.

(Don Tonino Bello – Maria donna dei nostri giorni – ed.S.Paolo)

 

DAL VANGELO DI GIOVANNI (2,1-11)

Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù rispose: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. La madre dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”.

Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le giare”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora attingete e portatene al maestro di tavola”. Ed essi gliene portarono.  E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo  e gli disse: “Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un pò brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono”. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. 

Scintilla: Egli ci riempie di sé quanto più ci svuotiamo di ogni cosa creata, distaccandocene per amor suo. ( S.Teresa d’Avila)

 

CANTO: (Le nozze di Cana di Pierangelo Comi)

Ritornello: Metti nell’otre della storia la semplice acqua della tua vita,

                    e poi confida nel Signore, fa ciò che ti dirà

                    e vino nuovo per la festa tu sarai, e vino nuovo per la festa tu sarai.

      C’era una festa di nozze a Cana di Galilea /fu invitata Maria con Gesù

     e i discepoli alla sua sequela; nel mezzo della festa, venuto a mancare il vino

     disse Maria a Gesù: non hanno più di che bere (2 volte)

    Donna le risponde Gesù, ancora non è giunta la mia ora (2 volte)

    Maria rivolta ai servi, un consiglio loro dà,

    fate quello che ora Lui vi dirà(2 volte)    (Rit)

 

Dal commento al Vangelo di S. Agostino ( Omelia 8,9)

Perché dunque il figlio ha detto alla madre: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora? Nostro Signore Gesù Cristo era Dio e uomo. Come Dio non aveva madre, come uomo l'aveva: Maria, quindi, era madre della carne di lui, madre della sua umanità, madre della debolezza che per noi assunse. Ora, il miracolo che egli stava per compiere, era opera della sua divinità, non della sua debolezza: egli operava in quanto era Dio, non in quanto era nato debole. Ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini (1 Cor 1, 25). La madre esigeva un miracolo ed egli, accingendosi a compiere un'opera divina, sembra insensibile ai sentimenti di tenerezza filiale. E' come se dicesse: Quel che di me compie il miracolo, non l'hai generato tu: tu non hai generato la mia divinità; ma siccome hai generato la mia debolezza, allora ti riconoscerò quando questa mia infermità penderà dalla croce. E' questo il senso della frase: Non è ancora giunta la mia ora. Sulla croce riconobbe la madre, lui che da sempre la conosceva. Conosceva sua madre prima di nascere da lei, quando la predestinò; e prima di creare, come Dio, colei della quale come uomo sarebbe stato creatura. Tuttavia, in una certa ora misteriosamente non la riconosce, e poi in un'altra ora, che ancora doveva venire, di nuovo misteriosamente la riconosce. La riconobbe nell'ora in cui stava morendo ciò che ella aveva partorito. Moriva, infatti, non il Verbo per mezzo del quale Maria era stata creata, ma la carne che Maria aveva plasmato; non moriva Dio che è eterno, ma la carne che è debole. Con quella risposta, dunque, il Signore vuole aiutare i credenti a distinguere, nella loro fede, la sua persona dalla sua origine temporale. E' venuto per mezzo di una donna, che gli è madre, lui che è Dio e Signore del cielo e della terra. In quanto Signore del mondo, Signore del cielo e della terra, certamente egli è anche Signore di Maria; in quanto creatore del cielo e della terra, è anche creatore di Maria; ma in quanto nato da donna e fatto sotto la legge (Gal 4, 4) - secondo l'espressione dell'Apostolo -, egli è il figlio di Maria. E' ad un tempo Signore e figlio di Maria, ad un tempo creatore e creatura di Maria. Non meravigliarti del fatto che è ad un tempo figlio e Signore: Vien detto figlio di Maria come vien detto figlio di Davide, ed è figlio di Davide perché è figlio di Maria. Ascolta la testimonianza esplicita dell'Apostolo: Egli è nato dalla stirpe di Davide secondo la carne (Rm 1, 3). Ma egli è altresì il Signore di Davide. E' lo stesso Davide che lo afferma. Ascolta: Parola del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra (Sal 109, 1). Gesù pose i Giudei di fronte a questa testimonianza, e con essa li ridusse al silenzio. Come dunque egli è insieme figlio e Signore di Davide (Mt 22, 45), figlio secondo la carne e Signore secondo la divinità, così è figlio di Maria secondo la carne e Signore di Maria secondo la maestà. E poiché Maria non era madre della divinità, e il miracolo che ella chiedeva doveva compiersi in virtù della divinità, per questo disse: Che c'è tra me e te, donna? Non credere però, o Maria, che io voglia rinnegarti come madre; gli è che non è ancora giunta la mia ora; allora, quando l'infermità di cui sei madre penderà dalla croce, io ti riconoscerò. Ecco la prova di questa verità. Narrando la passione del Signore, il medesimo evangelista, che conosceva la madre del Signore e che come tale ce l'ha presentata in queste nozze, dice così: Stava là, presso la croce, la madre di Gesù, e Gesù disse a sua madre: Donna, ecco tuo figlio; poi al discepolo: Ecco tua madre (Gv 19, 25-27). Affida la madre al discepolo; affida la madre, egli che stava per morire prima di lei e che sarebbe risorto prima che ella morisse: egli, uomo, raccomanda ad un uomo una creatura umana. Ecco la natura umana che Maria aveva partorito. Era venuta l'ora alla quale si riferiva quando aveva detto: Non è ancora giunta la mia ora.

