IL SAPORE DEL SANGUE

 

 

CAPITOLO DECIMO

 

Il ragazzo la fissò, apatico. Un tempo, lo si poteva intuire dal giovanile volto, doveva essere stato una creatura piena di vita, irrefrenabile. Solare. Faceva davvero male al petto, vederlo costretto in quella notte eterna, al braccio di una donna fredda come il ghiaccio.

  La mente dei vampiri è molto sviluppata, rispetto a quella umana: racchiude in sé una tale quantità di energia, una tale potenza, da strabordare quasi dal cranio dell’ospite, espandendosi tutt’attorno; ed essi, quando sono troppo giovani per controllarla, non s’accorgono che le proprie sensazioni sfuggono, inesorabilmente, toccando ogni creatura vivente nei dintorni.

  Così, il cucciolo parlò direttamente con il cuore dell’avida ricercatrice. Lo sfiorò, malinconico come un cane bastonato e rinchiuso, trasmettendole una tale ondata di infinita tristezza, da indurla quasi al pianto.

  “Chi sono?” mormorò infine, rivolgendosi alla donna che lo teneva con sé.

  Ella brillò di un’aria malefica, facendo rabbrividire Nami; non si può dire che fece rabbrividire Usop, dato che costui, trovando accogliente lo spazio sotto il tavolo, era già da parecchi minuti preda di discrete convulsioni da panico.

  “Ospiti.” spiegò la donna, con tenerezza. Quindi, decisamente più di cattivo umore, si rivolse al vampiro biondo: “C'est nécessaire de serrer si fort?” sibilò, avvicinandosi ad egli con fare non proprio gentile, e squadrando la stretta che lui aveva su Nami. Era gelosa.

  Shanks osservò i propri Figli delle Tenebre con quello che si sarebbe potuto definire un infinito sorriso d’orgoglio e, soddisfatto, si accomodò su un divanetto vittoriano, lasciando a loro la scena.

  “Mais ma p'tite fleur d'hiver, elle voulait...” Nami non comprendeva con precisione il francese, eppure, intuitiva come tutte le donne, poté riconoscere nell’inflessione della voce del vampiro la stessa, patetica nota di giustificazione che gli uomini sono soliti usare una volta colti in fallo.

  “T'es toujours le même!” concluse ella, usando una forza che la rossa classificò come imbattibile per liberarla dal vampiro biondo, e farla ricadere a terra.

   Nami si rialzò decisamente di malumore. Morti, succhia sangue e pure isterici. Logico che non avessero quel granché di vita sociale.

  “Ehi, tu…” cominciò un discorso tutt’altro che diplomatico, indicando con un terribile indice accusatore la nuova arrivata; la quale non la considerò, rivolgendosi piuttosto al ragazzo dai capelli neri ed aria affranta. “Ehi, parlo con te!”

  “Vieni, figlio… vieni e nutriti.” chiamò la vampira, alzando un gentile braccio verso il suo cucciolo. “E’ calda, saporita… vieni ad assaggiarla…”

  Nami avvertì come qualcosa di gelido scivolarle lungo la spina dorsale; ah, sì: doveva essere paura.

  “Non voglio.” lui retrocedette di un passo, le labbra tremanti.

  “Figlio... ”

  “NON VOGLIO!” volse loro le spalle, fuggendo per gli antichi pavimenti dell’elegante maniero. La vampira rimase in silenzio, così immobile, così bianca, da sembrare davvero una statua morta.

  Il biondo l’avvolse da dietro, cingendola con lunghe braccia, tentando di scaldarla con un calore che, in realtà, nessuno dei due possedeva.

  “Il ne veut pas le sang, Il n'en veut pas... ” mormorò affranta lei, voltandosi, e trovando rifugio nelle tenerezze di lui.

  “Ne pleure pas, colombe.” sussurrò egli, il fiato che appena le smosse qualche ciuffo sfuggitole all’elaborata pettinatura.

  Nami trattenne il fiato, sempre più sbalordita. Erano così… umani.

  “Parleremo dopo del cucciolo” decise Shanks, scoccando un’occhiata consolatoria alla propria primogenita. “Adesso… nutriamoci!“ e rivolse uno sguardo terribile a Nami. Che subito dimenticò ogni compassione per loro.

  Era arrivato il momento di usare la sua specialissima arma segreta. Cioè, non era sua: l’aveva inventata Usop. E non era poi molto speciale: più che al parto della mente di un genio, somigliava a quello di uno psicotico in preda ad una crisi di astinenza da acido; però… beh, accidenti: però era pur sempre un’arma!

  “Usop! Usa il Super Sacror Liquidator!” sbraitò di punto in bianco, rivolgendosi direttamente alla cosa vibrante sotto al tavolo.

  “M-m-m-m-ma… loro…” squittì il poveretto, non avendo neppure il coraggio di alzare gli occhi per osservare la sua imbufalita interlocutrice.

  “IO sarò assai peggio di LORO se TU non farai ciò che ti dico!” esplicò una fondamentale legge fisica la donna, ottenendo l’immediato effetto di far balzare in piedi il vigliacco socio in affari, spingendolo a cercare nelle pieghe della propria giacca la fantomatica arma segreta. Che, infine, rivelò: sembrava una specie di fucile, in legno, dall’aria tanto artigianale quanto inoffensiva.

  “P-p-p-preparatevi a mor… mori…” balbettò, con la sicurezza di uno scolaretto interrogato a sorpresa in geotermica sub-nucleare.

  “Schizzali e piantala!” Nami fu lesta: si tuffò dietro ad un Usop appena cagatosi nelle mutande, giusto in tempo per evitare il colpo. Uno schizzo d’acqua partì dalla canna in legno dell’arma, bagnandoli inesorabilmente; il trio vampirico alzò le braccia, per proteggersi dal liquido… e…

  E non accadde altro. Appena il getto finì essi, tanto zuppi quanto perplessi, li osservarono.

  Nami trovò gradevole, oltre che liberatorio, stringere la gola di Usop, quasi affondandovi le unghie.

  “Ho… dimenticato di caricarla con… acqua… santa.” gracchiò quest’ultimo, assumendo un preoccupante colorito cianotico.

  “RAZZA DI IDIOTA!” Nami costrinse la sua riccioluta zazzera a molti e terribili colpi contro il muro, mentre Shanks, superato lo shock, cantilenò:

  “Ora di cena…”

 

 

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