IL SAPORE DEL SANGUE

 

 

CAPITOLO VENTIDUESIMO

 

“Entreremo dall’ingresso principale.” decise Zoro, spiando di sottecchi quella donna così maledettamente prepotente. “Qualunque cosa abbiate con voi e sia passabile al ruolo di arma, è il momento di tirarla fuori” aggiunse, estraendo dal proprio, pesante mantello un lungo, vecchio paletto dall’aria usurata. Lo strinse saldamente tra le dita, pregustando l’adrenalina che già lo assaliva; adorava quella flebile paura che sapeva coglierlo solo in quei momenti. Ah, il sottile piacere dell’andare a caccia, e del non sapere se si avrebbe fatto ritorno. La sua esistenza, in definitiva, altro non era, se non un continuo suicidio mancato.

  Ma questa volta era diverso. Questa volta non era solo la sua vita, in predicato. Da predatore solitario che era, si era ritrovato zavorrato di un’intrattabile femmina vestita di camicia da notte e stivali. Camicia da notte che, con la camminata sotto la pioggia battente, era ormai un pezzo di stoffa fradicio, incollato alle prosperose curve di Nami. Non che Zoro avesse perso qualche prezioso secondo della propria esistenza per osservarle, quelle curve, anche se, certo, non si era lasciato sfuggire il prezioso particolare dei suoi capezzoli, evidenti e turgidi. Per quanto un uomo possa essere fissato con la propria missione, a certe cose proprio non sa dir di no.

  “Siete pronta?” sussurrò, e per la prima volta da che avevano abbandonato il loro rifugio depredato dai non morti, si volse del tutto, osservarla apertamente. I suoi occhi erano freddi, neri. Tremendi. La sua espressione imperturbabile. Fino a che non notò… “Che… cosa è… quella?” azzardò, indicando con il paletto il particolare elaborato in legno che Nami aveva appena estratto, orgogliosa.

  La fanciulla lo sventolò con una leggerezza decisamente poco appropriata. “Sparacrocefissi Automatico!” cinguettò, con occhi illuminati da una luce di puro sadismo. “In frassino, super letale! Lo ha inventato Usop!”

  “Ah.” che altro avrebbe potuto commentare, il fiero ed oscuro Cacciatore?

  Si fissarono sotto la pioggia, inespressivi. Lontano, nel cielo, sotto la spessa coltre di nubi, il cielo cominciò appena a tendere ad un grigio soffuso, primo accenno di un’alba assolutamente svogliata.

  “Ed i crocefissi da sparare?” chiese finalmente Zoro. Nami, perplessa, abbassò lo sguardo sulla propria infallibile arma.

  “Oh, no.” piagnucolò, delusa. Cominciò a frugare in tasche che, a giudicare da quanto quella camicia da notte le stava attillata, non poteva avere. “Credevo di averli portati…”

   Zoro sbuffò sonoramente; strappò dalle mani della sua accompagnatrice lo Sparacrocefissi Automatico e, premendolo contro la propria gamba, sordo alle proteste della donna, lo spezzò. Porse a Nami una delle due metà, ora decisamente appuntita. “Nel cuore” spiegò. “Non un pollice più in su o più in giù. Dritto nel cuore, e il lavoro è finito.”

  “E per tramortirli?” azzardò lei, che ancora non aveva rinunciato alle sue speranze riguardanti lauti guadagni; ma Zoro, dimostrando una volta di più d’essere una persona aperta e socievole, le voltò nuovamente le spalle, senza degnarla di una risposta.

  Protestando sonoramente, lo seguì attraverso il cancello principale, e per il viale che percorreva il grande giardino. Non valeva la pena cercare altre vie: tanto sapevano d’essere attesi.

  “Sono arrivati troppo tardi” il vampiro biondo sibilò quell’affermazione, accostandosi al proprio Sire. Shanks The Red, amante dell’adrenalina quanto Zoro, anziché preoccuparsi decise di sorridere. “Sta quasi per albeggiare. Non possiamo sostenere una lotta con il Cacciatore… non in così breve tempo!” aggiunse Sanji, afferrandolo per un braccio.