 

Scintilla: Ripulisci la tua anfora, perché accolga la grazia in misura più abbondante; infatti la remissione dei peccati viene data a tutti, invece la partecipazione dello Spirito Santo viene concesso in proporzione della fede di ciascuno. (S.Cirillo di Gerusalemme)

 

2^ parte del CANTO:  Rit: Metti nell’otre della storia la semplice acqua della tua vita,

                                               e poi confida nel Signore, fa ciò che ti dirà

                                  e vino nuovo per la festa tu sarai, e vino nuovo per la festa tu sarai.

Vi erano là sei otri di pietra per l’abluzione dei Giudei,

    d’acqua riempite gli otri disse Gesù ai servi attoniti; poi attingetene e portatela fuori

    sulla tavola al maestro che la provi (2 volte)

    Disse il maestro allo sposo, tutti servon dapprima il vino buono,

    poi quando son tutti ubriachi attingono il vino dagli otri malandati,

    alla fine invece tu, alla festa ridai il sapore, servendo in tavola, in tuo vino,   

    migliore. (Rit)

 

Ecco, come argilla è nelle mani del vasaio,

così voi siete nelle mie mani. (Ger18,6)

 

Meditazione:  “Fate quello che vi dirà”

Qualcuno s’accorge. E’ presente qualcuno che vede la situazione. E’ «la Madre di Gesù». La Madre di Gesù percepisce che qualcosa di importante manca nel rapporto degli uomini con Dio.

Gli uomini sono invitati a godere l’amore eterno di Dio per loro. Essi vivono per Lui, con Lui seguendo anche i propri interessi e alla fin fine lo considerano... inutile, se non fosse per la sua potenza che si può invocare - quando occorre - per supplire alla impotenza umana.

La Madre di Gesù s’accorge che agli uomini manca l’amore, non hanno un rapporto diretto di amorevole confidenza col Padre; perciò non può esserci gioia. L’amore gioioso è ciò che rende festa le nozze,  ciò che attira gli uomini a rimanere, perché lì c’è la vita in abbondanza.

  E’ la Madre di Gesù colei che s’accorge che manca «il vino». Perché proprio Lei, e perché soltanto Lei?  Ella ama Gesù. Ella ha gustato già la vita d’amore perché ha donato la vita, l’ha resa disponibile al Padre che le ha dato Gesù. Lei sa chi è il Figlio di Dio e lo ama.

Solo chi ama si può accorgere della mancanza d’amore. Chi ama sa che la tristezza e il vuoto e la superficialità vengono dalla mancanza d’amore.

