IL SAPORE DEL SANGUE

 

 

CAPITOLO TRENTADUE

 

“Siete uno sporco… un vigliacco… un porco, ecco cosa siete!” Nami si allontanò da lui, tenendo il lenzuolo premuto sul seno. Il suo corpo brillava, splendido e nudo, fasciato di bende laddove gli specchi della casa dei vampiri avevano lacerato le belle carni.

   “A furia di elencarli, avete trovato un aggettivo di vostro gradimento?” s’informò annoiato Zoro, sbadigliando. Il suo fisico, anch’esso nudo, pareva agli antipodi rispetto a quello sottile e flessuoso della donna nel suo stesso letto. Era un corpo possente, muscoloso, apparentemente indistruttibile. E portava segni di graffi sulle spalle, unghiate non ottenute certo da una signorina ansiosa di difendersi dalle sue attenzioni. Anzi.

   “Vi siete approfittato di me!” ribatté Nami, osservandolo con odio.

   La notte era scivolata su di loro, portandosi via i profumi e le sensazioni che avevano provato l’uno tra le braccia dell’altra; aveva lasciato loro solo uno strano senso di nausea, misto ad un’insopportabile e bruciante solitudine che nessuno dai due sapeva giustificare.

   “Oh, questa è bella…” borbottò il Cacciatore, grattandosi distrattamente la nuca. “Chi è che mi ha legato al letto, vogliamo ricordarlo?”

   “Io ero debole e confusa, e voi, con le vostre doti di oscuro ammaliatore…” prese a delirare la ragazza, gesticolando con enfasi. Si fece male ad una ferita, e si bloccò, ripiegandosi su sé stessa, digrignando i denti per non urlare.

   “Oscuro Ammaliatore?” Zoro inarcò un sopracciglio, divertito dal suo sguardo omicida. “Mi piace.”

   “In ogni caso” Nami, recuperato il fondamentale self-control inglese, si alzò stizzosa dal letto, continuando a coprirsi con il lenzuolo. Come se il Cacciatore non l’avesse già vista nuda, sopra e sotto di lui, calda e fragrante. “Non è successo niente.”

   “Esatto.” confermò l’uomo con tranquillità. “Assolutamente niente.”

   “Nulla di nulla.” ripeté ancora una volta Nami, cercando un modo per cancellare del tutto quei ricordi dalla sua mente. Ma, ahilei, il suo cervello non disponeva di un tasto Reset. “Proprio nient… Ehi, dov’è finito il mio corpetto?”

   Zoro fece spallucce, faticando per non scoppiare a ridere.

 

“Già ve ne andate?” piagnucolò la bella cameriera del Dottor Hillk, zampettando tutta triste sulle punte, e tentando di piazzare un bel bacetto di dolce commiato sulla guancia di Franky. Purtroppo per lui, l’androide scoprì proprio in quel momento il sottile fascino del far volare un/a ballerina/o per tre stanze consecutive con un pugno solo. Senza ausilio di porte.

   “Bonkure, mia cara… quando ti si fermerà l’emorragia interna, ricordati di ricostruire i muri interni, sì?” ordinò pacato lo scienziato pazzo, passando oltre il quasi cadavere del suo assistente. “E ripulisci, da brava.” aggiunse, ostentando indifferenza ai versi morenti della creatura.

   Usop agitò brevemente la massiccia barba viola, emettendo strani squittii. Kaya annuì con aria comprensiva, carezzandogli un braccio dolcemente. “Per quanto ha detto che rimarrà così?” azzardò, rivolta al dottore.

   “Te lo giuro: gli squittii non erano proprio previsti!” lo studioso scosse il capo, depresso. “E’ una reazione interessante, in ogni caso. Sicura che non posso vivisezionarlo?”

   “SQUIT!” replicò terrorizzato Usop, celandosi dietro alla bella fanciulla.

   “Credo sia un no” azzardò lei, ridendo imbarazzata.

   “Ragazzo, vergognati: la scienza ha bisogno di te, e tu…”

   “SQUIT SQUIT!”

   “Questo non l’ho capito” ammise Kaya, portandosi una mano alla bocca con fare perplesso.

   “Meglio così” balbettò Chopper, seguendo con passo caracollante il gruppetto verso la porta che dava all’esterno. “Non è il caso che venga tradotto dove lui ha invitato il dottore a ficcarsi la sua scienza…”

   Franky afferrò una cordicella, tirandosi appresso la nuova invenzione del geniale dottore: una splendida e multi accessoriata bara fissata su un carrellino a ruote. Dentro, avevano sistemato il loro nuovo amico, al momento assopito: il sole era sorto da poco e Rufy, come i vampiri che aveva abbandonato solo la notte prima, aveva diritto alle sue brave ore di riposo.

   “Usop vorrebbe tornare dove alloggiava il Cacciatore” mormorò Kaya, mentre il dottor Hillk apriva loro la porta. “Dice che là troveremo gli effetti personali di Miss Nami…” abbassò il capo, demoralizzata. “Sperando che lei stia bene.” aggiunse.

 

 

< CAPITOLO TRENTUNESIMO

CAPITOLO TRENTATREESIMO >

                                                                                                                 

 

INDICE DEI CAPITOLI

TORNA AL MENU FAN FICTION

TORNA ALLA HOME PAGE

 

© Tutti i personaggi sono di proprietà di Eiichiro Oda.