  “Chi ti dice che io voglia lottare?” mormorò Shanks, mentre il portone principale si spalancava innanzi a loro. Entrò la notte, entrò la pioggia, ed entrarono i due mortali. L’uomo, carico di odio, e la donna, così bella da ricordare un’opera del Caravaggio. Egli sorrise ad entrambi, amabile come ogni buon padrone di casa sa di dover essere. “Siate nuovamente i benvenuti nella mia dimora.” recitò, allargando le grandi braccia.

  Nami, fissò quella creatura, ammaliante e nel contempo spaventosa. Il bel volto eternamente giovane, gli abiti ed i mobili raffinati, il sorriso carismatico… era tutto un sudario di beltà, che copriva la morte ed il sangue di cui erano impregnati quei mostri. Lo sapeva. Eppure, ancora una volta, ne rimase rapita.

  Senza bisogno di uno sguardo che li coordinasse, Shanks balzò, in perfetta sintonia con Sanji; parvero quasi due falchi, nella loro perfezione, due predatori, che veleggiarono ognuno sulla propria vittima.

  Zoro alzò d’stinto il paletto, tenendolo orizzontalmente con entrambe le mani; su di esso, feroce, si schiantò Sanji, distruggendolo quasi; i suoi lunghi canini sfiorarono di poco gli indifesi polsi del Cacciatore. Raccolse tutte le proprie energie, Zoro, ricacciando con potenza quasi sovraumana l’assalto del vampiro. Egli fu sbalzato contro la parete dell’ingresso, rischiando di distruggerla.

  Il Cacciatore si volse alle proprie spalle, cercando il secondo avversario; lo trovò e, per motivi solo a lui noti, sbuffò con evidente noia.

  “Non ti pare d’essere poco originale?” interrogò, fissando con odio il non morto che, approfittando della distrazione creata da Sanji, aveva raggiunto Nami, stringendola con braccia robuste quanto il ferro, e fermando il proprio morso ad un soffio dal collo della donna. “E tu, non ti pare d’essere non solo inutile, ma oltremodo dannosa?” aggiunse, rivolto a Nami. La quale, pur tremante dalla paura di morire, trovò miracolosamente le forze per imprecare e, ovviamente, insultarlo.

   “Andate d’accordo” constatò divertito Shanks the Red, mantenendo salda la propria posizione.

   “Se l’ammazzi, mi fai un piacere.” confermò quella tesi Zoro, non badando ai nuovi insulti – riorganizzati oltre che artisticamente rielaborati – che Nami ritenne opportuno unire ai precedenti.

  Shanks rise, solleticando del proprio fiato la gola della donna. “Ma io leggo la tua mente, Cacciatore. So che non vuoi che lo faccia. Vogliamo provare?” Aprì la bocca, premendo gli acuminati denti su quella pelle morbida ed invitante.

  “Fermo!” Zoro alzò una mano, mosso di una volontà non sua. “Lasciala stare. E’ solo una mocciosa.”

  “Mordimi.” ringhiò Nami, risposta a correre dal Padreterno prima del previsto, pur di far dispetto a Zoro. “Anzi, mordi lui e lascia in pace me.”

  “Vi lascerò stare entrambi, se eseguirete i miei ordini” propose Shanks, consapevole di averli trascinati nei territori della propria volontà. “Segui il sangue del mio sangue, Cacciatore. Sii obbediente.” ordinò, indicando Sanji, già pronto a guidarli. “L’alba è vicina, ed io non ho tempo per voi…”

  Fu uno strano quartetto che attraversò il salone, che scese per lunghe scale e che raggiunse i profondi, umidi sotterranei del maniero. Dopo qualche minuto, solo due ne emersero, l’uno dalla bionda chioma, l’altro dagli occhi rossi come il sangue. Si osservarono, soddisfatti, e quindi raggiunsero i piani superiori, ove Robin ed il cucciolo li attendevano, per il riposo giornaliero.

 

 

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