Chi ama il Figlio di Dio e lo ha accolto nella propria vita vede il vuoto di chi ancora non lo possiede.

  La Madre che ama Gesù ha occhi per vedere. Ed è ancora così". Chi ama Gesù, chi gli ha dato la vita - sia che lo si chiami mistico, contemplativo o non lo si definisca affatto perché il suo amore non si fa notare con segni particolari -, questi si accorge che all’uomo manca tutto finché non vive in rapporto d’amore con Dio. Coloro che sono a contatto con la Parola di Dio per amore, perché lo vogliono ascoltare e lo vogliono conoscere, questi amano pure gli uomini profondamente, e perciò s’accorgono se manca loro lo spirito di gioia e lo spirito d’amore!   La Madre di Gesù s’accorge della gravità della situazione.

Ella interviene. Non grida, non si agita, non rimprovera nessuno; nemmeno va a lamentarsi dal capo - il maestro di tavola - e neppure va dallo sposo. Lascia fuori dalla sua preoccupazione anche la sposa.

La Madre di Gesù va direttamente dal Suo Figlio. E ci va con tanta discrezione, con umiltà, senza mostrare fretta, ma anche senza tentennamenti. Ella sa che Gesù è l’unico che può procurare il vino alle nozze,  l’unico che può far vedere agli uomini il Volto del Padre per risvegliare in essi l’amore.

  Il Figlio sa. Anch’Egli s’è accorto della situazione. Ma l’ora in cui Egli potrà conquistare gli uomini all’amore del Padre non è ancora giunta. Quell’ora giungerà sul Calvario. Quella sarà l’ora in cui l’uomo, perdendo la paura della morte potrà vivere il rapporto con Dio solo nell’amore.

  Fino a quel momento, momento delle nuove nozze definitive di Dio, non si può fare nulla. Gesù vuol tranquillizzare la Madre: «Noi non siamo responsabili di queste vecchie nozze, non le dobbiamo aggiustare; possiamo solo attendere e preparare quelle nuove e definitive. Cosa c’entriamo tu ed io con queste nozze?».   La Madre capisce. Non si scoraggia per la risposta, nè si rivolge ad altri come se qualcun altro avesse un’altra soluzione. Ella prepara tutto perché il Figlio dia almeno un segno di speranza, un segno concreto per godere già in anticipo la gioia delle nuove nozze. Che cosa fa?

Ella comunica ad altri, ai servi, gente pronta all’obbedienza, la stessa attenzione a Gesù che Ella vive.

«Fate quello che Egli vi dirà».

Non occorre altro. Non dice: «fate commissioni per esaminare e per decidere»; non dice: «aprite discussioni, pianificate...», ma: «Fate quello che Egli vi dirà».

L’attenzione a Gesù è la preparazione necessaria e sufficiente, anche se Egli fa attendere un poco.

(Meditazione dei Padri della Comunità  “Casa di Preghiera di Cristo Risorto” di Tavolo- Tn)

 

Canto o sottofondo musicale

 

(Dai trattati sulla I lettera di Giovanni di S.Agostino)

Se devi riempire un recipiente e sai che sarà molto abbondante quanto ti verrà dato, cerchi  di aumentare la capacità del sacco, dell’otre o di qualsiasi altro contenitore adattato:

(in questo caso <<la tua giara>>).Ampliandolo lo rendi più capace. Allo stesso modo si comporta Dio. Per essere riempiti, bisogna prima svuotarsi. Tu devi essere riempito dal bene, e quindi devi liberarti dal male. Supponi che Dio voglia riempirti di miele. Se sei pieno di aceto, dove metterai il miele? Bisogna pulirlo magari con fatica e impegno, se occorre, perché sia idoneo a ricevere qualche cosa. (Trattato 4, Pl  35, 2008-2009)                                   

RACCONTO: IL MONACO E LA BROCCA

C’era un monaco che viveva da parecchi anni in un monastero: giovane esuberante e facoltoso, aveva lasciato ogni cosa per diventare santo.

