IL SAPORE DEL SANGUE

 

 

CAPITOLO VENTINOVESIMO

 

Se dovessimo paragonare a qualcosa la faccia che fece Hillk quando Usop tornò nella sua dimora, forse più tetra di quella dei Succhiatori di Sangue, accompagnato da un esemplare vivo e in salute – a parte una paradossale forma di anemia – di vampiro, potremmo dire che essa assomigliava molto a quella dello Stregatto del famoso romanzo di Lewis Carroll che era stato pubblicato circa un cinquantennio prima. O almeno tale sembrò agli occhi del giovane dal lungo naso. E per quanto lo avesse temuto prima di arrivare a destinazione, lungo il tragitto dalla centrale di polizia, ora Usop provava una sorta di tenerezza nell’osservare con quale incanto il cucciolo di vampiro che Kaya si era scarrozzata dietro, ammirava tutta quella paccottiglia di schifezze che il buon vecchio scienziato pazzo usava chiamare ‘strumenti del mestiere’. La stessa fanciulla giurò di non aver mai visto il signorino Rufy così interessato alla vita; anzi, fu persino sul punto di piangere di gioia quando gli scorse sul visetto scarno l’accenno di un sorriso.

   “Santi numi…” alitava frattanto il dottor Hillk, le pupille sgranate che sprizzavano follia da ogni dove, due file di denti che non volevano saperne di lasciare il suo vecchio volto rugoso. “… Ci sei riuscito davvero, alla fine…”

   “Beh, chi l’ha detto che bisognava usare la forza, eh?” rispose Usop, impettito, cercando di non far caso alla strana sensazione di sporco delle proprie mutande che si erano inspiegabilmente bagnate quando i vampiri lo avevano trascinato via dalla ‘Maison Toupet’. E nessuno vi aveva fatto caso, dopotutto: con tutta la pioggia che aveva preso, almeno l’odore d’urina era andato via. “L’ho sempre detto, questo, alla cara Nami”

   Il dottore si voltò verso di lui coi suoi soliti occhi spiritati, tanto da incutere un certo disagio nella dolce Kaya che si ritrovò ben presto oggetto di studio delle manie di Hillk. “E lei? Chi è lei?” domandò lui, annusandola. “Ah!” esclamò prima ancora che gli altri potessero prender parola e facendo così spaventare la ragazza. “Tu sei stata morsa da loro!” soffiò l’uomo, scompigliandole i capelli con il fiato, nell’osservare le cicatrici che le rovinavano la pelle chiara e delicata. “E’ stato lui?” proseguì nella sua analisi.

   “Oh, no!” intervenne immediatamente Kaya, pronta a far da scudo al suo unico amico nell’antico maniero del Duca. “Il signorino Rufy non lo farebbe mai! Anzi, non farebbe mai del male a nessun essere umano, glielo posso garantire” ci tenne a precisare per evitare che quel tipo si armasse immediatamente di paletto di frassino o di crocifisso o chissà che altro.

   “Confermo” le diede supporto Usop, affiancandosi al giovane vampiro e provando, a tentoni, a mettergli un braccio attorno alle spalle con fare amichevole nonostante sul suo volto pareva scorrere una delle cascate del Niagara. “Abbiamo fatto un lungo tragitto per venire sin qui, e vi giuro sul mio onore che costui non ha osato torcer capello né a me né alla signorina Kaya”

   Hillk si lisciò il mento con fare pensieroso. “Quindi mi avete portato un vampiro innocuo?”

   “Se preferivate uno spietato assassino, signore, potevate andarvelo a prendere di persona” si indispettì il suo sottoposto, con un improvviso moto d’orgoglio che lo indusse a mostrare al dottore la ferita che aveva sul collo.

   “Oh!” scattò questi facendo spaventare i presenti una seconda volta, eccetto Rufy che, forse ritrovato parte del suo lato umano in mezzo a tanti mortali, si lasciò sfuggire una risata. “Sei stato morso anche tu! Hai sangue infetto!” vaneggiò Hillk, scrutando con maniacale attenzione le due croste di sangue che spiccavano sul collo di Usop che trasalì: quelle parole stavano a significare ‘vivisezionerò anche te’. Non era stato saggio far sapere quel particolare al dottore, proprio no.

   “P-piuttosto…” cercò di cambiare discorso nella speranza che l’altro si dimenticasse di quel particolare. “Nami? Dov’è?” domandò. “Di là c’era soltanto quel coso, lì… la vostra… ‘domestica’…” storse il naso nel gettare uno sguardo a Kaya e al pensiero che i vampiri, per quanto pericolosi, apparivano però assai più sensati nello scegliersi il personale.

   “Perché, Nami non era con te?” si accigliò l’anziano signore.

   “Lo era fino a circa ventiquattr’ore fa” spiegò Usop. “Ma davvero non è tornata?”

   “Miss Nami sarebbe la ragazza con i capelli rossi, corti, che ha la femminilità di un orango in calore?” chiese Rufy, prendendo parola per la prima volta, con fare interessato, per di più.

   “Precisamente” annuirono a una sola voce i due uomini.

   “L’avete vista?” domandò Kaya con una certa ansia nella voce, le mani giunte al petto che già temeva di conoscere la risposta.

   Il giovane vampiro chinò il capo, l’aria cupa. “Non so se si tratta di lei, ma…” cominciò con un sospiro rassegnato. “… Mia madre, la mia genitrice oscura,” ci tenne a precisare a labbra strette, se per rabbia o per devozione obbligata da chissà quale sentimento, non sappiamo dirlo. “mi aveva detto che una donna che corrisponde a quella descrizione si era introdotta in casa e che, per il sopraggiungere dell’alba, era stata rinchiusa nei sotterranei insieme ad un’altra persona, un uomo…”

   “Il Cacciatore!” esclamò Usop, mettendosi le mani nei capelli, mentre Kaya, pallida più che mai, cominciava a temere di aver commesso il più brutale degli omicidi.

   “Dobbiamo andare a salvarli!” propose subito Hillk, avviandosi verso una lunga e pesante tenda scura che separava la stanza in cui si trovavano da quella adiacente.

   “E’ inutile!” si disperò la ragazza. “Ormai è troppo tardi!”

   “Tranquilla” la mise a tacere il dottore. “Ho un asso nella manica, anzi due”

   Tirò una grossa corda che pendeva dal soffitto, ed il sipario si aprì, lasciando così gli altri tre a bocca aperta.

 

 

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