IL SAPORE DEL SANGUE

 

 

CAPITOLO QUARTO

 

La biblioteca di quel paesino era piccola, polverosa, intima. Sembrava un’abitazione come le altre, vista dal di fuori. Una casetta in legno, con piccole, sporche finestre, e una porticina cigolante. L’anziana addetta ai lavori, ormai bibliotecaria da tempi immemori, anche quel giorno presiedeva la grande scrivania di legno tarlato, gli spessi, allungati occhiali indirizzati verso un vecchio libro che aveva assorbito tutta la sua attenzione. Neppure si accorse dei forestieri, quando essi, con uno spaventoso cigolio d’uscio, entrarono; furono i loro passi, rumore di tacchi e di scarponi, che, facendo cigolare il povero pavimento in legno, la spinsero infine a levare il capo, osservandoli: una donna elegantemente vestita, ed un nasone con la faccia da idiota, che si guardava attorno come un topolino impaurito. Li salutò con il tipico sopracciglio sollevato in un’espressione di disgusto e diffidenza.

  Nami rispose con il migliore sorriso di questo mondo. Nonché il più falso.

  “Buongiorno!” salutò gioviale, elargendo una dolce gomitata alle povere costole di Usop, affinché egli producesse uno stentato sorriso stranamente vicino ad una smorfia di acuto dolore. “Noi siamo…”

  “Turisti.” completò a modo suo la bibliotecaria, con un’intonazione che assumerebbe una persona al cospetto di una grande, enorme, puzzolente montagna di guano.

  “Sì.” confermò Nami, non permettendo ad alcuno dei suoi muscoli facciali di perdere la tenuta sullo smagliante ma, almeno giudizio di Usop, preoccupante sorriso. “Stiamo svolgendo una ricerca sulla storia del luogo, e…”

  “Terzo scaffale, in basso a destra. Non sporcate. Non rumoreggiate. Non lasciate in disordine.” proclamò la donna, tuffandosi nuovamente nella sua appassionante lettura così inutilmente interrotta. Nami, trattenuto un del tutto giustificabile istinto omicida, afferrò il collega d’affari per le orecchie, costringendolo a seguirla ove era stato loro indicato.

  “Ma… ma… Perché dobbiamo fare ricerche su questo Shark?” balbettò il poveretto, massaggiandosi l’orecchio appena liberato ed osservando la rossa intenta a cercare i volumi indicateli dalla bibliotecaria. “Siamo lontani dal mare…”

  “Non Shark, Shanks!” Lei, soddisfatta, raccolse un enorme volume contenente annotazioni, citazioni, date e nomi. “Dobbiamo cercare tra gli annali, e trovare…”

  “Nami…?”

  “Sì?” Alzò il capo dal volume, con una faccia tutt’altro che rassicurante: quello, infatti, era lo sguardo che si sarebbe meritato chiunque avesse osato interromperla durante una delle sue ricerche; uno sguardo che, chissà come, s’insinuava nell’animo, spingendo il poveretto di turno a tentare di scavarsi la fossa con le proprie unghie, prima che gli artigli di lei avessero potuto raggiungerlo, e finirlo a modo loro.

  Fortunatamente, da tempo Usop era abituato a sostenere quelle fiamme nei suoi occhi. Quindi, mantenendo un rigido self control, le rispose con aria arguta dalla cima dell’armadio ove si era arrampicato in cinque secondi netti: “Stai… leggendo un volume del ‘700?”

  Nami guardò la copertina. Annuì. “Sì, ‘700. Dalle mie informazioni, è pressappoco il periodo in cui Shanks il rosso dovrebbe essere arrivato in questa città.”

  “Ma noi siamo nel…” Usop agitò le mani, come se l’anno in cui erano fosse stato una cosa impronunciabile.

  “Sì.” Nami confermò, paziente.

  “Quindi lui…!”

  “Ho idea di sì.”

  Nami, decisa a non badare ai singhiozzii disperati del collega, scosse il capo, tornando a cercare di dare un senso alle scritture amanuense del volume.

 

Il sole era alto nel cielo. La vita campagnola di quel paesino procedeva fluida, quieta. Un viandante vagava per le stradine deserte della campagna lì attorno.

  E quattro magnifici, freddi, marmorei cadaveri giacevano nelle loro bare, protetti dall’altezza della collina; protetti dalla magnificenza del loro castello. Protetti, infine, dagli oscuri demoni che sussurravano in loro, pronti ad attaccare chiunque avesse osato disturbare il loro riposo.

 

 

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