Prima aveva mani come l’avorio, ora incallite come le squame dei coccodrilli; prima il suo volto era liscio e rasato, la sua capigliatura lucida di unguenti, la sua toga adorna di fermagli d’argento: ora, tosato come una pecora, portava sotto la tonaca un duro cilicio. Aveva sì domato la carne; ma una pas­sione ancora resisteva tenace: la tendenza ad adirarsi. Se un fratello nel mietere lasciava indietro una spiga, subito gli strappava di mano la falce con gesto iracondo. Se al vicino di stallo sfuggiva una nota falsa nel coro, arrotava i denti e gli allungava una gomitata.

Un giorno si presentò all’Abate: « Padre », gli disse, « ben vedo che non sono fatto per vivere con i fratelli: trovo in loro continue occasioni di peccato. Io mi figuravo che i monaci fossero tutti perfetti, ma invece mi sono d’inciampo. Mi ritirerò nel deserto, al di là del fiume. Laggiù, solo con Dio, non avrò più occasione di adirarmi ». E trascurando gli ammonimenti dell’Abate, prese con sé una brocca per attinger acqua dal fiume e se ne partì.

Sdraiato sulla tiepida arena, dormì il più bel sonno di vita sua. Poi cantò i suoi dodici salmi senza una nota stonata, e prego con fervore. Com’era quieto e felice in quella solitudine, in quel silenzio!

Ora occorreva andare al fiume per attinger acqua. Andò e tornò, salmeggiando quasi come in estasi. Ma — che è che non è — la brocca si rovesciò, e giù tutta l’acqua a correre per l’arena.

« Pazienza! », disse il monaco, e rifece la via andata e ritorno, quieto come l’olio, meditando sulla morte.

Posò a terra la brocca, e quella di nuovo gli sfuggì di mano. Vi rimase un po’ di umidore, ma dentro neppure una goccia. « Maledizione! Cos’è mai questo? Il diavolo mi vuol tentare. Orsù, pazienza! » Trafelato, riprende la via, attinge e fa ritorno. E la brocca rotola a terra una terza volta.

« Maledetta sii tu! Vattene al diavolo! » Una pedata furiosa, e la brocca va in cento pezzi. Sferra calci ai frantumi, e solleva un polverone di sabbia. Il povero giovane ha capito, e torna piangendo al monastero.

« Padre mio, mea culpa! » dice all’Abate. « Ho rotto la brocca a furia di calci: ecco qua i cocci. La causa delle mie collere non è la compagnia dei fratelli: il nemico (e si picchiava il petto) è qui dentro!

(Dagli Apoftegmi dei Padri del deserto – tratto  dal libro “La morale della favola” –

fiabe e massime per tutto l’anno e per tutte le occasioni – Gribaudi)

 

Io mi abbandono, o Dio nelle tue mani

Gira e rigira questa argilla come creta nelle mani del vasaio.

Dalle una forma e poi spezzale se vuoi….

Domanda, ordina; <<cosa vuoi che io faccia, cosa vuoi che io non faccia?>>.

Innalzato, umiliato, perseguitato, incompreso, calunniato, consolato, sofferente, inutile a tutto,

non mi resta che dire, ad esempio di tua Madre:

<<Sia fatto di me secondo la tua parola>>.

Dammi l’Amore per eccellenza, l’amore della Croce,

                                   non delle croci eroiche che potrebbero nutrire l’amor proprio,

ma di quelle croci volgari, che purtroppo porto con ripugnanza….

di quelle che s’incontrano ogni giorno nella contraddizione, nell’oblio, nell’insuccesso,

nei falsi giudizi, nella freddezza, nel malessere e nei difetti del corpo,

nelle tenebre della mente e nel silenzio e aridità di cuore.

Allora solamente Tu saprai che ti amo, anche se non lo saprò io; ma questo mi basta.

 

(preghiera attribuita a Robert Kennedy morto nel 1967 – Egli la recitava ogni mattina)

     

                              

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